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INTERVISTA A VERDONE: “IN CAMPIDOGLIO ROBA VECCHIA, SEMBRANO I GALLI CEDRONI”

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

L’ATTORE HA TIFATO PER LEI: “LA FILOSOFIA DEL DAMME TUTTO A ME CHE CE PENSO IO”

«Questi signori che si muovono attorno alla Raggi mi ricordano Armando Feroci, il personaggio del mio film Gallo Cedrone, che alla fine si butta in politica e promette di asfaltare il Tevere per farci una strada a quattro corsie.
“Così se score…”. Si ricorda? Era uno che faceva mille cose, un mitomane. Un film del ’98, ma nella sua follia è molto attuale». In mezz’ora di intervista, Carlo Verdone – che dopo l’elezione della Raggi disse «tifo per lei» – sorride solo per alcuni istanti. «È vero, sono situazioni tipiche da commedia all’italiana, però stavolta faccio più fatica a vedere il lato comico. È la mia città , sono preoccupato e arrabbiato, non vedo vie d’uscita».
Galli cedroni, diceva…
«Massì, i soliti personaggi che sanno benissimo come muoversi. “Damme tutto a me che ce penso io che c’ho gli amici giusti”. Roba vecchia, vecchissima, gente che si fa i cavoli propri, mentre ai cittadini non arriva niente. Se penso alla situazione delle buche mi viene da piangere, io vado in moto, a volte ho fatto anche delle segnalazioni sulle buche più pericolose in municipio. Mi hanno risposto “Domani lo facciamo, stia tranquillo”. E invece non succede mai niente. Roma sognava una ripartenza e invece è bloccata».
La Raggi è al capolinea? Dovrebbe lasciare? Cosa le consiglia?  
«Le direi “Datte ‘na mossa, azzera tutta la squadra e da lunedì comincia a fare quelle poche cose basilari: le buche, i rifiuti, i trasporti”. E soprattutto: inizi a circondarsi di persone serie».
Pensa che sia in grado di fare il sindaco?
«Non so dirlo, forse non lo è, ma io le darei un’ultima chance. Se penso che potremmo perdere altri mesi per cercare un nuovo sindaco mi vengono i brividi, rischiamo di sprofondare. Resti lei, ma cominci a fare qualcosa».
Finora cosa ha visto?  
«Ha infilato una sfilza di “No, no, no, nun se po fa, troppo cemento”. Ma ci sarà  qualcosa che si può fare? La città  ha bisogno di nuove occasioni per creare lavoro. Le Olimpiadi lo erano, ma hanno detto che mancavano i soldi. Io i conti non li conosco, ma una cosa la vedo: sono passati mesi dalle elezioni, i romani sono stremati, senza speranza, vedono il futuro come una minaccia. Ma con tutte le tasse che paghiamo almeno dei servizi minimi ce li volete dare?».
Cosa si aspettava dalla nuova sindaca?  
«Che fosse una con tanta voglia di fare. Ma tutto si è subito aggrovigliato, anche per colpa delle tensioni tra di loro. Mi chiedo: hai un’occasione storica e la butti via con queste polemiche interne?».
Colpa sua o di una città  ormai ingovernabile?
«È diventata ingovernabile nell’ultimo decennio. Roma ormai appartiene a tanti piccoli gruppi di potere in lotta fra loro. Una città  soffocata dalla burocrazia, uffici e sottouffici fatti per accontentare qualche amico. Come dicevano i latini gli Stati più corrotti sono quelli dove abbondano le leggi. Una volta c’erano Andreotti e Sbardella, comandavano in 4-5 con una certa diplomazia, a modo loro. Gli ultimi sindaci sono andati tutti male, fatta eccezione per Rutelli. Ma non è solo colpa loro: c’è un concorso di colpa da parte dei romani, troppa maleducazione».
A Grillo cosa gli direbbe?  
“Che ha avuto coraggio a buttarsi in politica, ma adesso devono arrivare anche i frutti. E non è solo un problema di Roma: tutti smaniano per tornare alle elezioni mentre l’Italia va a picco. Ma mettersi a fare qualcosa no?».

