Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
“CREIAMO LISTE D’ATTESA CHE VANNO ALLE CALENDE GRECHE”
È finito in carcere il consigliere regionale della Lega Nord Fabio Rizzi, presidente della Commissione Sanità ed estensore della recente riforma. L’accusa è di associazione per delinquere nell’ambito dell’Operazione ‘Smile’ per irregolarità in appalti odontoiatrici in aziende ospedaliere lombarde.
Ecco le intercettazioni che hanno portato agli arresti
LISTE D’ATTESA ALLE CALENDE GRECHE
«Noi, allora, sposteremo la maggior parte dell’attività sulla solvenza, e faremo delle liste d’attesa tra virgolette… che accedono in ’28SAN’, che vanno alle calende greche».
Così al telefono l’imprenditrice del settore sanitario Maria Paola Canegrati (a capo dell’azienda Odontoquality), presunto ‘vertice’ del sistema corruttivo connesso all’esternalizzazione dei servizi odontoiatrici, arrestata assieme a Rizzi.
SISTEMA PER SPOSTARE PAZIENTI DA PUBBLICO A PRIVATO
Un’intercettazione questa che, secondo il gip di Monza, dimostra un sistema «doloso» per «spostare pazienti sul regime in solvenza» attraverso «lunghe liste d’attesa» nel pubblico.
La gestione «del servizio di odontoiatria in service» prevedeva, infatti, «oltre all’obbligo di fornire al cittadino richiedente le prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale (c.d. 28SAN in ragione della circolare che le disciplina), anche la possibilità di offrire prestazioni odontoiatriche in regime di solvenza (quindi a carico del richiedente)».
Alla «artificiosa induzione dell’utente a scegliere il servizio in solvenza perchè più rapido creando artificiosamente liste d’attesa in realtà inesistenti, si aggiunge un altro strumento chiaramente truffaldino che induce il paziente a ricorrere alla prestazione a pagamento nella convinzione che il costo del ticket sanitario sarebbe di poco inferiore». Lo scrive il gip di Monza sulla base delle intercettazioni, spiegando che i cittadini sono privi «di qualsiasi tutela».
«LA CAMPAGNA DI RIZZI FINANZIATA DALLA CANEGRATI».
Dalle carte dell’inchiesta è emerso anche che la campagna elettorale di Rizzi, è stata interamente finanziata dalla Canegrati. Ad affermarlo è un terzo arrestato, Mario Longo, in un’intercettazione telefonica. «Ti dico una cosa riservatissima, la campagna elettorale di Fabio l’ha sostanzialmente finanziata al 100% la dott.ssa Canegrati».
L’ imprenditrice arrestata nell’ambito dell’indagine della Procura di Monza, parlando con un indagato, si rallegrava della nomina di Fabio Rizzi, ex senatore della Lega Nord, a ‘interlocutore’ per la Sanità .
«PRENDE 80 MILA EURO PER NON FARE UN CAZZO»
«Ho sentito Longo (Mario, ndr) stamattina… m’ha detto… ‘allora.. il Senatore Rizzi è stato ufficialmente nominato come l’interlocutore per la Sanità dal Presidente Maroni… G’ho dit (gli ho detto, ndr) ‘congratulazioni’. Adesso questo qui s’è fatto fare questa… Progetto dentiere pazienti anziani… el ciapa utantamila euro l’ann (prende ottantamila euro l’anno, in dialetto ndr)».
Il Mario? Chiede l’interlocutore. «Sì, per non fare un caz…», risponde la Canegrati probabilmente riferendosi a Longo, dello staff di Rizzi.
A LONGO PAGATI ANCHE I LAVORI EDILI IN CASA
Mario Longo, arrestato nell’inchiesta della Procura di Monza per le presunte tangenti nella sanità lombarda, avrebbe ottenuto dall’imprenditrice Maria Paola Canegrati anche «il pagamento della somma di euro 7.978,8 euro relativa all’esecuzione di opere di imbiancatura della sua abitazione e del suo studio professionale».
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
COME HA PILOTATO L’ASSEGNAZIONE DELL’APPALTO AL GRUPPO TECHINT DI ROCCA
L’inchiesta sulla sanità lombarda che ha portato agli arresti il consigliere regionale, Fabio Rizzi, valica i confini regionali e nazionali per lambire anche il Brasile.
E con il Paese sudamericano, il potente gruppo Techint della famiglia del presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca, le cui attività spaziano dalle infrastrutture in cui primeggia negli appalti pubblici lombardi, alla sanità , passando per le ex acciaierie Dalmine.
