Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
CHIAMATA DIRETTA E SENZA ESPERIENZE SPECIFICHE, IL MILANESE DIROTTATO A DIRIGERE L’AGENZIA DEL TURISMO LIGURE
Ennesima nomina politica, ennesima carica paracadutata dall’alto, per giunta da fuori Liguria, e senza un regolare bando pubblico.
Toti non si smentisce mai, usando il proprio potere per distribuire incarichi, contratti e prebende, magari anche come compensazione politica.
È il caso di Carlo Fidanza, pronto ad assumere la direzione dell’Agenzia del turismo in Liguria, senza alcuna competenza specifica e privo di alcun titolo di studio degno di nota, relativamente al ruolo che dovrebbe ricoprire.
Il tutto per la “modica” cifra di 90.000 euro all’anno di soldi pubblici.
Insomma, non esattamente il candidato più idoneo, nè la procedura più trasparente.
Quello stesso Fidanza che, a luglio, era in pole position per la poltrona di assessore al Turismo, poi andata a Berrino (Fdi). Che oggi pensa proprio a Fidanza, il fondatore di Fratelli d’Italia, per un ruolo così delicato.
Una sorta di risarcimento danni al “povero” Fidanza.
Fidanza aveva infatti aderito a Fratelli d’Italia, ma non era riuscito a tornare nel Parlamento Europeo.
La presidente Giorgia Meloni si era impegnata a trovargli un’adeguata sistemazione. Aveva subito pensato a Toti visto che, grazie anche a Fratelli d’Italia (cioè all’inquisito Matteo Rosso) era riuscito a diventare presidente della Regione Liguria.
Toti aveva promesso a Giorgia Meloni (e Ignazio La Russa) che a suo tempo si sarebbe ricordato di Carlo Fidanza.
Ora anche Fidanza ha un suo stipendio: 90 mila euro all’anno.
Per uno che era disoccupato può accontentarsi.
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
CARTA BIANCA AGLI ISTITUTI SULLA VENDITA FORZOSA DEGLI APPARTAMENTI IN GARANZIA
Mentre la politica ancora tace, il mondo delle associazioni inizia a mobilitarsi contro l’approvazione del provvedimento con cui il governo dà carta bianca alle banche sulla vendita forzosa degli immobili avuti in garanzia.
Confedercontribuenti ha lanciato una raccolta firme in tutta Italia e anche online che verrà consegnata ai presidenti di Camera e Senato prima che il decreto legislativo venga discusso in Parlamento: “Facciamo appello al mondo dell’economia, della cultura, dei consumatori e dello spettacolo affinchè ci diano sostegno in questa battaglia di civiltà in favore del popolo italiano — dice il presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro -. Questa legge metterà in ginocchio migliaia di famiglie che da un giorno all’altro si ritroverebbero sul marciapiede con le loro case vendute al meglio. Non possiamo stare fermi a guardare, gli italiani devono capire la gravità di quello che potrà accadere”.
Il punto è che il provvedimento governativo cancella di fatto l’articolo 2744 del codice civile e in caso di inadempimento del mutuatario (ritardo nel pagamento di 7 rate, anche non consecutive, così come stabilito dal Testo unico della finanza) non sarà più obbligatorio per le banche rivolgersi al tribunale per poter entrare in possesso dell’immobile ipotecato e metterlo in vendita.
Con l’atto del governo n. 256 alle banche è consentito di inserire nei contratti di mutuo, anche successivamente alla stipula, una clausola in cui si conviene che “in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo comporta l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza”.
La mano libera alle banche è anche fiscale, data l’esenzione dal pagamento delle normali imposte del 9% sul valore dell’immobile a favore del creditore o degli acquirenti in asta, a patto che questi ultimi rivendano poi l’immobile a un acquirente finale.
E questo in un momento in cui le banche, guarda caso, si stanno specializzando proprio nel settore immobiliare con agenzie di loro proprietà .
Vi è un rischio colossale di conflitti d’interesse (le banche sarebbero sia venditori, sia acquirenti magari attraverso proprie società d’intermediazione immobiliare o fondi) a danno dei consumatori e delle famiglie, che vedrebbero vendute le proprie case “al meglio” anche per inadempienze di entità minima a doppio vantaggio del creditore che rientra subito del credito vendendo a se stesso l’immobile a un prezzo irrisorio ed esentasse (fatta eccezione dei 200 euro di imposta sostitutiva), per poi rivenderlo all’acquirente finale ai prezzi di mercato.
