Marzo 20th, 2016 Riccardo Fucile
CON LUI TUTTI I MEMBRI DELL’EX CDA DI BANCA ETRURIA: DISSESTO DA OLTRE 1 MILIARDO
Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria e padre del ministro per le Riforme del governo Renzi, è indagato dalla procura di Arezzo per concorso in bancarotta fraudolenta insieme agli altri membri dell’ultimo consiglio di amministrazione dell’istituto.
L’inchiesta dei pm aretini sul dissesto della banca è arrivata alla svolta largamente attesa dopo l’apertura, l’11 febbraio, del fascicolo per bancarotta.
Tutti gli ex vertici, in carica dal 4 maggio 2014 all’11 febbraio 2015, sono sotto accusa per il buco che secondo il commissario liquidatore Giuseppe Santoni ammonta a 1,1 miliardi di euro.
Secondo il Corriere della Sera, La Stampa e Il Messaggero il reato viene dunque contestato anche all’ex presidente Lorenzo Rosi e ai suoi vice Alfredo Berni e Boschi. I pm aretini guidati da Roberto Rossi si concentrano in particolare sugli stipendi d’oro e le generose buonuscite che hanno contribuito al dissesto finanziario della banca, che il governo Renzi lo scorso 22 novembre ha “salvato” per decreto insieme a Banca Marche, Cariferrara e Carichieti. Azzerando così i risparmi di migliaia di obbligazionisti subordinati.
”.Come emerso dall’ispezione di Banca d’Italia che si è conclusa nel febbraio dello scorso anno con il commissariamento dell’istituto, all’ex dg Luca Bronchi sono stati versati nel 2014, come indennizzo per la chiusura (peraltro consensuale) del rapporto di lavoro, 1,2 milioni di euro.
A deciderlo è stato il 30 giugno 2014, con l’astensione del solo consigliere Giovanni Grazzini, il cda della banca, che ha disposto l’esborso nonostante la crisi fosse già conclamata e a dispetto del fatto che l’assemblea dei soci, nel maggio dello stesso anno, aveva approvato un “documento sulle politiche di remunerazione” che non consentiva la corresponsione di incentivi e premi ai vertici. E prevedeva che, anche in caso di risoluzione anticipata del rapporto, ci fosse una stretta correlazione tra la somma riconosciuta e le performance realizzate. Peccato però che sotto la gestione Bronchi, che aveva assunto la carica nel luglio 2008, la banca sia andata a picco. Il cda concesse comunque la liquidazione, “senza contestare al dirigente responsabilità specifiche”.
Discorso simile per i 125mila euro andati al responsabile del dipartimento marketing Fabio Piccinini.
Secondo il Corsera, la Procura ha fatto propri i rilievi degli ispettori di via Nazionale e incaricato la Guardia di Finanza di fare nuovi accertamenti su quella delibera, esaminando il verbale. Obiettivo finale, ottenere il sequestro per equivalente della somma elargita al manager, che è accusato di concorso nello stesso reato contestato agli amministratori.
Naturalmente quella sulle buonuscite è solo una delle decisioni contestate agli ex vertici che hanno contribuito al crac. Rosi e l’altro ex presidente Giuseppe Fornasari, oltre a Boschi senior, Berni e Bronchi, lo scorso 1 marzo sono stati nuovamente multati per oltre 2 milioni di euro da Bankitalia per alcune delle numerose irregolarità emerse durante l’ispezione: in particolare la cattiva gestione dei crediti deteriorati e le consulenze allegre.
Lo stesso Rosi e l’ex membro del cda Luciano Nataloni sono già indagati per per omessa dichiarazione di conflitto d’interessi in una lunga serie di operazioni che ha coinvolto la banca.
Questi filoni di inchiesta si affiancano a quelli per ostacolo alla vigilanza, arrivato all’udienza preliminare (indagato l’ex presidente Fornasari), per false fatturazioni (filone chiuso, si attendono i rinvii a giudizio) e per truffa ai risparmiatori che hanno acquistato azioni e obbligazioni subordinate senza essere informati dei rischi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 20th, 2016 Riccardo Fucile
LA FRANA DI ARENZANO L’HA COLPITO MENTRE FACEVA UNA PASSEGGIATA: HA PENSATO SOLO A METTERE IN SALVO L’AMICA
Sono riusciti i due interventi chirurgici alla testa cui è stato sottoposto Patrick Lumda Ngandu, il quarantenne originario del Ghana ferito in modo grave ieri nella frana caduta sull’Aurelia ad Arenzano che ha costretto tra l’altro a deviare la corsa ciclistica Milano- Sanremo.
Le due lunghe e delicate operazioni di neurochirurgia e di maxillo facciale hanno avuto esito positivo, si apprende in ospedale, ma per definire le condizioni del ferito sono necessari ulteriori esami.
L’uomo, che è in coma indotto, dovrebbe essere sottoposto già oggi ad una nuova tac. La sua compagna è invece rimasta solo contusa.
«Un boato, tremava tutto, sembrava che cadesse la strada. Patrick mi ha gridato “attenta” e spinto quel tanto da mettermi al riparo, poi è stato colpito da quella pietra enorme…».
Una gamba ricoperta di lividi, come la mano. Antonella Torchio, infermiera di 43 anni di Asti, è seduta davanti all’ingresso del reparto di rianimazione dell’ospedale Galliera.
Dietro quelle porte lotta tra la vita e la morte il suo amico, Patrik Ngandu Lunda, 40 anni, sanremese, l’uomo travolto dalla frana del Pizzo, ieri mattina, ad Arenzano.