Tutto nasce con l’iniziativa promossa da Rizzi per la cooperazione tra la Regione e lo stato brasiliano del Goià¡s.
Obiettivo: la costruzione della prima struttura ospedaliera dedicata ai bambini utilizzando l’esperienza del sistema sanitario lombardo. In pratica un ospedale pediatrico sul modello del milanese Buzzi.
Il contraltare sarebbe stato l’avvio di una partnership tra le due istituzioni che favorisse l’inserimento delle imprese italiane nel mercato brasiliano.
Al momento della firma del protocollo d’intesa, nel 2014, il presidente della commissione Sanità della Regione aveva parlato di un progetto ambizioso che si sarebbe concretizzato grazie alla regia “di una delle nostre migliori eccellenze in ambito sanitario come gli Istituti Clinici di Perfezionamento”.
Rizzi aveva sottolineato anche il “lavoro straordinario, reso possibile grazie alla reciproca volontà delle parti che, in ambiti diversi, potranno trarre vantaggio da un intento umanitario di assoluto valore scientifico e sociale”.
Perchè “il diritto alla salute è un bene che deve superare ogni confine e la collaborazione che nasce oggi potrà essere la prima di diversi progetti verso settori anche differenti da quello sanitario”.
Dietro le quinte, però, le cose erano ben più complesse.
“Dalle intercettazioni telefoniche e dal complessivo tenore delle indagini emerge inequivocabilmente che i due indagati (Rizzi e il suo factotum Mario Valentino Longo, ndr) utilizzino il meritevole progetto dell’Ente pubblico — si legge nell’ordinanza di custodia cautelare — al solo scopo di trarre profitti personali, mascherati con compensi per consulenze o a prestanome, garantendo gli interessi di aziende private, (tra cui Techint) ed arrivando a lucrare sulla sponsorizzazione dell’iniziativa da parte di Rizoma s.r.l . Gli ingenti guadagni illeciti, quantificati in un paio di milioni a testa, sarebbero stati occultati in società estere create allo scopo”. Una vicenda “opaca” sintetizzano gli inquirenti, “ammantata da finalità sociali, ma avidamente vissuta da Longo e Rizzi come fonte inesauribile di profitto personale”. I quali non a caso di sono “fortemente attivati” per sostenere il progetto, con Longo che ha fatto più viaggi in Brasile in rappresentanza della Regione.
Mentre Rizzi era in ottimi rapporti con il Segretario di Stato del Goià s, Alexandre Baldy.
“Relazione che, presumibilmente, come emerso dalle intercettazioni telefoniche, sarebbe stata favorita dallo stesso Longo attraverso l’amico Lorusso (di cui si è già parlato per il pagamento della tangente di euro 50.000,00 tramite lo stesso corrisposta dalla Canegrati a Longo e a Rizzi), amico (attraverso il pilota di Formula 1 Felipe Massa) del predetto Baldy”, si legge ancora nell’ordinanza.
Dove si parla di “un complesso e articolato business gestito dai due politici con Lorusso, socio e amministratore di (almeno) due società coinvolte nell’affare allo scopo di veicolare su di esse flussi di denaro occultamente e illecitamente diretti proprio a Longo e Rizzi”.
L’intenzione, “allo stato attuale, per quanto noto, non ancora compiutamente realizzata, è quella di sfruttare il proprio ruolo politico e istituzionale per favorire l’inserimento delle imprese italiane nei rapporti commerciali con lo Stato brasiliano”. In particolare gli inquirenti evidenziano i rapporti intrattenuti dai due con il gruppo Techint e, in particolare, con il suo rappresentante Luca Pecchio.
“Dalle intercettazioni — sintetizzano — ben si comprende come i due politici indagati abbiano operato per “pilotare”, attraverso la conoscenza personale con Baldy (o forse, verosimilmente, attraverso la corruzione del predetto), l’affidamento al predetto gruppo della realizzazione dell’ospedale pediatrico nel Goià s e come, da tale operazione, gli stessi sperino di poter trarre vantaggi economici personali del tutto estranei alla Pubblica Amministrazione che fingono di rappresentare, individuati in milionate di euro”.
Non solo. L’operazione brasiliana è stata anche l’occasione per progettare l’espansione in Toscana del ras dell’odontoiatria lombarda, Maria Paola Canegrati “grazie alla rete delle conoscenze politiche e alla capacità d’influire sulle decisioni del gruppo Techint”, cui fa capo il gruppo Humanitas e gestore di servizi presso alcune strutture sanitarie toscane.
