Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
L’ESILARANTE FRASE A SKY DEL GOVERNATORE CHE SA SOLO FIRMARE PATTI TRILATERALI A FAVOR DI TELECAMERE: “SONO ANNI CHE SENTO PARLARE DI CAMBIAMENTI CLIMATICI, NON E’ CAMBIATO MOLTO”
Prima la Nasa, che già a fine luglio prevedeva il 2016 come l’anno più caldo; quindi l’Organizzazione meteorologica mondiale, che proprio qualche giorno fa al Cop22 di Marrakech ha confermato tale previsione, anticipando un dato del rapporto 2017: +1,2°C il valore della febbre del pianeta terra rispetto all’epoca pre-industriale.
Ma se nel mondo l’anno in corso si appresta ad essere il più caldo di sempre per la terza volta consecutiva, in Liguria c’è qualcuno che non se n’è accorto.
O meglio: il cui tasso di servilismo è tale che deve negare la verità per compiacere i suoi padroni leghisti (almeno ancora per un anno a piede libero, visto che sono sotto processo per peculato) altrimenti perde lo stipendio da 12.000 eurini al mese.
E quindi deve valere l’equazione: Trump ha detto che i cambiamenti climatici sono una balla dei cinesi, la Lega si genuflette a Trump, quindi di conseguenza anche lui sente l’aria più fresca.
Parliamo di uno delle peggiori disgrazie politiche che potessero abbattersi sulla Liguria con l’elezione a governatore di colui che riteneva che Novi Ligure fosse in Liguria, tanta era la sua conoscenza del territorio.
Parliamo di colui che passa il suo tempo a firmare, a favor di telecamere, ridicoli patti “trilaterali” con i governatori di Lombardia e Veneto, carte stracce a uso spot, simili a quelli che interrompevano i suoi eloqui a Italia 1, prima che Silvio lo catapultasse da Milano a Genova.
Ebbene, senza aver alcuna conoscenza scientifica e senza sapere che gli studi sui cambiamenti climatici vedono in prima fila la Nasa, oltre che tutta la comunità scientifica internazionale, il “comico-governatore” partecipando insieme a Matteo Salvini a una intervista su Skynews 24, si è sentito fare questa domanda da Maria Latella: «Trump dice che il cambiamento climatico è una bufala inventata dai cinesi, lei è d’accordo?».
Risposta del comico-governatore: «Sono anni che sento parlare di cambiamento climatico, non è cambiato tanto. Sono abbastanza d’accordo con Trump».
Prendiamo atto che è d’accordo con un imbecille che, per prendere per il culo qualche migliaia di minatori che hanno votato per lui, preferisce inquinare il globo.
D’altronde da uno che, da tempo, fa altrettanto con gli elettori liguri non aspettavamo risposta diversa.
La prossima estate lo vedremo con il maglione in spiaggia: non potrà che essere un’estate da brividi.
Se lo dice Trump.
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
LE PROVE DEL SURRISCALDAMENTO GLOBALE SPIEGATE IN CINQUE PUNTI
Lunedì scorso l’agenzia meteorologica delle Nazioni Unite ha annunciato che il 2016 è l’anno
più caldo di sempre. Mai sul pianeta Terra sono state raggiunte queste temperature: più 1,2 gradi centigradi rispetto alla media.
L’annuncio è arrivato durante la conferenza sul clima di Marrakech, a un anno dagli importanti accordi di Parigi, firmati da 196 Paesi ma ancora da ratificare da molti parlamenti.
I motivi del surriscaldamento globale sono tanti: i gas serra, la deforestazione, l’allevamento intensivo e in generale lo sfruttamento delle risorse naturali che hanno innescato rapidi cambiamenti sul nostro pianeta.
Un problema serio, attuale e indiscutibile.
Però ancora oggi c’è chi lo considera una teoria opinabile.
Ultimo esempio, ma più importante, il presidente eletto degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, che durate la campagna elettorale ha definito il surriscaldamento globale “una bufala inventata dai cinesi per ridurre la concorrenza”.
In cinque punti cerchiamo di fare chiarezza sul cambiamento climatico e sulle sue conseguenze: lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello del mare e, infine, persino sul numero di sfollati.
1. La temperatura sta salendo, velocemente
I 10 anni più caldi degli ultimi secoli sono tutti stati registrati dopo il 1998. Significa che “il 2016 è l’anno più caldo di sempre” e la temperature sono salite sempre più velocemente negli scorsi anni.
A causa dell’inquinamento e dei gas serra il sole viene filtrato di meno e il calore è trattenuto all’interno dell’atmosfera.
L’aumento medio della temperatura è di 1,2 gradi (era di 0,86 nel 2015) rispetto alla media del periodo 1961-80, usata dai ricercatori come valore di riferimento.
