Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
MIRACOLO A MILANO: MOBILITAZIONE DI CINESI PER IL CANDIDATO… IL PRESIDENTE DI SEGGIO: “VOTO NON CONSAPEVOLE, OPERAZIONI SOSPETTE”…. NEL PRIMO GIORNO APPENA 7.700 VOTANTI, IL 4% SONO STRANIERI
“Una partecipazione cinese inaspettata alle primarie del centrosinistra di Milano e una serie di operazioni sospette: non capiscono e non sanno leggere l’italiano e aprono la scheda per sapere dov’è il nome. Il sospetto che non ci fosse questa consapevolezza di cittadini che sanno cosa stanno facendo io l’ho maturato”.
A raccontarlo ai microfoni de ilfattoquotidiano.it è Carlo Bonaconsa, il presidente di seggio della sezione Luciano Lama (zona 2 — stazione centrale) dopo il primo giorno di votazioni.
Nelle scorse ore la comunità cinese della capitale della Lombardia aveva espresso il suo appoggio pubblico in lingua mandarina al candidato Pd Giuseppe Sala.
Oggi, alla prova dei seggi, ha rispettato l’impegno. “Non sono basito”, ha concluso il presidente, “avevo capito che c’era stato un endorsement per un candidato, ma non mi aspettavo un’affluenza così. Si è ripetuto qui quello che è successo in altre città ”.
Casi contestati infatti c’erano già stati in passato a Genova a gennaio 2015 per la selezione del candidato presidente alla Regione e a Napoli nel 2011 per la scelta del sindaco.
Le immagini parlano da sole: un gruppo di cinesi che conosce poche parole di italiano si incontra in un bar vicino al seggio insieme al consigliere comunale Emanuele Lazzarini e alla deputata Lia Quartapelle.
Poco prima sono stati fermati dalla cronista de ilfattoquotidiano.it e alla domanda chi voterai hanno risposto: “Non sappiamo”.
Dopo il caffè entrano e si dirigono verso le urne. Alla sezione Lama si presenta poi uno dei rappresentante dell’associazione Unione imprenditori Italia Cina: “Abbiamo incontrato Sala nei giorni scorsi”, dice.
Ma alla domanda “perchè vota il presidente Expo?” ribatte: “Può spegnere la telecamera?“.
Ma non sono gli unici casi segnalati nelle scorse ore: alcuni cinesi si sono registrati e hanno aspettato le indicazioni per votare, altri hanno fatto riferimento alla traduttrice e altri ancora giravano per la sezione chiedendo ingenuamente ai rappresentanti ai seggi per chi avrebbero dovuto esprimere la preferenza.
Nel quartiere cinese di Milano, zona Paolo Sarpi, è stato addirittura allestito un gazebo per le informazioni sulle primarie. Lì i rappresentanti della comunità danno indicazioni generali su chi votare e si offrono di portare ai seggi con macchine private chi è interessato a partecipare.
Tanti gli episodi controversi nelle sezioni. Tanto che il presidente di seggio Bonaconsa ha detto di aver preso provvedimenti per arginare il fenomeno: “Ho visto una serie di operazioni sospette che sono avvenute: alcuni cinesi assistevano, altri volevano entrare per accompagnare l’amico e insegnargli come votare. Dopo 1,2,3 operazioni sospette ho deciso che doveva entrare un cinese alla volta”.
Il rappresentante Pd ha raccontato di aver capito che i voti dei cinesi erano per Sala, perchè erano loro stessi a mostrargli le schede: “Non capiscono e non sanno leggere l’italiano. Erano così ingenui che spesso non sapevano come votare e venivano da me a chiedermi se andava bene come avevano fatto”.
Nei giorni scorsi, come riportato da Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano del 4 febbraio, sul portale huarenjie.com era stato pubblicato in in lingua mandarina un articolo dal titolo: “I cinesi di Milano devono tirare fuori la loro forza”.
All’interno il racconto del colloquio con la deputata di Democrazia solidale Milena Santerini (ex Scelta civica) in cui si spiegava la vicinanza di Sala alle problematiche del mondo cinese.
