Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
INFURIA LA POLEMICA SULLA MULTA DI 200.000 EURO AI PARTITI CHE NON PRESENTANO I CONTI CERTIFICATI IN BASE ALLA NORMATIVA VIGENTE
Quella tra M5s e Sergio Boccadutri, titolare della legge che ha prorogato il termine per la certificazione dei bilanci dei partiti e che la scorsa estate è stato contestato in aula dai grillini con tanto di mazzette di banconote, sembra ormai diventata una guerra di trincea.
L’ultima polemica a tenere banco è quella sull’emendamento al Milleproroghe, presentato dall’esponente del Pd, per introdurre una sanzione di 200mila euro al partito o movimento che non assolva all’obbligo di presentare il bilancio certificato.
Un atto in cui il grillino Danilo Toninelli ha visto una volontà del Pd di punire M5S “per aver rifiutato i rimborsi elettorali”.
Al di là della polemica politica, i termini della questione appaiono più complessi di come sono stati posti da Toninelli.
Se di dà uno sguardo alla relazione che la commissione indipendente di garanzia sui bilanci di partito (organo introdotto dalla riforma del finanziamento voluta dal governo Letta) ha pubblicato di recente, non risulterebbe sciolto il nodo del rendiconto di esercizio per l’anno 2013 di M5s.
La legge 96 del 2012 prevede infatti l’obbligo di presentare un bilancio certificato per tutti i partiti o movimenti che si siano presentati alle elezioni, indipendentemente dal fatto che chiedano o meno l’accesso ai rimborsi.
La questione del bilancio 2013 del Movimento è stata, negli ultimi due anni e mezzo, una spina nel fianco per Beppe Grillo, apparso piuttosto reticente in merito.
Una mancanza che la commissione di garanzia aveva segnalato allo stesso Grillo, sottolineando, nel luglio del 2014, che il “movimento cinque stelle-beppegrillo.it” risultava ancora inadempiente.
Un anno dopo, le cose non erano cambiate, poichè in un documento datato luglio 2015 del revisore contabile scelto da Grillo (International audit services) si leggeva che “l’esercizio 2013 non è stato sottoposto a revisione contabile”.
Successivamente a questa fase, come si evince dalla relazione della commissione di garanzia, accade qualcosa di singolare cui, a quanto risulta all’Huffington post, si è accennato recentemente nell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati.
I rilievi al “movimento 5 stelle-beppegrillo.it” vengono “archiviati”, perchè da Genova arriva un nuovo incartamento, che viene sottoposto al vaglio della commissione.
Si tratta però di un bilancio relativo a un soggetto politico formalmente diverso da quello tenuto all’obbligo di certificazione.
Il bilancio esaminato (e giudicato positivamente) è quello del “movimento 5 stelle — comitato promotore elezioni” e si riferisce con ogni probabilità alle sole spese elettorali sostenute dal Movimento.
La legge, però, prevede che l’obbligo di certificazione non si limiti alle spese elettorali, ma a tutto l’esercizio economico.
Inoltre, i due soggetti hanno un codice fiscale differente.
Degli oltre 80 bilanci vagliati dalla commissione, il “cambio in corsa” ha riguardato solamente la lista di Grillo ma evidentemente non è stato comunicato ai parlamentari, visto che, interpellati dall’Huffington post, alcuni deputati, tra cui Riccardo Fraccaro e Vincenzo Caso (ex-tesoriere del gruppo) hanno affermato di non essere a conoscenza della questione, ribadendo però che non si tratta di un caso di rilevo, non avendo il movimento chiesto i rimborsi.
La commissione, da parte sua, a una nostra richiesta di chiarimento, ha rimandato alle tabelle presenti sulla citata relazione, che, allo stato, continuano a non indicare che fine abbia fatto il rendiconto di esercizio del 2013 della lista “movimento 5 stelle — Beppegrillo.it”.
La sola, stando alla legge, tenuta a presentare il bilancio per quell’anno.