Andrea Carugati
(da “La Stampa“)

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MI CHIAMANO MIMÃŒ, MA IL MIO NOME È VIRGINIA: E DAVANTI AI GIUDICI LA RAGGI E’ SVENUTA ALLA VISTA DELLE POLIZZE

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

I RETROSCENA DELLL’INTERROGATORIO DELLA SINDACA…ANCHE ROMEO FINISCE AL PRONTO SOCCORSO PER TROPPO STRESS… “IL FATTO” PARLA DEGLI AMORI EXTRACONIUGALI   DI VIRGINIA, SALITI A TRE

Durante l’interrogatorio, alla vista delle due polizze a vita stipulate da Romeo e a lei intestate, Virginia Raggi avrebbe avuto un mancamento.
A riportare il particolare è Il Fatto Quotidiano che racconta le 8 ore passate dal sindaco della Capitale nella caserma dello Sco, il servizio speciale della polizia.
Ecco, il mancamento è giunto quando i magistrati le hanno infilato sotto gli occhi il prestampato. Assicurazione sulla vita. Causale: motivi affettivi, Sottoscrittore: Salvatore Romeo. beneficiaria: Virginia Raggi. Io? Proprio io?
La donna -esile già  di suo -si è afflosciata sulla sedia, ridotta a un gomitolo. Ha perso i sensi.
Una lunga notte quella della sindaca pentastellata, ritrovatasi (a sua insaputa) in un vortice. In conseguenza all’episodio di Virginia, sempre stando a quanto riferisce il giornale di Marco Travaglio, lo stesso Romeo sarebbe finito in pronto soccorso per stanchezza da stress.
Virginia a terra, al di fuori di ogni metafora e i suoi legali furiosi a contattare Romeo: “Che cazzo hai fatto?”. Le parole sono pietre e Salvatore […] ha sentito quelle parole, divenute pietre, conficcarsi in petto. Svenuta lei, al pronto soccorso anche lui.
Non si sa in quale ospedale abbia chiesto asilo e soccorso.
l Fatto Quotidiano, poi, si spinge ad ipotizzare anche una relazione sentimentale tra la Raggi e Romeo che porterebbe le relazione extraconiugali della sindaca a tre.
Gli amori illegittimi di Virginia. secondo gli avvistamenti virtuali o le suggestioni o soltanto le presunzioni di noi giornalisti alle prese col Campidoglio grillino, sono saliti a tre. prima Daniele Frongia, vicensindaco e compagno di cordata interna. Poi Raffaele marra, il Richelieu de noantri finito ingabbiato, e infine Romeo.

(da “Huffingtonpost”)

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NESSUNO SALVA IL SOLDATO RAGGI

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

TRAVAGLIO: “MASCALZONI O COGLIONI”… FERRARA: “STORIA DI NULLA”… FELTRI: “VADA A NASCONDERSI”