Elisa Murgese
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
MOLTI SENATORI SI ESPONGONO: “PATETICO TENTATIVO DI GALLEGGIARE”
“#Io voto sì”. Beppe Grillo cambia la linea a sorpresa e lascia libertà di coscienza sul ddl Unioni civili, alcuni parlamentari rispondono con un hashtag in rete e garantiscono che non cambieranno la loro posizione.
Se i membri del direttorio, Luigi Di Maio in primis, sono come al solito proni al leader, in tanti tra gli eletti reagiscono esponendosi in favore del provvedimento.
Duro il commento della deputata Chiara Di Benedetto: “Abbiamo illuso e offeso le persone”, ha scritto in un lungo post su Facebook. “E’ un tentativo patetico di galleggiare. Mi vergogno anche un po’ di aver tradito chi credeva alle nostre parole. Unioni civili non sono un tema etico e chi lo sostiene è ignorante o in malafede”.
“#IoVotoSi al ddl Unioni Civili così com’è, coerentemente come ho sempre sostenuto”, ha scritto su Twitter Alberto Airola. E l’hashtag è stato poi ripetuto da almeno dieci suoi colleghi: Laura Bottici, Maurizio Buccarella, Elisa Bulgarelli, Daniela Donno, Elena Fattori, Bruno Marton, Paola Nugnes, Marco Scibona, Paola Taverna. A loro si uniscono anche alcuni deputati.
C’è chi, come Taverna, cita alcuni versi sull’amore di Sant’Agostino. E chi motiva la dichiarazione con un messaggio: “Non si svendono i diritti, a maggior ragione quelli dei bambini”, scrive Scibona.
La deputata M5S Mirella Liuzzi, intanto, va a ripescare un post di Grillo del luglio 2012, in cui il leader M5S attaccava le timidezze del Pd sul tema e si diceva a favore delle nozze gay. “La mia libertà di coscienza continua a essere qui”, scrive Liuzzi.
Tra i più critici, la deputata Chiara Di Benedetto: “Siamo stati coerenti, fino ad oggi”, ha scritto in un lungo post su Facebook, “con quelli che abbiamo sempre creduto fossero i principi del M5s, cioè diritti per tutti, nessuno deve rimanere indietro. Il M5s è caduto come un allocco. Ci siamo lasciati invischiare dalla melma puzzolente e ignorante. Ci siamo lasciati sviare dalla nostra operazione che doveva essere di tutela dei diritti di tutti. Abbiamo illuso e offeso le persone“.
Secondo Di Benedetto, l’annuncio di Beppe Grillo sarebbe stato una scelta sbagliata simile a quella di altri partiti: “La libertà di coscienza sul ddl Cirinnà , a due giorni dal voto, suona come un patetico tentativo di galleggiare, di non dispiacere a nessuno, di compiacere tutti e di non spingersi troppo oltre, verso quella famosa rivoluzione culturale che, oramai, sono solo parole vuote e offese. Mi sento offesa in prima persona. Mi vergogno anche un po’ di aver tradito chi credeva che alle nostre parole seguissero i fatti. Le Unioni civili non sono un tema etico e chi lo sostiene è ignorante e in malafede”.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
E TRA I PARLAMENTARI CINQUESTELLE NON SONO POCHI QUELLI “SENSIBILI” A RACCOGLIERE CONSENSI NEL MONDO CATTOLICO
Nel giro renziano la preoccupazione c’era da qualche giorno: «Alcuni senatori grillini potrebbero non votare il ddl Cirinnà ». Il premier era stato informato della cosa.
Da tempo un canale si era aperto tra M5S e Vaticano.
Alessandro Di Battista e Nicola Morra furono ricevuti dal sostituto segretario di Stato Giovanni Angelo Becciu.
Di Battista, che molto si adoperò in tal senso, lo raccontò così: «L’incontro è stato cordiale e si è parlato soprattutto di pace e contrasto agli interventi armati».
I romani hanno lavorato sottotraccia: Roberta Lombardi è andata, col fido Marcello De Vito, in udienza da monsignor Fisichella (lo spunto era il giubileo).
