Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
RIUNITA LA DIREZIONE, ROSSI E SPERANZA DISERTANO… RENZI VOLA NEGLI USA
Michele Emiliano ha deciso: resta nel Pd, il governatore pugliese partecipa alla direzione nazionale sulle regole al Nazareno e sfiderà Matteo Renzi al congresso.
La riunione è cominciata poco prima delle 16 alle a Roma, nella sede nazionale di via S. Andrea delle Fratte che potrebbe rappresentare il momento della formale scissione che di fatto si è consumata domenica.
«Chiedo a chi ha fatto una scelta diversa di ripensarci – sottolinea aprendo l’appuntamento il presidente Pd, Matteo Orfini, con riferimento ai bersaniani e a Rossi – penso ci siano condizioni per andare avanti insieme ed evitare addii. Il congresso serve a questo. Ci siamo dati un orientamento di massima: celebrarlo prima delle elezioni amministrative».
Rossi e Speranza disertano
«Ringrazio chi è qui oggi. Ho sentito in queste ore Emiliano, Rossi e Speranza e ho chiesto loro di partecipare alla direzione e al congresso e continuerò a farlo non rassegnandomi alla scelta di chi ha deciso di non partecipare» dice Matteo Orfini.
«C’è ancora tempo perchè la richiesta di una discussione programmatica che accompagni il congresso sia accolta. Può e deve essere accolta. C’è tempo per organizzare, in giro per l’Italia, una discussione che renda ricco e carico di contenuti il lavoro del nostro congresso».
Cuperlo: “Scaduto il tempo della mozione degli affetti. Evitiamo rottura”
«Io capisco che siamo oltre la linea delle decisioni, da una parte e da un’altra, il tempo degli appelli e della mozione degli affetti è scaduto ampiamente – dice Gianni Cuperlo parlando della scissione che si sta consumando nel partito-. Su questo mi ha colpito l’intervento di Walter Veltroni; Romano Prodi ha speso le parole che abbiamo letto questa mattina. Io chiedo qui se davvero noi tutti possiamo alzare le mani e dire che è finita almeno una parte della storia in comune», ha aggiunto. «Io continuo a ritenerlo un danno storico che restringe il sentiero di una vera alternativa del nostro Paese. Solo una carenza di spirito può impedirci di aprire l’ultimo spiraglio evitando un esodo che condizionerebbe la vita del Paese nei prossimi anni e forse anche di più».
Renzi negli Usa
Gianni Cuperlo, che non fa parte degli scissionisti, lo aveva anticipato: «Sarebbe un altro errore» da parte di Renzi non partecipare alla direzione oggi, «dopo quello di domenica quando il segretario non ha sentito il dovere di alzarsi e replicare».
L’ex premier infatti è partito alla volta degli Usa: «Mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Priorità : imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione» ha annunciato sull’e-news.
«Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità , questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d’ordine rimane quella: venite, non andatevene. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese. È tempo di rimettersi in cammino».
(da “La Stampa”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
L’ACCUSA DEI MILITANTI ROMANI: “LA PIAZZA BELLA LA DANNO SOLO A CHI PORTA CUORICINI”
«La morale è che se porti i cuoricini ti danno la piazza importante, quella sopra, di fronte al
Campidoglio, così la sindaca si può affacciare per il bagno di folla e le foto. Se invece porti una delibera scritta, frutto del lavoro del tavolo di urbanistica del tuo stesso Movimento, che può scompaginare i loro piani ti mandano nella piazza nascosta, così non ci vedranno».
Francesco Sanvitto, architetto, storico attivista romano del M5S, cuore della macchina capitolina in tema di urbanistica, ex sodale del sindaco Virginia Raggi e del suo ex vice Daniele Frongia, ha aperto un fronte di battaglia interno sul progetto dello stadio di Tor Di Valle che oggi avrebbe dovuto avere il suo d-day davanti al palazzo del Comune, attorno alla statua di Marc’Aurelio.
Così come avvenuto pochi giorni fa, venerdì scorso, quando in strada a scendere erano stati i sostenitori di Raggi con cuoricini e palloncini.