E che aveva un debito di riconoscenza verso Rizzi e Longhi anche per “la gestione di una problematica relativa alla costruzione di strutture in seno al Policlinico di Milano“. Il gruppo della famiglia Rocca, infatti, aveva vinto nel 2008 il Concorso Internazionale di Architettura per la riqualificazione dell’area Ospedale Maggiore di Milano, Mangiagalli e Regina Elena. Ma Pecchio, incaricato dei lavori di ristrutturazione, “stava incontrando difficoltà a causa delle nomina a responsabile del procedimento di un nuovo dirigente che sta facendo fuoco e fiamme per fare ‘saltare il sistema’”.
E così è scattato il soccorso di Rizzi e Longo.
Gaia Scacciavillani
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
MATERIALE ODONTOIATRICO SCADENTE PER AUMENTARE I PROFITTI E PAZIENTI INDOTTI CON METODI TRUFFALDINI A UTILIZZARE STRUTTURE PRIVATE AL POSTO DI QUELLE PUBBLICHE
“Quelle corone sono fatte con il culo”. Parola di Stefano Garatti, dirigente e supervisore dell’azienda ospedaliera di Desio e Vimercate arrestato oggi nell’ambito dell’inchiesta che ha portato in carcere il consigliere regionale leghista Fabio Rizzi e all’emissione di altre 20 misure cautelari.
Insieme alle tangenti e alle manette nella sanità lombarda, l’inchiesta mette in luce le vere vittime del “sistema” di corruzione intorno alle cliniche dentali convenzionate con gli ospedali lombardi.
Sono proprio i cittadini, insieme alle aziende ospedaliere pubbliche, a subire quella che i magistrati definiscono una “mortificazione della tutela della salute”.
Stefano Garatti, secondo i magistrati, fa parte della “schiera di pubblici funzionari al soldo della Canegrati Maria Paola”, l’imprenditrice al centro del sistema di bandi e forniture pilotate al centro delle indagini.
Secondo l’accusa, la signora delle cliniche ricompensava la sua fedeltà con ricchi contratti di consulenza e lui ricambiava attivandosi, tra l’altro, per “aggiustare le cartelle mediche” irregolari perchè passassero indenni al controllo del nucleo operativo dell’Asl di Monza e Brianza.
E’ in vista di uno di questi controlli, puntualmente oggetto di “soffiata” da dentro gli uffici, che il dirigente si impegnava a individuare le cartelle anomale per porvi rimedio e fronteggiare i possibili rilievi. E al telefono, senza difficoltà , ammette: “Quelle corone sono fatte con il culo”.
Il perchè si legge nelle carte: i materiali di laboratorio utilizzati dalle cliniche dell’imprenditrice erano di qualità inferiore e “più scadente” di quelli previsti dai contratti, così da consentire a chi li fatturava alti margini sulla differenza dei costi e dei ricavi.
“Con buona pace del doveroso controllo della qualità dei prodotti per l’utente e delle convenienza della struttura pubblica”, si legge a pagina 140 dell’ordinanza emessa dal giudice di Monza.
Comportamenti connotati per ciò da “elevata pericolosità sociale di tutti i soggetti coinvolti, ciascuno nella propria funzione incuranti degli interessi pubblici sacrificabili in ragione del proprio interesse personale anche a discapito, in concreto, della salute pubblica attraverso la fornitura di servizi e materiali scadenti o con costi superflui per la collettività ”.
Un altro espediente per arricchirsi a danno dei cittadini era quello di gonfiare artificialmente le liste d’attesa del pubblico, così da favorire le prestazioni a pagamento rispetto a quelle a carico del Setvizio sanitario, determinando così “un concreto vantaggio patrimoniale anche all’azienda ospedaliera (che percepisce una percentuale sui proventi di quelle attività )”.
C’erano “precise istruzioni di carattere generale per tutti i centri odontoiatrici dell’indagata”, si legge nelle carte, per indurre i pazienti che avrebbero ben potutto usufruire di prestazioni a ticket a ricorrere invece a quelle in regime di solvenza, a costi molto maggiori.
Si fa l’esempio del Niguarda. Più intercettazioni svelano il meccanismo. “Noi facciamo delle liste di attesa tra virgolette” che vadano “alle calende greche”, dice la Canegrati al dirigente Massimiliano Sabatino, dirigente degli Icp di Milano.
“E così sposteremo la maggior parte dell’attività sulla solvenza”. Liste, scrivono i magistrati, in realtà “inesistenti”.