All’ultimo meeting di Cl, il M5S accettò l’invito di andare a parlare. Di Maio mandò il fedelissimo Mattia Fantinati. Una cosa che sarebbe stata inconcepibile, per il Movimento delle origini.
In Senato, dietro la compattezza ufficiale, ci sono vari lavorii. Qualche giorno fa, parlando a diversi suoi colleghi, il senatore del M5S Sergio Puglia constatava che «certo sul tema delle adozioni bisognerebbe riflettere molto meglio di quanto sia stato fatto». Puglia, oltre che supercattolico, è campano, come Di Maio, e prima che il vicepresidente della Camera andasse a vivere con la sua fidanzata, Silvia Virgulti, era a tal punto vicino a Di Maio da dividere con lui (e con Carlo Sibilia) l’appartamento.
In fondo, per ragioni diverse, se cadesse la stepchild adoption farebbe comodo a tanti, nel grande gioco che Di Maio sta tessendo con Renzi.
A Montecitorio sono molto esposte in campagne tradizionaliste e cattoliche – hanno anche partecipato a un incontro preparatorio del Family day, intitolato «Parlamentari per la famiglia» – Tiziana Ciprini, Marta Grande, Azzurra Cancellieri.
A quell’incontro c’erano, per capirci, personaggi come Paola Binetti, Rocco Buttiglione, Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni. Coordinava un deputato Ncd, Alessandro Pagano.
D’Incà è così cattolico che a Roma vive dalle suore. L’ex capogruppo Nicola Morra è considerato ottimo interlocutore dall’Opus dei.
Alberto Airola, senatore piemontese, avvisa: «Noi rispettiamo i cattolici, però non possiamo farci dire la linea da loro».
Ma i voti segreti possono essere tanti, come i sussulti dei cattolici più praticanti.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON RACCONTA PIUTTOSTO I CONTATTI CON IL VATICANO DI QUESTI GIORNI?
Libertà di coscienza sulla cosiddetta stepchild adoption e sul disegno di legge nel suo complesso. È questa l’indicazione arrivata dal blog di Beppe Grillo ai parlamentari del Movimento 5 Stelle in vista dell’inizio delle votazioni sul ddl Cirinnà sulle unioni civili.
Le motivazioni? «Nel disegno di legge è prevista la “stepchild adoption”, letteralmente “adozione del figliastro”, per le coppie omosessuali. Questo è il punto in cui le sensibilità degli elettori, degli iscritti e dei portavoce MoVimento 5 Stelle sono varie per questioni di coscienza. Nella votazione online che si è svolta a ottobre 2014 non era presente alcun accenno alle adozioni e gli iscritti del M5S non hanno potuto dibattere su questo argomento specifico».
Si materializza, così, lo scenario ipotizzato nei giorni scorsi dopo che un articolo pubblicato da La Stampa aveva raccontato del dialogo tra grillini ed esponenti del Vaticano sul ddl Cirinnà .
Tanto è bastato per far esplodere la protesta sul blog di Grillo e in tutta la rete, dove l’hashtag #dietrofrontM5S ha già raggiunto i vertici della classifica italiana dei tred topic.
Tra gli altri c’è chi accusa il Movimento di mentire proprio sulle ragioni della decisione.
Nella consultazione tenuta a ottobre del 2014, infatti, il quesito posto agli iscritti non escludeva affattoil tema della stepchild adoption.
Il testo, a favore del quale hanno votato 3908 attivisti del M5S, parlava di «diritti e doveri della coppia equiparati al matrimonio ma con esclusione della possibilità di adottare figli estranei alla coppia».
La stepchild adoption (già consentita per le coppie eterosessuali) rientra quindi perfettamente nel novero dei diritti contemplati dal quesito, a meno che non si voglia sostenere che il figlio del coniuge sia estraneo alla coppia unita civilmente.
A far montare ancor di più la polemica, però, è la chiusura del messaggio pubblicato sul blog: «Non si fa ricorso a un’ulteriore votazione online perchè su un tema etico di questa portata i portavoce M5S al Senato possono comunque, in base ai dettami della loro coscienza, votare in maniera difforme dal gruppo qualunque sia il risultato delle votazioni».
E c’è già chi parla di democrazia diretta a giorni alterni.