Nessuno salva il soldato Raggi. Gli editoriali sui principali quotidiani nazionali non lasciano scampo alle vicende del Campidoglio che travolgono la sindaca M5S – il caso Marra prima, il caso Romeo poi – e demoliscono Virginia Raggi per l’incapacità  dimostrata nei primi 9 mesi di amministrazione.
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Mascalzoni o coglioni”
“Per un attimo, l’altroieri, abbiamo segretamente sperato che nelle 7 ore e più di interrogatorio i magistrati avessero finalmente incastrato Virginia Raggi in una grande storia di corruzione […] Una bella tangente camuffata da polizza vita, sia pure di soli 33.500 euro, era un’ottima scappatoia per farla finita con gli errori, i collaboratori infidi, i nemici interni, i direttorii, i commissari grillini, i linciaggi a mezzo stampa e tv basati su invenzioni e panzane varie, le accuse per tutto quel che accade sotto il Cupolone (dalla pioggia ai licenziamenti di Sky). E, diciamolo, anche una riabilitazione dall’offesa più sanguinosa: quella di non saper fare niente, neppure rubare. Che in tempi di beatificazione di San Bettino, è un peccato mortale. Poi purtroppo […] è giunta come fulmine a ciel serenola nota della Procura di Roma: nessuna nuova ipotesi di reato, nessuna rilevanza penale. […] Dopo 420 e passa minuti sotto il torchio dei pm, il minimo che ci si possa augurare è che questi le abbiano contestato tutto il contestabile e che ora le facciano sapere le loro conclusioni: o la arrestano, o la lasciano stare. […] Quindi peggio per Virginia: invece di tornarsene a casa, dovrà  restare in Campidoglio e provare a governare Roma. Che poi è la peggiore delle condanne. […] Restano in piedi tutte le questioni che anche ieri segnalavamo […] non si governa una macchina complicata, anzi impazzita come il Comune di Roma, senza la necessaria autorevolezza. […] Il M5S sbaglierebbe ad archiviare il caso Roma come fanno gli struzzi o come ha fatto Renzi dopo le sconfitte. […] Il caso Roma ha cause profonde che non dipendono solo dagli errori della sindaca, ma anche dal deficit di trasparenza, democrazia interna e chiarezza sul processo decisionale del Movimento. […] Il mondo che guarda a loro con interesse e simpatia, senza pregiudizi nè anatemi, sempre più spesso si domanda perchè mai noi siamo sempre condannati a scegliere fra mascalzoni e coglioni”.
Giuliano Ferrara sul Foglio: “Storia di un nulla: Virginia Raggi”
“Con quella bellezza stanca da festa ginnasiale e quegli occhi inespressivi, Virginia Raggi ha la ventura di essere una storia che non si sa raccontare, che non ha capo nè coda. È tutto così tremendamente banale. Nasce da una selezione posticcia, aperta ai cretini più che agli infiltrati, e a qualche molestatore di città  immerso nella ordinaria corruttela romana. […] Si afferma sindaca di un equivoco carrozzone municipale sulla scorta del connubio fra un vaffanculatore di provincia che ogni tanto viene a fare a Roma, in un albergo di passo o in un agriturismo alla vaccinara, un comico vertice a composizione variabile, col motociclista e o’ guappo, in associazione con una modesta ditta privata e commerciale di business milanese illegale, che procede per comunarie e penali nella rete degli scherzi e dei troll.
Tutto si mostra subito un brodo di colla acida e maleodorante. […] Il vero delitto, cosciente o a insaputa di lei e dei suoi ridicoli corifei, è la gran perdita di tempo inflitta alla città  e agli italiani” […] “In fondo siamo il paese della Commedia all’italiana. È desolante questa storia che non si tiene, non fa piangere e non fa ridere, di una fatina imbambolata, nutrita di ambizioni sbagliate da loschi ambienti movimentisti e cabarettari, circondata da una congrega di derelitti”.
Vittorio Feltri su Libero: “Cara Virginia, vatti a nascondere”
“Virginia Raggi ci fa tenerezza. È diventata sindaca per disperazione. Non la sua ma quella dei romani che avrebbero votato chiunque, quindi anche lei, pur di togliersi dal Campidoglio gli arruffoni che vi avevano stabilito fissa dimora per motivi alimentari. La povera ragazza, non avendo capito lo spirito che aveva indotto gli elettori a sceglierla, si è convinta di aver conquistato lo scranno per meriti personali, ignoti a tutti, forse anche a lei stessa. […] Coloro che ne hanno visto la faccetta pulita hanno provato simpatia per la candidata e l’hanno sommersa di suffragi. Ma sì, prendiamoci questa qui che almeno non sarà  una ladra nè una mafiosa. ed eccola sul trono municipale con l’aria smarrita e felice di una che abbia azzeccato la schedina del Superenalotto. I primi giorni furono di festa. […] Adesso anche i compagni di partito la considerano una iattura e vorrebbero togliersela dai piedi. Succede sempre così: chi sale troppo in fretta e brucia le tappe, velocemente ricade nella polvere. Nella polvere adesso Raggi annaspa. […] Non abbiamo vogla di impallinare per questa robetta suor Virginia, ma la preghiamo di andare a nascondersi. Una sindaca di questo genere non può essere al vertice della Capitale, le conviene tornare nell’ufficio legale a fare le fotocopie”.

(da “Huffingtonpost”)

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MENO MALE CHE C’E’ PAPA FRANCESCO A DIRE QUALCOSA DI SENSATO: “EVASIONE FISCALE NEGA LA SOLIDARIETA’ SOCIALE”

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

BERGOGLIO ESORTA A “COMBATTERE L’IDOLATRIA DEL DENARO, IL CAPITALISMO CONOSCE LA FILATROPIA, NON LA COMUNIONE”