Altro espediente “truffaldino” era quello di far figurare come analoghi i costi della prestazione privata e pubblica, aumentando artificialmente il costo di quest’ultima con un espediente semplice quanto smaccato: predisporre una ricetta per ogni prestazione anzichè arrivare fino a otto per ogni ricetta con un ticket massimo di 66 euro.
Lo dicono gli intercettati: “La quota del ticket arriverebbe a costare verosimilmente quanto ci costa in solvenza, e quindi gli possiamo dire …allora col ticket costa per dire quaranta euro, senza ticket costa quarantacinque però ce l’ha subito… capito?”. In questo modo, scrivono gli inquirenti, si “cagiona permanentemente un danno all’utenza di rilevante entità ogni qualvolta un paziente necessiti di più prestazioni”. Non mancaso casi, citati nelle carte, di pazienti portatori di patologie che li avrebbero mandati esenti da ticket e dal pagamento della prestazione (a carico del Ssn) ma che venivano sospinti per anni (dal 2008 al 2013) in regime di solvenza.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
MANCANO I SOLDI PER PAGARE LA CORRENTE: “APPREZZATI FUORI MA BOICOTTATI DALLA POLITICA”… RAGAZZI COSTRETTI A UNA COLLETTA: E POI TUTTI A PARLARE DELLA DELINQUENZA A SCAMPIA
Il buio di Scampia. La palestra di Gianni e Pino Maddaloni, l’oro olimpico del quartiere a Nord di Napoli, è rimasta senza corrente elettrica.
Non ci sono i soldi per pagare il fornitore. Le luci si sono abbassate intorno alle 20 di lunedì e i ragazzi che frequentano il centro, soprattutto minori a rischio e disagiati, hanno fatto una colletta.
Hanno raccolto 1182 euro per pagare la bolletta. Un sacrificio amaro per le famiglie che vedono nello sport una possibilità di rinascita.
L’attività di Maddaloni ha anche ispirato una fiction interpretata da Beppe Fiorello, “L’oro di Scampia”.
“Voglio prendere le distanze da Comune e Regione, non siamo solo la palestra delle visite istituzionali: buoni si ma fessi no – protesta Maddaloni – De Magistris e la Regione di Caldoro ci hanno abbandonato: il progetto Sandro Pertini, finanziato in passato da Palazzo San Giacomo, con diecimila euro ci permetteva di fare attività sportive per 50 ragazzi di Secondigliano e di pagare le utenze. A gennaio però non è ripartito”.
Maddaloni lancia il grido d’allarme da Bologna dove si trova per un incontro sulla legalità , e mercoledì sarà a Roma alla cerimonia per la candidatura della capitale ai giochi olimpici.
“Da un anno siamo applauditi in tutta Italia, il paradosso è che a Napoli siamo bistrattati e boicottati da una politica locale inesistente. Perchè non parte il progetto per i ragazzi che vivono nei territori dei Di Lauro? Siamo senza soldi, non posso indebitarmi. Devo chiedere i soldi ai figli dei detenuti e alle famiglie divorate dalla povertà ? Non lo farò mai. Chiedo aiuto al sindaco Luigi de Magistris e al governatore Vincenzo De Luca. Scampia chiama Comune e Regione…Altrimenti la mia palestra chiude e si spengono altre luci. Quelle dei ragazzi”.
Per ora risponde Antonio Bassolino su Facebook: “La palestra di Gianni Maddaloni, presidio di legalità a Scampia, non può restare al buio. Le luci devono restare sempre accese. Sono luci di speranza. Sono certo che governo, regione e comune faranno tutto il possibile per sostenere questa bella realtà “.
Anna Laura De Rosa
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
DAI ROM A BERLUSCONI, LE AFFERMAZIONI DEL CANDIDATO SINDACO CHE RISCHIANO DI FAR SALTARE IL CENTRODESTRA
Guido Bertolaso parte senza ruspa. Il candidato del centrodestra a sindaco di Roma, scelto dopo una serie di veti posti da Giorgia Meloni, si è autodefinito «un vecchio democristiano». Ha detto di non avere mai votato Berlusconi in vita sua e di avere organizzato le campagne elettorali a Francesco Rutelli (cioè per la sinistra).
Alfio Marchini? «Una persona perbene, è entusiasta ma ho delle perplessità sulla capacità di governare Roma. In questa città ci vuole uno con gli attributi come me». Roberto Giachetti? «Un amico».
E fino a questo punto gli alleati sono stati zitti.
Quando però ha parlato dei rom, ai leghisti sono saltati i nervi.