Francesco Zaffarano
(da “la Stampa”)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
IL DIETROFRONT SULLE UNIONI CIVILI: LA BASE VUOLE UN NUOVO SONDAGGIO, GRILLO LO VIETA
Un post sul blog di Beppe Grillo per cancellare settimane di prese di posizione (apparentemente) perentorie. Il M5s avrà libertà di coscienza sulle unioni civili. Eppure, appena pochi giorni fa, il senatore Alberto Airola aveva assicurato che i pentastellati a palazzo Madama avrebbero votato compatti il ddl Cirinnà purchè non venisse stravolto.
“Nel quesito sottoposto alla rete non si faceva riferimento alle adozioni”, è la penosa giustificazione con cui sul blog è stata spiegata la decisione di lasciare libertà di coscienza. Ma non è così.
Il professor Paolo Becchi, ex ideologo poi “rinnegato” dal Movimento, denuncia che la domanda sottoposta al voto dei militanti fu cambiata in corso d’opera. E ne offre anche le prove attraverso la pubblicazione delle due diverse schermate.
Nella prima versione il riferimento c’era e si escludevano unicamente le adozioni esterne alla coppia. “A metà pomeriggio — spiega ad Huffington — il quesito fu cambiato. Evidentemente quello era un nervo scoperto, ma questo dimostra la loro disonestà anche perchè non è dato sapere quale fosse l’esito della votazione fino a quel momento”.
Di fatto, la scelta ha scatenato la rivolta in rete e ha fatto partire l’hashtag #dietrofrontM5S.
Il cambio di rotta sarebbe stato deciso da Casaleggio in accordo con il direttorio, ma sarebbero stati completamente esclusi i senatori ed è per questo che ci sarebbero molti malumori per una decisione “calata dall’alto”. Soprattutto tra coloro che più si erano esposti e sgolati per dire che i grillini sul ddl Cirinnà sarebbero stati compatti.
Lo stesso Airola, su Twitter, si limita a dire che per quanto lo riguarda è pronto a votare la legge “così com’è, coerentemente come ho sempre sostenuto
Ma la base è in rivolta: “Anche noi democristiani”.
Per la maggioranza dei militanti la posizione di Grillo è una doccia fredda, come si legge nei commenti in calce allo stesso blog.
La maggioranza reclama la votazione online, esclusa dal leader espressamente.
La base dissente apertamente. “Allora – scrivono i militanti – ti viene davvero il dubbio: tutte le volte che andiamo avanti nei sondaggi Casaleggio alza il freno a mano. DietrofrontM5s . Quarto non è bastata ad affossarci, ora arriva l’adozione”.
Nella discussione in rete, prevale il pensiero di chi, come Davide Marrè di Milano, trova la libertà di coscienza poco più di un escamotage tattico.
“Strategia da democristiani dell’ultima ora – commenta – Prima dite che addirittura il testo non si vota se viene modificato… Adesso invece libertà di coscienza. Mi sembra che ultimamente non vi distinguiate dagli altri partiti”.
Ma siamo solo all’inizio: il dissenso si sta ingrossando di minuto in minuto e la dice lunga il rifiuto di Grillo e Casaleggio di aprire una nuova consultazione on line.
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
L’ANNUNCIO DI GRILLO SUL BLOG, NONOSTANTE LA RETE AVESSE VOTATO A FAVORE DEL DECRETO CIRINNA’… DOVEVANO “VOTARE COMPATTI” FINO A IERI, POI E’ ARRIVATA “QUALCHE AMBASCIATA” E RIECCO CHE LA BASE NON CONTA PIU’ UNA MAZZA
Libertà di coscienza per i parlamentari M5s nel voto sulla legge Cirinnà , comprese le eventuali modifiche sull’articolo che riguarda la stepchild adoption.
Ad annunciare il cambio di linea del Movimento 5 stelle sul provvedimento è stato Beppe Grillo a sorpresa sul blog.
Se fino a questo momento i senatori grillini avevano assicurato che avrebbero votato compatti il testo a patto che non fosse cambiato, ora il leader cambia le carte in tavola e la geografia dei voti in Senato potrebbe modificarsi radicalmente.
