Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
PD 32,2%, M5S 25,8%, FORZA ITALIA 13,3%, LEGA 13,2%, FDI 5,5%, SINISTRA ITALIANA 4,7%, NCD-UDC 2,1%
Le stime di voto elaborate da Demos riportano il Pd oltre il 32%. Poco più rispetto allo scorso novembre. Ma era dall’estate scorsa che non raggiungeva questo livello. Peraltro, il M5S — unica vera opposizione, fino ad oggi – è danneggiato dalle polemiche di questi giorni sulle Unioni civili. Ma, soprattutto, dai conflitti — interni oltre che con gli altri partiti – a Bologna, a Livorno, a Parma… E, prima ancora, a Quarto, dov’è accusato di essere stato “infiltrato” dalla camorra.
Il M5S resta la forza politica più accreditata nella lotta alla corruzione, ma la quota di elettori che lo ritiene il soggetto più credibile, su questo piano, scende di qualche punto: dal 31% al 27%. Mentre, al contempo, si allarga l’area di quelli che non credono a nessuno.
Secondo quasi metà del campione (il 46%), di fronte alla corruzione, tutte le forze politiche sono non credibili.
Tra le altre forze politiche, si osserva il sorpasso di Forza Italia, in crescita lieve, sulla Lega Nord, in calo di quasi un punto.
Positivo il risultato attribuito ai FdI, che raggiunge il 5,5%., favorito dalla visibilità mediatica di Giorgia Meloni.
Dunque, il Pd oggi mantiene le sue posizioni, anche se il suo leader ha perduto qualche punto, negli ultimi mesi. O, forse, proprio per questo: nel PD coabitano due identità . Quella “storica” e quella “personalizzata”. Il Pd e il PdR. Riuniscono coloro che votano Pd nonostante Renzi. E quelli che votano per Renzi nonostante il Pd. Quando le due identità coabitano, allora il successo è grande. Come alle elezioni europee del 2014.
Ma la coesistenza non è sempre facile. Anzi lo è sempre meno. Anche se Renzi è abile e agile. Persegue e realizza iniziative ad alta visibilità e, comunque, gradite. Le sue polemiche con L’Unione Europea: contro i vincoli di spesa che costringono all’austerità . Contro coloro che non condividono la ripartizione delle quote di migranti. Sono largamente apprezzate dagli elettori. Non solo nel Pd, ma ben oltre.
Tuttavia, Matteo Renzi appare, sempre più, un leader “solo”. Che si affida soprattutto — anzitutto – a collaboratori fidati. Nel partito, nel governo: al centro c’è lui. Il Capo. Il Premier. Tutto il resto gli ruota intorno.
Così, se, in termini proporzionali, il Pd si conferma primo partito, in caso di ballottaggio, il suo successo risulta più incerto.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
“UN CANDIDATO DI SINISTRA SERVE, SE IL MIO NOME PUO’ UNIRE, SONO PRONTO”
«In quell’assemblea così affollata e piena di partecipazione – ci dice Maltese al telefono – io ho semplicemente posto un problema: che deve esserci un candidato di sinistra a Milano. C’è troppa gente insoddisfatta della proposta Sala, e di tutto quello che significa la sua operazione, che per certi versi è ancora più deludente di quella Fassino a Torino o Giachetti a Roma. Al momento faccio l’europarlamentare; certo se me lo chiedono, e naturalmente se il mio nome è quello che può unire di più, io non mi tiro indietro. Ma andrebbe benissimo anche se il nome fosse un altro».
Un altro però è ormai difficilissimo possa essere, per una somma di ragioni.
Giuseppe Civati, che per molti motivi poteva essere un candidato naturale, ha deciso che non correrà , e nonostante varie persone gliel’abbiano chiesto (anche, assai improvvidamente, Massimo D’Alema), non è stato possibile smuoverlo da questa decisione.
La «Lista civica Milano in comune», candidando Maltese, avrebbe l’appoggio di Nando Dalla Chiesa, altro nome che era circolato ma non si candiderà ; di Possibile, di Rifondazione, di un pezzo importante di Cgil, di una parte non piccola di Sel (il partito non presenterà in ogni caso una lista, il che è un segnale per il «liberi tutti»; alcuni entreranno con Sala, ma gli elettori?) e, soprattutto, di una parte di borghesia milanese – compreso tanti nomi del network di Libertà e Giustizia- che vede in Sala la rappresentazione plastica del partito della nazione, incarnazione di interessi e gruppi d’affari centristi o direttamente collegati al mondo storico del centrodestra milanese, e di Cl.