Bertolaso non userebbe le ruspe, come vorrebbe Matteo Salvini. Anzi, se venisse eletto sindaco userebbe «più diplomazia, più tatto, più cautela».
«Io mi metto sempre dalla parte dei più deboli e i rom sono una categoria che è stata vessata e penalizzata». Vessati? Penalizzati? Apriti cielo!
«Se qualcuno pensa, Bertolaso compreso, di fare alleanze con noi e poi sulla sicurezza intraprendere politiche finto buoniste e tolleranti nei confronti di delinquenza, rom e immigrazione ha sbagliato proprio strada», ha tuonato Gianmarco Centinaio, capogruppo della Lega al Senato e coordinatore per Noi con Salvini per il Lazio e Roma.
«Se non sai guidare una ruspa, occupati di tagliare i nastri alle inaugurazioni: noi saremo con i romani: a lavorare per ridare dignità alle periferie. E per i campi rom c’è e resta una sola parola: ruspa».
E i Fratelli d’Italia cosa dicono? Nulla. Silenzio assoluto. Non una parola da Meloni che su questi temi ha fatto i suoi cavalli di battaglia.
Dalla Lega le battute al veleno si sprecano. «Ma come, non voleva Marchini perchè era di sinistra e ora ci ha costretto a beccarci uno che sostiene di essere un vecchio democristiano, amico di Rutelli e Giachetti, e dice che i Rom sono vessati? Perchè non parla?».
A Roma i leghisti puntano a rubare voti ai Fratelli d’Italia in un’area di destra radicale.
Insomma, come inizio di campagna elettorale non c’è male. E meno male che Bertolaso doveva essere il candidato che aveva messo d’accordo tutto il centrodestra.
Una scelta, quella di Bertolaso, che viene intestata alla stessa Meloni e che in molti nel centrodestra non considerano forte a sufficienza per andare al ballottaggio.
I primi sondaggi, per quello che valgono, lo confermano.
Il punto è che questa candidatura non è stata preceduta da un accordo sul programma: così sui temi forti come i rom e le ruspe da usare ci sono sensibilità diverse su questo fronte politico.
Marchini si frega le mani, illudendosi di fare il pieno dei voti di destra e andare al ballottaggio: così anche lui si veste da sceriffo pistolero, scende dal cavallo da Polo e dice che «Bertolaso non sa di cosa parla».
Chi invece può essere veramente soddisfatto delle uscite del candidato del centrodestra è Francesco Storace che non si è intruppato con l’ex capo della Protezione civile e corre da solo. «Bertolaso lo frega la somma urgenza di parlare. Non è il suo mestiere e fra poco almeno i leghisti lo rimandano a casa. Mi pare di capire che la ruspa stia rimanendo senza carburante».
E gli altri alleati cosa dicono? Silenzio.
A difendere Bertolaso ci prova il senatore Fi Francesco Giro che minimizza l’incidente, dicendo che Guido «è in prima linea da 30 anni (da quando ha praticamente fondato il Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio con Andreotti) contro ogni forma di degrado sociale. Chi oggi lo accusa di essere tenero con i nomadi cosa ha fatto in questi decenni da destra a sinistra per risolvere il problema?»
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
INDAGINE GLOBAL 50: IL CONFRONTO FRA 15 PAESI DIVERSI
Lo sapevamo, ma quando escono i dati suscitano sempre qualche fastidio.
Le retribuzioni d’ingresso dei lavoratori italiani sono le più basse d’Europa. Sorridono invece i nostri vicini svizzeri: la Svizzera infatti mantiene la prima posizione; mentre nel Regno Unito scalano la classifica i middle manager.
La conferma viene dall’indagine Global 50 Remuneration Planning Report di Willis Towers Watson, che svela dati alla mano che a livello europeo l’Italia rimane nelle ultime posizioni della classifica delle retribuzioni. Si tratta di dati medi e al lordo con particolare riguardo alle aziende medio-grandi.
L’indagine confronta 15 paesi europei e condanna come lo scorso anno il nostro paese all’ultima posizione per quanto riguarda i salari d’ingresso dei professional, con una media di 27.400 euro.
Guadagna, invece, una posizione per quanto riguarda le retribuzioni dei middle manager, posizionandosi all’11 posto, con una media che sfiora i 71 mila euro, seguita solo da Francia, Svezia, Finlandia e Spagna.
Rispetto al 2015, il Regno Unito è il paese che ha registrato il progresso più forte piazzandosi al 4° posto per quanto riguarda i middle management e al 12° per gli entry level (nel 2014 era rispettivamente al 7° e al 13° posto).