Uno scandalo perpetrato peraltro attraverso il recepimento di una direttiva Ue che non prevede queste norme e che si propone invece di aumentare le tutele a favore dei consumatori nell’ambito dei contratti di credito.
Questa norma va a colpire la parte più debole, le famiglie, i consumatori, e non si applica invece alle imprese cui sono imputabili la gran parte di quei 200 miliardi di sofferenze che zavorrano le banche italiane.
Secondo i dati Unimpresa, le sofferenze bancarie sono dovute soprattutto ai grandi prestiti non rimborsati.
In particolare, oltre il 70% delle sofferenze si riferisce a prestiti (non necessariamente mutui) di importo superiore ai 500mila euro, e quasi il 40% delle sofferenze è riferibile a meno di 6.000 soggetti che hanno ricevuto prestiti superiori ai 5 milioni.
E’ evidente che il meccanismo che il governo vuole introdurre ha poco a che fare con il recupero delle sofferenze (dato che appunto incide solo sulle famiglie e non sulle imprese).
Tra le forze politiche, solo il gruppo parlamentare Alternativa Libera ha denunciato la gravità di quanto sta accadendo. Speriamo non resti una voce isolata.
Paolo Fior
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL RUOLO SEMPRE PIU’ MARGINALE DELLA LEADER DI FDI…E L’ELETTORATO ROMANO DI DESTRA GUARDA ALLA RAGGI
Ora che Matteo Salvini pianta i suoi gazebo nelle piazze della fu «Roma ladrona», ora che l’operazione Bertolaso vacilla, o comunque scatena la vocazione rissosa delle diverse anime della destra capitolina, ora ci si domanda che cosa resta di un’area politica che negli ultimi tempi ha assunto il volto spigliato e moderno di Giorgia Meloni e che adesso appare sempre più marginale, irrilevante, prigioniera dei suoi stessi errori.
È appena uscito un libro molto documentato di Annalisa Terranova, «L’altro Msi» pubblicato dall’editore Giubilei con la prefazione di Antonio Carioti, in cui si fa la storia dei «leader mancati per una destra differente».
Di questa galleria di «leader mancati» forse Giorgia Meloni è l’ultima in ordine di apparizione.
E pensare che quella per il sindaco di Roma poteva essere la battaglia decisiva che avrebbe potuto consacrare la leadership di Giorgia Meloni.
E invece, tutto al contrario.
Non lo dicono apertamente, ma nella destra romana molti sono convinti che persino il ballottaggio appare a questo punto come un obiettivo impossibile da raggiungere e che è già cominciata la transumanza di una parte consistente dell’elettorato di destra verso le sponde grilline di Virginia Raggi.
E ancora si chiedono perchè. Come sia partita quella sequenza impressionante di errori, gaffe, goffaggini, furberie che hanno portato a questo punto, con Salvini che disconosce un patto siglato appena pochi giorni prima, un candidato che non riesce a trovare toni e accordi giusti per mettersi in «connessione sentimentale» con il popolo della destra romana, con uno schieramento diviso.
Come si può pensare a una ricucitura quando Francesco Storace, in polemica velenosa con le scelte della Meloni, arriva a dire che il disagio di una campagna elettorale con Bertolaso è quello di doversi muovere sempre con un codice penale in mano?
Non è diversità , dissenso, frattura. È una voragine incolmabile.
E pensare che il disastro della gestione di Ignazio Marino aveva persino reso meno aspro il ricordo di quella precedente, bocciata sonoramente dagli elettori, di Gianni Alemanno.
E qualche speranza di rinascita era fiorita, sebbene le vicende legate a «Mafia Capitale» avessero messo in luce un intreccio consociativo in cui tra destra e sinistra si era persa ogni distinzione nel rapporto non proprio brillanto con i centri della criminalità e della corruzione nella Capitale.
Poteva esserci qualche spiraglio, ma poi è partita la giostra di errori di cui ha fornito lo scioccante elenco completo ieri Antonio Macaluso su queste pagine.