E come tale, passibile di multa in caso di inadempienza, qualora venisse approvato l’emendamento Boccadutri.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
GIORGIA E’ VITTIMA DELL’IGNORANZA E DELLA MANCANZA DI RISPETTO DELL’ALTRO, ESERCIZIO CHE LEI STESSA HA FATTO ASSURGERE A DIALETTICA PARLAMENTARE TRA SLOGAN POPULISTI, INTOLLERANZA E NEGAZIONE DEI DIRITTI
Giorgia Meloni è incinta e io sono ben contenta, dico sul serio, per questa possibilità di amore che la vita le offre, ma la gravidanza non fa di lei una persona migliore, non la trasforma magicamente in una donna aperta al diverso da sè.
Resta esattamente quella che è e raccoglie esattamente quello che tanto si è prodigata a seminare: intolleranza.
Abbiamo voglia adesso di dare una lettura sessista a tutta la (squallida) faccenda che la vede, suo malgrado, protagonista della furia dei social, e men che mai è possibile farne una questione politica, dove per politica si intende lo schieramento del quale Giorgia Meloni è il massimo esponente.
Molto più banalmente è una questione di ignoranza e mancanza di rispetto dell’altro, esercizio che la schiera dei suoi pretoriani e lei stessa hanno fatto assurgere a nuova norma della dialettica parlamentare.
L’attacco che le viene diretto non mi piace, non lo approvo e non lo condivido. Ma lo capisco. E bene.
La mia nonna dai capelli azzurri e il rossetto corallo lo diceva sempre: “Stai attenta a quello che semini, perchè sarà esattamente quello che raccoglierai”.
E, puntualmente, mia nonna aveva ragione.
Perchè la mancanza di rispetto della vita dell’altro, del diverso, dell’omosessuale, dello zingaro, del clandestino è un seme che dà come unico frutto l’intolleranza per chiunque venga percepito diverso da sè. Anche quando l’altro non ha niente di “diverso”, quando è una donna che si prepara a diventare mamma ma lo fa contravvenendo a quei principi di moralità e buoncostume di cui si è fatta ostinata paladina.
L’intolleranza è un germoglio rampicante che s’avvinghia a tutto, non ha bisogno di molte cure per crescere e attaccarsi a ogni pretesto per fiorire. È un costume culturale che ha in persone come Giorgia Meloni infaticabili seminatori.
Perchè a forza di fustigar le schiene della diversità si finisce, un giorno, a far parte di quella schiera di schiene: basta diventare mamma senza una fede al dito.
E così ci si ritrova centrati in fronte dal boomerang che si credeva alabarda spaziale e che si è usato senza risparmio in anni di lotta politica. Senza regole: colpo su colpo.
Tutto è permesso quando vai a cercare la pancia e non il cervello delle persone. Non ti serve logica per ottenere consenso, quella è faticosa, ti serve furore.
E di furore nei detrattori della futura mamma Giorgia ce n’è davvero troppo, almeno quanta ce n’è in lei nel non voler riconoscere a un esercito di immigrati di trovare riparo per la propria vita.
La democrazia è esercizio di tolleranza e rispetto, delicatezza ed empatia.
Non si costruisce con la foga degli slogan contro una minoranza, non si solidifica con il disconoscimento dell’altro.
La democrazia è inclusione non esclusione, è aprire la porta del cuore prima ancora di quella di casa. La democrazia è l’ombrello sotto cui ripararsi e deve essere un ombrello abbastanza grande da accogliere tutti, quando smette di esserlo allora è privilegio di nascita e questo non mi piace.
Perchè il figlio che avrà Giorgia non sarà diverso da quello che avranno due immigrati clandestini o una coppia omosessuale che ha chiesto aiuto alla pancia di una donna o al seme di un uomo. Lei, Giorgia Meloni, intendo, non sarà un genitore migliore o peggiore di un altro solo perchè è italiana e eterosessuale e date queste ovvie premesse, non ha il diritto di negare ad altri ciò che per lei è scontato.
Lamentarsi (comprensibilmente) adesso della violenza che le è rovinata addosso è un po’ come tentare di chiudere la stalla dopo che i buoi sono andati all’happy hour.
Se vuoi una mandria educata al rispetto bisogna, cara Giorgia, che tu per prima le mostri il tuo rispetto.
