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PARISI E’ ANCORA BEN SALDO IN SELLA PERCHE’ E’ IL BANCO CHE DA’ LE CARTE E IL BANCO VINCE SEMPRE

Novembre 18th, 2016 Riccardo Fucile

PARISI SOGNA IN GRANDE, GLI ALTRI SI ACCONTENTANO DEL TERZO POSTO… E SILVIO NON GIOCA PER PERDERE

Avete sentito Berlusconi a Rtl? Ha rettificato il Berlusconi di Radio Anch’io che rettificava il Berlusconi al Corriere della Sera (ecc.. ecc…).
Un’approfondita conoscenza del cosiddetto inner circle berlusconiano e dello stesso Berlusconi consente di comprendere che Stefano Parisi (protagonista di un’ottima performance a Porta a Porta) è “in sella” prima delle apparenti stroncature di ieri da parte del leader di Forza Italia.
C’è il gioco – o, meglio sarebbe dire, le orbite – dei satelliti che ruotano intorno al Re Sole. La dinamica del potere degli azzurri è da sempre la medesima.
Il “partito del Nord” contro quello “del Sud”, Fitto contro Alfano, falchi contro colombe, ecc…
Se un partito è diviso in fazioni, o meglio se qualunque nuovo aspirante leader non è rappresentativo di tutti (difficile esserlo), allora tutti possono sentirsi garantiti solo da lui, il Presidente.
Salvini e Meloni, parlate con Toti? Vi faccio sapere che il governatore della Liguria non può garantirvi quanto promesso, ovvero i voti di Forza Italia. E metto in campo Parisi e il sogno di un centro destra nuovamente inclusivo.
Toti va a Firenze dopo aver aperto a Salvini in una intervista a Repubblica e partecipa alla sua incoronazione in piazza quale leader del centrodestra? Vi spiego sul Corriere che io, Silvio, non andrei mai dietro a uno come Salvini e che la destra l’ho sdoganata e la Lega l’ho domata, ma da posizioni moderate, ragionevoli, maggioritarie. E di forza.
Chiamo a rapporto Toti per strigliarlo e lui si lamenta per le bordate ricevute da Parisi all’indirizzo suo e di Salvini; a ciò si aggiunge l’insofferenza nei confronti dell’homo novus del centro destra (da me legittimato ancora poche ore prima in occasione del suo comizio a Padova) da parte di tutto il vecchio armamentario del partito?
Fammi dire un’ovvietà  a Radio Anch’io: se non va d’accordo con tutti (ma si può?), Parisi non può fare il leader di coalizione (ma quale coalizione?), ma fammi anche (via Rtl) qualche ora dopo correggere il tiro.
È il banco che dà  le carte e il banco, amici miei, vince sempre.
Così Parisi è ancora in campo, forse più di prima, ma deve pedalare.
Qui (come altrove) nessuno regala niente. La verità  è che il futuro è ancora da scrivere. Il progetto di Toti, Salvini, Meloni è un centro destra radicalizzato, non vincente: mettere insieme ciò che c’è per un onesto terzo posto.
Al momento, sondaggi alla mano, questa è la prospettiva.
Parisi sogna in grande: una forza moderata e riformista, capace di parlare ai ceti produttivi del Paese e, in nome della sua diversità  e novità , capace di competere realmente ed efficacemente – come già  avvenuto a Milano – per il primo posto.
Per farlo c’è moltissimo lavoro davanti, non cercando imprimatur ed evitando letali fatwe.
Chi saprà  proporre prima di maggio 2017 una strada vincente godrà  del sostegno convergente del Cav che – è bene ricordarlo – ha sempre in mente due sole opzioni: essere protagonista di un’opzione vincente o leader di un’alternativa minoritaria. Tertium non datur.

Andrea Camaiora
(da “Huffingtonpost”)

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GRILLO INCASTRATO DAI SUOI: “LA ROCCA LO AVVISO’ PRIMA DELLA CONFESSIONE”