Berlusconi aveva preso in parola la certezza che i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni potessero essere la punta della riscossa del centrodestra in una città come Roma.
Poi la presenza mediatica di Giorgia Meloni dava la certezza che il suo messaggio, il suoi linguaggio, la sua maschera politica veicolata da una presenza massiccia e vociante nella totalità dei talkshow potessero toccare strati di elettorato non militante, comunque vulnerabile alla simpatia innata di una figura che ama sottolineare i suoi tratti popolari e finanche popolareschi.
Invece no, la Meloni ha temporeggiato, procrastinato, dilazionato non senza però impedirsi di intralciare con i suoi interdetti la marcia di avvicinamento di Alfio Marchini al centrodestra.
Quindi niente Meloni, niente Marchini e niente Marchini, sembrava, in perfetta sintonia con Salvini.
E allora chi? L’annuncio del figlio che verrà , reso pubblico durante il Family Day, ha scatenato le oscenità sessiste del politicamente corretto che, quando si tratta di colpire esponenti della destra, non esita a diventare scorrettissimo, trivialissimo, sgangheratissimo.
Ma la stessa Meloni si è accorta dell’errore comunicativo, lei non sposata, una gravidanza extra matrimoniale dentro il Family Day.
Poi la corsa al nome d’effetto: Rita Dalla Chiesa, un clamoroso boomerang mediatico. Poi l’improvviso adeguarsi alla scelta berlusconiana di Bertolaso.
La rottura di una parte di Fratelli d’Italia, la rivolta di una parte della destra.
E soprattutto l’occasione per Matteo Salvini di rimettere in discussione.
La Meloni subisce una sconfitta storica.
E la destra, direbbe Annalisa Terranova, ha un nuovo «leader mancato».
Pierluigi Battista
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
IN UNA SCUOLA MEDIA DEL BELLUNESE L’ASSESSORE, NOTA PER AVER SCRITTO “MAROCCHINO DI MERDA”, SI OPPONE ALL’INIZIATIVA CHE VEDE INVECE D’ACCORDO SINDACO E CHIESA
Lezione con l’imam martedì 8 marzo alla scuola media “Antonio Pertile” di Agordo in provincia di Belluno.
Al posto di fare matematica, storia o geografia, per una volta, i ragazzi delle prime classi della scuola diretta da Bernardino Ciocchetti incontreranno Kamel Layachi, responsabile del dipartimento di formazione e dialogo interreligioso.
Un incontro che, ancora prima di essere realizzato, ha già scatenato le polemiche.
Di alcuni genitori ma soprattutto dell’assessore regionale all’istruzione, della giunta leghista di Luca Zaia, Elena Donazzan di Forza Italia – nota per aver inseguito un ladro che aveva tentato di rubarle la bicicletta: “Un marocchino di m…”, scrisse su Facebook — che adesso promette battaglia per impedire questa lezione.
“Farò di tutto perchè l’imam non vada in aula. In questo momento storico è inopportuno invitare un predicatore a scuola soprattutto dopo quello che è accaduto in Veneto. In una classe a parlare a dei minori si entra se hai determinate caratteristiche, questo preside ha fatto una forzatura. Tra l’altro la direttrice dell’ufficio scolastico provinciale non ne sapeva nulla. Chiederò immediatamente un’ispezione all’Antonio Pertile per capire le motivazioni di questa scelta e come mai sia stata individuata questa persona per parlare con i ragazzi”.
La direzione scolastica replica: “La scuola non era tenuta a chiedere le autorizzazioni alle famiglie come impropriamente è stato detto o capito malamente da alcuni genitori. C’è stato un malinteso con le famiglie, legato alla presunta richiesta di autorizzazione agli studenti per la partecipazione all’incontro; il progetto è stato proposto dalla referente del progetto mondialità , pace e solidarietà che ha l’ ‘imprimatur’ del ministero dell’Istruzione e degli uffici periferici. Non è pervenuta dalle famiglie alcuna domanda al riguardo. L’incontro come tutte le altre opportunità offerte dalla scuola, ha caratteristiche culturali e non certo di indottrinamento”.
Dall’altro canto secondo Ciocchetti l’iniziativa è stata approvata dai docenti e presentata agli organi collegiali.