Maltese è di Milano. È stato – prima della politica – il corsivista della Stampa di Ezio Mauro e poi commentatore per Repubblica, è uno dei non molti giornalisti italiani che abbiano alzato la mano per criticare il renzismo, ed è il portatore di un’idea non allineata su Expo, e sulla gestione del post-Expo che si sta delineando, che racconta così: «Ho chiesto anche ai miei colleghi all’europarlamento, bene: non esiste un Paese in cui i numeri di Expo non siano stati resi noti immediatamente, cosa che Sala ancora non fa. Ma vi pare possibile? Peraltro, sono bilanci spesso negativi, in Europa. E poi questa cosa di appaltare a Genova, non a Milano, il post Expo, mi pare incomprensibile, com’è un’anomalia tutta italiana che una fondazione finanziata dallo stato per fare ricerca biomedica investa poi in banche… Ecco, io penso che esista un altro modello per Milano, espresso benissimo dalla lettera di Elena Cattaneo su Repubblica».
L’idea è che quel modello non si traduca affatto in una qualche forma di candidatura di cieco radicalismo, e meno che mai di marginalità pubblica. Maltese ovviamente non è quel tipo.
Jacopo Iacoboni, Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa”)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
UN ANNO FA VENIVA UCCISO BORIS NEMTSOV, REO DI DENUNCIARE GLI ABUSI DEL REGIME… MA LA DESTRA ITALIANA FA FINTA DI NULLA
L’opposizione russa ricorda il co-leader del partito Parnas, Boris Nemtsov, a un anno esatto dalla sua uccisione sul ponte Bolshoi Moskvoretsky, nei pressi del Cremlino.
Sono state circa 7.500 le persone che hanno partecipato alla marcia, partita silenziosamente dallo Strastnoi Bulvar e proseguita fino al Prospekt Akademika Sakharova, zona che tradizionalmente ospita i raduni dell’opposizione.
Lo storico oppositore di Putin venne ucciso esattamente un anno fa con quattro colpi di pistola, mentre stava tornando a casa.
Sono ormai passati alla storia i suoi appelli al risveglio collettivo contro i soprusi del governo moscovita, l’ultimo dei quali lanciato proprio pochi giorni prima di morire, inneggiante a riforme che sovvertano lo status quo russo.
Sono numerose le città che stanno ospitando eventi in onore di Nemtsov, dalla regione Nizhniy Novgorod, dove l’ex vice premier è stato governatore negli anni Novanta, a San Pietroburgo, a Yaroslavl sul Volga, città dove Nemtsov era stato eletto al Parlamento. Familiari e amici continuano a chiedere che i responsabili dell’omicidio siano portati davanti alla giustizia.
La marcia è stata, inoltre, animata da cartelli di protesta contro Putin: “Deve andare in galera”.
Familiari e amici continuano a chiedere che i responsabili dell’omicidio siano portati davanti alla giustizia.
L’unico sospettato per l’omicidio, non ancora risolto, è Ruslan Mukhidinov, il 27enne primo ufficiale di un battaglione di polizia ceceno, il cui movente non è stato ancora identificato.
L’avvocato della famiglia Nemtsov, Vadim Prà³jorov, ha reso noto che, proprio nel giorno dell’anniversario, l’Interpol ha emesso un mandato d’arresto nei confronti del cittadino ceceno.
L’avvocato ha però chiarito che Mukhidinov è stato solo l’esecutore materiale dell’omicidio, non il mandante.
La mente è ancora a piede libero.
(da agenzie)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
SISTO GLI DICE: “QUA E’ PIENO DI GENTE”, MA IN REALTA’ ERANO QUATTRO GATTI…A BARI FORZA ITALIA NON E’ PIU’ RAPPRESENTATA IN CONSIGLIO COMUNALE
“Un esercito di difensori del voto, di missionari della libertà ” per combattere, porta a porta e programma alla mano, una nuova “crociata”. E riconquistare 26 milioni di sfiduciati.
La rimonta di Forza Italia deve partire da Bari. Lo ripete in una telefonata fiume il fondatore e presidente del partito Silvio Berlusconi, collegato in viva voce con il capoluogo pugliese.
