Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
AL PD QUASI COMPATTO SI DEVONO SOMMARE 18 VERDINIANI E UNA VENTINA DEL GRUPPO MISTO
Sulla carta, al netto di canguri e stop imprevedibili, il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili avrebbe i numeri per farcela: da 170 a 175 sì anche con il controverso articolo 5 sulla stepchild adoption, “migliorato” con l’emendamento Lumia su cui il Pd non fa mistero di voler convergere, pure per convincere almeno una decina dei trenta senatori cattodem contrari all’adozione (su 112 totali).
Gli altri, come ha ricordato ieri in Aula Stefano Lepri, continuano a preferire la via dell’affido rafforzato.
Il pressing in casa democratica in queste ore viaggia dunque in due direzioni: da una parte raccogliere quanto più consenso possibile sulla stepchild, su cui sarà comunque lasciata libertà di coscienza; dall’altra invitare al non voto i contrari irriducibili, per non indebolire il Pd e il governo.
In soccorso del Pd non arriveranno gli alleati centristi: da Ap-Ncd l’unico che ufficialmente ha dichiarato di essere favorevole al ddl resta Paolo Bonaiuti, lo storico portavoce di Berlusconi poi trasmigrato tra gli alfaniani.
Ma qualcuno confida che altri 4-5 senatori potrebbero seguirlo.
Qui si complicano i giochi. Perchè se il sostegno dei verdiniani di Ala è praticamente assicurato, con 18 voti su 19 favorevoli pure all’adozione, come ha tenuto a chiarire Lucio Barani («Noi verdiniani siamo il salvagente di Renzi, senza di noi non si possono fare le riforme»), quello del M5S non è ritenuto altrettanto affidabile.
È vero che soltanto in due – Sergio Puglia e Ornella Bertorotta – si sono detti apertamenti contrari all’articolo 5, ma la tenuta degli altri 31 (due non votano perchè in maternità ) non è scontata. Soprattutto nel segreto dell’urna, con la libertà di coscienza decisa da Beppe Grillo, la tentazione di tendere un agguato al Pd potrebbe essere forte.
Gli altri voti certi a favore dell’intero ddl sono 20 dal Misto (i senatori di Sel e gli ex M5S), una decina dalle Autonomie (che però contano 7 contrari) e qualcuno da Forza Italia: oltre alla vicepresidente vicaria del gruppo in Senato, Annamaria Bernini, che ha espresso in Aula il suo orientamento favorevole anche «per contenere un gap con il resto d’Europa», dovrebbero essere almeno altri 4 a sostenere il provvedimento, adozioni comprese.
Qualcuno, dal Pd, spera che siano addirittura più di una decina.
La pattuglia di chi non vuole sentir parlare di adozioni (tra Ap-Ncd, i fittiani di Conservatori e Riformisti, la Lega Nord, alcuni senatori del Misto e delle Autonomie) alla fine, compresi i 20 del Pd che potrebbero decidere di votare no all’articolo 5, si fermerebbe a 139.
Ma la geometria della maggioranza è troppo variabile per fare previsioni certe.
E in Aula, se domattina non andrà in porto l’accordo Pd-Lega sugli emendamenti, tutti i finali restano aperti.
(da “il Sole24Ore”)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
FIORENTINO, AMICO DI LOTTI E RENZI, HA RISTRUTTURATO LA CASA DEL PREMIER: ORA SI PREPARA A DIRIGERE LA CONTROLLATA TELECOM
I petali del Giglio Magico non finiscono mai.
Andrea Bacci, l’imprenditore che ristrutturò la villa della famiglia Renzi a Pontassieve, è stato scelto come prossimo amministratore delegato di Telekom Sparkle, formalmente controllata da Telecom Italia, ma da sempre azienda strategica per il governo italiano e per l’alleato Usa, visto che posa e controlla milioni di chilometri di cavi sottomarini per Internet, principalmente verso il Medioriente e l’Asia.
L’ok di Patuano (e dell’ex capocentro Cia).
Se non ci saranno intoppi dell’ultima ora, la nomina di Bacci, 54 anni, per un caso della vita fiorentino come Matteo Renzi, dovrebbe essere sancita nel consiglio di amministrazione di venerdì prossimo.
Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, ha detto sì al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, altro grande amico di Bacci e suo sponsor. E poi per lui ha garantito anche un vecchio amico di Patuano come Robert Gorelick, ex capocentro della Cia a Roma durante l’amministrazione di George Bush junior e attualmente consulente indipendente dopo un periodo in Deloitte.
Servizi, segreti e quei cavi sottomarini.
Il nome di Bacci va bene poi anche ad Alberto Manenti, direttore dell’Aise, il servizio segreto esterno che ha un comprensibile interesse per l’italianità di Sparkle, definita da un ex manager “il bocchettone delle informazioni verso i Paesi Arabi”.
E sulla nomina di Bacci ha messo il timbro sopra anche un ex alto funzionario dei servizi italiani come Antonio Agostini, potente segretario generale del ministero dell’Ambiente con delega sul Nucleare, finito l’anno scorso sotto inchiesta per corruzione insieme all’ex ministro Corrado Clini, dopo alcuni articoli del “fattoquotidiano.it”.
Secondo indiscrezioni che circolano tra Telecom e la Presidenza del Consiglio, nelle scorse settimane ci sarebbe addirittura stata una cena alla quale avrebbero partecipato Lotti, Bacci, Manenti, Agostini e Gorelick per disegnare il futuro di Sparkle.
Ma, leggenda o meno, di sicuro sono questi i personaggi al lavoro per il cambio della guardia della società , attualmente guidata da Alessandro Talotta, un manager nato e cresciuto nelle infrastrutture telefoniche.
Pelletteria e cybersecurity? Ed è proprio qui il punto (come per Marco Carrai alla Cyber security): il curriculum e le competenze.
Bacci è alla guida di un gruppo che fattura una settantina di milioni di euro nella pelletteria, nelle costruzioni e nella logistica.
E per cercare un po’ di celebrità , due anni fa, ha rilevato anche una squadra di calcio di Lega Pro, la Lucchese, pur essendo un accanito tifoso della Fiorentina.
Che cosa capisce di cavi sottomarini e geopolitica? Non si sa, magari sono le sue due passioni del weekend, quando sono finite le partite di pallone dei due campionati che segue.
Di sicuro c’è che è legatissimo a Renzi e a Lotti.
Come ha raccontato Antonio Rossitto su “Panorama” (7 aprile 2015), tra il 2004 e il 2005 la Coam srl di Bacci ristrutturò la villa dove tutt’ora abita il premier con la sua famiglia.
E, sarà un caso, un anno dopo il costruttore venne nominato dall’amico Matteo, allora presidente della Provincia, alla guida di “Florence Multimedia”, poi finita sotto inchiesta della Corte dei Conti.
Nel 2010, invece, Bacci viene piazzato ai vertici della Silfi, municipalizzata fiorentina che si occupa dell’illuminazione. Un percorso davvero simile a quello di Marco Carrai, che ora Renzi vuole nominare “Zar” della lotta al cyber crime.
Nelle intercettazioni della “Cricca”.
Anche il 3 ottobre 2014, quando Marco Lillo pubblica sul Fatto intercettazioni inedite della “Cricca dei Grandi Appalti”, il nome di Andrea Bacci ricorre più volte.
Non è indagato, ma è legatissimo a Riccardo Fusi, uno dei padroni della Btp, poi condannato a due anni dal Tribunale di Roma. In particolare, Bacci chiede a Fusi in due occasioni il suo elicottero per trasportare Renzi (siamo tra il 2008 e il 2009).
E scavando sul suo passato, viene fuori che era stato socio del papà di Renzi, Tiziano, in una società poi fallita.
La sensazione è che basti aspettare, e forse anche i compagni d’asilo del premier troveranno un posto al sole ai vertici della Repubblica.
Francesco Bonazzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
IN RETE DIBATTITI SURREALI SUI RENDICONTI
Il motivo è: «$$$$$$$$$». Almeno secondo l’interpretazione su Facebook dell’onorevole a cinque stelle Donatella Agostinelli, a proposito di una delle tante scissioni. Precisa, diretta, senza giri di parole.