Esultano i conservatori (dalla Lorenzin a Formigoni), mentre il Pd ora dovrà stare in guardia dai dissidenti cattodem e dai ripensamenti grillini.
“Io voto sì al ddl così com’è”, ha detto il senatore Alberto Airola su Twitter, “coerentemente con quando sostenuto”.
Il M5s a ottobre 2014 aveva fatto una consultazione in rete per chiedere l’opinione degli iscritti sull’argomento e aveva ottenuto il via libera alle Unioni civili.
Lo stesso ddl Cirinnà ha superato il voto della commissione grazie ai voti dei 5 Stelle che fino a questo momento hanno votato a favore.
Nel post del blog, Grillo oggi spiega, arrampicandosi sugli specchi, che qualcosa è cambiato “in seguito alle tante richieste da parte di elettori, iscritti e portavoce M5S su questo tema etico“.
Gli ultimi sondaggi raccolti da Ixè per Agorà Rai hanno rivelato che la maggioranza degli italiani è a favore delle Unioni civili, ma 3 su 4 sono contrari alle adozioni gay. Resta però il fatto che la stepchild adoption, presente nel ddl, è tutt’altra cosa: si tratta infatti dell’adozione del figlio del partner, già più volte concessa dalla giurisprudenza. Il gruppo al Senato dei 5 Stelle ha sempre garantito che, nonostante alcune posizioni diverse all’interno (Sergio Puglia e Azzurra Cancelleri ad esempio), avrebbe sostenuto compatto il provvedimento.
“E’ una legge giusta e la voteremo”, aveva detto Luigi Di Maio nei giorni scorsi. Gli stessi grillini avevano criticato il Pd quando il segretario Matteo Renzi aveva annunciato libertà di coscienza ai suoi.
Proprio queste dichiarazioni vengono riportate in rete da numerosi utenti che criticano la decisione con l’hashtag #dietrofrontGrillo.
Grillo poi mente spudoratamente quando scrive: “Nella votazione online che si è svolta a ottobre 2014 non era presente alcun accenno alle adozioni e gli iscritti del M5S non hanno potuto dibattere su questo argomento specifico”.
In realtà nella consultazione online c’era il riferimento alle adozioni: “Sei favorevole”, si leggeva nel quesito approvato, “all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico delle unioni civili fra persone dello stesso sesso (diritti e doveri della coppia equiparati al matrimonio ma con esclusione della possibilità di adottare figli estranei alla coppia)?”.
La stepchild adoption infatti prevede l’adozione del figlio di uno dei due membri della coppia, e non un estraneo.
Lunedì a Palazzo Chigi il premier Matteo Renzi, la ministra Maria Elena Boschi e i capigruppo dem discuteranno una nuova strategia: la legge potrebbe essere accompagnata da una mozione o, come vogliono i più intransigenti, da un subemendamento che rafforzi il divieto dell’utero in affitto.
La mozione sarà firmata non solo dalle senatrici cattodem come Emma Fattorini, Maria Di Giorgi e Angelica Saggese, ma anche dalla presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro.
Obiettivo, rassicurare i dissidenti e i cattolici. Come è noto, la pratica della maternità surrogata è già vietata in Italia dalla legge 40: si tratterebbe dunque solo di “richiamare” il divieto.
La pagliacciata contnua.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
LO STRANO LEASING FRUTTO DEL TRIANGOLO DIFESA-ALITALIA-ETIHAD
Air Force Renzi continua a far parlare di sè.
Il contratto scelto è anomalo, ha consentito a Matteo Renzi di evitare tutta la trafila burocratica con il passaggio attraverso la Difesa e di agire in autonomia, parlando direttamente con gli arabi di Etihad, società che controlla Alitalia.
Alla fine ne deriva uno strano contratto di leasing, senza gara, con il Ministero della Difesa che affitta l’aereo del presidente del Consiglio da Alitalia, che a sua volta lo affitta dall’azionista Etihad. Che ha adattato l’aereo a tutte le richieste del premier. Resta però il dubbio di quanto sia costato tutto questo giro, anche in considerazione della precisazione della compagnia aerea italiana, secondo cui “l’intera operazione non comporta alcun costo per Alitalia”.