«È successo tutto all’improvviso – racconta l’infermiera – Stavamo camminando sulla passeggiata poi abbiamo sentito un boato. Io credevo si fosse ribaltato un camion sull’Aurelia, che in quel punto passa poco sopra la strada pedonale, alla fine però abbiamo visto quella pioggia di massi. Sembrava che stesse cadendo la montagna…».
Occhi lucidi, voce spezzata dal dolore. Antonella Torchio arriva all’ospedale Galliera dove è ricoverato in condizioni disperate l’amico, nel primo pomeriggio. «La cosa più importante è che ce la faccia. Deve farcela. Ha salvato me, deve salvarsi anche lui»
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 20th, 2016 Riccardo Fucile
SVENTA IL COLPO ALLE POSTE: “IL RAPINATORE MI HA DETTO: VI RINGRAZIO, SONO NATO OGGI”… “NAPOLI SI PUO’ SOLO AMARE”
A mani nude ha neutralizzato un rapinatore armato di pistola. Gli è saltato addosso, lo ha bloccato e lo ha arrestato. Tutto nel giro di trentaquattro secondi.
Ma non vuole essere chiamato eroe, il sovrintendente capo della squadra mobile di Napoli Giuseppe Velotti, 48 anni e una vita intera passata sulla strada a dare la caccia ai criminali.
“Faccio questo lavoro da ventinove anni, ho fatto solo il mio dovere nel migliore dei modi, senza mettere a rischio altre persone. Se dicono che sono un eroe, mi fa piacere. Ma sono innanzitutto orgoglioso di essere un poliziotto”, ripete e mentre lo dice gli occhi, letteralmente, si illuminano.
La sua carriera parla da sola: da un quarto di secolo è alla squadra mobile. Ha fatto parte della sezione Catturandi, dell’Antiscippo e della Narcotici, nel 1997 è passato alla sezione omicidi (“subito dopo la morte di Silvia Ruotolo”, ricorda) dove presta servizio ancora oggi.
Ha un fratello in polizia e un figlio nell’esercito. Mercoledì pomeriggio Velotti era in un ufficio postale di Casalnuovo, libero dal servizio, quando hanno fatto irruzione i due malviventi. Il video registrato dalle telecamere a circuito chiuso ha fatto il giro del web. Ma le parole del suo protagonista descrivono quegli istanti anche meglio delle immagini.
Ci racconti quei trentaquattro secondi, sovrintendente Velotti.
“Mentre aspetto di parlare con il consulente commerciale, vedo entrare queste due persone. Hanno entrambi il volto travisato con cappellino e scaldacollo. Mi accorgo subito che uno dei due impugna una pistola. L’altro salta dietro la cassa, il complice invece punta l’arma verso i clienti e il personale. “Non vi succede niente, non fate niente”, ripete. Nel frattempo, comincio a studiare la situazione. Per prima cosa mi chiedo: posso intervenire? Non ho dubbi, mi rispondo di sì. Ma come?”
Già , come?
“Quando quello con la pistola si gira, rivolgendo l’arma verso le casse, comincio a camminare lentamente. In questo momento però sto ancora valutando il da farsi. Ho un solo pensiero, un’unica preoccupazione”.
Quale?
“Devo assolutamente evitare qualsiasi pericolo per le altre persone. Quella è la priorità . Il resto viene dopo. Per questo, escludo di estrarre la pistola d’ordinanza. Troppo pericoloso. Così decido di affrontarlo fisicamente. Ed entro nella piena convinzione di poterlo fare. Me la sento e agisco di conseguenza. Mi dirigo di lato, come se volessi uscire dall’ufficio postale”.
Nel video lei sembra voler aggirare il rapinatore.
“In effetti è proprio così, una manovra di accerchiamento. Mi avvicino a lui con l’obiettivo di renderlo inefficace e disarmarlo. Solo che, qualche secondo prima, quello se ne accorge e punta l’arma”.
Non ha temuto che potesse sparare?
“È stato il momento più difficile. Ma non ho avuto paura per me. Mai. Ero preoccupato solo per gli altri. In pochi attimi, ho valutato di dover fare innanzitutto da scudo. Poi però il ragazzo è scappato. E ho capito che la pistola non poteva uccidere. Infatti era caricata a salve”
Dopo una colluttazione, lei ha a bloccato il rapinatore a terra mentre il complice si dava alla fuga. Ciò nonostante, nessuno dei presenti è intervenuto a darle man forte. Si è sentito solo, in quel momento?
“Ero convinto di potercerla fare senza l’aiuto di nessuno. Quando il ragazzo ha tentato di fuggire, ho pensato di portare il problema fuori dall’ufficio, per tenere al riparo clienti e personale. Una volta all’esterno abbiamo avuto un’altra colluttazione. Ed è stato allora che alcune persone, invece di allontanarsi, hanno preso coraggio e sono rimaste lì. Ecco, vedere quella gente mi ha rinvigorito. Da cittadino, prima che da poliziotto, mi ha fatto piacere”.
Il rapinatore le ha detto qualcosa?
“Durante la colluttazione solo poche parole: “Mi fai male, lasciami andare””.
Dopo?
“Poche parole anche in quel caso: “Vi devo solo ringraziare: sono nato oggi””.
La gente intorno, invece?
“Direttamente non mi hanno detto nulla. Sentivo solo qualcuno come commentava, stupito: “Però, che coraggio”. Ma sono un poliziotto, orgoglioso di esserlo. Ho fatto il mio lavoro, l’importante è che nessuno si sia fatto male”.
E sua moglie, quando è tornato a casa?
Velotti sorride. “Mi volevi lasciare sola?”.
Dica la verità , sorvintendente. Dopo tanti anni di questo lavoro, non le viene voglia di andare via da Napoli?
“Mai. Anche se c’è tanta crudeltà , tanto dolore, questa città si può solo amare. E io l’amo”.
Dario Del Porto
(da “La Repubblica”)
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