Un pezzo del Movimento, quello più arrabbiato, oggi si sarebbe dovuto ritrovare lì, sopra la scalinata, per manifestare contro la propria sindaca e chiederle di rispettare il mandato concessole dai militanti romani.
Ma non andrà così, o meglio: i 5 Stelle delusi scenderanno comunque in piazza, ma non in quella del Campidoglio, perchè non hanno ottenuto il permesso.
Si ritroveranno a mezzogiorno in piazza Madonna di Loreto, sotto il Monte Capitolino, accanto alla via dei Fori Imperiali, non proprio un luogo adatto a fotografare i manifestanti con lo sfondo di Palazzo Sanatorio.
«Dalla Questura ci hanno detto che non si poteva, per via di alcuni lavori che quattro giorni fa non hanno creato alcun problema – spiega con sarcasmo Sanvitto -. Ce ne faremo una ragione. Mentre in piazza del Campidoglio possono manifestare fascisti e Casa Pound a noi attivisti del M5S ci trattano come paria».
Dunque, sintetizzando: ai 5 Stelle pro-Raggi è stata concessa la piazza del Campidoglio, ai compagni di militanza che invece sono più critici lo stesso spazio che arriva quasi fin sotto la finestra della sindaca è stato precluso.
Chiediamo alla Questura perchè e scopriamo un’altra notizia: «In realtà – spiegano – , mentre per domani (oggi per chi legge, ndr) il permesso è stato chiesto da attivisti del M5S, quella di venerdì è stata una manifestazione organizzata dai lavoratori del Comune di Roma. A chiedere l’autorizzazione è stato un certo Renzo Roberto e ha specificato che sarebbero stati in pochi».
Si viene così a sapere che la folla di sostenitori che hanno esposto striscioni, cuori, hanno inneggiato a «Virginia», abbracciandola con la loro vicinanza e ricevendo in risposta sorrisi ed esclamazioni («siete tantissimi»), non era nata spontaneamente dalla pancia dell’elettorato grillino, ma dall’interno del Palazzo, dai dipendenti del Comune.
Oggi invece, attivisti iscritti al blog, con il pedigree di 5 Stelle da decenni, consulenti a titolo gratuito di molte lotte fatte da Raggi quando era consigliera, si dovranno accomodare sul retro.
Il palazzo del M5S non è mai stato così lontano dalla sua stessa piazza. O viceversa?
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
LE PROMESSE TRADITE TRA SFRATTI E INGIUNZIONI DI PAGAMENTO
Il vento sta cambiando a Roma, ripete ad ogni piè sospinto la sindaca Virginia Raggi. Ma è davvero così? Prendiamo ad esempio il caso degli sgomberi delle associazioni e delle Onlus considerate abusive perchè non pagano l’affitto al Comune.
La vicenda risale all’aprile 2015 con l’approvazione della delibera 140/2015 (Linee guida per il riordino, in corso, del patrimonio indisponibile in concessione) voluta dalla giunta di Ignazio Marino dopo l’esplosione dello scandalo di Affittopoli.
L’idea — in gran parte sbagliata — era quella di recuperare rapidamente i crediti degli affitti non riscossi dal Campidoglio per la concessione di spazi dati in concessione ad enti, associazioni e partiti politici.
L’operazione prevista dalla delibera coinvolge in totale 860 beni “indisponibili” di proprietà del Comune di Roma Capitale.
Dopo la caduta di Marino il prefetto Tronca si è impegnato attivamente per sgomberare gli spazi di proprietà del Comune dati in concessione e per far pervenire alle associazioni le richieste di sgombero.
Gli occupanti sono anche tenuti a corrispondere l’indennità di occupazione relativa all’utilizzo del bene fino ad effettivo rilascio.
Ma quello che preoccupa ancora di più è il fatto che l’accertamento di una situazione di morosità comporterebbe l’esclusione automatica dalla partecipazione ai bandi pubblici.
Il che rappresenta una restrizione molto dura per quelle Onlus colpite dalla delibera che si occupano di assistenza a minori, malati o persone disabili.