Pensiero invece già più articolato per il collega cittadino Cristian Iannuzzi: «Lasciano per non ridare i soldi, sono peggio della casta».
Questa tendenza genovese del Movimento – la chiamiamo così non per dileggio, ma in ambizione sociologica – non può che discendere da Beppe Grillo.
Un giorno, era il marzo del 2013, il Garante stava entrando al Quirinale per le consultazioni con Giorgio Napolitano e, ai giornalisti che lo invocavano, mimò il gesto dei quattrini; avrebbe potuto fare quello dell’ombrello, o il dito medio, e invece sfregò le tre dita sebbene non se ne sia mai capito il motivo.
Una reazione spontanea, e ci sono cronisti che hanno telefonato a Grillo mentre era all’estero, e ricordano il suo rantolo di dolore: «Ma quanto mi costa?».
Se non fosse così genuino, Grillo non avrebbe capito qual è l’unica cosa che interessa agli elettori: i soldi.
Il resto, dai matrimoni gay al premio di maggioranza, è fumisteria da accademia.
Il problema è che le buonissime intenzioni della rinuncia parziale ai contributi elettorali, del restitution day coi parlamentari in posa per la foto dietro al maxiassegno, e poi degli scontrini delle origini, con l’andar del tempo sono diventate diagnosticabili come disturbi ossessivo-compulsivi.
Altrimenti come catalogare il seguente scambio di opinioni fra Ivan Catalano e Chiara Di Benedetto? «#tirendiconto?», «ma #renditicontote?», dove il gioco di parole è su “rendicontazione”.
Poi il resto del dialogo girava su un più classico «restituisci il malloppo», «mostrami il bonifico» eccetera.
Oppure, come catalogare la guerra scatenata un anno fa a Ragusa contro il concerto di Claudio Baglioni, con quel che costa, proprio mentre i cittadini dovevano raccogliere il necessario per la Tari?
Il progetto, giuridicamente stravagante, di far pagare 150 mila euro ai consiglieri comunali romani in caso di dissidenza (gli europarlamentari dovrebbero pagarne 250 mila) è l’approdo di una mania che ha portato Roberta Lombardi a chiedere on line che fare con gli scontrini del caffè perduti, che ha portato Adriano Zaccagnini (ora fuoriuscito) a promettere la restituzione del corrispettivo di un pranzo consumato al ristorante della Camera («pensavo di risparmiare»), che ha portato il deputato Carlo Sibilia a progettare il recupero dell’evasione fiscale dei narcotrafficanti.
Vivere in due in un appartamento di 60 metri ed evitare i locali più costosi del centro è encomiabile, finchè non lambisce la parodia.
I duelli sul filo della lama per cinquanta centesimi, o il coro «restituite i soldi anche voi», intonato come passepartout ogni giorno, e su ogni argomento, compresi quelli che non c’entrano nulla, ha portato uno dei cinque stelle meno robotici, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, a dare un prezioso suggerimento: «Meno scontrini, più contenuti».
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
IL POST CHE DENUNCIA L’OBLIO SUL SANGUE ITALIANO E’ UN FALSO STORICO
Guardate come i titini fucilavano gli italiani. Ma la foto è un falso storico: quelli con le spalle strette e la testa china, pronti a ricevere una raffica di colpi nella schiena, sono cinque contadini sloveni.
A imbracciare le armi è l’Esercito italiano.
Clamorosa “gaffe” de “La Destra italiana unita”, che nel Giorno del Ricordo, sui social, commemora le vittime delle foibe manipolando l’immagine, subito ritwittata dal leader de La Destra e candidato sindaco di Roma Francesco Storace.
“Foibe. Il sangue italiano che la sinistra dimentica! Ma noi no!” scrivono sulla foto, persino ritoccata: il plotone è contrassegnato da falce e martello, un tricolore tinge le schiene dei condannati a morte.
Lo scatto è del 1942, noto agli storici fin dall’immediato dopoguerra. La foto compare infatti già in alcuni libri degli anni ’40, tra i quali “Ventinove mesi di occupazione italiana nella provincia di Lubiana” di Giuseppe Piemontese, del 1946.