“La ragione delle tasse sta nella solidarietà , che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale”. Papa Francesco, nel discorso riovolto alle aziende che nel mondo aderoscono la progetto dell’Economia di comunione lanciato da Chiara Lubich in Brasile 25 anni fa, ha sottolineato come i fenomeni dell’evasione e elusione fiscale “prima di essere atti illegali sono atti che negano la legge basilare della vita: il reciproco soccorso”.
Francesco ha spiegato che oggi “si attuano molteplici iniziative, pubbliche e private, per combattere la povertà ” e che tutto ciò, rappresenta certamente “una crescita in umanità “.
Ma anche questo sembra non essere più sufficiente ed occorre “puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale”.
“Imitare il buon samaritano del Vangelo non è sufficiente – ha detto infatti Francesco -: certo, quando l’imprenditore o una qualsiasi persona si imbatte in una vittima, è chiamato a prendersene cura, e magari, come il buon samaritano, associare anche il mercato (l’albergatore) alla sua azione di fraternità “.
Ma occorre agire “soprattutto prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e vittime”.
E ha proseguito: “Un imprenditore di comunione è chiamato a fare di tutto perchè anche quelli che sbagliano e lasciano la sua casa, possano sperare in un lavoro e in un reddito dignitoso, e non ritrovarsi a mangiare con i porci. Nessun figlio, nessun uomo, neanche il più ribelle, – ha detto – merita le ghiande”.
Ha, quindi, rivolto l’invito a “non farsi bloccare dalla meritocrazia invocata dal figlio maggiore e da tanti, che in nome del merito negano la misericordia”.
Parola d’ordine: condivisione.
Secondo Bergoglio “il capitalismo conosce la filantropia, non la comunione. È semplice donare una parte dei profitti, senza abbracciare e toccare le persone che ricevono quelle ‘briciole'”.
Ma l’insegnamento del Vangelo, dice il Papa, è un altro: “Anche solo cinque pani e due pesci possono sfamare le folle se sono la condivisione di tutta la nostra vita. Nella logica del Vangelo, se non si dona tutto non si dona mai abbastanza”.
“Queste cose voi le fate già  – ha aggiunto -. Ma potete condividere di più i profitti per combattere l’idolatria, cambiare le strutture per prevenire la creazione delle vittime e degli scarti; donare di più il vostro lievito per lievitare il pane di molti. Il ‘no’ ad un’economia che uccide diventi un ‘sì’ ad una economia che fa vivere, perchè condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione”

(da “La Repubblica”)

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“NESSUNO E’ SOPRA LA LEGGE”: CHI E’ JAMES ROBART, IL GIUDICE DI SEATTLE CHE HA BLOCCATO TRUMP

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

E’ STATO NOMINATO GIUDICE FEDERALE DA BUSH

“Negli Stati Uniti “nessuno è sopra la legge, nemmeno il presidente”. È l’attorney general dello Stato di Washington, Bob Ferguson, che commenta così la decisione di un giudice federale di Seattle, James L. Robart, di bloccare su base nazionale il decreto del presidente Donald Trump che impone restrizioni all’ingresso negli Stati Uniti di persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana.
Decisione che apre un caso destinato secondo diversi esperti ad arrivare fino alla Corte Suprema, ma non prima di una guerra legale già  dichiarata dalla Casa Bianca che, determinata a difendere l’ordine esecutivo di Trump, ha annunciato un ricorso di emergenza.
La svolta è giunta a sorpresa nella serata di venerdì, quando Donald Trump era già  atterrato in Florida, accolto da Melania, pronto a passare il primo weekend da presidente nel suo lussuoso resort di Mar-a-Lago.
La sfida legale era però già  partita nei giorni scorsi, dagli stati di Washington e Minnesota che avevano chiesto per primi il blocco del provvedimento, cui però i legali del governo avevano posto giudizio negativo, che il giudice di Seattle James Robart ha invece respinto affermando che la causa ha fondamento.
Robart ha quindi emesso una ingiunzione restrittiva verso il provvedimento, su richiesta degli stati di Washington e Minnesota, che ha effetto a livello nazionale.
In sostanza dopo la firma dell’ordine esecutivo da parte del presidente Donald Trump, lo Stato di Washington ne aveva denunciato gli effetti discriminatori e il danno significativo che la decisione procurava ai residenti.
Il Minnesota si era poi accodato e i due stati avevano chiesto un’ingiunzione restrittiva temporanea affinchè la loro denuncia potesse essere valutata, incentrata tra l’altro sulla possibilità  che sezioni chiave del provvedimento siano incostituzionali.
Sarà  questo infatti il punto cruciale della disputa che avrà  come scopo ultimo stabilire la costituzionalità  dell’ordine esecutivo. dal punto di vista degli effetti immediati, il blocco del bando dovrebbe consentire adesso a coloro che detengono un visto di entrare negli Stati Uniti, non è tuttavia ancora chiaro cosa stia accadendo ai posti di frontiera, quindi agli aeroporti.
La Casa Bianca non ha tardato a rispondere alla ‘sfida’ e, in una note dal tono perentorio, ha fatto sapere che “al più presto possibile” il dipartimento di Giustizia intende presentare un ricorso di emergenza alla decisione del giudice federale nello Stato di Washington, dicendosi quindi determinata alla difesa dell’ordine esecutivo “che siamo convinti essere legale e appropriato”.
Chi è James L. Robart.
Ha difeso e lavorato come volontario per i profughi ed è convinto che la giustizia debba venire in soccorso dei più bisognosi.
James L. Robart, il giudice federale che ha osato sfidare Donald Trump, è nato a Seattle 70 anni fa. E proprio nella sua città  ha emesso la sentenza più controversa bloccando temporaneamente su base nazionale il divieto di ingresso imposto dal presidente Usa a tutti i cittadini provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana.
Dopo essersi specializzato alla Georgetown Law School, dove era anche direttore del giornale dell’università , Robart ha cominciato a lavorare nello studio legale Lane Powell Moss & Miller, di Seattele, di cui è diventato partner.
La svolta arriva nel 2004 quando l’allora presidente George W. Bush lo nomina giudice federale. Ma oltre alla sua carriera di giudice Robart si è sempre dedicato alla sua grande passione, il volontariato.
E’ stato presidente e finanziatore dell’associazione Seattle Children’s Home, che si prende cura di bambini con disagi mentali e ha lavorato anche con un’altra ong, la Children’s Home Society di Washington, che si occupa di famiglie indigenti.
I colleghi e gli amici lo descrivono come una persona “generosa e con un forte senso della comunità “.
Durante il suo percorso si è inoltre spesso occupato di difendere profughi e rifugiati, soprattutto provenienti dal sud est asiatico perchè, sostiene, il compito della giustizia è “dare una nuova opportunità  a chi ha subito un torto”.
“Aiutare persone che hanno bisogni immediati che tu riesci a risolvere è la più grande soddisfazione del mio lavoro nella giustizia”, ha dichiarato nel suo discorso prima che fosse riconfermato
Non è la prima volta che Robart finisce sotto i riflettori. Lo scorso agosto, durante un processo su un caso di eccessiva violenza da parte della polizia di Seattle, il giudice disse la frase ‘Black lives matter’, slogan del movimento per i diritti degli afroamericani.
Il video di Robart in aula che si schiera con gli attivisti neri è diventato virale nelle ultime ore.