Quando era all’opposizione il 5 Stelle aveva fortemente criticato la delibera 140 e combattuto per chiedere una moratoria sugli spazi sociali per dare il tempo di stilare un regolamento che consenta di salvaguardare quelle associazioni che svolgono comprovate attività socialmente utili e di interesse cittadino.
Da quando si è insediata la Giunta di Virginia Raggi però nulla è stato fatto per l’approvazione di un nuovo regolamento e le notifiche di sfratto e gli sgomberi hanno continuato a procedere senza che dal Campidoglio venisse detto nulla.
Questo nonostante tra le associazioni colpite ci siano Onlus come Viva la vita, che assiste i malati di Sla o il Grande Cocomero, un centro per la cura di bambini e ragazzi in difficoltà , oppure ancora Il Telefono Rosa che ogni anno aiuta più di mille donne con consulenze legali gratuite e sostegno psicologico.
All’associazione che aiuta i malati di SLA e che dal 2009 ha una sede operativa nel quartiere Prati (negli ex locali del Municipio XX).
La sede è stata concessa con una delibera comunale e l’associazione paga 300 euro al mese di affitto con canone agevolato.
Il problema è che per diverse vicissitudini non è mai stato stilato un regolare contratto d’affitto e quindi ora il Comune ha presentato un conto da 92 mila euro. Ma la cosa più grave è che Viva la Vita viene sostanzialmente considerata un’associazione “furbetta” che comporta l’esclusione da bandi pubblici.
Anche il Grande Cocomero, associazione che si occupa ad esempio di dare vita a laboratori gratuiti per i ragazzi di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I e per gli adolescenti di San Lorenzo, denunciava qualche tempo fa il silenzio delle istituzioni e dei politici che dopo la campagna elettorale hanno smesso di bussare alla loro porta e che ora di fatto con le loro azioni stanno criminalizzando il lavoro dei volontari della onlus.
Quello che manca oggi a Roma è un regolamento sui Beni Comuni Urbani che possa tutelare e salvaguardare il lavoro delle molte associazioni che operano per il bene dei cittadini di Roma.
Eppure nonostante l’approvazione all’unanimità il 14 febbraio di una mozione presentata all’Assemblea capitolina per mettere uno stop agli sgomberi il 16 febbraio veniva sgomberata la sede del Forum dell’Acqua.
Come denuncia la rete Decide Roma — che riunisce decine di associazioni che operano per il bene comune della città — fino ad ora non è stato possibile avere alcun contatto con l’amministrazione Raggi:
Nessun contatto ci è stato con l’amministrazione Raggi, nonostante le parole dell’assessore Mazzillo a cui chiediamo un incontro immediato. Sono mesi che insieme il Forum dell’Acqua, insieme alla rete Decide Roma e a decine di associazioni, si è battuto per trovare una soluzione alla vicenda del patrimonio del Comune di Roma e del riordino delle concessioni, chiedendo il riconoscimento del valore sociale delle nostre attività in questi spazi, che — come l’acqua — non possono essere messi a profitto.
Tre le onlus a rischio sfratto c’è anche l’associazione Leda Colombini — A Roma insieme che da vent’anni si occupa di assistere i figli delle detenute di Rebibbia grazie anche ad un accordo con ATAC (siglato due anni fa) che ha messo a disposizione un pulmino.
Da qualche tempo però è stato interrotto il servizio di trasporto dei bambini della Sezione Nido di Rebibbia, detenuti con le loro madri, ai nidi esterni del Municipio. L’associazione fornisce un servizio che dovrebbe essere espletato proprio dagli enti locali.
Come per tutte le altre onlus coinvolte in questa triste vicenda c’è da chiedersi se il Comune sarà in grado di fornire lo stesso livello di assistenza (in gran parte fornita da volontari) portata avanti in autonomia da queste associazioni. La risposta probabilmente è no.