Altrimenti finisce che vieni travolta dalle zampe di questa stessa mandria che hai tanto premurosamente allevato, nutrendola di intolleranza e presunti buoni costumi.
Non ti chiedo di modificare le tue idee, ma di usare quello che ti sta capitando in queste ore per riflettere su quanto male faccia stare dall’altra parte, dalla parte di chi patisce la violenza della pancia.
Buona gravidanza, Giorgia Meloni.
Deborah Dirani
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
L’ALLORA MINISTRO PER LA GIOVENTU’ CRITICAVA CHI USAVA I MEDIA PER PUBBLICIZZARE LA MATERNITA’, ORA HA CAMBIATO IDEA
“Non ho ancora avuto figli, spero di averne in futuro, ma immagino che a qualche ora dal parto penserei a tante cose, tranne che a far chiamare il mio ufficio stampa per raccogliere delle dichiarazioni utili ad avviare un po’ di dibattito intorno alla nascita di mio figlio”.
A parlare è l’allora ministro per la Gioventù Giorgia Meloni che, in una lettera al direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio, attaccava la cantante Gianna Nannini, in dolce attesa di Penelope.
L’arrivo della piccola scatenò un dibattito per l’età della cantante, diventata mamma a 56 anni.
Ma il punto era un altro: la leader di Fratelli d’Italia esprimeva perplessità per una gravidanza resa volutamente mediatica dalla diretta interessata.
Eppure è stata proprio Giorgia Meloni ad annunciare alle telecamere presenti al Circo Massimo nel giorno del Family Day di essere incinta. La notizia ha sollevato molte polemiche, attirandole anche insulti sui social network.
Secondo Meloni, quindi, lo staff della cantante aveva richiesto espressamente il suo parere e non solo il suo (anche quello di “preti, personaggi dello spettacolo etc”) per creare “un po’ di dibattito intorno a questo evento”.
Una rappresentazione rimandata al mittente da Gianna Nannini e dai suoi collaboratori, che hanno usato parole di fuoco per commentare il vespaio di polemiche che si è alzato dopo l’intervista.
Dalia Gaberscik ha parlato di “ricostruzione falsa e gravemente irrispettosa” della vicenda.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
IN POLITICA OCCORRE IL RISPETTO DEGLI AVVERSARI, GIORGIA FAREBBE BENE A RICORDARLO
La mia solidarietà a Giorgia Meloni.
L’aggressione a cui è stata sottoposta, e anche qualche ironia di troppo che le è stata riservata, meritano la sanzione severa di tutte le persone che hanno a cuore la civiltà . Anche la civiltà della politica.
Detto questo, sottolineato con la matita rossa, e anche ripetuto se occorre, sarà forse il caso di interrogarci tutti sulle ragioni per le quali siamo scivolati su questo piano inclinato.
E le ragioni sono molte, e di molti.
Quando alla televisione, e perfino in Parlamento, si urla e si strepita, lì comincia la discesa agli inferi verso la nostra collettiva inciviltà .
Quando l’avversario politico è oggetto di vituperio, e anche il rivale diventa il bersaglio di sospetti e insinuazioni, lì si gettano i semi di un discredito che poi in qualche modo si irradia e torna indietro.
Quando si interpreta la politica come una giostra muscolare, lì si insinua la tentazione per ogni cittadino, ogni elettore, di passare a sua volta il segno.
Voglio dire che o si concorre tutti, proprio tutti, a mantenere il confronto sul piano delle idee senza trascendere nei fatti personali oppure ci si dovrà rassegnare ad una progressiva deriva verso l’inciviltà di cui oggi è rimasta vittima Giorgia Meloni e che domani verrà riservata a molti altri. Inevitabilmente.
Una deriva che peraltro abbiamo già visto all’opera, fin troppe volte.
Ci sono cose capitate, per così dire, nei paraggi di Giorgia Meloni che forse richiederebbero una messa a punto.
Per esempio Matteo Salvini. Uno che spara bordate a destra e a sinistra, trattando i suoi avversari con rara violenza verbale.
È mai capitato a Giorgia Meloni di invitarlo a calmarsi, ad avere un briciolo di rispetto per il resto del mondo?