(da “Huffingtonpost”)

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GIUDICE BLOCCA IL DECRETO DI TRUMP SULL’IMMIGRAZIONE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

LA CASA BIANCA ANNUNCIA RICORSO, PIOVONO AZIONI LEGALI SUL PROVVEDIMENTO DA TUTTI GLI STATI

Un giudice ha bloccato su base nazionale l’applicazione delle restrizioni all’ingresso negli Usa di cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana.
La sfida legale al bando imposto da Donald Trump è partita dallo Stato di Washington, cui si è aggiunto il Minnesota.
I legali del governo si sono opposti sostenendo l’illegittimità  dell’istanza con cui si chiede l’annullamento del decreto firmato dal presidente il 27 gennaio scorso.
Ora il giudice di Seattle James Robart ha stabilito che la causa intentata dai due Stati ha fondamento, il che significa che l’efficacia dell’ordine esecutivo di Trump viene sospesa in attesa dell’esito del procedimento, che secondo molti osservatori arriverà  fino alla Corte suprema.
La Casa Bianca ha fatto sapere con una nota diffusa sui social network che il dipartimento di Giustizia intende presentare “al più presto possibile” un ricorso urgente contro la decisione del giudice Robart, che inizialmente è stata definita “scandalosa”, aggettivo poi eliminato.
E si è detta determinata alla difesa dell’ordine esecutivo “nella convinzione che sia legale e appropriato”
“È un grande giorno per lo stato di diritto in questo Paese”, ha commentato Noah Purcell, vice procuratore generale dello Stato di Washington che nella causa è sostenuto da Amazon, Expedia e Microsoft.
Soddisfatto anche il suo superiore Bob Ferguson: “Questa decisione annulla da subito il decreto”, ha affermato augurandosi che il governo federale rispetti la sentenza.
E il governatore Jay Inslee ha parlato di una vittoria del suo Stato che dimostra come “nessuno, neppure il presidente, sia al di sopra della legge”.
Quella emessa dal giudice Robart, nominato da George W. Bush, è tecnicamente un’ingiunzione restrittiva valida su tutto il territorio nazionale.
Queste le sue motivazioni: nessun attacco sul suolo statunitense è stato portato da persone provenienti dai sette Paesi citati nel decreto e affinchè l’ordine esecutivo sia costituzionale deve essere “basato sui fatti, intesi come contrari della fiction”.
L’ordine esecutivo firmato da Trump il 27 gennaio scorso ha gettato nel caos gli aereoporti per tutto lo scorso fine settimana e ha scatenato un’ondata di proteste che ancora prosegue in moltissime città  Usa.
Contemporaneamente erano partite le azioni legali contro il provvedimento, che in questi giorni è stato impugnato da molti magistrati e associazioni, oltre che da alcuni Stati.
Tra le iniziative delle ultime 24 ore, quella dello Stato delle Hawaii che ha chiesto di bloccarne l’applicazione su tutto il territorio statunitense in quanto incostituzionale.
Il decreto, motivato dall’amministrazione Trump con la necessità  di impedire l’ingresso negli Usa di terroristi e di garantire la sicurezza nazionale, sospende per quattro mesi l’ingresso negli Stati Uniti di tutti i rifugiati e vieta a tempo indeterminato quello dei profughi siriani.
Vari mezzi di informazione hanno riferito che in questi giorni sono state respinte 100 mila persone in possesso di visto provenienti da Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Successivamente il dipartimento di Stato ha reso noto che sono stati annullati meno di 60 mila visti.