Il valore non è uniforme su tutto il pianeta: alcuni punti, in particolare nella parte più a nord dell’emisfero boreale, registrano un aumento di 4-5 gradi.
2. I ghiacci si stanno sciogliendo, ancora più velocemente
La superficie ghiacciata del pianeta è fondamentale per due ragioni: primo, riflette come uno specchio i raggi solari, non assorbendo quindi tutta l’energia che riceve (come mettere un parasole sui vetri dell’auto); secondo, è una risorsa di acqua fredda quando i ghiacciai e le nevi non perenni si sciolgono in primavera.
Sciogliendosi a ritmi maggiori aumenta la superficie di acqua, che assorbe più calore (come avere un auto dalla carrozzeria scura).
La maggior parte di superficie ghiacciata è nell’emisfero boreale, in particolare al Polo Nord. È lì che i ghiacci si stanno sciogliendo più rapidamente.
3. L’acqua si sta alzando, e si alzerà ancora
Nel Novecento l’innalzamento del livello del mare è stato più veloce dei precedenti 27 secoli e con il nuovo millennio le acque salgono ancora più rapidamente. In altri 100 anni, poi, potremmo trovare alcune località costiere sommerse.
L’Istituto di Fisica di Londra ha mappato più di 130 patrimoni dell’Unesco a rischio allagamento in un futuro che va dai 100 a 1000 anni a seconda dell’aumento della temperatura (dalla Statua della libertà all’Opera House di Sidney). In Italia Venezia andrebbe sott’acqua, ma non sarebbe la sola: Napoli, alcune coste sarde e siciliane e una parte di Toscana.
4. Lo dice la comunità scientifica, punto
Gli scienziati sono tutti d’accordo sulla causa del riscaldamento globale: l’uomo. Negli scorsi anni sono state diffuse teorie differenti sull’esistenza del fenomeno e sulle sue origini.
Politici, opinionisti e blogger hanno parlato di complotto o di cause naturali. È da decenni però che la comunità scientifica porta dati e prove sul tema e sono sempre meno i ricercatori a dissociarsi. In tutto il 2013, ultimo anno analizzato, delle più di 3.000 pubblicazioni scientifiche verificate, solo una non attribuiva all’uomo la causa del riscaldamento globale.
5. È peggio della guerra
Negli scorsi otto anni 203 milioni di persone hanno dovuto spostarsi dal posto dove vivevano per colpa di siccità , alluvioni e uragani.
La maggior parte di loro veniva da Paesi in via di sviluppo, e in alcuni casi sono stati costretti a rifugiarsi in paesi vicino o a emigrare nel mondo occidentale. I migranti che arrivano in Italia non scappano solo dalle guerre, quindi.
Le Nazioni unite hanno registrato un numero sempre maggiore di sfollati per cause ambientali e nel 2015 il loro numero era più del doppio degli sfollati per conflitti e violenze.
Un numero enorme, un terzo dell’intera popolazione italiana e un flusso continuo: in media ogni giorno ci sono 52.000 mila sfollati. Come gli abitanti di una città italiana di medie dimensioni che scappa in fuga in un pianeta sempre più caldo, fragile e pericoloso.
Nicolas Lozito
(da “La Stampa“)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO DI FRATELLI D’ITALIA SU CUI PENDE UNA RICHIESTA DI ARRESTO SI E’ DIMESSO DALLA PRESIDENZA DEL LATINA CALCIO
Pasquale Maietta si è dimesso da presidente del Latina calcio, al termine di una settimana di fuoco iniziata con una richiesta di arresto arrivata in Parlamento con l’accusa di associazione a delinquere e proseguita poi con il sequestro di due milioni di euro e nuove accuse di falso in bilancio, false comunicazioni sociali e autoriciclaggio e infine con l’invito a farsi da parte della tifoseria, la stessa che in questi anni lo aveva sempre difeso.
Le inchieste e i legami con il calcio
Le accuse da cui si deve difendere sono pesanti, ed è sempre più concreta l’ipotesi che possano arrivarne delle altre.
Anche perchè la Procura sta cominciando ad analizzare la mole dei documenti sequestrati proprio nella sede dell’Unione Sportiva è non si può escludere che emergano altre operazioni come quelle finite nel mirino dell’agenzia delle Entrate.
Ma non solo. Per capirlo è utile per comprenderlo andare a rileggere le carte di due indagini del 2015.
La prima è quella sui finanzieri infedeli. «Le investigazioni – spiegava la Procura in un comunicato – anche in collegamento con la Squadra Mobile di Latina, proseguono per approfondire l’eventuale coinvolgimento di professionisti nel mercimonio delle funzioni realizzato dai finanzieri».