Novembre 18th, 2016 Riccardo Fucile

FIRME FALSE M5S: SMENTITA LA TESI UFFICIALE CHE NESSUNO SAPEVA

La deputata siciliana di M5S Claudia La Rocca avrebbe informato Beppe Grillo prima di andare in Procura ad ammettere di aver partecipato alla falsificazione delle firme per la lista delle Comunali 2012.
La Rocca, si apprende da fonti dirette, avrebbe parlato al telefono con il leader di 5stelle nel week end precedente alla sua testimonianza, resa ai magistrati martedì 8 novembre. Una conversazione avvenuta dopo che la parlamentare di Bagheria aveva avvertito della sua intenzione di andare in tribubale i colleghi del gruppo di M5S all’Ars.
Non solo: la Rocca, si apprende, avrebbe fatto “tutti i passaggi necessari” ai piani alti del movimento.
Grillo e i vertici, insomma, avrebbero saputo tutto da almeno 10 giorni. Ma sono contatti che, al momento, vengono smentiti da Roma e da Genova.
Un altro giallo in una storia che, almeno sul piano politico, si fa sempre più difficile da gestire per 5 stelle.
Mentre la Procura, la prossima settimana, inizierà  gli interrogatori degli indagati, i cui nomi sono ancora top secret.
Il deputato regionale Giancarlo Cancelleri, convocato dai pm assieme ad altri tre parlamentari 5 stelle come persona informata dei fatti aveva detto: “Non abbiamo riferito ai vertici nazionali il racconto della La Rocca sulla vicenda delle firme false, ci siamo limitati ad ascoltarla”.
“Grillo sapeva da tempo? I cinquestelle di Palermo lo incastrano, lo scandalo firme false s’ingrossa sempre di più nell’assordante silenzio del blog”, scrive in un tweet Ernesto Carbone deputato e membro della segreteria Pd.
“Grillo sapeva da almeno dieci giorni, lo confermano i Cinquestelle di Palermo. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non hanno nulla da dire?”,   afferma Alessia Rotta, responsabile comunicazione del Pd.
“Dopo la ridicola tesi della differenza tra firme copiate e firme falsificate – dichiara Federico Gelli, deputato Pd – ora il Movimento 5 Stelle s’inventa un nuovo trucco retorico per uscire dall’angolo in cui si è cacciato con la vicenda delle firme di Palermo: la responsabilità  individuale. Troppo facile: le responsabilità  politiche sono di tutto il Movimento. Le responsabilità  – spiega –   non possono essere soltanto quelle di chi ha materialmente falsificato le firme, violando in modo consapevole la legge. Intorno a questo atto illegale, si è verificata una lunga catena di omissioni, di ‘disattenzioni, di silenzi omertosi durati ben quattro anni. Si tratta di comportamenti gravissimi, tanto più se messi in atto da un movimento politico che rivendica a ogni pie’ sospinto il mantra della trasparenza”.
Di certo c’è che tra i tre attivisti che hanno “confessato” c’è anche la deputata La Rocca, che ha spiegato ai magistrati come lei fosse presente quattro anni fa quando furono falsificate le sottoscrizioni dei sostenitori della lista perchè qualcuno si accorse che il luogo di nascita di uno dei candidati era stato trascritto in modo errato: Palermo anzichè Corleone.
Il timore tra gli attivisti presenti quella sera fu che a causa di quell’errore la lista potesse essere esclusa dalle elezioni. Quindi qualcuno avrebbe preso la decisione di ricopiare le firme, depositando poi gli elenchi.
Decisione che, se confermata dalle indagini dei magistrati, si potrebbe rivelare sciagurata: costituisce un reato.

(da “La Repubblica”)

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SPESE PAZZE BASILICATA, IL GOVERNATORE PITTELLA TRA I 22 CONDANNATI PER LE CENE E GLI HOTEL

Novembre 18th, 2016 Riccardo Fucile

SCONTRINI DI ALBERGHI E RISTORANTI SENZA NATURA DI “RAPPRESENTANZA”

Il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella (Pd), è stato condannato dalla Corte dei conti di Potenza a risarcire poco più di 20mila euro di rimborsi indebiti per “spese di segreteria e rappresentanza”.
Con lui dovranno restituire parte dei rimborsi percepiti fra il 2010 e il 2012 il presidente del consiglio regionale lucano, Franco Mollica (Udc); il suo predecessore, oggi deputato, Vincenzo Folino (Si); l’assessore all’Agricoltura, Luca Braia (Pd), e il consigliere Paolo Castelluccio (FI).
Le condanne variano dai 17mila 922 euro di Mollica ai 3mila 722 di Folino.
Le contestazioni riguardano in massima parte scontrini e fatture di alberghi e ristoranti, rimborsate senza alcuna dimostrazione della effettiva natura “di rappresentanza” della spesa sostenuta.
“Non si comprende, per esempio – scrivono i magistrati – come una ricevuta fiscale di un pernottamento di due persone in una località  turistica rinomata, in piena estate, possa plausibilmente ricondursi a una esigenza di rappresentanza quando manchi un riferimento a un evento pubblico, anche non istituzionale, che ne giustifichi la relativa imputazione”.
Stesso discorso per pranzi e cene “a seguito del prolungamento dei tempi di lavoro di non precisate riunioni”, dato che consiglieri e assessori regionali intascavano già  un’altra indennità  per il loro “sostentamento personale”.
Il totale delle condanne, ripartite fra 22 consiglieri e assessori regionali, in carica ed ex, è di 240mila euro.
E’ stato assolto, invece, l’allora presidente della Regione e attuale sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo (Pd), per 2ila 600 euro di francobolli.
Ma a causa delle stesse “spese postali” resta a processo davanti al tribunale di Potenza con l’accusa di peculato e falso assieme – fra gli altri – a Pittella e Mollica.
A gennaio dell’anno scorso, rispetto ai rimborsi percepiti nel 2009 e nel 2010, era già  arrivata una prima condanna della Corte dei conti sempre per Pittella più altri 21 consiglieri ed ex, fra i quali il deputato Folino e il sottosegretario De Filippo, per oltre 200mila euro complessive di “spese ingiustificate”.
Di fronte ai giudici Pittella si era difeso sostenendo la sua buona fede, perchè era prassi che scontrini e fatture fossero risarciti senza un controllo vero e proprio sulla documentazione giustificativa.
Quindi aveva spiegato che la gran parte dei suoi pranzi “di rappresentanza” andavano riferiti a incontri con gli amministratori dell’area del Lagonegrese, che è anche il suo principale bacino elettorale. “Per intercettare e individuare le problematiche di quella zona”.