La divisa e l’elmetto dei soldati sono identici a quelli di tante altre immagini del nostro Esercito alle prese con l’occupazione di Slovenia e Croazia tra il 1940 e il 1943. Con ogni probabilità , la foto ritrae la Divisione Granatieri di Sardegna, attiva nella provincia di Lubiana in quel periodo.
Scattata da un fotografo a seguito del nostro esercito, la foto, il cui originale è conservato all’Istituto di Storia Contemporanea di Lubiana, la capitale della Repubblica slovena, fu confiscata insieme ad altre nell’immediato dopoguerra dal fotografo e partigiano di Gradisca d’Isonzo Erminio Delfabro, entrando così nella sezione fotografica dell’ufficio Stampa della presidenza del governo della Repubblica popolare di Slovenia a Lubiana.
Si sa tutto dello scatto. La data: 31 luglio 1942. Il luogo: monte Križna, vicino al villaggio di Dane, nel sud della Slovenia.
Le vittime della fucilazione si chiamavano Franc ŽnidarÅ¡iÄ, Janez Krajc, Franc Å kerbec, Feliks ŽnidarÅ¡iÄ ed Edvard Å kerbec .
Non è la prima volta che i soggetti della foto vengono invertiti.
A sbagliarsi, in buona o cattiva fede, non solo politici, ma anche istituzioni scolastiche e giornalisti.
Clamoroso il caso di Porta a Porta, che la usò in modo errato nel Giorno del Ricordo 2012. La trasmissione provocò una protesta pacifica davanti all’ambasciata italiana nella capitale slovena.
Una ventina di veterani chiese a Giorgio Napolitano di “dire la verità agli italiani”.
Ilaria Lonigro
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
TOTI DOVREBBE VERGOGNARSI DI GOVERNARE GRAZIE AL VOTO DI UN SOGGETTO DEL GENERE… IMBARAZZO DELLA LEGA E RICHIESTA DI DIMISSIONI
«Se avessi un figlio omosessuale, lo brucerei nella caldaia». E’ bufera su una frase che il consigliere regionale ligure della Lega Nord, Giovanni De Paoli, avrebbe pronunciato oggi a margine della seduta della commissione regionale convocata per discutere sulla legge regionale per la famiglia.
In audizione, oggi, il coordinamento Rainbow, che mette insieme molte sigle del mondo Lgbt.
Le reazioni alla frase di Di Paoli non si sono fatte attendere.
«O De Paoli smentisce di aver pronunciato quella frase orribile e prende le distanze da una posizione del genere oppure si dimetta immediatamente dalla sua carica, con tanto di pubbliche scuse sue e del suo partito» è la posizione del consigliere regionale M5S Francesco Battistini, che chiede al presidente della Regione Giovanni Toti una pubblica abiura: «La Regione si dissoci con forza dalla frase incriminata e da un pensiero pericoloso».
Anche il Pd chiede le dimissioni immediate del leghista: «Le parole del consigliere De Paoli sugli omosessuali si commentano da sole per la loro gravità inaudita. Una persona, se pronuncia frasi simili, a mio modo di vedere, non può rappresentare le istituzioni. Tutti ora si renderanno conto di cosa significa avere la destra al governo della Liguria. Toti dovrebbe prendere immediatamente le distanze da simili affermazioni e da De Paoli. Deve farlo soprattutto per tutelare i valori democratici e l’istituzione regionale. Altro che volto moderato della destra».
E le parole di De Paoli, 63 anni, nato e cresciuto (anche politicamente) in Val di Vara, provocano più di un imbarazzo anche nel suo partito, la Lega Nord, tanto che anche Stefania Pucciarelli interviene e prende le distanze: «Spero che il consigliere De Paoli possa chiarire quanto accaduto oggi a margine della seconda commissione e mi auguro che tutto sia frutto di un semplice fraintendimento. Io in qualità di madre, quello che ritengo essenziale per il bene di mio figlio è la sua serenità e non la sua sessualità , tutto il resto per me è irrilevante. Quindi, mi dissocio completamente da eventuali dichiarazioni fuori luogo».