Nell’elenco delle vittime dei due militari infedeli c’erano otto nomi. Di questi almeno due hanno avuto o hanno a che fare con il Latina calcio, si tratta di Antonio Aprile, che è l’attuale vicepresidente, e Italo Rizzato, il cui nome è comparso sulle maglie del Latina come sponsor e che per un breve periodo è stato uno dei soci della compagine anche se con un numero esiguo di quote. Una coincidenza?
Nelle intercettazioni i due militari parlano di Paola Cavicchi e del figlio Fabrizio Colletti dimostrando di sapere molte cose di quello che loro chiamano il paniere. Riferendosi a una delle vittime dicono: «Sta sotto pressione, non va bene, non va bene niente, ogni società gliela crepano». «Dici gliela crepano?». «L’ha mandato a Colletti, magari quello c’ha pure fatto la parcella… ». E in un’altra telefonata intercettata, Antonio Aprile parlando di Pasquale Maietta dice ai finanzieri: «L’amico vostro». Un’altra coincidenza?
Di certo indicava un rapporto tra i due militari e lo studio del commercialista. Quel riferimento a società che venivano «crepate» è stato però uno spunto utile per gli inquirenti guidati dai pm Luigia Spinelli, Claudio De Lazzaro e Roberto Bontempo.
Il filo che porta al suicidio di Censi
Ma sono tante le coincidenze anche nell’indagine sul suicidio di Paolo Censi. Bisogna fare una premessa, al momento non risulta esservi nessun indagato per istigazione al suicidio, ma quell’indagine che ha portato più volte gli inquirenti in Svizzera sulle tracce di ingenti trasferimenti di capitali ha evidenziato vari collegamenti con i nomi che compaiono nell’inchiesta «Starter», l’antipasto che ha portato al sequestro di due milioni di euro tra liquidità e immobili nei confronti di Pasquale Maietta, Paola Cavicchi, Fabrizio e Roberta Colletti.
La mattina del suicidio del penalista pontino tra i primi ad arrivare in piazza Buozzi furono proprio la presidentessa del Latina e il figlio, ma erano amici di famiglia.
Solo che poi, indagando, è saltato fuori anche qualche rapporto professionale. Secondo alcune fonti furono proprio Pasquale Maietta e Paola Cavicchi ad accompagnare Censi in uno dei viaggi in Svizzera e forse di quella vicenda sanno molte cose.
Gli inquirenti hanno raccolto una montagna di documenti su quella vicenda, sia in Italia, sia in Svizzera.
Si parla di movimenti di svariati milioni di euro di cui si sta cercando di ricostruire provenienza e percorsi.
Vittorio Buongiorno
(da “il Messaggero“)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
L’ANALISI-DENUNCIA DI MICHELE SANTORO: NELL’ITALIA PROFONDA UNA SOCIETA’ DI RAGAZZINI SOPRAVVIVE A SE STESSA… MA NE’ RENZI NE’ NESSUN TRUMP LI SALVERA’
Trump ha vinto e tutti credono di sapere il perchè. Grillo in particolare, che addirittura si
esalta per la vittoria del miliardario americano, parla di una Apocalisse che si è abbattuta sulle èlite, sui giornali, sulle televisioni, sui sondaggi e sugli intellettuali.
Non avrebbero capito niente dell’America profonda, quella più lontana dalle stanze del potere politico, economico e culturale.
Sempre Grillo profetizza che la stessa Apocalisse si abbatterà sull’Italia (non si capisce se con l’aiuto di Salvini e la Meloni, come a Roma) a opera degli eroi del Movimento 5 Stelle dei quali si conoscono, al momento, una diligente attività parlamentare e barricate solo virtuali, oltre che la tendenza alla parsimonia e gli inni all’onestà .
Uno tsunami proveniente dalle periferie si preparerebbe a spazzar via la cocuzza Hillary Renzi, tutto il cocuzzaro delle lobby annesse e connesse, e praticamente ciò che resta di una democrazia in crisi, conquistando i palazzi della politica.
Al momento non si capisce se il mondo che verrebbe alla luce sarebbe una versione rinnovata della democrazia occidentale o qualcos’altro.
Pur non pretendendo di salire sull’Arca di Noè dei sopravvissuti, vorrei ricordare che la mia squadra ha raccontato la rivolta dei forconi in Sicilia e la sommossa di Nichelino in Piemonte ben prima che il Movimento divenisse così forte.
Inoltre il 6 e il 7 dicembre porteremo con una certa emozione nei cinema Robinù, ovvero la descrizione spietata di un vero e proprio stato sociale criminale che a Napoli impiega nello spaccio della droga decine e decine di migliaia di persone.