Per esempio, ancora, Gianfranco Fini. Uno che ha subito una sorta di gogna mediatica da parte dei suoi ex compagni.
È mai venuta a Giorgia Meloni la tentazione di spendere per lui una parola di solidarietà personale che accompagnasse il più fiero e sdegnato dissenso politico?
Sono solidale con Giorgia Meloni. In pieno.
Senza ombre, senza malizia. A lei, vittima di tanto cattivo gusto, vorrei proporre però di ampliare la nostra solidarietà .
Verso tanti altri che giorno dopo giorno capitano sotto il tallone di una soldataglia politica che coltiva l’aggressione personale come il mezzo più facile per affermare il proprio punto di vista.
Marco Follini
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
L’EX AD DI AMA TORNA A PARLARE IN AULA PRECISANDO LE CIFRE
“Da Buzzi 200mila euro in contanti per la campagna elettorale di Visconti e Alemanno, e a sostegno della Fondazione nuova Italia”.
L’ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, torna a parlare nell’aula bunker di Rebibbia dove si tiene il maxi processo a Mafia Capitale.
Dopo le dichiarazioni spontanee di lunedì, l’ex ad dell’azienda romana dei rifiuti imputato per associazione di stampo mafioso, torna sul tema dei presunti fondi arrivati da Salvatore Buzzi alla Fondazione nuova Italia di Alemanno.
Rispetto a ieri, però, snocciola cifre.
“Tra ottobre e dicembre 2012, quando ero segretario della Fondazione nuova Italia — dice Panzironi — l’ex assessore comunale Visconti e Alemanno mi comunicarono che Buzzi voleva versare un contributo di 400mila euro per le campagne elettorali (regionali per Visconti e comunali per Alemanno) e come sostegno alla Fondazione. Successivamente circa 200mila euro vennero portati nei locali della Fondazione, in contanti e a più riprese, che Visconti o chi per lui ritirarono”.
“Volevo precisare che Buzzi — ha aggiunto Panzironi — mi fu presentato da Alemanno nella sua stanza di sindaco del comune di Roma alla fine del 2012. Lì mi accorsi che i due si conoscevano già da tempo e avevano un rapporto confidenziale”.
Panzironi ha concluso raccontando che “dopo un incontro con Buzzi, Alemanno mi disse che lo stesso Buzzi voleva elargire un contributo direttamente alla Fondazione di altri 40mila euro. Anche Buzzi mi confermò il versamento di quell’importo”.
L’ex sindaco di Roma non comparirà come imputato nel maxiprocesso alla presunta mafia capitolina capeggiata — secondo gli inquirenti — dall’ex Nar Massimo Carminati., dopo che il 21 gennaio i giudici hanno respinto l’istanza di riunificazione avanzata dalla Procura.
La prima udienza del procedimento a carico di Alemanno, a cui la procura contesta i reati di corruzione e finanziamento illecito, resta fissata al prossimo 23 marzo davanti ai giudici della II sezione così come stabilito il 18 dicembre scorso dal gup.
(da agenzie)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
LA FRASE “E’ IL FAMILY DAY, NON L’HANDICAPPATO DAY” AL MICROFONO DELLE IENE
«Gasparri deve chiedere scusa ai disabili»: è questo il titolo della petizione lanciata su Change.org da Iacopo Melio, blogger e presidente della Onlus “Vorreiprendereiltreno”. L’ex Ministro delle comunicazioni è finito alla berlina dopo aver detto a Enrico Lucci delle Iene: «Questo è il «Family Day», non è l’«Handicappato Day»…però ci sei anche te!», durante un servizio andato in onda il 31 gennaio su Italia Uno.
«In questo senso, si capisce chiaramente – sottolinea Melio – che il termine «handicappato» viene usato in senso dispregiativo, per offendere il giornalista Lucci».
«Inoltre, – conclude lo stesso blogger – chiediamo che l’Onorevole Gasparri porga delle scuse pubbliche ai disabili, ma soprattutto che la smetta di avere atteggiamenti discriminatori, pur pretendendo di rappresentare il perfetto uomo di Chiesa. Un uomo di politica che usa il termine «handicappato» in modo dispregiativo, col fine di insultare e denigrare una persona».