(da “il Secolo XIX“)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
PERCHE’ ALLORA HA PROPOSTO RITA DELLA CHIESA (CHE HA RINUNCIATO) , ANCHE LEI CON LO STESSO PASSATO, E PERCHE’ HA ACCETTATO UN FINANZIAMENTO DI 15.000 EURO DA PARTE DEL NOTO “PALAZZINARO” NAVARRA?
In politica è evidente che ciascuno può fare le scelte che meglio crede, appoggiare o proporre un candidato piuttosto che un altro, perorare la causa di un papabile sindaco o negargli fiducia.
La strada maestra dovrebbe però almeno essere quella della sincerità e della coerenza di fronte al proprio elettorato.
Nel travagliato parto del centrodestra romano per individuare un candidato sindaco unitario per le prossime amministrative, stiamo assistendo ogni giorno a una farsa (poco fa Rita Della Chiesa non ha accettato la candidatura e si riparla di Bertolaso)
Ma qua vogliamo soffermarci sul “profilo identitario” reclamato da Giorgia Meloni come “condicio sine qua non” per garantire l’appoggio di Fratelli d’Italia al futuro papabile.
E veniamo al veto posto su Alfio Marchini da parte della Meloni, quando ormai sia Berlusconi che Salvini erano d’accordo.
Il no della Meloni, accompagnato dalla minaccia di ridiscutere tutte le candidature nelle altre città , è stato motivato dal fatto che Marchini “ha un passato a sinistra” e “rappresenta gli interessi dei palazzinari romani”.
Nulla da obiettare se tale posizione, giusta o sbagliata che sia, fosse coerente con il comportamento della Meloni .
Ma allora spieghi al proprio elettorato due semplici cose:
1) Per quale motivo ha proposto Rita Della Chiesa, con un noto passato di sinistra, come peraltro ricordato dalla stessa conduttrice stamane?
Se la regola vale per Marchini perchè non dovrebbe valere per Rita Della Chiesa?
2) Se non vuoi avere nulla a che fare con i palazzinari romani, perchè per le elezioni 2013 hai accettato un contributo di 15.000 euro dai fratelli Navarra, noti titolari di Italiana Costruzioni, famiglia di “palazzinari” romani, indagati dalla procura di Firenze per l’appalto al Padiglione Italia di Expo ?
Costruttori che hanno elargito contributi bipartisan anche a Zingaretti (25.000 euro) e a Nicola Latorre (30.000 euro)?
Se le regole valgono per Marchini, perchè non dovrebbero valere in primo luogo per te?
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
LA MAPPA SUL TEMA DEI DIRITTI: COSA ACCADE ALTROVE: NEL REGNO UNITO POSSONO ADOTTARE BAMBINI DAL 2002, IN SPAGNA DAL 20005 HANNO DIRITTO A SPOSARSI
Mentre in Italia le forze politiche si dividono sulla stepchild adoption, ovvero l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà che prevede l’adozione da parte del partner del figlio naturale del “coniuge”, in molti Paesi europei dove vige il matrimonio gay o anche solo le unioni civili è consentita l’adozione tout court, come avviene per le coppie eterosessuali.
In alcuni casi l’adozione è stata approvata prima dei matrimoni gay. In altri casi è presente la stepchild adoption. Ma vediamo la situazione Stato per Stato.
Olanda
È consentita l’adozione congiunta di minori per coppie gay dal 2001, grazie alla legge che nello stesso anno ha aperto la strada al matrimonio omosex.
Belgio
Adozione consentita dal 2006, mentre il matrimonio omosex è stato approvato nel 2003.
Norvegia.
Dal 2006 le coppie gay possono sposarsi, adottare e fare ricorso alla fecondazione assistita.
Svezia.
L’adozione per le coppie gay anche non sposate è legale dal 2003. Il matrimonio omosex è stato invece introdotto solo nel 2009, con la benedizione da parte della Chiesa luterana, cui fanno riferimento il 70 per cento dei fedeli.
Danimarca.