Una realtà sulla quale, nonostante i nostri precedenti lavori e i ripetuti appelli di Roberto Saviano che dedica a essa il suo ultimo libro, si preferisce chiudere gli occhi.
La scuola pubblica continua a espellere vergognosamente, nell’indifferenza generale, ragazzini nell’età dell’obbligo scolastico, violando impunemente la legge e facendo in modo che le classi, ripulite dagli indisciplinati ribelli insofferenti alla didattica, guadagnino tranquillità ed efficienza.
Le donne, che la mattina preparano come tutte le altre mamme con amore i loro bambini per andare all’asilo, vendono cocaina diciotto ore al giorno, operaie di una immensa fabbrica illegale, e finiscono in carcere, separandosi drammaticamente dai loro piccoli, per mille euro al mese o poco più; mentre la ricchezza prodotta finisce nel Pil, a beneficio di tutti noi “perbene” e contribuisce al buon andamento della società .
Bambini di otto anni sfilano in una via centrale a Napoli, impugnando pistole vere, per fare un’altra “Stesa”, come chiamano le scorribande con gli scooteroni; e muoiono a decine ventenni, diciottenni, sedicenni, nella lotta senza fine per contendersi il territorio e le piazze di spaccio dopo che i vecchi boss sono andati in galera o si sono pentiti.
Tutte le forze politiche girano la faccia dall’altra parte; e solo qualche uomo di Chiesa fa sentire la sua voce per rompere il silenzio.
Il dibattito s’accende e l’azione repressiva s’intensifica quando per errore cade una vittima innocente.
Poi si torna a parlare de “l’altra Napoli”, delle meraviglie turistiche della città , che vengono usate come lapidi sui morti dimenticati e su una grande questione sociale lasciata nelle mani della criminalità organizzata.
Eppure nelle storie della guerra delle “paranze dei bambini” non c’è soltanto la corsa all’oro, che ci racconta Gomorra, o il non volersi rassegnare a un destino di sottoprecariato pagato spiccioli.
Un popolo giovane, il più giovane d’Italia, conduce la sua esistenza tra il quartiere e il carcere come fosse un unicum abitativo, sognando soldi facili, sesso, potere, come tutti i ragazzi di oggi.
Per realizzarli non ha altro che coraggio e disprezzo della morte.
Nelle serie televisive i caratteri dei personaggi tendono ad assomigliare a maschere a volte grottesche; i veri baby boss di Robinù, invece, sono altrettanto spietati e cinici ma, contemporaneamente, esprimono una forza sentimentale straordinaria, passione per la vita, amore infinito per la propria famiglia, voglia di far figli già a diciotto anni, gusto del rischio e dell’avventura.
Tutte cose che la nostra società ha perduto da tempo.
Nel centro storico di Napoli o a Caivano si diventa nonni all’età in cui nella società normale ancora si esita a concepire il primo figlio. E non certo perchè si rompe il preservativo.
Dopo che questa infinita campagna referendaria sarà finita e avrà vinto il Sì di Renzi ci si occuperà finalmente di questi bambini che sono stati fino a oggi “dimenticati” dal Partito democratico?
Non ne ignoravano certo l’esistenza ma erano incapaci di concepire un piano di vero risanamento sociale che richiederebbe un’idea di come redistribuire la ricchezza e di chi e come debba pagare il prezzo di questa redistribuzione.
Ma anche se vincesse il No non ci sarebbe ragione di essere ottimisti.
La rivolta che corre nella Rete e travolge il vecchio ordine sociale, di cui Trump o Grillo o Salvini si fanno portavoce, è dominata dall’idea della tolleranza zero, da un’ansia di ordine e sicurezza che prova a tornare alla patria-nazione, qualche volta a una patria ancora più piccola, a chilometro zero, abitata da nostri simili a somiglianza dei social. Una comunità con pochi stranieri, “solo se servono e sono comunque indispensabili” (sicuramente per pulire le case e il culo dei vecchi costretti sulle sedie a rotelle), darebbe vita a una autarchia ecologica, come sognava in Austria il neonazista Haider, con meno scambi, spostamenti, viaggi e molto tempo passato sul proprio computer o nell’orto a produrre lattuga con fertilizzanti naturali.
Un mondo talmente noioso da avere sempre bisogno di ricchi da spiare, di potenti corrotti da cacciare, di nemici da inseguire e giustiziare. Per il momento a colpi di clic.
Far lavorare i baby boss non avrebbe alcun senso in una società in cui il lavoro sarebbe considerato una ideologia del passato.
Solo piccole opere essenziali, senza nuvole, senza archistar, senza inutili ponti e inutili treni che corrono a inutile alta velocità , senza avventure spaziali e altre Olimpiadi.
Così come stiamo potremmo star meglio, soltanto risparmiando e riducendo le spese inutili e le macchine blu e gli stipendi dei parlamentari.