L’Italia, oltre ad essere il paese meno competitivo per le retribuzioni tipicamente offerte ai neo-laureati, è piuttosto staccato rispetto al penultimo posto (-12% rispetto alla Spagna) ed ancora di più dal “centro classifica” (-47% rispetto all’Olanda).
Walter Passerini
(da “La Stampa”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
MARONI ORA DICE CHE “HA INFANGATO IL NOSTRO LAVORO” MA RIZZI L’HA IMPOSTO LUI IN QUEL RUOLO …RIZZI ERA ANCHE VICINO A SALVINI: A CAGLIARI IL TOUR LO AVEVA ORGANIZZATO LUI
I vertici della Lega Nord scaricano Fabio Rizzi, l’autore della riforma della sanità in Lombardia arrestato nell’ambito di un’indagine su un presunto giro di mazzette e di turbative di appalti pubblici.
“Sono molto incazzato per quello che è successo, fermo restando la presunzione di innocenza e la fiducia nella magistratura — sibila il governatore Roberto Maroni in consiglio — fermo restando che stiamo leggendo gli atti e verificando nel dettaglio le imputazioni. Il mio primo sentimento è di stupore e di grande delusione se le accuse fossero confermate”.
In ogni caso “ci costituiremo immediatamente in giudizio, al lavoro per garantire applicazione delle regole e le procedure di trasparenza che ci sono — ha proseguito Maroni, annunciando un ”comitato ispettivo” sul caso — non vogliamo coprire nessuno, non abbiamo nessuno da difendere, chiunque abbia sbagliato mi risponderà ”.
Ma la storia è un po’ diversa.
Rizzi, eletto consigliere regionale in Lombardia nel 2013, diventa subito l’uomo forte di Maroni per la Salute: il governatore lo nomina presidente della commissione Sanità e preferisce i suoi consigli a quelli del forzista Mario Mantovani, che prima di essere arrestato lo scorso ottobre oltre che essere vice presidente della Regione era anche titolare proprio dell’assessorato alla Sanità .
È però Rizzi il prescelto di Maroni per scrivere e guidare la riforma del sistema sanitario lombardo: il provvedimento, molto contestato, viene approvato dopo mesi di liti all’interno della maggioranza nell’agosto 2015. Dopo il voto finale, Rizzi scoppierà in lacrime nell’aula del consiglio regionale.
Un po’ troppo facile parlare ora di “lavoro infangato”: lo ha nominato lui Rizzi, non la fata turchina.
Ma veniamo a Salvini.
“Esco ora dal Parlamento europeo e leggo degli arresti in Lombardia. Prima riflessione: chi sbaglia davvero, non merita la Lega — scrive su Twitter Matteo Salvini, segretario del Carroccio — seconda riflessione: spero che le accuse si rivelino una bufala. Terza riflessione: spero che alcuni magistrati non siano in campagna elettorale, è accaduto già troppe volte. Quarta riflessione: sono sicuro che l’eventuale errore di pochi non danneggi il lavoro delle miglaia di persone che ogni giorno mandano avanti benissimo gli ospedali in Lombardia. Quinta riflessione: sono orgoglioso di essere il segretario della Lega”.
Anche Salvini scarica Rizzi, dunque. Rizzi che non è suo “fratello”, a differenza di Edoardo Rixi, vice del segretario leghista, e assessore regionale allo Sviluppo Economico in Liguria rinviato a giudizio il 2 febbraio per peculato.
Ma si da il caso che Rizzi, che ora finge quasi di non conoscere, sia talmente vicino al segretario della Lega che proprio lui ha organizzato, lo scorso fine settimana, il tour di Salvini in Sardegna, durante il quale si sono verificati anche scontri a Cagliari, fuori dal neo inaugurato circolo della Lega, tra polizia e antagonisti.
E l’arrestato non è l’ultimo venuto, è un leghista duro e puro. Della prima ora, vicino al governatore Roberto Maroni, ma anche al segretario federale della Lega Matteo Salvini.
Fabio Rizzi, 49 anni, dal 2013 è l’uomo forte di Maroni nella Sanità lombarda. Medico anestesista, ha da sempre il pallino per la politica: il tesseramento al Carroccio risale al 1992.
Forse 24 anni di militanza politica fianco a fianco possono essere sufficienti per valutare l’onestà di una persona…
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
“BERTOLASO SOTTO PROCESSO DOVEVA AUTOSOSPENDERSI COME ALEMANNO”… A DESTRA SIAMO ALLA GUERRA PER BANDE, LA MELONI INCAPACE DI UNIRE E COMPLETAMENTE INADEGUATA
A un pezzo di Fratelli d’Italia e della destra romana la candidatura di Guido Bertolaso, decisa da Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, non va giù.