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
“SI SONO FATTI RIMBORSARE SCONTRINI PRIVATI SPACCIANDO LE SPESE PER ATTIVITA’ ISTITUZIONALI”…UN ALTRO LEGHISTA PATTEGGIA 2 ANNI… RIXI NON SI DIMETTE “PERCHE’ SONO LEGATO ALLA MIA TERRA”: ORA LO STIPENDIO SI CHIAMA COSI’
Ventitrè rinviii a giudizio, tra cui il presidente del consiglio regionale ligure, Francesco Bruzzone, e l’assessore allo sviluppo economico e alle infrastrutture della giunta di centrodestra guidata da Giovanni Toti, Edoardo Rixi, entrambi leghisti; un altro esponente del partito di Salvini (di cui Rixi è il vicesegretario nazionale), l’ex consigliere Maurizio Torterolo, condannato a due anni con il patteggiamento.
A processo anche Matteo Rosso, capogruppo di Fratelli d’Italia.
Con le decisioni della giudice per l’udienza preliminare Roberta Bossi si conclude la prima fase della lunga inchiesta sulle spese pazze sostenute con i soldi dei gruppi regionali dal 2010 al 2012.
Prosciolto dall’accusa di peculato Mario Amelotti, tesoriere del gruppo Pd; ridotte anche le accuse all’ex capogruppo democratico Nino Miceli, per il quale sono caduti due dei tre capi di imputazione, mentre ne resta un terzo per scontrini da giustificare per 38 mila euro.
“Sono soddisfatta degli alleggerimenti delle accuse nei confronti degli esponenti del Partito democratico” ha detto Raffaella Paita, attuale capogruppo in Regione Liguria. L’inizio del processo è stato fissato per l’8 giugno.
Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Francesco Pinto, i consiglieri si sarebbero fatti rimborsare spese private con soldi pubblici spacciandole per attività istituzionali. Le accuse, a vario titolo, sono di peculato e falso.
Giustificati come rimborsi legati all’attività istituzionale ci sono viaggi in montagna, una mangiata di ostriche al Cafè de Turin di Nizza e gite fuori porta, nei weekend, a Pasqua, il 25 aprile e il Primo Maggiol
L’elenco delle voci sospette include pure pernottamenti in località montane come Courmayeur, in Valle D’Aosta, e Limone, in Piemonte; un agriturismo per due a Cogne, passando per alberghi in città d’arte come Venezia e Pisa.
Ad attirare l’attenzione degli inquirenti sono state soprattutto le date delle ricevute, che spesso collocano i viaggi al sabato e alla domenica. Nel budget regionale sono così finiti 84 scontrini in uno stesso ristorante di Savona, cene a Mondovì, menù per bambini, pranzi a Ferragosto e una notte passata in un motel di Broni, in Provincia di Pavia.
Il processo comincerà l’8 giugno e sul banco degli imputati ci saranno anche tutti gli ex componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale negli anni 2010-2012: Rosario Monteleone, allora presidente (Udc), Michele Boffa (Pd), Giacomo Conti (Fds), Massimo Donzella (Udc
La reazione di Rixi: “Dimettermi? Non voglio abbandonare questa terra”.
Nessuno infatti lo obbliga, basterebbe rinunciasse allo stipendio, magari restituendo quello che fino ad oggi ha percepito, insieme agli altri imputati.
Ricordiamo che in caso di condanna in primo grado, la legge Severino prevede la decadenza dall’incarico.
(da agenzie)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
LE BIMBE NATE CON LA FECONDAZIONE IN VITRO… I GENITORI, DUE UOMINI, STANNO INSIEME DA NOVE ANNI
A Roma battezzate tre gemelle di una coppia gay con l’ok del vescovo. Le bambine sono nate con fecondazione in vitro e maternità surrogata.
Ad autorizzare il parroco, don Federico Tartaglia, è stato il vescovo di Porto e Santa Rufina, monsignor Gino Reali.
Il battesimo è stato celebrato nella chiesa di San Sebastiano sull’Appia Antica. I genitori, due uomini, Simone Guiducci e Roberto Michelucci, stanno insieme da 9 anni.