(da agenzie)

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SALVINI STA CON GLI INDIANI D’AMERICA O CON TRUMP?

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

PELLEROSSE E FACCE DA CULO

Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, stiamo parlando dello sciacallo delle nevi Matteo Salvini.
Vi faccio un esempio: per quasi vent’anni Salvini ha seriamente sostenuto (in Italia e in Europa) la tesi dell’indipendenza della Padania ed ha fatto parte di un partito — la Lega Nord — che al primo punto del suo statuto ha tutt’oggi come finalità  “il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana” (Articolo 1 dello Statuto vigente del 2015).
Oggi però Salvini è a capo di un movimento che ambisce a prendere voti anche da quegli italiani (“i terroni”) che lui e la sua gente hanno sempre insultato e disprezzato.
Come ci riesce? Facile, dà  la colpa ai migranti, usando le stesse argomentazioni che usava in passato contro gli abitanti del Centro e Sud Italia.
Se la prende con i rifugiati politici “dimenticando” che fu con la Lega al Governo che l’Italia ratificò il Regolamento di Dublino.
Salvini poi ama scagliarsi contro i politici incompetenti ma cosa è riuscito a fare lui che ha 43 anni e ne ha passati 24 a fare politica senza riuscire ad ottenere un ruolo di governo che fosse uno (manco quello di assessore comunale)? Nulla.
Si lamenta dei politici che non fanno nulla per aiutare i terremotati, e cosa combina? Non è presente in aula al Parlamento Europeo quando si vota per destinare i fondi europei alle popolazioni colpite dal terremoto.
Salvini inoltre, per essere un politico che ambisce a fare il leader non solo del suo partito ma del Centro Destra ed eventualmente del Paese, è straordinariamente privo della fondamentale capacità  di fare da guida.
Ha seguito Umberto Bossi fino a che Bossi era politicamente morto e per un po’ a continuato a seguire Silvio Berlusconi, ha quindi preferito allargare i suoi orizzonti e cercare all’estero un esempio da importare in Italia.
Matteo Salvini ha così trovato l’anima gemella in Marine Le Pen, che dalla sua aveva tutto: il sovranismo, la volontà  di uscire dall’euro in modo rocambolesco facendo pagare i conti agli altri (una cifra caratteristica della Lega fin dal tempo delle quote latte e dei finanziamenti pubblici ai campi rom) e qualche problema sull’uso dei fondi pubblici per i partiti.
Ma Salvini è fatto così, finge di non ricordare le cose (come ad esempio quando voto a favore della ratifica del Trattato di Lisbona o quando la Lega si fece salvare la sua banca) oppure ignora completamente la storia.
Ne è un esempio la foto che ieri il Capitano della Lega ha postato sulla sua pagina Facebook davanti ad uno degli storici manifesti elettorali della Lega Nord, quello sugli indiani “finiti nelle riserve” per colpa dell’invasione degli immigrati.
La cosa davvero divertente è che — dal momento che Salvini ha deciso che Donald Trump è il nuovo faro della sua politica — il Segretario del Carroccio indossa orgogliosamente la maglietta che celebra l’Inauguration Day del 20 gennio 2017.
Ovvero che celebra l’insediamento del Presidente di quello stato che ha sterminato gli indiani d’America e li ha costretti a vivere nelle riserve.
Il tutto per tacere del fatto che la madre di Trump era un’immigrata scozzese giunta a New York nel periodo peggiore, ovvero durante la crisi del 1929 (il nonno di Trump invece era tedesco) e che quindi anche l’eroe di Salvini è discentente di immigrati come la maggior parte dei cittadini statunitensi.
Ma cosa ci volete fare, lui ama essere una contraddizione, e così quando un commentatore gli fa notare che anche gli italiani sono stati emigranti lui risponde che i nostri connazionali non hanno occupato intere città  (in fondo cosa sono intere città  quando gli statunitensi hanno occupato mezzo continente?) e che soprattutto a loro nessuno ha pagato il soggiorno in albergo.
E indovinate chi ha approvato quel regolamento che stabilisce come debbano essere ripartiti i richiedenti asilo in Europa?
Esatto.