L’adozione congiunta da parte delle coppie gay è in vigore dal giugno 2006. La Danimarca è stato il primo Paese al mondo a dare il via libera alle unioni civili, nel 1989, cui poi è seguito il matrimonio. Sono escluse dalla legislazione le Isole Faroe e la Groenlandia, dove è prevista la stepchild adoption.
Spagna.
Grazie a una legge del governo Zapatero, dal 2005 per le coppie gay è possibile sposarsi e anche adottare figli. Possono inoltre adottare anche le coppie omosex non sposate e i single omo ed etero.
Francia.
L’adozione di bambini da parte di coppie gay è legale dal maggio 2013, come anche il matrimonio. È anche prevista l’adozione da parte di single gay e da coppie solo conviventi. La possibilità di adottare congiuntamente minori non è consentita alle coppie conviventi, che però possono beneficiare nelle norme del codice civile che consentono a qualsiasi genitore la possibilità di delega totale o parziale della potestà genitoriale in favore del partner.
Regno Unito.
Dal 2002, con l’Adoption and children act, l’adozione da parte di coppie omosex è legale in Inghilterra e Galles. Nel 2013 è entrato in vigore anche il matrimonio gay. Dal 2002 al 2013 il bambino adottato risultava figlio del genitore single. La Scozia e l’Irlanda del Nord hanno allineato la propria legislazione a quella inglese rispettivamente nel 2006 e nel 2013. Prima vigeva comunque la stepchild adoption.
Irlanda.
Nell’aprile 2015 è stata approvato il Children and Family Relationship Bill, la legge che regolamenta l’adozione da parte dei genitori dello stesso sesso uniti civilmente. Un mese dopo, in seguito a un referendum popolare vinto con il 62 per cento, è stato introdotto anche il matrimonio gay.
Austria.
L’adozione per le coppie gay unite civilmente è prevista dal gennaio 2015. Prima era possibile solo la stepchild adoption.
Germania.
Qui non esiste l’adozione congiunta, ma dal 2005 è consentita la stepchild adoption. Dal 2013 l’adozione è consentita anche per il figlio adottivo del partner, non solo per quello biologico.
Portogallo.
Dal 2010 esiste il matrimonio gay, ma l’adozione è esclusa in tutte le sue forme.
Croazia.
La legge prevede un meccanismo simile alla stepchild adoption chiamato “Partner guardianship”, per il quale il genitore non biologico unito civilmente può acquisire responsabilità genitoriali temporanee o permanenti.
Svizzera, Ungheria, Repubblica Ceca, Grecia.
Esistono le unioni civili per le coppie gay, ma non è permessa l’adozione, in nessuna forma.
Gianluca Roselli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
C’ERAVAMO TANTO AMATI: LA DELLA CHIESA SANCISCE LA FINE DELL’IDILLIO TRA SALVINI E LA MELONI… E LUI DISERTA IL VERTICE DI OGGI: “NON SI DECIDE COSI”
E’ caos nel centrodestra per la candidatura a sindaco di Roma.
Rita Dalla Chiesa ha preso tempo. “Sono nel panico, raramente nella mia vita lo sono stata” dice in una lunga intervista all’agenzia LaPresse. Dopo che Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia ha lanciato il suo nome per la corsa al Campidoglio, la giornalista e conduttrice tv, 69 anni, figlia del generale ucciso dalla mafia, ci sta pensando seriamente. “Dovrò incontrare la Meloni e Berlusconi, poi vedremo” dice.
E sarebbe previsto per oggi alle 15 un incontro con il numero uno di Forza Italia: a comunicarlo sarebbe stato Berlusconi stesso ieri a cena a palazzo Grazioli con i coordinatori regionali.
Come pure sulla figura di Dalla Chiesa – e di Simonetta Matone, classe ’53, sostituto procuratore in Corte d’Appello, gran frequentatrice di talk – si sarebbe dovuto ragionare anche stasera nel nuovo vertice tra i tre leader del centrodestra per trovare il candidato sindaco di centrodestra per le elezioni di giugno.
Peccato che Salvini si sarebbe profondamente irritato per la gestione delle candidature tanto da decidere di disertare l’incontro.