La lezione a scuola fa parte di un percorso che vedrà di nuovo l’imam Kamel protagonista il 12 aprile presso la casa parrocchiale.
Una serata alla quale presenzierà anche il sindaco di Agordo, Sisto Da Roit, che sulla vicenda dell’ora con gli studenti butta acqua sul fuoco: “Si tratta di un’iniziativa all’interno dell’offerta formativa proposta dalla scuola che l’ha gestita secondo le proprie indicazioni. Il confronto è sempre positivo. Rispettiamo l’autonomia scolastica. Ho incontrato anche ieri sera alcune famiglie della scuola che non mi hanno espresso alcuna contrarietà in merito, sono molto sereni”.
A benedire la lezione con Kamel Layachi è anche Monsignor Giorgio Lise, arcidiacono del paese che a “Radio Più” ha dichiarato: “Se viene chiamato un imam per spiegare il suo modo di vedere il rapporto con un Dio di un’altra religione non trovo nulla per cui stracciarsi le vesti”.
Alex Corlazzoli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
ANALISI CGIA MESTRE: L’ILLEGALITA’ OCCUPA UNA FETTA SEMPRE PIU’ RILEVANTE DEL REDDITO NAZIONALE, PER QUESTO IL PESO DEL FISCO SUGLI ONESTI SUPERA IL 50%
Mentre l’economia arranca, secondo la Cgia di Mestre quella riconducibile alle attività in nero e alla criminalità organizzata non conosce battute d’arresto.
Se tra il 2011 e il 2013 l’economia sommersa e quella illegale sono aumentate di 4,85 miliardi, arrivando a toccare i 207,3 miliardi nel 2013 (pari al 12,9%del Pil), la fetta ‘pulita’ di reddito nazionale – cioè al netto dell’economia non osservata – è diminuita di 36,8 miliardi, scendendo sotto quota 1.400 miliardi.
Ipotizzando prudenzialmente che l’incidenza percentuale dell’economia non osservata sul Pil sia rimasta la stessa anche nel biennio successivo al 2013, gli artigiani mestrini stimano in quasi 211 miliardi il “contributo” che questa economia “grigia” ha dato al Pil nel 2015.
Questo aspetto, per la Cgia, ha effetti molto importanti sul fronte fiscale.
“Nel 2015 – sottolinea Paolo Zabeo della Cgia – al lordo dell’operazione bonus Renzi, la pressione fiscale ufficiale in Italia è stata pari al 43,7%. Tuttavia, il peso complessivo che il contribuente onesto sopporta è di fatto superiore ed è arrivato a toccare la quota record del 50,2%”.
Per l’associazione artigiani, la pressione fiscale è data dal rapporto tra l’ammontare complessivo del prelievo (imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali) e il Prodotto interno lordo (Pil) che si riferisce non solo alla ricchezza prodotta in un anno dalle attività regolari, ma anche da quella “generata” dalle attività sommerse (cioè non in regola con il fisco) e da quelle illegali che consistono in uno scambio volontario tra soggetti economici (contrabbando, prostituzione, traffico di sostanze stupefacenti). Ipotizzando in via prudenziale che nel 2014 e 2015 l’incidenza dell’economia non osservata sul Pil sia rimasta la stessa del 2013, per la Cgia si può pensare che nel 2015 abbia sfiorato i 211 miliardi di euro.
Da qui il dato che la pressione fiscale reale balza al 50,2%. “E’ evidente che con un peso fiscale simile – dichiara il segretario Renato Mason – sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta”.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
BOCCIATA LA PROPOSTA DELL’ULTRANAZIONALISTA UDC
La Svizzera ha votato no al referendum sulla stretta alle espulsioni automatiche per gli stranieri che commettono reati.
La maggioranza dei cittadini elvetici hanno votato No al quesito proposto dall’ultranazionalista Unione democratica di centro (Udc) relativo all’espulsione automatica, senza tener conto del contesto socio-economico o le circostanze di fatto, degli stranieri che commettono reati gravi: una mossa, secondo gli oppositori, contraria alle norme della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il testo — che per essere approvato aveva bisogno della doppia maggioranza dei votanti e dei cantoni — è stato respinto dalla maggioranza dei 26 cantoni, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa svizzera Ats
La proposta era stata al centro di polemiche, tra le altre cose, anche a causa del manifesto scelto per pubblicizzarla, in cui una pecora bianca allontanava con un calcio dalla bandiera elvetica una pecora nera.