(da agenzie)

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NIENTE SOLIDARIETA’ FLESSIBILE: LA UE BOCCIA IL TENTATIVO DI UNGHERIA E SLOVACCHIA DI COSTRUIRE MURI COI NOSTRI SOLDI

Novembre 18th, 2016 Riccardo Fucile

PREVALE LA LINEA ITALIANA, TROPPO COMODO PRENDERE I CONTRIBUTI DALL’EUROPA E SCARICARE I PROFUGHI SUGLI ALTRI

L’Unione europea boccia la linea dura di Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca sui migranti.
Il documento della presidenza slovacca di turno al Consiglio Ue, che cercava di aprire la strada alla ‘solidarietà  flessibile’, non ha ricevuto il consenso necessario per andare avanti.
Lo hanno rivelato fonti italiane al termine della cena informale organizzata a Bruxelles.
Durante la discussione il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha chiesto alla Commissione Ue di riverificare il calendario degli obblighi sul ricollocamento dei vari Paesi per rimettere in moto il processo, la cui conclusione è prevista per settembre 2017.
Tra pochi mesi sarà  costituito un gruppo ad hoc – di cui l’Italia farà  parte – per gettare le basi per un nuovo documento, con l’obiettivo di raggiungere un accordo sulla revisione del regolamento di Dublino.
Il documento slovacco, “Solidarietà  efficace”, era un cosiddetto ‘non paper’ di due pagine scarse, ed era annunciato da mesi: la presidenza slovacca tentava così di far passare la linea della “flessibilità “.
Al fianco dell’Italia in prima linea Grecia e Malta, ma “numerosi” erano i Paesi a cui il documento non piaceva. “Gli unici a gradirlo davvero sono i quattro Paesi Visegrad” (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria), hanno affermato fonti diplomatiche europee.
Il documento slovacco smantellava l’idea di solidarietà  obbligatoria prevista della proposta della Commissione europea.
Tutto quanto vi è previsto è su base volontaria. “Il punto di partenza” è che tutti gli Stati “contribuiscano per condividere il peso” delle crisi migratorie. “Ma – si osserva – ci sono molti modi” per farlo: “dal ricollocamento, al supporto finanziario, al sostegno per la protezione delle frontiere esterne, alla condivisione delle capacità  di accoglienza o nel rivestire un ruolo più incisivo nelle operazioni di rimpatrio”.
Puro politichese che nasconde il concetto di sempre per certi Paesi dell’Est: l’Europa viene bene quando si tratta di ricavarne benefici finanziari (la Polonia riceve 11 miliardi dalla Ue, l’Ungheria 5) ma non va più bene quando si tratta di esprimere solidarietà  umana.

(da agenzie)

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OMICIDIO YARA: LA DIFESA SI E’ AVVALSA DI UN FINTO INGEGNERE COME CONSULENTE