E se qualcuno non si accontentasse del salario di cittadinanza e si ostinasse a delinquere? In galera! Naturalmente.
Ce lo vedete un simil Trump a occuparsi veramente degli abitanti di Quarto Oggiaro, di Secondigliano, di Tor Bella Monaca o dello Zen di Palermo, quelle periferie dove si urla “Prima gli italiani!”?
Se si urlasse “Prima le periferie!” sarebbero disponibili quelli che, non essendo zingari, immigrati, clandestini, abitano negli altri quartieri e oggi applaudono entusiasti?
Per Renzi e per i suoi avversari è più comodo parlare di tagli, risparmi, riduzione delle tasse e lotta alla corruzione che studiare il modo di indirizzare parte della ricchezza accumulata, senza necessariamente espropriarne i proprietari, verso quelle parti della società a cui è stata sottratta, usandola e investendola nell’interesse di tutti.
Oggi a occuparsi delle grandi ingiustizie restano in maniera aberrante quelli dell’Isis e i Robinù, che li imitano a modo loro, sia pure rivolgendo la violenza prevalentemente contro se stessi.
Gli arrabbiati si affidano ai miliardari evasori fiscali per scatenare l’Apocalisse.
Ma se si spegnessero i giornali e le tv, gli intellettuali smettessero di pensare, e i sondaggisti di sondare, dopo la vittoria di Trump, il mondo sarebbe migliore, la democrazia sarebbe più forte e le periferie conterebbero di più?
Non mi entusiasma dover scegliere tra questo sì e questo no al Referendum, come non mi entusiasmava la candidatura di Hillary.
Ma, non so voi, io a New York sarei in strada a manifestare.
E scusate se è inutile.
Michele Santoro
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
LUI CE L’HA FATTA GRAZIE AL FIGLIO E ALLA CAPACITA’ DI RESISTERE
Ci vuole coraggio, a non odiare chi ti ha portato via la donna che ami.
Ci vuole coraggio, soprattutto se quella morte è stata violenta, inaspettata, senza senso.
Ci vuole coraggio, poi, a raccontare quel dolore con dignità , forza, resilienza.
Il giornalista francese Antoine Leiris è uno dei simboli di quel coraggio, fioriti loro malgrado dopo la strage del Bataclan del 13 novembre 2015.
Dopo la morte della sua compagna Hèlène, assassinata dai terroristi quella notte, rimasto solo col figlio Melvil, di 17 mesi, Leiris ha scritto un post su Facebook diventato subito virale, in cui diceva «Non avrete il mio odio».
Oggi quel post si è trasformato in un libro omonimo (Non avrete il mio odio, ed. Corbaccio), di cui Leiris è venuto a parlare a Bookcity, la rassegna di libri a Milano fino al 20 novembre.
«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio — così iniziava il suo post di un anno fa -. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi».
Ancora oggi, Leiris, non sa dire com’è giunto alla decisione di non odiare, «ma ricordo esattamente quando ho concepito quelle parole – racconta a La Stampa -: lungo il tragitto dall’Istituto medico legale, dove avevo appena visto Hèlène, al nido dove sarei andato a ritirare nostro figlio Melvil. L’avere il sorriso di una persona amata e, contemporaneamente, anche la responsabilità di un bambino, è il motivo per cui sono riuscito a trovare quelle parole e la decisione di agire in questo modo».
Sono diventati l’uno il pilastro dell’altro, Leiris e Melvin, che nel frattempo «sta crescendo, ama i libri e la musica e, anche se con un po’ di fatica, ci divertiamo». Leiris non vuole pensare a come avrebbe reagito se non ci fosse stato suo figlio, perchè «questo aprirebbe tutta una serie di “e se…”, che scoperchierebbe un pozzo senza fondo di risposte, a partire da “e se Hèlène non fosse andata a quel concerto?”. Cerco di vivere la mia vita pienamente, non ponendomi questo genere di domande». Non avrete il mio odio è il racconto dei 12 giorni in cui Leiris ha vissuto intensamente il fatto di essere padre, di essere innamorato, e di essere triste.
«Dodici giorni in cui ho cercato di essere grande, almeno un po’», racconta. «Volevo raccontarlo, ma anche riuscire a preservare un po’ della mia intimità . Mi sono reso conto, poi, che quella finestra aperta sui 12 giorni aveva aperto una porta verso altre persone che avevano vissuto un dolore simile. Di reazioni al mio libro ce ne sono state davvero tantissime e di tutti i tipi: dai padri che sono venuti a parlarmi della loro paternità , alle donne che mi hanno parlato dei loro amori, persone che hanno perso una persona cara e che sono venute a condividere con me quel loro dolore».