Commozione e incredulità per tutti i presenti, soprattutto per la nonna Patrizia, mamma di Simone: “Non credevo di trovare un sacerdote aperto in questo modo, anzi pensavo che non fosse neanche possibile battezzare le bambine”.
Il viceparroco della chiesa dove è stato celebrato il rito ha sottolineato che “i bambini non hanno nessuna colpa e per questo a loro non va negato il sacramento”.
Una decisione, quella del parroco e del vescovo, motivata dalle posizioni espresse più volte da Papa Francesco che ha chiesto con estrema chiarezza di far cadere le “dogane pastorali” che impediscono in molti casi l’accesso ai sacramenti a chi ne ha diritto. Bergoglio ne ha parlato anche nel suo primo libro intervista, scritto insieme al vaticanista Andrea Tornielli, Il nome di Dio è misericordia.
Nel volume Francesco ha raccontato di aver ricevuto recentemente una telefonata da una signora argentina: “Mi ha parlato di un caso appena accaduto nella sua città : un neonato di pochi giorni è morto senza battesimo, in una clinica. Il prete non ha lasciato entrare in chiesa i genitori con la bara del piccolo, ha voluto che si fermassero sulla porta, perchè il bambino non era battezzato e, dunque, non poteva procedere oltre la soglia. Quando la gente si trova di fronte a questi brutti esempi, — ha sottolineato Bergoglio — in cui vede prevalere l’interesse o la poca misericordia e la chiusura, si scandalizza”.
Nel suo primo Natale da Papa, Francesco aveva dato subito un segnale di cambiamento battezzando la piccola Giulia, all’epoca di sette mesi, figlia di genitori non sposati in Chiesa ma soltanto civilmente.
Un messaggio chiaro a quei parroci che, violando l’insegnamento della Chiesa ribadito più volte da Bergoglio, rifiutano il battesimo ai figli di genitori sposati soltanto al Comune.
“Non vi sembra — aveva domandato in quella occasione il Papa — che nel nostro tempo ci sia bisogno di un supplemento di condivisione fraterna e di amore? Non vi sembra che abbiamo tutti bisogno di un supplemento di carità ? Non quella che si accontenta dell’aiuto estemporaneo che non coinvolge, non mette in gioco, ma quella carità che condivide, che si fa carico del disagio e della sofferenza del fratello”. Ma Francesco ha sottolineato anche un altro aspetto importante scagliandosi duramente contro il listino dei prezzi per messe e sacramenti.
La notizia del battesimo delle tre gemelle di una coppia gay arriva mentre al Senato approda il ddl Cirinnà che regola le unioni fra persone dello stesso sesso disciplinando anche l’istituto delle adozioni. In particolare la polemica, dentro e fuori il Parlamento, riguarda la “stepchild adoption”, l’adozione del figlio acquisito, ovvero il meccanismo che permette a uno dei membri di una coppia di essere riconosciuto come genitore del figlio, biologico o adottivo, del compagno.
Possibilità che il ddl Cirinnà sulle unioni civili prevede anche per le coppie omosessuali. Anche in questo caso, se il figlio non fosse stato già battezzato, non si dovrebbe mai negare il sacramento al bambino.
Francesco Antonio Grana
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 2nd, 2016 Riccardo Fucile
“STEPCHILD ADOPTION? TUTELA I BAMBINI”
“La legge sulle unioni civili è un tentativo di prendere atto dei cambiamenti che si sono verificati nella società e nella famiglia”.
Parola di Heiner Bludau, decano della Chiesa evangelica luterana in Italia.
“Il compito di noi pastori è accompagnare le persone nel loro modo di vivere — continua il religioso — Basta coi pregiudizi sugli omosessuali. Non sono malati nè perversi. Se sono così è perchè l’ha voluto Dio”.
L’alto prelato protestante, sposato con due figli, cita il caso della Germania, il suo paese: “Nella legge tedesca sulle unioni delle persone dello stesso sesso non c’era traccia della stepchild adoption. L’ha introdotta la magistratura perchè quella norma è a difesa dei bambini”
Cosimo Caridi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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