«Come dirigenti di Fratelli d’Italia – Alleanza nazionale, componenti dell’Assemblea e della Direzione nazionale, non possiamo non far sentire la nostra voce di fronte all’incredibile procedura con cui sono stati scelti i candidati sindaci del centrodestra in tutte le città e in particolare a Roma. Ancora una volta, invece di utilizzare lo strumento delle primarie, ci si è rassegnati alla logica dei compromessi di vertice tra tre leader chiusi in una stanza. Questa decisione è stata assunta senza nessuna convocazione della Direzione nazionale del nostro partito che, secondo quanto previsto all’art. 13 dello Statuto, ha il potere di scegliere e ratificare i candidati sindaci».
Lo dichiarano in una nota Brian Carelli, Gloria Pasquali, Marco Cerreto, Antonio Triolo e Sabina Bonelli, come portavoci del gruppo di 21 dirigenti firmatari della lettera a Meloni.
«Tutto questo è ancora più grave a Roma dove l’area contrapposta alla sinistra e al Movimento 5 Stelle si prepara ad affrontare le elezioni divisa su tre candidature: Alfio Marchini, Guido Bertolaso e Francesco Storace. Sia Storace che Marchini avevano offerto la loro disponibilità a partecipare ad elezioni primarie indette dal centrodestra, aprendo la strada ad una candidatura unitaria che sarebbe stata sicuramente vincente. Non solo: lo svolgimento delle primarie avrebbe permesso a Fratelli d’Italia, dopo il ritiro di Giorgia Meloni, di esprimere una candidatura politica e identitaria che, grazie alla forza militante del nostro Partito nella Capitale, poteva diventare quella unitaria di tutto il centrodestra».
«Non è credibile prosegue la nota – l’alibi della mancanza di disponibilità da parte di Silvio Berlusconi e forse anche di Matteo Salvini: a Roma FdI è la prima forza del centrodestra e avrebbe potuto imporre le primarie se, per motivazioni incomprensibili, non le avesse vincolate allo svolgimento su tutto il territorio nazionale. Errore politico gravissimo, perchè utilizzare Roma come laboratorio delle primarie del centrodestra avrebbe rappresentato un precedente ineludibile per giungere alle Primarie per la scelta del candidato Premier alle prossime elezioni politiche».
«Di fronte a questa situazione di palese violazione delle regole statutarie di Fratelli d’Italia e di tradimento delle motivazioni costitutive stesse del partito che, come sancito dall’art.2 dello Statuto, vedono il metodo delle primarie come strumento imprescindibile di partecipazione democratica – continua la nota – non ci sentiamo vincolati ad appoggiare la candidatura di Guido Bertolaso come candidato Sindaco nel comune di Roma Capitale. Bertolaso, al pari di Marchini, è una personalità “tecnica”, estranea al mondo politico del centrodestra, oltre che segnata da due procedimenti giudiziari in corso per gravi reati. Non si capisce perchè, mentre Gianni Alemanno si è autosospeso dal Partito, rinunciando a qualsiasi carica politica e a qualsiasi candidatura fino a quando la sua posizione giudiziaria non sarà definitivamente chiarita, analoga regola non dovrebbe valere per Guido Bertolaso che è sotto processo per gli stessi reati».
«In queste condizioni – conclude la nota – l’unica candidatura che può essere sostenuta a Roma da persone di Destra è quella di Francesco Storace che rappresenta un punto di riferimento unitario per tutta la nostra area politica, al di là di ogni etichettatura di partito. Per questo invitiamo dirigenti, iscritti e simpatizzanti di Fratelli d’Italia ad unirsi a noi in questa battaglia per riaffermare la dignità e l’unità della Destra politica italiana, anche utilizzando l’opportunità di un voto disgiunto tra lista e candidato sindaco».
(da “il Messaggero”)
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Febbraio 16th, 2016 Riccardo Fucile
AL VIA LE COMUNARIE PER ROMA SOTTO LA REGIA DI CASALEGGIO
Una svolta pratica e politica nel giorno in cui inizia una settimana decisiva per il Movimento 5 Stelle in vista delle amministrative.
La scelta di Beppe Grillo di trasformarsi in “elevato”, ovvero in colui che guarda dall’alto il Movimento 5 Stelle, ha il primo effetto concreto.