L’occasione dell’appello ai reduci la fornisce l’inaugurazione della nuova sede del coordinamento metropolitano di Forza Italia, guidato da qualche giorno dal deputato Francesco Paolo Sisto dopo il commissariamento della consigliera Irma Melini.
Una situazione difficile, quella del partito a Bari: quattro i consiglieri comunali che hanno abbandonato il gruppo di Forza Italia, nei fatti scomparso dai banchi dell’assemblea di Palazzo di città .
Nel nuovo comitato, nella centralissima via Argiro, però sono appena un centinaio i militanti accolgono il leader, per ora solo collegato via telefono.
“Troppo presto per averlo qui, non siamo ancora pronti”, confessa Sisto.
“Verrò a Bari a breve — assicura Berlusconi — così come tornerò in tv e su Internet per ripetere il miracolo di qualche anno fa e recuperare in 23 giorni il 10 per cento”.
La missione — per l’ex premier — è riprendersi uno a uno i voti degli sfiduciati, per evitare “la catastrofe” della vittoria del Movimento 5 Stelle, che “continua a crescere nei sondaggi”.
Sisto incautamente aveva detto a Berlusconi: “E’ pieno di gente”. Ma in realtà non è così: se si pensa a quando accorrevano in 10.000 ad ascoltarlo, la visione di quel centinaio di persone “sopravvissute” è sintomatico della crisi profonda del centrodestra in Puglia.
Silvia Dipinto
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
DALLA BALDUINA A PRATI: SONO FIGLI DI AVVOCATI, PRIMARI, IMPRENDITORI E COMMERCIALISTI
In tasca hanno i soldi di mamma e papà .
Girano per le strade e le piazze di Roma nord a bordo di minicar da 15mila euro. Tornano la notte alle 3. Assaltano appartamenti durante le feste del sabato sera.
Si drogano e bevono superalcolici arrampicati sui cornicioni dei palazzi con le gambe a penzoloni mentre si scattano con il cellulare i selfie.
Scappano prima che le forze dell’ordine riescano a bloccarli e denunciarli.
Minacciano i coetanei che aggrediscono se fanno la spia ai «grandi».
Ecco il nuovo incubo di Roma nord. Una quindicina di ragazzini, tra i 15 e i 17 anni, che sono diventati il terrore degli adolescenti e dei genitori.
L’ultima irruzione risale a due sabati fa. La prima invece allo scorso ottobre.
Il valore dei soldi, dell’argenteria e degli oggetti rubati negli appartamenti dove si imbucano non ha importanza per i membri della baby gang.
Si tratta, infatti, solo di provare quel brivido, di assaporare la scarica di adrenalina dettata da quel trasgredire maledettamente figo.
Non hanno alle spalle le storie difficili di quei “clandestini” che destano tanto allarme sociale e speculazioni politiche, hanno potenti famiglie alle spalle in grado di assicuragli, se proprio andasse male, un’assistenza legale di primo livello.
I loro genitori saranno sicuramente i primi a lamentarsi della presenza dei campi rom, forse perchè sono in concorrenza con i loro figli.
Sicuramente difenderanno la “famiglia tradizionale”, senza rendersi conto, troppo presi dalle loro occupazioni, della deriva che stanno imboccando figli senza più riferimenti e valori.
Finchè carcere non li separi.
(da agenzie)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
LA RABBIA DEI VOLONTARI: “CI TRATTANO COME SE FOSSIMO QUELLI DI MAFIA CAPITALE”
Euro, dollari, rubli, sterline, yuan e yen.
I milioni di turisti che arrivano in Italia, a Roma, e sorridenti lanciano le monetine nella Fontana di Trevi, non sanno che quegli insignificanti (per loro) spiccioli sono un prezioso aiuto per i poveri.
Un automatismo che potrebbe finire schiacciato dalle esigenze di cassa del Comune e stravolto per sanare altri buchi di bilancio o coprire altre spese.
Da anni il rito che mescola superstizione e romanticismo, per chi amante della Città Eterna compie quel gesto nella speranza di ritornare a Roma, è coperto da una convezione tra il Campidoglio e la Caritas diocesana della Capitale: i soldi raccolti finiscono in opere di beneficenza per indigenti, malati e senzatetto.
Così sarà fino al 2017 e anche dopo se verrà rinnovata la convenzione.