La posizione di Alitalia.
“In merito all’aereo A340-500 a disposizione del Governo italiano, anche a seguito di alcune indiscrezioni di stampa, Alitalia tiene a precisare quanto segue: l’aeromobile, nella disponibilità di Alitalia in base ad un accordo con il proprio partner industriale, sarà destinato al servizio dei Voli di Stato in conseguenza di un contratto di leasing – stipulato alle usuali condizioni di mercato – tra Alitalia e il Ministero della Difesa. Alitalia si è impegnata a garantire la manutenzione ordinaria nell’ambito del contratto di leasing. L’intera operazione non comporta alcun costo per Alitalia”
I dettagli dell’operazione non sono noti.
“A condizioni di mercato”, ribadisce anche Palazzo Chigi, e la stima, scrive il Fatto Quotidiano, diventa quindi di 200-300 mila euro al mese.
Il dubbio è il seguente: se il canone di leasing fosse molto elevato, sarebbe un favore del Governo a Etihad, se fosse molto basso, simbolico, sarebbe un favore di Etihad al Governo.
L’ex ministro della Difesa Antonio Martino ha presentato un’interrogazione parlamentare che pone alcuni quesiti: non bastava adattare l’A-319 o il Boeing Kc-767A? Perchè non si è indetta una gara? Perchè optare per un maxi-aereo che non può partire dall’aeroporto che lo dovrebbe ospitare, Roma Ciampino?
Secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, il velivolo è stato personalizzato per Matteo Renzi e diventa per questo più difficile da rivendere alla fine del leasing. Anche perchè per gli Airbus A340 non c’è mercato.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
NEL 2015 CREATI MENO POSTI DI LAVORO DEL 2014, ANNO DI RECESSIONE.. I POCHI CONTRATTI STABILI CRESCONO MENO DEI PRECARI
I conti si fanno alla fine. Quindi partiamo dall’inizio: “Ci sono 1,9 miliardi di sgravi nel 2015 e questo potrebbe portare fino a un milione di posti di lavoro”, che è un “numerone” ma “i primi sintomi ci sono”.
Si era di marzo — il contratto a tutele crescenti del Jobs act (cioè senza l’articolo 18) era appena partito — e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti preannunciava le magnifiche sorti, e progressive, degli sgravi miliardari triennali (partiti a gennaio) per chi assumeva nel 2015 con contratti a tempo indeterminato.
Siamo a febbraio 2016. Risultato?
La montagna di 11,7 miliardi che saranno trasferiti dalla fiscalità generale alle imprese dal 2015 al 2018 — e l’archiviazione dello Statuto dei Lavoratori — ha partorito un topolino: 135 mila posti di lavoro “stabili”.
Numero che sa di rumore statistico, reso ora assordante dalla gran cassa mediatica del pallottoliere renziano che ha accompagnato 12 mesi di spot, imprecisioni, tweet a base di #Italiacolsegnopiù, licenziando con un #ciaogufi qualunque analisi sui dati.
“Non sono semplici numeri. Ma persone, storie, famiglie”, ha spiegato il premier.
E quindi vanno analizzati attentamente (e trattati con rispetto).
Ieri l’Istat ha diffuso i dati sul mercato del lavoro a dicembre: è ora possibile tracciare un primo, provvisorio, bilancio.
Partiamo dalla fine. A dicembre, gli occupati calano dello 0,1% (-21 mila) per il crollo degli autonomi (-54 mila) solo in parte compensato dall’aumento dei dipendenti, soprattutto a tempo indeterminato (+31 mila).
Il tasso di disoccupazione, dopo mesi di calo, risale dello 0,1 all’11,4%. Tradotto: calma piatta.
Sgravi a vuoto.
È allargando lo sguardo che si coglie la distanza tra la realtà e i “sintomi” di Poletti: nel 2015 — con una crescita del Pil dello 0,8% — si sono creati 109 mila occupati in più rispetto al 2014, quando però se ne erano creati 168 mila più dell’anno prima, nonostante un Pil a -0,4%.
“Il Jobs act di Renzi non sta portando l’Italia a lavoro”, ha sentenziato Reuters.