La vita continua, sembra essere il messaggio di questo piccolo grande libro, che è anche una storia di rinascita, di amore verso la propria compagna che non c’è più, e verso il proprio figlio che è ancora troppo piccolo per capire, ma anche verso se stessi. Anche se Leiris insiste che «nel libro non ci sono grandi verità , piuttosto idee, stimoli per trovare qualcosa che abbiamo già dentro di noi e dobbiamo sviluppare».
Una scoperta, per Leiris, è stata sicuramente la sua capacità di resistere: «Resistere vuol dire fare piccole cose, piccoli gesti. Non è uno stato, ma qualcosa che si rimette in modo di volta in volta, ad ogni piccolo gesto. Tutti noi siamo anche dei resistenti, che non vuol dire usare le armi, ma continuare a vivere. Ecco, per me vivere, oggi, significa resistere. Ma non so se riuscirò a resistere per tutta la vita».
Ilaria Liberatore
(da “La Stampa”)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
GREENBLATT: “SE VERRA’ CREATO UN DATABASE DEI MUSULMANI IN AMERICA, MI REGISTRERO’ NELLO STESSO ELENCO”
Se il presidente eletto Donald Trump andrà avanti con il suo proposito, rivelato lo scorso
anno, di «creare un database dei musulmani in America allora mi registrerò anche io nello stesso elenco».
A dirlo è il capo dell’organizzazione ebraica, Anti Defamation League (Adl) Jonathan Greenblatt, riferisce la Bbc, secondo il quale «noi (ebrei) dobbiamo stare al fianco dei nostri amici americani che potrebbero essere identificati per il loro aspetto, per la loro provenienza, per chi amano o per come pregano».
Greenblatt, che non nasconde di aver lavorato come assistente speciale per la Casa Bianca sotto l’attuale inquilino, il democratico Barack Obama, ritiene che «siamo di fronte ad uno spartiacque. Noi, in quanto comunità ebraica, sappiamo che cosa succede quando si identificano le persone e si etichettano in base alla fede….penso che abbiamo più obblighi di altri a far sentire la nostra voce».
(da “La Stampa”)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
NUTI, MANNINO, LA ROCCA, CIACCIO, IPPOLITO, PARADISO E BUSALACCHI… MA IL REATO SI PRESCRIVERA’ PRESTO, ANCHE GRAZIE A INDAGINI TARDIVE DELLA DIGOS E DELLA PROCURA
Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Claudia La Rocca, Giorgio Ciaccio, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso, Samanta Busalacchi, Giovanni Scarpello: questi gli otto nomi degli indagati nel MoVimento 5 Stelle palermitano per la storia delle firme false alle elezioni comunali del 2012.
Nella lista ci sono due onorevoli in Parlamento, i due onorevoli dell’ARS presenti nelle mail che il gruppo si è scambiato nella notte della falsificazione e la collaboratrice Busalacchi e la persona di cui si sbagliò il luogo di nascita (Ippolito) oltre a Paradiso, anche lui presente nella mailing list («Un sincero grazie alle due Claudia, a Samantha e a tutti quelli che sono rimasti in sede fino alle 4 per finire questo estenuante lavoro») mentre Scarpello è il “pubblico ufficiale” che fuggiva per non farsi intervistare da Filippo Roma nel primo servizio delle Iene sulla vicenda.
A tutti ieri Beppe Grillo ha chiesto di “sospendersi immediatamente” dal MoVimento 5 Stelle ma finora l’unica sospensione effettivamente pervenuta è quella di La Rocca.
La maggior parte di questi aveva minacciato di querela Vincenzo Pintagro, il professore di educazione fisica appassionato di scie chimiche che con la sua intervista aveva dato il là all’inchiesta delle Iene che ha portato la procura di Palermo e la Digos a scoprire quello che non erano stati in grado di scoprire all’epoca della prima denuncia, anonima, riguardo i fatti.
A questo proposito, si attendono ancora le spiegazioni del procuratore di Palermo e del poliziotto Giovanni Pampillonia sul primo flop delle indagini, visto che il reato si prescrive nel 2017 e a causa dell’errore quindi l’eventuale processo agli accusati non vedrà mai la fine a meno che non rinuncino alla prescrizione.
Non è detto che altri parlamentari non vengano raggiunti da un avviso di garanzia nei prossimi giorni. La settimana prossima cominceranno gli interrogatori.
Finora, dei 300 testimoni convocati in questura, più della metà hanno disconosciuto le firme. Il reato contestato proviene dal Testo unico 570 del 1960 che punisce «chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati o altri atti destinati alle operazioni elettorali» e riguarda anche chi ha beneficiato della falsificazione, anche se non vi avesse preso parte.