Si tratta di circa un milione di euro l’anno, una cifra che dal 2010 è stata sempre in aumento fino al 2014, quando sono partiti i lavori di restauro della Fontana, terminati a novembre.
Alla Caritas, però, sono preoccupati, perchè le notizie che arrivano dal Campidoglio non rassicurano e al Vicariato, sede romana dell’organismo pastorale, lamentano l’assenza di interlocutori: «Non sappiamo con chi parlare e i soliti ostacoli burocratici non aiutano. Già non è stato per noi un bene che con il restauro il ministero abbia bloccato tutto».
Il pantano politico di Roma ha fatto il resto e ha congelato anche questa decisione, lasciando però un sospetto: che il Comune voglia tenere per sè il patrimonio di monetine e dirottare le risorse altrove.
Lo scorso ottobre poco prima della caduta di Ignazio Marino, la giunta capitolina ha approvato un provvedimento che rende il Campidoglio proprietario esclusivo di tutte le monete lanciate nelle fontane di Roma, dalla Barcaccia di piazza di Spagna al Tritone di piazza Barberini, da quella di Santa Maria in Trastevere a Madonna dei Monti.
I cartelli appositamente installati dalla Sovrintendenza ai Beni culturali accanto alle opere informeranno i turisti che la raccolta servirà a finanziare il restauro dei monumenti, trasformando di fatto il lancio delle monetine in una donazione.
In quell’elenco, però, la Fontana di Trevi non c’è, proprio perchè tuttora è in vigore la convenzione con la Caritas che scadrà il prossimo anno. Mesi fa la questione restò in sospeso. Poi, come si sa, tutto è precipitato.
Pochi giorni dopo il provvedimento, a fine ottobre, sono arrivate le dimissioni di Marino e quasi contemporaneamente la Fontana progettata da Nicola Salvi è tornata a risplendere dopo 17 mesi di ponteggi per i lavori.
La Caritas non ci vede chiaro e chiede una risposta che forse in pieno commissariamento non può ricevere: dovrà aspettare le elezioni e l’insediamento della nuova giunta per sapere che fine faranno le monetine, che vengono periodicamente raccolte, pulite, contate e, quando si tratta di valuta straniera, convertite in euro.
Tra chi teme il peggio c’è Massimo Raimondi, storico responsabile delle case famiglia per i malati di Aids che la Caritas gestisce nel parco di Villa Glori: «Quei soldi sono fondamentali per tenere in piedi tutto questo — dice – . Anche perchè dobbiamo ancora ricevere i rimborsi dalla Regione Lazio per i nostri servizi sociali e sanitari. A molti non è chiaro che quelle monete non vanno nelle nostre tasche, ma verrebbero sottratte agli ultimi che noi assistiamo. Dopo Mafia Capitale si fa una gran confusione. Parlano tanto di sussidiarietà e alla fine ci trattano come se fossimo Salvatore Buzzi ».
Giacomo Galeazzi e Ilario Lombardo
(da “La Stampa“)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
“ADESSO VENGONO DA GENOVA A SPIEGARCI COME SI FA RICERCA”… PECCATO CHE LA REGIONE LOMBARDIA, IL COMUNE DI MILANO E TRE UNIVERSITA’ MILANESI ABBIANO CONDIVISO IL PROGETTO SUL POLO SCIENTIFICO CON L’ITT GENOVESE… SOLO GLI IGNORANTI NON LO SANNO
«Non abbiamo bisogno che vengano da Genova a spiegarci come si fa ricerca a Milano»: Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, ha detto così alla presentazione del candidato sindaco per il capoluogo lombardo, Stefano Parisi, spiegando che la sua sarà una «campagna elettorale di orgoglio milanese».
Il riferimento è al progetto dell’Human Technopole che sorgerò nel sito di Expo, presentato nei giorni scorsi dallo stesso Renzi : «Mi sembra un insulto verso le università migliori che ci sono in Italia e in Europa, però è la solita idea di clientelismo, di affarismo, di mancanza di meritocrazia che ha contraddistinto il governo Renzi in questi due anni».
Ma Salvini, oltre a insultare i genovesi, non sa neanche di cosa parla.
Facile per Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ricordare che il progetto sul futuro delle aree di Expo è stato «condiviso» con Comune di Milano e Regione Lombardia e coinvolge anche le università milanesi: «Qualcuno a destra avvisi Salvini delle sue clamorose gaffe sul post Expo e su Milano. Lo avvisi che il progetto presentato l’altro giorno con Regione e Comune è stato condiviso dalle istituzioni locali ed è stato elaborato anche dalle tre università pubbliche milanesi in prima fila».