Il saldo fa 59 mila posti in meno rispetto a un anno di recessione, senza gli sgravi e senza il Jobs act, ma col decreto Poletti, che ha liberalizzato ulteriormente il ricorso ai contratti precari.
Il punto è questo. I posti di lavoro “stabili” — cioè quelli che sgravi e riforma dovevano incentivare — sono aumentati in un anno di 135 mila unità , quelli precari di 112 mila. Questi ultimi, però, sono cresciuti a un ritmo 5 volte superiore rispetto ai primi.
Per arrivare a questo risultato sono stati impegnati 12 miliardi in tre anni.
Lo strano trend.
I contratti a tempo indeterminato sono saliti a gennaio-febbraio, ad aprile e poi da ottobre a dicembre. Le assunzioni (o le stabilizzazioni di contratti precari) a inizio anno sono quelle maggiormente “pianificate” dalle imprese: in parte sarebbero quindi avvenute lo stesso.
Da ottobre, la crescita potrebbe essere stata innescata dall’annuncio del governo che gli sgravi sarebbero stati più che dimezzati dal 2016. Come si spiega il calo a metà anno? C’è un dubbio, segnalato già dal centro studi Adapt o dalla ricercatrice Marta Fana: gli sgravi possono essere usati solo se il lavoratore non ha avuto un contratto a tempo indeterminato negli ultimi sei mesi il sospetto che alcune imprese abbiano provveduto a una doppia trasformazione (a inizio anno e alla fine) per riassumere con gli sgravi esiste.
Il boom degli over 50.
Rispetto al 2014, l’unica fascia d’età che vede una crescita sostanziosa degli occupati è la over 50 (189 mila unità ). Le più indicative dello stato di salute del lavoro — la 25-34 anni e la 35-49 anni — perdono occupati (41 mila la prima, 89 mila la seconda).
L’Istat lo ha scritto più volte: è la riforma Fornero, che ha allungato l’età pensionabile a creare nuova occupazione.
Che è soprattutto “statistica”: non uscendo dal mercato del lavoro, i più anziani gonfiano le indagini campionarie Istat.
Nella fascia 25-34 anni gli “inattivi” — coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano — aumentano di 89 mila unità . La disoccupazione giovanile, pur in calo è al 37,9%.
I fantasmi.
Oltre ai miliardi spesi a vuoto, c’è un aspetto che dovrebbe far suonare un campanello d’allarme. Al calo dei disoccupati e del tasso di disoccupazione non corrisponde un pari aumento degli occupati.
Premessa: il tasso di disoccupazione è il rapporto tra i disoccupati (coloro che cercano un lavoro) e le forze di lavoro (disoccupati più occupati). Chi non ha un impiego e non lo cerca finisce tra gli inattivi.
Tradotto: se la disoccupazione scende o aumentano gli occupati o aumentano gli inattivi.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 6th, 2016 Riccardo Fucile
ELETTO CON I DEM, SI ERA “AUTOSOSPESO” IN SEGUITO AD UN’ALTRA INCHIESTA PER CONCUSSIONE
Corruzione, concussione, truffa e abuso d’ufficio in vicende legate al ciclo dei rifiuti.
Con queste accuse, in concorso, sono stati arrestati all’alba il sindaco di Brindisi, Cosimo Consales, l’imprenditore Luca Screti e il commercialista leccese Massimo Vergara.
Il primo cittadino del capoluogo pugliese, per il quale il gip ha disposto i domiciliari, deve rispondere di corruzione e abuso d’ufficio.
Gli uomini della Digos hanno bussato alla sua abitazione poco dopo le cinque del mattino per notificare il provvedimento ed eseguire una perquisizione finalizzata all’acquisizione di documentazione utile all’indagine, partita nel 2013.
L’indagine ruota attorno all’affidamento da parte del Comune di Brindisi alla Nubile srl, azienda di cui Screti è amministratore, del trattamento, biostabilizzazione e produzione di cdr e css dai rifiuti urbani.
Tutto parte da un debito di poco più di 300mila euro che Consales aveva con Equitalia, in parte ripagato in contanti con conseguente segnalazione all’antiriciclaggio.