Contro l’espulsione si erano pronunciati numerosi protagonisti del mondo della cultura e della politica elvetica.
Diversi appelli per il No al referendum sono stati rispettivamente firmati da oltre 200 esponenti dell’architettura, dell’arte e dello spettacolo, 11 dei 18 ex ministri elvetici e 180 giuristi.
Contro il quesito si è schierata l’associazione dei procuratori svizzeri, mentre 54 organizzazioni non governative hanno formato un comitato di opposizione.
“La tendenza è chiaramente nella direzione dei No”, aveva dichiarato dichiarato Claude Longchamp dell’istituto di ricerca e sondaggi Gfs.bern all’uscita degli exit poll. Dei quattro referendum di domenica, il voto di immigrazione è stato il problema principale.
Anche il governo svizzero si oppone a questa proposta. Su richiesta dell’Ufficio federale di giustizia, l’Ufficio federale di statistica ha calcolato il numero di espulsioni che potrebbero concretizzarsi in caso di adozione di questa iniziativa: se nel 2014 sono state cacciate quasi 4mila persone, ora si tratterebbe di circa 10mila individui.
Il popolo svizzero era chiamato alle urne anche per altri tre referendum: uno a sostegno della costruzione di un secondo tunnel del San Gottardo (che sembra aver ottenuto esito positivo con il 55% dei voti favorevoli), uno sulla proposta di vietare il commercio dei derivati agricoli (respinto). Il terzo riguardava l’abolizione dello sgravio fiscale per le coppie sposate e le unioni civili su cui non vi sono ancora chiare tendenze di voto.
(da agenzie)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
NE MANCANO IN REALTA’ QUATTRO, MA NON SARANNO NEMMENO APERTI
«La Salerno-Reggio Calabria sarà consegnata il 22 dicembre!».
Renzi ha letto il proclama e i corrispondenti esteri sono scoppiati a ridere, in conferenza stampa, sai le sghignazzate che si farebbero se fossero qui al casello di Mormanno, la metafora dell’autostrada A3.
Già il casello non c’è e non ci sarà mai, non è stato progettato, tutti i 443 chilometri del percorso non prevedono qualcuno che paghi: installare ora le barriere costerebbe una follia, è l’eterna furbizia italiana.
Poi sì, il capocantiere Maurizio Ferroni assicura che a Natale sarà tutto finito, mica come in questi giorni che tra le 8 di sera e le 7 del mattino bisogna deviare lungo i tornanti del Pollino. Tuttavia…
Tuttavia succederà quello che già accade tra Gioia Tauro e Campo Calabro, lavori appena finiti e manutenzione già avviata con la chiusura di una carreggiata: vogliamo assestare l’impianto elettrico? Controllare l’aerazione? Verificare la tenuta dell’asfalto?
Nel cantiere di Mormanno lavorano 1.500 persone. Il 25% è residente nei confinanti quattro comuni di Borgo Laino, Laino Castello, Morano e appunto Mormanno.
Il 70% abita in provincia di Cosenza. Salvatore Virgillito, camionista che fa avanti e indietro fra la Sicilia e la Campania al volante di una cisterna ora vuota ora carica di acido solforico: «Ah, ah, ah, finiscono a dicembre. E poi cosa fanno»?
La società consortile Italsarc sta terminando i trafori, i ponteggi, gli sbancamenti, un lavoro di tre anni che vale 498 milioni e sale a 650 tutto compreso.
Una bella fettina degli 8 miliardi e 233 milioni che la A3 è riuscita a inghiottire a partire dal 1962. Fanfani: «La finiremo nel 1964!». Craxi: «Nel 1990!». Lunardi: «Nel 2004!». Berlusconi: «Nel 2009!». Matteoli: «Nel 2012!». Di nuovo Berlusconi: «Nel 2013!». Anche quella volta, alBerlusconi: «Nel 2009!». Matteoli: «Nel 2012!». Di nuovo Berlusconi: «Nel 2013!».