Novembre 18th, 2016 Riccardo Fucile

EZIO DENTI INDAGATO PER LA LAUREA FANTASMA, E’ SOLO UN RAGIONIERE, MA PONTIFICA DALLE RETI MEDIASET

Ingegnere o ragioniere? Consulente tecnico con i titoli adeguati, oppure uno che avrebbe dovuto evitare di inoltrarsi in calcoli difficili, specie in un processo da ergastolo?
Le domande riguardano Ezio Denti, detective privato, grande habituè della televisione (Mediaset) e consulente della difesa di Massimo Bossetti, il carpentiere condannato al massimo della pena in primo grado per l’omicidio di Yara Gambirasio.
La prefettura di Bergamo ha aperto un fascicolo sui suoi titoli di studio, per vedere se applicare o meno una sanzione amministrativa.
L’ha fatto dopo aver ricevuto dalla procura di Bergamo la notizia di altre indagini in corso, avviate sulla base di due articoli del codice penale. Il 372, falsa testimonianza, perchè per il sostituto procuratore Letizia Ruggeri l’indagato Denti, parlando come testimone, ha detto il falso a proposito della sua laurea in ingegneria.
E per l’articolo 495, perchè lo stretto collaboratore degli avvocati di Bossetti ha rilasciato, dice sempre l’accusa, false attestazioni a un pubblico ufficiale sui suoi studi.
È possibile ricostruire i fatti.
Nei giorni scorsi, la difesa di Bossetti ha presentato appello a Brescia. Secondo i legali Massimo Camporini e Claudio Selvagni il procedimento che li ha visti soccombere «non regge, ci siamo trovati di fronte – sostengono – a una sentenza e a un processo che hanno fatto a stracci il diritto sostanziale, processuale e costituzionale. Abbiamo assistito a un processo dove i consulenti hanno fatto a gara per smentire loro stessi».
Parole pesantissime, pronunciate fuori dall’aula.
Ma per capire quanto accaduto “dentro” l’aula del processo, viceversa, bisogna tornare indietro nel tempo, allo scorso gennaio, quando Denti ha cominciato a spiegare le sue presunte scoperte investigative sul rapimento e l’omicidio aggravato di Yara, la tredicenne studentessa di Brembate di Sopra: innanzitutto, ha seguito «migliaia di casi, che ho trattato – diceva così – nell’ambito di quelle che sono le investigazioni private, e diverse nell’ambito delle indagini difensive. Nell’ultimo anno mi sono occupato di una decina di omicidi, casi abbastanza di rilevanza nazionale». Al di là  dei numeri, senza riscontro, l’avvocato Selvagni s’era rivolto a Denti nelle sue domande chiamandolo “dottore” almeno una decina di volte.
Finchè, rispondendo alle domande del pubblico ministero, lo stesso Denti aveva ripetuto, piccato, di essersi laureato in «Ingegneria sezione industriale con specializzazione in balistica applicata alla criminologia all’istituto tecnico superiore di Friburgo in Svizzera».
Secondo l’ufficio statale italiano, che registra lauree e diplomi, il titolo di Denti si limita a uno striminzito 36/60esimi agli esami da ragioniere e perito commerciale.
Repubblica ha chiesto all’università  svizzera come stanno le cose, ricevendo questa risposta: per ragioni di privacy non possono fornire dati sui loro studenti, ma – e non c’è bisogno di traduzione – «Pour rèpondre à  votre seconde question, notre universitè n’est pas une ècole d’ingènieurs ».
A Friburgo, insomma, ingegneria non c’è.
«Il dottor Denti non è dottore, è il ragionier Denti», aveva tuonato in aula il pm Ruggeri, dando origine a un alterco con gli avvocati.
«La Procura non è capace di smontare le nostre tesi? Risponda con gli aspetti tecnici, la difesa non ha i soldi della procura», aveva replicato l’avvocato Selvagni.
Il batti e ribatti aveva convinto la presidente a chiudere in fretta l’udienza e nella successiva, il 19 gennaio, era stata dichiarata dalla corte l’inammissibilità  delle «domande sulle qualificazioni professionali o sulle qualità  morali del testimone ».
In realtà , è sempre più serrata la discussione sul ruolo dei periti tecnici e dei consulenti. E in un campo diverso da quello di Denti, e cioè nella genetica, sono intervenuti con articoli importanti sia il magistrato milanese Giuseppe Gennari, sia alcuni genetisti, per scrivere apertamente che «il giudice dovrebbe essere in grado di stabilire se l’esperto ha prodotto “buona scienza” o “cattiva scienza”»
Anni fa, nei processi, ma soprattutto in tv, compariva un sedicente criminologo, che in realtà  aveva un altro titolo di studio, meno efficace da citare nelle interviste: geometra.
E sui fasulli titoli accademici di altri “criminologi”, spesso invitati in tv a parlare (o meglio, a litigare) da pari a pari con gli avvocati e i giornalisti (i magistrati in servizio che vanno in tv sono rarissimi), c’è molto chiacchiericcio, dietro le quinte dei tribunali.
A Bergamo, per la prima volta, invece del bisbiglio, sembra partire una richiesta d’incriminazione che può fare giurisprudenza: nei processi è consentito al consulente vantarsi di un curriculum che non ha?
L’avvocato può presentare come esperto un dilettante?
E l’imputato che cosa ne pensa?

(da “La Repubblica“)

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