Da qui sarebbero scattati gli accertamenti della procura brindisina che è risalita al commercialista Vergara, anche lui ai domiciliari, che ha tra i clienti sia il sindaco che la società Nubile. Il sospetto è che il primo cittadino, già gravato di una pesante posizione debitoria al momento dell’elezione, abbia ricevuto da Screti i soldi per pagare le rate di Equitalia.
Consales, 57 anni, è giornalista professionista dal 1990. Dopo le prime esperienze alla Gazzetta di Brindisi, diretta dall’ex sindaco Domenico Mennitti, aveva continuato a scrivere per l’edizione locale de Il Tempo.
È uno storico volto dell’emittente Telenorba, per la quale copriva la cronaca del territorio Brindisino. Un ruolo rivestito a lungo anche per l’Ansa.
Allo stesso tempo aveva aperto una propria agenzia di comunicazione, la News Sas, specializzata in ufficio stampa. Seguiva infatti la comunicazione di molti enti pubblici, tra i quali proprio il Comune.
Poi nel 2012 la svolta: a Palazzo di Città ci è entrato da sindaco, portandosi dietro anche una pregressa posizione debitoria nei confronti degli enti previdenziali da cui nasce l’indagine che ha portato al suo arresto.
Una situazione sulla quale nessuno ha avuto da ridire tra i partiti che ne appoggiavano la candidatura. Nemmeno un anno dopo le elezioni sono però arrivate le inchieste, derivanti anche alla sua ormai ex società e ai debiti nei confronti dello Stato.
Si era autosospeso in seguito all’accusa di concussione, sfociata poi in un processo ancora in corso, legata alla proroga dell’affidamento del servizio di rassegna stampa e call center del Comune alla News Sas.
Da quel momento in poi è iniziata a crescere la tensione con i rappresentanti regionali del Partito Democratico, in primis Michele Emiliano, che ne hanno più volte caldeggiato un passo indietro.
I due si sono più volte scontrati a muso duro: Emiliano in diverse occasioni ha chiesto a Consales di farsi da parte rimarcando i continui rimpasti e le difficoltà nell’amministrazione del capoluogo, oltre a criticare la nomina come assessore all’Urbanistica di Pasquale Luperti, figlio di un ex boss della Sacra Corona Unita assassinato nel 1998.
Ma i consiglieri hanno sempre fatto quadrato attorno al sindaco, salvi alcuni distinguo come quello dell’ex segretario cittadino Antonio Elefante.
Fino a quando, lo scorso 24 dicembre, il governatore ha inviato una lettera al primo cittadino e ai rappresentanti del Pd in consiglio comunale vietando l’uso del simbolo viste le “numerose criticità determinatesi in settori fondamentali per il futuro della città ”.
Un ultimo tentativo rimasto inascoltato.
Solo dopo gli arresti dell’alba, alcuni consiglieri di maggioranza — secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it — sarebbero pronti a presentare le proprie dimissioni lunedì mattina, assieme all’opposizione, così da porre fine all’esperienza amministrativa e poter andare al voto in primavera.
Tra le prime reazioni si registra proprio quella di Emiliano: “La Regione Puglia ha fiducia nella Magistratura di Brindisi e ne sostiene l’opera da mesi commissariando il ciclo dei rifiuti della provincia — scrive su Twitter il governatore — Il Pd pugliese aveva ritirato da mesi la fiducia al sindaco di Brindisi proprio a causa delle inefficienze e irregolarità nel ciclo dei rifiuti”.
Il governatore, in continuità con le posizioni che da tempo sosteneva, ha fatto sapere di volere l’azzeramento della giunta e le dimissioni in blocco dei consiglieri Pd.
Tredici anni dopo l’arresto con le medesime accusate dell’allora sindaco Giovanni Antonio, che patteggiò poi una pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, Brindisi si ritrova ancora una volta con un primo cittadino in carica finito nell’occhio del ciclone e la Digos a Palazzo di città .
A condurre le indagini c’è il pm Giuseppe De Nozza, nel 2003 insieme alla pm Adele Ferraro e ora con la pm Savina Toscani.
Andrea Tundo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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