(da “NextQuotidiano”)

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GRILLO E CASALEGGIO BLINDANO LA RAGGI, MA I MALUMORI SONO DESTINATI A RIEMERGERE

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

E SE L’INCHIESTA NON FOSSE FINITA QUA?… LA STORIA DI ROMEO E GIULIETTA E’ FINITA IN TRAGEDIA, VALE LA PENA RICORDARLO… NON E’ MATERIA DI GUITTI DA AVANSPETTACOLO O DI SENSALI DEL WEB

Beppe Grillo furioso. Non con Virginia Raggi bensì con chi, nel Movimento 5 Stelle, ha attaccato il sindaco di Roma per la polizza vita stipulata per “motivi affettivi”, nel gennaio 2016, in suo favore da Salvatore Romeo, divenuto ad agosto capo della segreteria con uno stipendio triplicato.
Insomma, ancora una volta, il leader pentastellato nel pomeriggio ha mandato un chiaro messaggio ai naviganti, che in sostanza è riassumibile così: “Guai a chi parla, nessuna dichiarazione contro Virginia. Sarà  lei e solo lei a parlare”.
Decide così di far andare il sindaco in tv e affida la preparazione della performance a Rocco Casalino, il punto di raccordo tra i vertici del Movimento e Roma. “Nel Movimento alcuni contro di me? Ci sono persone che ti amano e persone che ti amano meno, facciamocene una ragione e andiamo avanti”, dirà  ospite di ‘Bersaglio mobile’.
Il primo cittadino della Capitale viene quindi blindato ancora una volta da Grillo e Davide Casaleggio. Raggi va avanti.
“Ho la fiducia del Movimento, ho anche sentito Grillo”. Niente dimissioni, anche se “non posso dire di non averci pensato, in questi mesi”, ammette.
Dopo il diktat del leader, nessuno ha parlato ufficialmente nè tra i pragmatici nè tra gli ortodossi. Questi ultimi che, fino a poche ore prima delle indicazioni arrivate da Grillo, invocavano il giudizio della Rete, adesso sulla storia della polizza, sempre a taccuini chiusi, tendono a sminuire, come chiesto loro espressamente dal leader. Leader che non ha concesso, e per adesso non ha alcuna intenzione di farlo, il voto degli iscritti, anzi ha invitato tutti ad abbassare i toni e ad entrare nel merito della questione il meno possibile.
Alessandro Di Battista, per esempio, nel post scriptum su Facebook annota: “Questa sera Virginia Raggi risponderà  a tutte le domande”. Mentre Beppe Grillo condivide sul suo blog la nota in cui il sindaco dice che fino a ieri non era a conoscenza delle polizze assicurative.
Stessa linea difensiva utilizzata in tv. “A Romeo chiederò perchè non mi ha avvertito, non averlo saputo è stata una cosa spiacevole. E quando lo vedrò – dice Raggi – gli chiederò di cambiare il beneficiario della polizza perchè solo l’idea di questa polizza mi mette ansia”.
Poi racconta di aver conosciuto l’ex capo della segreteria nel 2013, “lui ci ha aiutato tantissimo quando eravamo consiglieri di opposizione. Nel tempo si è consolidato il rapporto con tutti e quattro del gruppo, si è consolidata un’amicizia, lui ci ha presentato Raffaele Marra, poi era mortificato per averlo fatto. Per quanto riguarda Marra era una persona molto competente, in qualche modo ci ha fatto capire come funzionava la macchina del Comune”.
Sta di fatto che dopo l’interrogatorio fiume di ieri sul caso Marra e le rivelazioni sulle polizze vita, oggi a Palazzo Senatorio è trascorsa un’altra giornata campale.
Nel bel mezzo arrivano anche le parole di Salvatore Romeo all’agenzia Ansa in cui si difende dicendo che le polizze “non hanno nulla a che vedere con il Movimento, nè tantomeno sono state aperte a favore di suoi esponenti in modo da favorire Virginia Raggi piuttosto che un altro candidato alle primarie per la scelta del Sindaco di Roma. Grave e non vera è la tesi secondo cui le somme con cui sono state aperte tali polizze non sarebbero state in realtà  mie ma di terzi, con ciò facendomi passare per un tesoriere occulto o un prestanome”.
Poco dopo Raggi aggiunge: “Credo che Romeo abbia commesso una grande leggerezza, voglio vederci la buona fede”.
Poi chiede: “Basta gossip, sono sindaca di una capitale che deve rinascere”. “Non ho ricevuto un solo euro” dalle polizze, dirà  poi, minacciando querele.
E Romeo: “voglio chiarire che non c’è stata e non c’è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi”.
La procura fa sapere che le polizze per l’allora aspirante sindaca – una da 30 mila euro del gennaio 2016 e priva di scadenza, l’altra da 3.000 euro con scadenza 2019 – non hanno rilevanza penale “in quanto non emergerebbe un’utilità  corruttiva”.
Anche Romeo conferma di averle stipulate senza dirglielo: “Per una grande stima e amicizia nei suoi confronti”. Ma i pm vogliono comunque capire se ci fossero motivazioni diverse da quelle indicate dal titolare delle assicurazioni sulla vita.
Nel M5S i dubbi, seppur messi a tacere, rimangono tra i militanti e i consiglieri comunali che appaiono preoccupati e divisi.
Si aspettano sviluppi giudiziari, qualcuno tra i corridoi di Camera e Senato teme che non sia finita qui.
Intanto però toni bassi fino a nuovo ordine.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PROF RAZZANTE DELL’ANTIRICICLAGGIO: “POLIZZE INTESTATE A PERSONE FITTIZIE SONO UNO SCHEMA TIPICO DEL RICICLAGGIO”