Ancora: «Anzichè riconoscere il bel lavoro di squadra promosso dal governo, lui cerca di buttare tutto in rissa. Che tristezza, piegare anche questo lavoro alle logiche di campagna elettorale. Ma è proprio a partire da qui che si vede la differenza tra chi ha a cuore Milano e chi la vuole usare solo per la propria propaganda personale».
L’ennesima figura di cacca, insomma.
(da “il Secolo XIX”)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
FATTI FUORI I DUE VICE INQUISITI PER I PIU’ PRESENTABILI GIORGETTI E FONTANA… SI TEME LA CONDANNA PER PECULATO PER I RIMBORSI E IL RELATIVO DANNO DI IMMAGINE
Edoardo Rixi, assessore regionale allo Sviluppo economico della Regione, perde lo scettro di vicesegretario nazionale della Lega.
Ieri al termine del Consiglio federale, che si è svolto nel pomeriggio a Milano, in via Bellerio, lo stesso leader del Carroccio, Matteo Salvini, dà l’annuncio: «Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana sono stati nominati vicesegretari federali della Lega Nord».
Insomma, da ieri Salvini ha due nuove vice nazionali, mentre Edoardo Rixi e l’altro vice-nazionale, Riccardo Molinari, entrambi inquisiti, lasciano il passo.
Non hanno scadenza temporale, le cariche di vice-nazionali, che sono esclusivamente a discrezione del leader Salvini.
Rixi cerca di minimizzare e pala di “naturale avvicendamento”.
Se Giorgetti è considerato l’eminenza grigia della Lega, Fontana lavora sul piano europeo: per Salvini si tratta di un rafforzamento della compagine del movimento.
Certo, viene ammesso con difficoltà , nei corridoi milanesi, il coinvolgimento di Edoardo Rixi nell’inchiesta “Spese Pazze” non ha per nulla lasciato indifferente Salvini, anche se ufficialmente il leader del Carroccio si è speso più volte, in interviste e con post sui social, per difendere e ribadire l’innocenza del «mio fratello Edoardo», attaccando la magistratura.
Ma di fronte alla possibilità di un condanna per peculato, in un partito squassato da vicende giudiziarie, avere due vice sotto processo non era proprio il massimo.
Sono le regole del “Grande Fratello”: oggi tocca a Rixi essere stato “nominato”, in attesa del prossimo…
(da agenzie”)
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Febbraio 27th, 2016 Riccardo Fucile
IL FONDATORE DEL FN MEDITA VENDETTA SULLA FIGLIA “MANIPOLATA DA ARRIVISTI”… E NON RISPARMIA NEANCHE LA NIPOTE MARION
Quando Marine era piccola le raccontava della politica come fosse un incontro di pugilato. “Se scegli di salire sul ring devi essere pronto a prendere colpi fino alla fine. Il campione del mondo vince con la faccia gonfia di botte”.
La bambina si è messa i guantoni e ha preso a pugni il suo mentore in un parricidio che evoca tragedie greche ed è la chiave di volta di un pezzo di futuro della Francia. Sui muri sono appese le fotografie ingiallite dei bei tempi andati. Il patriarca al balcone con le tre figlie biondissime: Marie-Caroline, Yann e Marine.
La magione di Montretout, sulle colline di Saint-Cloud, è stata per decenni quartier generale del Front National, crocevia di affari e sentimenti della dinastia Le Pen. Marine ha lasciato la casa di famiglia un anno fa, preludio di una rottura che si è consumata qualche mese dopo.
Jean-Marie continua a venire il pomeriggio, nell’ufficio al primo piano avvolto nella penombra in cui troneggia il binocolo di un incrociatore puntato sulla vista a perdifiato della capitale.
“Sente il rumore in sottofondo? E’ l’autostrada ma a me ricorda quello del Pacifico, quando facevo le traversate in mare”. La polvere copre i modellini di velieri, omaggio alla famiglia di pescatori bretoni.
Qualche giorno fa, è arrivata la polizia giudiziaria per fare perquisizioni nell’inchiesta sull’assunzione degli assistenti all’europarlamento. Un altro affaire riguarda il mutuo della casa di Rueil-Malmaison, dove Le Pen è andato a vivere con la seconda moglie Jany.