Claudia La Rocca intanto, racconta Repubblica Palermo, martedì 8 novembre, quando si è presentata in procura, ha chiamato in causa chi avrebbe copiato assieme a lei: «fra gli altri, Claudia Mannino e Samanta Busalacchi.
Dice che il candidato sindaco di Palermo, Riccardo Nuti, sapeva. Genera ulteriori testimonianze (due) e vengono fuori i nomi di altri presenti, più o meno partecipi e consapevoli, quando all’inizio di aprile di quattro anni fa, si taroccarono gli elenchi: fra loro Giulia Di Vita e Chiara Di Benedetto. Tutti attivisti che, tranne Busalacchi, sono oggi parlamentari.
È un passaggio chiave: La Rocca, assieme ad altri due testimoni che hanno deciso di collaborare, dà un contributo decisivo alle indagini».
La resistenza di Riccardo Nuti
Intanto, racconta il Corriere, a Roma resiste il drappello dei cinque parlamentari sospettati della combine: Claudia Mannino, Loredana Lupo, Giulia Di Vita e Chiara di Benedetto, oltre lo stesso Nuti. Un gruppo al quale si aggiunge Samanta Busalacchi, attivista all’Assemblea regionale.
Nello psicodramma che investe il M5S sembrano a rischio soprattutto i cinque parlamentari e la Busalacchi, tutti difesi da un avvocato, Domenico Monteleone, estensore di una memoria inviata il 25 ottobre a Mediaset per protestare contro gli «attacchi» delle Iene, ma rimbalzata sui tavoli del cosiddetto direttorio.
Con disappunto di Grillo che a Claudia Mannino, avrebbe subito chiesto di autosospendersi. […] Loro si scagliano contro la ricostruzione della prima gola profonda, Vincenzo Pintagro, il professore presentato, dicono ironicamente, «come accusatore senza macchia e senza peccato».
E attaccano un altro intervistato, Francesco Vicari: «Ma è fratello di una fedelissima di Alfano, la sottosegretaria Simona Vicari, presentato come “convintissimo attivista 5 Stelle”».
Poi l’attacco al terzo accusatore, Fabio D’Anna: «Ma ha fondato un movimento che attinge allo stesso bacino dei 5 Stelle». E si difendono: «Quella notte abbiamo solo controllato l’esattezza dei dati riportati nelle schede… Anche ammesso che la falsificazione sia stata effettuata realmente respingiamo con forza tale accusa… palesemente frutto di una trama tendenziosamente ordita da persone già allontanate per il loro comportamento ritenuto non conforme…».
I parlamentari hanno quindi l’intenzione di tenere duro, in ciò confortati anche dal nuovo regolamento sulle sanzioni disciplinari, che prevede una procedura non ancora implementata dal MoVimento.
Ma di certo nella Sicilia dove il gruppo dirigente del M5S operò espulsioni sul espulsioni di attivisti ancora con il dente avvelenato tutti quelli anche soltanto sfiorati dalla storia saranno difficilmente in grado di potersi ripresentare nelle assemblee pubbliche.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
L’INEDITA SINTONIA TRA DUE APPARENTI NEMICI APPENA SI VARCA IL CONFINE DELL’ITALIA
Sarà l’aria di Bruxelles, o forse quella di Strasburgo. 
Saranno i sentimenti di identità nazionale che emergono quando si è all’estero. Eppure Pd e Movimento Cinque Stelle, lontano da Roma, non sembrano così distanti.
In Italia non passa giorno senza scontro, soprattutto ora che siamo in campagna elettorale per il referendum.
Quando sono seduti nell’aula dell’Europarlamento, due volte su tre Pd e M5S sono d’accordo.
Incredibile? Non secondo l’analisi di VoteWatch ed Elif Lab, che ha messo sotto la lente le posizioni dei partiti italiani in una serie di votazioni chiave. Sia al Parlamento italiano, sia a quello di Bruxelles.
I dati parlano chiaro: nel 65% dei casi, Pd e M5S hanno votato nello stesso modo. Quando invece – sullo stesso tipo di votazioni – in Italia le percentuali sono esattamente opposte: solo il 40% di votazioni comuni.
Per capire cosa ci sia dietro questo riavvicinamento, VoteWatch ed Elif Lab hanno quindi messo a confronto il comportamento dei deputati (e senatori) con quello degli eurodeputati chiamati ad esprimersi sugli stessi temi, in modo da tastare la «coerenza» dei partiti dentro e fuori i confini nazionali.
I numeri dicono che le posizioni dei grillini in Europa sono molto simili a quelle mantenute a Roma. Lo stesso si può dire per esempio della Lega e della sinistra radicale, ma non del Pd che a Strasburgo sembra essere molto più spostato a sinistra. Basti pensare che qui nell’80% dei casi gli eurodeputati dem hanno votato come i loro colleghi eletti con la lista Tsipras. E nonostante questi ultimi facciano parte della opposizione nell’Eurocamera (i dem sono invece uno dei tre pilastri della maggioranza insieme con popolari e liberali).