Anche quella volta, alla Camera, furono risatacce.
Lo scetticismo del carpentiere
A imboccarla alle sue radici salernitane, la A3 commuove. Due corsie per senso di marcia, una per l’emergenza, guard-rail rinforzati, gallerie illuminate e verniciate di bianco e rosso.
La prima incongruenza a Galdo, terra lucana, zona a vocazione industriale. La stazione di servizio è rimasta sul vecchio tracciato: due chilometri e mezzo per andare a fare rifornimento, altrettanti per tornare in carreggiata.
«Ovvio che non venga quasi nessuno», sospira il benzinaio Antonio Nocera che ha la stessa età dell’autostrada: «Siamo in queste condizioni dal 26 luglio 2013. L’Anas ci dà qualcosa ma…».
Venti dipendenti sovvenzionati nella piazzola in direzione Reggio Calabria, altrettanti in quella opposta, una situazione identica a Campagna, “diciamo che tiriamo avanti finchè dura”. Un primo bando per le nuove stazioni di servizio è andata deserto, il prossimo chissà .
Dalla galleria Jannello emerge Paolo Amato, 40 anni, dieci mesi appena trascorsi sottoterra, fa il carpentiere: “Finito a dicembre? Il tracciato, forse. Ma avete visto intorno?”. Intorno ci sono voragini, strapiombi, pareti di terra da mettere in sicurezza, gru, scavatrici, ponti mobili.
Sorpresa: Renzi in conferenza stampa non ha detto nulla sul cantiere mai aperto tra Morano e Sibari, 21 km progettati e non finanziati. Non lo hanno informato dei viadotti da ricostruire tra Cosenza e Rogliano, altri 11 km. Poi che ne sarebbero altrettanti da Francavilla a Pizzo, più sei svincoli ancora in fase di progettazione.
Si potrebbe ironizzare che governo e Anas abbiano attinto al genius loci: e si potrebbe pure battezzare ingegneria creativa la scelta strategica di non aprire quattro cantieri su cinque per proclamare che i lavori sono finiti.
Poi ridono però.
Paolo Crecchi
(da “il Secolo XIX“)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
PARLA L’IMPRENDITRICE CANEGRATI: “HO SBAGLIATO TANTO”… SI ATTENDONO NUOVE RIVELAZIONI: “NON NASCONDERO’ NULLA”
Lady sorriso piange. Singhiozza, si asciuga le lacrime, cerca di respirare. Fatica a parlare, al punto da dover congedare il fratello, che adora, prima della fine del tempo consentito per il colloquio. «Ho sbagliato tanto. Ho accettato compromessi che non avrei dovuto accettare», dice Maria Paola Canegrati a un parlamentare che le ha fatto visita in carcere.
Maglione a rombi e blue jeans, si stringe nelle spalle come una ragazzina, rivolge gli occhi a terra.
La donna seduta sotto le luci al neon di una stanza al piano terra di San Vittore è il negativo fotografico di quella che era fino al 16 febbraio scorso, giorno dell’arresto eseguito su ordine della procura di Monza.
L’accusa per lei è di essere la grande corruttrice della sanità lombarda.
La “zarina” delle dentiere, da cui “Lady sorriso”. Un’imprenditrice in grado di aggiudicarsi appalti nel settore odontoiatrico per centinaia di milioni di euro, grazie alle tangenti pagate al leghista Fabio Rizzi, braccio destro del governatore lombardo Roberto Maroni.
Tutto spazzato via in dieci giorni. In cella resta la donna. Prima ancora, la mamma: «Più di ogni altra cosa, vorrei vedere mio figlio di 13 anni, ma so che non è giusto – dice Canegrati – Gli ho scritto. Vorrei chiamarlo. Ma mio marito è stato chiaro e ha ragione: lui in carcere non deve venire ».
Da quando è a San Vittore, Maria Paola scrive. Coccolata dalle due compagne di cella, lavora per mettere insieme la sua memoria difensiva.
L’unica distrazione è il corso di cucito, cui si è iscritta appena ha potuto. Forse nei prossimi giorni la autorizzeranno anche a frequentare la palestra. Ma la testa è occupata da un solo pensiero: «Voglio arrivare preparata al prossimo interrogatorio. Forse nominerò un altro avvocato, oltre a quelli che già mi assistono. Voglio spiegare tutto. Non nasconderò nulla».