Gli accertamenti riguardano anche la presidente del Fn. E’ un nodo privato e pubblico difficile da sciogliere.
“Mia figlia non ha capito che ero il suo scudo. Senza di me, è più fragile ed esposta”. Un vecchio leone ferito che medita vendetta, parla di sè in terza persona.
“Non capisco cosa giustifichi l’esclusione di Jean-Marie Le Pen che ha fondato il Front National e l’ha diretto per 40 anni”. Da mesi non comunicano più.
Quando finalmente si sono incontrati, in un estremo tentativo di riappacificazione, è finita male. “Sembrava un addio tra marito e moglie” ricorda Le Pen, che a giugno compirà 89 anni.
“Marine non ama essere contraddetta. Il suo difetto, se posso permettermi, è di non essere abbastanza democratica”. L’addio si trascina. “Qualunque regno diviso al suo interno è destinato a perire” ha scritto Le Pen a sua figlia, minacciando di fondare un suo movimento politico.
Da quando è stato escluso dal partito, nel maggio scorso, continua a battersi.
Tre processi, tutti vinti, resta la Cassazione. Cita un vecchio proverbio: “L’esperienza è una candela che illumina solo colui che la porta”. Le relazioni sono interrotte anche con la nipote Marion. “E’ troppo sicura di sè. Come Marine, pensa di poter fare a meno di me. Eppure sono io che le ho create”.
La leader del Fn è determinata. “E’ manipolata da arrivisti che le stanno intorno” continua il fondatore citando Florian Philippot, vicepresidente del partito, che avrebbe spinto per liberarsi del “Diavolo” in casa, come Le Pen senior è stato soprannominato in mezzo secolo di attività politica.
Nel 1972, quando creò il Front National, scelse come simbolo la fiamma che arde, copiando i “fratelli” del Movimento Sociale. “Con l’Italia ho avuto sempre tante relazioni. Sono amico di Marco Pannella, anche se la pensiamo diversamente siamo entrambi paria del sistema”.
“Non, je ne regrette rien”. Non rimpiango niente, dice, intonando la melodia della canzone di Edith Piaf.
Sottoscrive di nuovo la frase per cui la figlia ha deciso di escluderlo dal Fn. “Le camere a gas sono un dettaglio della Storia. L’ho detto e lo ripeto”.
Impresentabile in un partito che punta al potere. Doveva andare diversamente.
Jean-Marie aveva designato come erede la primogenita, Marie-Caroline. Lei se ne andò con il rivale politico del padre.
La vita del Menhir – altro soprannome ispirato ai monoliti – è costellata di tradimenti al femminile. La prima è stata la moglie Pierrette, scappata con il suo biografo. L’ultima è Marine. “Non ho mai sofferto. Se qualcuno non mi ama più, smetto di amare” dice con un ghigno che irrigidisce il volto.
Parafrasando Gloria Swanson potrebbe dire: “Io sono sempre grande, è la Francia che è diventata piccola”. Appena si lascia andare sul suo viale del tramonto, riaffiorano le ossessioni più sconcertanti.
“L’esplosione demografica è il fenomeno del millennio. Sulla carta, abbiamo già perso: saremo sommersi. Ma c’è l’imprevedibile: una gigantesca epidemia, un conflitto nucleare”.
A proposito di Angela Merkel che ha deciso di accogliere i rifugiati, si concede una delle sue battute di pessimo gusto: “Ha aperto le braccia e subito ha dovuto chiudere le cosce”. E’ un lungo crepuscolo.
Si consola facendo il bisnonno con la piccola Olympe, figlia di Marion che spesso viene a trovare la nonna Yann, la più discreta e tormentata delle figlie, l’unica rimasta a Montretout.
“Forse Marine pensa che deve calpestare i sentimenti per una causa superiore. Se vincerà , allora entrerà nella Storia. Ma se così non fosse, come purtroppo temo, porterà con sè il rimorso fino alla fine dei suoi giorni”.
Dice che ha già pronto il nome del suo nuovo movimento. Sembra piuttosto l’ennesima recita, l’ultima.
Dietro ai propositi bellici, traspare la voglia di fuggire da un destino ormai segnato. “Per tacere, aspetto di essere morto”.
Anais Ginori
(da “la Repubblica“)
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