Probabilmente la delegazione italiana nel gruppo socialista si sente le mani più libere rispetto ai colleghi romani, visto che l’analisi ha rilevato come «tendano spesso a votare contro politiche controverse e poco popolari, come per esempio le sanzioni alla Russia, il rinnovo per l’autorizzazione per la commercializzazione del glifosato, le politiche di austerità o la vendita di armi all’Arabia Saudita».
Temi che a Roma vedono il Pd schierato in altro modo, molto meno barricadèro.
Anche dall’altra parte dell’emiciclo succedono cose curiose.
Prendiamo Forza Italia e Ncd, il partito di Alfano. Una volta facevano tutti e due parte del Pdl, ma dall’autunno del 2013 la scissione li ha proiettati su due fronti diametralmente opposti.
Almeno in Italia, dove soltanto nel 25% dei casi votano allo stesso modo. Tra Bruxelles e Strasburgo, invece, nell’80% dei casi sono d’accordo.
Il voto all’Europarlamento sembra essere più «sincero» perchè fa uscire la vera anima dei partiti.
Rispetto a Roma, dove i vincoli di maggioranza e opposizione sono più forti, qui possono votare con più libertà .
Quali prospettive possono dunque esserci sui futuri scenari politici nazionali? Il ritorno di fiamma europeo tra il partito di Berlusconi e Ncd inevitabilmente allontana Forza Italia dalla Lega: solo il 30% di votazioni comuni con il partito di Salvini.
La diversità sembra «genetica». Con queste premesse non sarà facile mettere insieme un’alleanza solida alle prossime politiche.
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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Novembre 19th, 2016 Riccardo Fucile
IL MESSAGGERO TORNA SULL’ESPOSTO DI CARLA RAINERI, EX CAPO DI GABINETTO DELLA GIUNTA
Abbiamo già parlato dell’indagine sulla Giunta Raggi per le nomine scaturita da un esposto di Carla Raineri, ex capo di gabinetto.
Oggi Valentina Errante sul Messaggero torna sulla storia ricordando che tutto nasce dal memoriale della Raineri arricchito da elementi forniti dall’ex assessore Marcello Minenna.
Il fascicolo per ora sarebbe senza indagati:
Del memoriale, zeppo di circostanze e dettagli sulla squadra Raggi, firmato dall’ex capo di Gabinetto Carla Raineri, ma arricchito da elementi forniti anche dall’ex assessore Marcello Minenna, si era a lungo vociferato.
Per mesi, la stessa Raineri aveva negato di essersi rivolta al procuratore Pignatone all’inizio di settembre.
E invece, l’esposto ha già portato all’apertura di un fascicolo, al momento senza ipotesi di reato. In procura sono stati convocati sia Alessandro Solidoro, fuggito ad agosto, a un mese dalla sua nomina al vertice di Ama, sia lo stesso Minenna, per far chiarezza sulle anomalie della giunta.
A Solidoro sarebbe stato chiesto dalla procura di riferire in merito alle pressioni della Muraro e alle decisioni assunte nella municipalizzata dei rifiuti che, in poche ore, avrebbero raggiunto Manlio Cerroni.
Racconta il quotidiano che tutto nasce da quei giorni in cui scoppia la grana delle cinque dimissioni a catena scatenate da quelle della Raineri, che la sindaca, con un post nel cuore della notte, cercò invece di spacciare per una sua iniziativa.
Ma la bugia durò lo spazio di un mattino, quando arrivò la conferma dell’addio di Minenna e a ruota quello di Solidoro.
Agli atti c’è anche la defenestrazione di Laura Benente, già responsabile delle Risorse umane in Campidoglio nell’era Marino e poi con Tronca, considerata integerrima.
Ad agosto scorso sarebbe stato proprio Marra a pretendere che la Benente firmasse il via libera per fargli frequentare un master a Bruxelles, pagato dall’amministrazione. Marra ne aveva già ottenuto uno di due anni e il dirigente si sarebbe opposto.
L’allora vice capo di gabinetto, oggi seduto al posto della Benente, l’avrebbe minacciata, assicurando alla dirigente pesanti conseguenze per il suo atteggiamento. Poi si sarebbe rivolto alla Raggi per chiederne la rimozione.
La storia è nota: Laura Benente, che si trovava a Roma con un distacco da Torino, è andata in ferie per una settimana. Al rientro ha trovato gli scatoloni nel suo ufficio ed è stata rispedita in Piemonte.
(da “Nextquotidiano“)
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