Il pm Manuela Massenz la ha già interrogata per sette ore, ma non basta. Di cose da dire ce ne sono ancora tante. «Il sistema ti uccide. L’imprenditore è tirato per la giacchetta. Ma alla fine, quando viene fuori tutto il casino, nella rete restano i pesci piccoli».
Fra i pesci piccoli, Canegrati mette anche se stessa, una donna a capo di una rete di imprese con 1.200 dipendenti, in maggioranza donne.
«Chi decide davvero, chi sta al vertice del sistema, non viene toccato. È il solito meccanismo del capro espiatorio».
L’ultimo a essere finito in manette è Stefano Lorusso, arrestato ieri a Miami dalla polizia statunitense. Entro 45 giorni dovrebbe essere estradato in Italia.
Secondo la procura di Monza, sarebbe stato socio di Rizzi in almeno una società offshore. E avrebbe fatto da tramite per una tangente da 50mila euro pagata da Canegrati a Mario Longo, braccio destro di Rizzi, che è il padre della riforma sanitaria regionale.
Il «sistema» cui Canegrati fa continui riferimenti è proprio la sanità lombarda.
«Un sistema che ha i suoi difetti, in cui sono in molti ad avere colpe – dice – ma ci sono anche tante persone perbene. E ogni volta che per lavoro vado a Roma, mi chiedo come sia possibile che lì le cose funzionino come funzionano. A Milano ci sono gare pubbliche, bandi, controlli. A Roma ci sono servizi assegnati per tre anni senza bando ».
Maria Paola Canegrati ha sbagliato tanto e lo sa. Ma della sua vita di prima, «una stagione conclusa », non rinnega tutto.
«In fondo ho sempre cercato di fare le cose al meglio. Ho portato servizi dove non c’erano. Ero convinta di fare il mio bene facendo quello degli altri».
L’unico momento in cui la voce da debole si fa sicura, come nei giorni buoni, è quando parla delle sue dipendenti. «Per le mie ragazze – così le chiama – ho fatto tanto. E loro a me hanno dato tutto». Assistenti di sedia, tecniche di laboratorio, igieniste dentali, giovani esperte in dentiere e protesi fisse. «Ho pagato i migliori corsi di formazione, le ho fatte studiare. Nella loro forza di volontà ritrovo me stessa».
Franco Vanni
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 28th, 2016 Riccardo Fucile
I COSTI IN UN DOSSIER DELLA DIFESA: 15 MILIONI L’ANNO
Quindici milioni di euro. Tanto ci costerebbe nel 2016 l’Airbus 340-500 che accompagnerà il premier nei futuri viaggio di Stato.
Lo scrive il Fatto Quotidiano riportando un dossier esclusivo della Difesa dal quale emerge il contratto faraonico di leasing con la compagnia aerea Etihad.
Scrivono Toni De Marchi e Carlo Tecce sul Fatto:
Un acquisto avvolto nel segreto più che nel mistero, nel senso che tutti sapevano del lussuoso capriccio del premier ma nessuno conosceva l’importo. Il contratto d’acquisto è stato secretato, come ha rivelato il Fatto
Un segreto disvelato da un atto ministeriale, si legge sempre sul giornale diretto da Marco Travaglio:
In una delle ultime pagine del fascicolo che illustra le spese del ministero della Difesa c’è anche una voce relativa al trasporto aereo di Stato.
Di solito sono 2,5-3 milioni di euro l’anno.
Nel 2016 fa un balzo di 15 milioni, a 17,4 milioni, un aumento del 622% rispetto al 2015….Se dai 15 milioni sottraiamo 5-6 milioni di lavori per gli allestimenti dell’aereo restano dai 9 ai 10 milioni che sono probabilmente il vero costo annuale del leasing.
Senza poi dimenticare, si legge ancora sul Fatto, il costo della benzina che per un aereo di questa portata è molto alto.
Secondo i calcoli l’Airbus 340-500 “beve” 21mila dollari l’ora, 4 volte quello degli aerei per trasporto Vip.
(da “Huffingtonpost”)
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