Quale sia l’opinione del Carroccio sulla Dalla Chiesa è ancora da capire. Era stato Salvini ad annunciare lo stop a Marchini suggerendo: “Abbiamo un altro”. Poi era emerso piano piano un identikit: donna, ex magistrato.
Tutte le attenzioni si erano subito concentrate sulla Matone. Fino alle indiscrezioni di ieri che invece portano dritto alla storica conduttrice di Forum.
E se la Lega non si è mostrata calda, incerta pure la risposta dei forzisti romani, tornati ad invocare l’unità e convinti che la partita su Marchini, che ieri al Tg1 ha comunque confermato “Vado avanti, non mi fermo per i veti”, non sia ancora del tutto chiusa. Maurizio Gasparri ad esempio twitta: “Oggi mercoledì delle Ceneri. Carnevale è finito”..
I contatti sono già in corso. Sia con la Meloni che con Berlusconi la Dalla Chiesa, che rivendica un passato “da progressista, a sinistra” prima del voto a Forza Italia, si è già sentita.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2016 Riccardo Fucile
IN DEMOCRAZIA I DIRITTI NON SI TOLGONO, SI AGGIUNGONO
Da oggi il Senato si esprime sulle unioni civili e si divide sull’adozione del figliastro, che gli ossessionati dall’inglese chiamano stepchild adoption.
Renzi, qui in versione di sinistra, ha deciso di non stralciarla dal disegno di legge Cirinnà , affidando la responsabilità di una eventuale bocciatura ai cattolici intransigenti del suo partito e a quelli del movimento Cinquestelle, cui Grillo ha lasciato libertà di coscienza.
Il rispetto per la buona fede di chi avversa l’adozione del figliastro è fuori discussione. Accanto agli opportunisti, ai moralisti incoerenti e ai talebani, la piazza del Family Day ospitava tante persone che sono sinceramente e profondamente convinte che i figli possano crescere solo con genitori di sesso diverso.
Riconoscono che le famiglie cosiddette naturali non siano esenti da disfunzioni in grado di dare lavoro a psicanalisti e cronisti di nera, ma difendono il principio della loro unicità .
E in nome di quel principio ritengono giusto vietare l’estensione di certi diritti, cioè di certe possibilità , ad altri esseri umani.
I fautori della conservazione parlano, però, come se il disegno di legge in votazione al Senato plasmasse dal nulla una nuova realtà . Non è così.
La «Cirinnà », con grave ritardo rispetto al resto d’Europa, si limita a regolare una situazione già esistente.
In Italia ci sono centinaia di creature con un solo genitore biologico che ha un compagno o una compagna del suo stesso sesso.
Cosa succederebbe se il genitore morisse e l’adozione del figliastro da parte del partner non entrasse in vigore? Che quei bambini e adolescenti verrebbero strappati alla famiglia che li ha cresciuti e ributtati sulla giostra degli orfanotrofi.
Prima di dare qualsiasi risposta è sempre utile capire quale sia la domanda.
E qui la domanda è: quei bambini vanno tutelati, sì o no?
Se uno ha la forza di dire no, ha una posizione diversa dalla mia – il che può essere un titolo di merito – ma anche da quella della stragrande maggioranza delle nazioni occidentali, dove l’adozione del figliastro è da tempo un’ovvietà che non ha affatto disintegrato la famiglia tradizionale, tanto è vero che in quei Paesi nascono molti più figli che nel nostro.
E forse nascono perchè l’attenzione verso la famiglia tradizionale si esprime in politiche fiscali e servizi sociali adeguati.
Non limitandosi a impedire ad altre famiglie di esistere.
La contrapposizione tra guelfi e ghibellini del sesso è fuori dalla Storia e ormai anche dalla cronaca. In una democrazia i diritti non si elidono, si aggiungono.
Concederne alle coppie gay non significa sottrarne a quelle etero. Significa prendere atto della vita vera e delle sue diversità .
Avendo coscienza che certi processi sono ineluttabili e vanno solo armonizzati e regolati. La macchina dei diritti civili prevede il freno, ma non la retromarcia.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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