Febbraio 4th, 2017 Riccardo Fucile

“PIU’ POLIZZE E CAMBI DI DESTINATARIO SONO TIPICHE IPOTESI DISSIMULATORIE SECONDO LA BANCA D’ITALIA”

Il professor Ranieri Razzante, presidente dell’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio è intervenuto a Sky Tg 24 sul caso di Salvatore Romeo, delle polizze vita e del rischio riciclaggio per questo tipo di prodotti finanziari: «Il riciclaggio si fa al momento del riscatto: il beneficiario prende dei soldi la cui provvista è stata illegale. Lo schema descritto dai media nel caso Romeo è tipico del riciclaggio, poi se si tratta di riciclaggio o no lo dirà  la procura. Il sindaco Raggi avrebbe potuto sapere in fase di liquidazione di essere la beneficiaria. Queste polizze sono state intestate a persone non esistenti, come la figlia: questo è un reato ai sensi dell’articolo 55 della legge antiriciclaggio, la 231/2007. Prevede la reclusione da sei mesi a un anno per chi fornisce informazioni false. La motivazione della causale, poi, va indicata altrimenti l’intermediario deve rifiutare la natura del rapporto. Ora mi chiedo: è stato specificato che erano per la figlia? Se sì, questo configura un falso e un inadempimento della compagnia. Non si può proseguire quando ci sono informazioni che appaiono non veritiere».
Razzante, che che è anche consulente della Commissione parlamentare Antimafia, ha continuato: «La Banca d’Italia nel 2010 dedica degli indicatori di anomalia; tra questi è anomalo che una persona stipuli più polizze con beneficiari diversi e — non dimentichiamo — qui viene cambiato il beneficiario frequentemente. I cambi di beneficiario sono tipiche ipotesi dissimulatorie. E poi: non mi preoccupo tanto delle polizze. Ma come fa una persona con un reddito di 40mila euro a pagare tutte queste polizze? La normativa antiriciclaggio prevede che si facciano approfondimenti anche su questo. Penso che l’IVASS (l’istituto di vigilanza delle assicurazioni, ndr) dovrà  verificare molto su questo».
E la Raggi davvero non sapeva nulla? «Io se avessi in regalo delle polizze, come degli appartamenti, lo saprei».
Romeo non ha spiegato perchè abbia indicato una relazione privata come causale della sua scelta di Raggi come beneficiaria nè perchè abbia indicato tra i beneficiari una persona definita come “figlia” nonostante non lo fosse, come ha appurato la procura. Sono infatti sette le polizze (con altri beneficiari) accese presso la San Paolo per un valore complessivo di 92 mila euro. Polizze per oltre 40mila euro sono state stipulate presso altri istituti bancari.

(da “NextQuotidiano”)

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