Da oggi, ufficialmente, il nome del leader non sarà più nel simbolo: il passaggio era stato già deciso dalla Rete tre mesi fa attraverso un sondaggio, ma adesso è diventato effettivo. La differenza non è soltanto grafica, come è ovvio.
Nel nuovo logo, formalmente registrato, non appare più la scritta “beppegrillo.it” ma “movimento5stelle.it”.
La diretta conseguenza è che il nuovo simbolo non è più di proprietà di Beppe Grillo, come lo era quello precedente, su cui il leader infatti ha sempre rivendicato il potere di togliere il logo alle amministrazioni dissidenti.
D’ora in poi sarà dell’associazione Movimento 5 Stelle, con sede in via Roccataglia Ceccardi n.1/14 a Genova, studio legale di Enrico Grillo, nipote del più famoso Beppe.
L’Associazione è stata fondata, con atto notarile, da Beppe Grillo, che è il presidente, dal nipote-avvocato Enrico, che ha la carica di vicepresidente, e dal commercialista Enrico Maria Nadasi.
Dettaglio da non sottovalutare riguarda il fatto che il mandato di Beppe Grillo come presidente scade tra meno di un mese e, se davvero il leader è intenzione a mettersi da parte, non è escluso che Grillo junior possa avere un ruolo sempre più di primo piano essendo già socio fondatore dell’associazione.
Per questo i prossimi mesi, a partire già da questa settimana, saranno determinanti per le sorti del Movimento, che deve uscire dal caos territori.
In bilico, in un momento così delicato, è anche l’incarico di Luigi Di Maio attualmente responsabile degli Enti locali.
L’ultimo caso, come se non fosse bastato quello di Quarto, riguarda il Comune di Bagheria e l’abuso edilizio del sindaco pentastellato, con annesse dimissioni dell’assessore all’urbanistica.
Ma scottati dalla cacciata del sindaco di Gela e dalle varie spine territoriali nel fianco, adesso i grillini vogliono conquistare Roma.
Sotto il Colosseo per giorni si è attesa la pubblicazione dei video dei 200 aspiranti candidati al Comune di Roma. E poi, ecco il post firmato da Roberta Lombardi: “Per la prima volta a Roma cittadini onesti potranno scegliere altri cittadini onesti come propri portavoce nelle istituzioni. Niente stanze segrete dei partiti, niente nomine dirette. In una parola: democrazia diretta. Quello di oggi è il primo passo”.
I candidati sono di tutte le età (la media è 47 anni), con curriculum diversi e il più variegati possibile. C’è la ortodermista, un project manager di Telecom, ma anche un docente di statistica, una insegnante con 4 lauree e un attivista che dichiara di aver avuto la tessera di Forza Italia “ma solo per un anno”.
Presenti anche tanti avvocati, un agente della Guardia di finanza, un poliziotto e altro ancora.
Ci sono anche i quattro ex consiglieri comunali, due di questi e cioè Marcello De Vito e Virginia Raggi vengono dati per favoriti nella corsa per la poltrona più alta, quella del candidato sindaco. Sarà possibile votare da venerdì.
Per adesso invece i 9500 iscritti al blog e con diritto di voto possono visionare i profili dei candidati. Candidati che, una volta eletti, se dovessero cambiare casacca dovranno pagare una multa di 150mila euro. Provvedimento, per adesso, preso solo per la Capitale dove il rischio trasformismo viene considerato più alto rispetto a Torino e Milano.
Comunque sia ora la macchina romana è in moto, eppure la partenza è stata a rilento. La causa? “Problemi tecnici”, hanno ripetuto come un mantra dalla Casaleggio Associati. Circostanza che ha fatto spazientire, e non poco, i grillini capitolini dal momento che il Movimento ha sempre fatto della democrazia in Rete, della tecnologia e della comunicazione online i suoi tratti distintivi.
Alla base, tuttavia, non ci sarebbero stati solo problemi tecnici ma anche dubbi nel quartier generale di Milano sulla solidità dei candidati.
Nessuno di questi ha infatti folgorato Casaleggio, tanto che sarà un mini-direttorio, formato dai romani Alessandro Di Battista, Roberta Lombardi e Paola Taverna, a condurre la campagna elettorale.
A Napoli il quadro è ancora incerto. Gianroberto Casaleggio e Roberto Fico hanno in mente un candidato per uscire dall’alta marea delle liste campane: la storica attivista locale Francesca Menna, docente di igiene e sanità pubblica veterinaria all’università Federico II. Ma come ha confidato alcuni giorni fa il componente del Direttorio ad alcuni deputati: “Finchè non vedo la lista non so neanche se correremo”.
(da “Huffingtonpost”)
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