Il 16 febbraio è stata infine inviata un’intimazione a liberare gli spazi del Centro di cultura curda Ararat entro 30 giorni. L’ingiunzione di sgombero, fanno sapere dall’associazione “è corredata dalla richiesta di cifre esorbitanti per gli anni passati da parte dell’Amministrazione, mentre è ancora in attesa di definizione il provvedimento del Tar, per il quale l’udienza di merito è stata fissata per il 22 marzo 2017“.
Il centro Ararat ha sempre pagato le quote concordate con il Comune di Roma. In questi anni Ararat ha dato accoglienza integrazione e cultura ai cittadini curdi provenienti da tutte le parti del Kurdistan, anche quelle sotto l’assalto del gruppo Stato Islamico e cadute nelle mani di Daesh.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
LA TRACHYCARPUS WAGNERIANA DEVE LA SUA FORTUNA AL BOTANICO TEDESCO CHE LA PORTO’ DAL GIAPPONE A BERLINO… QUEI DEMENTI HANNO BRUCIATO UN PEZZO DI STORIA EUROPEA
la Trachycarpus Wagneriana deve la sua fortuna al botanico Albert Wagner che la portò dal
Giappone a Berlino
Verrà la domenica della Palme e sanerà il tutto. Per il momento si può parlare della discordia della palme.
Infatti chi pensa che le palme della piazza del Duomo, a Milano, siano un’esaltazione filo araba si confonde.
Araba e mediterranea d’origine è la Phoenix Canariensis, quella palma dei litorali e del meridione italiano che già era coltivata dalle parti nostre in epoca romana e oggi si è ammalata per colpa del punteruolo rosso, il temibile Rhyncho-phorus ferrugineus, stupidamente importato da vivai a basso prezzo in Egitto dove è endemico.
Le palme del Duomo sono invece quelle tipiche dei giardini di fine 800 in Inghilterra come nell’Italia del Nord, in quanto resistono fino a 15 gradi sotto-zero.
La si deve, questa palma, alla geniale attività di Robert Fortune (1812-1880) che, andato in Cina per rubare piante da tè da impiantare in India, si portò nelle isole britanniche anche vari esemplari di Trachycarpus oggi chiamate Fortunei in suo onore: la pianta si adattò ai giardini europei con facilità , visto che proveniva dalle aree meridionali dell’Himalaya.
La sua parente più piccina, la Trachycarpus Wagneriana deve la sua fortuna al botanico Albert Wagner che la portò dal Giappone a Berlino e da lì la fece girare per l’ Europa.
Oggi, nei nostri giardini è diventata spontanea.
Ergo: i dementi hanno incendiato un piccolo pezzo della nostra Storia e di quella europea.
Ma forse in piazza del Duomo il giardinetto è comunque sgrammaticato; le piazze italiane sono tendenzialmente lapidee e le aiuole con piccole Phoenix poste lì dopo l’Unità servivano più che altro a ricordare quelle delle stazioni ferroviarie, non prive d’una tenera poesia.
Philippe Daverio
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
PREVALE IL SENSO DI SMARRIMENTO: “LA GENTE NON CAPISCE I MOTIVI”
La «cosa rossa» di Bersani e D’Alema, prima ancora di nascere ufficialmente, oscilla tra il 5 e il 10% nei sondaggi.
Nicola Piepoli è quello che ha la stima più bassa, tra il 5 e il 7%. Un giudizio condiviso da Alessandra Ghisleri che valuta il nuovo partito tra il 6 e l’8%.
«Un buon dato di partenza», spiega Antonio Noto di Ipr, che fissa il risultato all’8% e spiega che «sommando il 4% più consolidato di Sinistra italiana, una nuova forza della sinistra potrebbe arrivare al 12%».
Dato confermato da Fabrizio Masia di Emg: «Con Vendola e i suoi possono arrivare al 10-11%, e teoricamente ci sarebbe anche Pisapia».
Quanto alle ferite provocate al Pd dall’addio di una parte degli ex Ds, i sondaggisti sono divisi.
Secondo Ghisleri e Noto ci sarà una perdita di voti significativa, con i dem che scendono tra il 20 e il 24%.
Diversa l’opinione di Piepoli, che vede un Pd sostanzialmente intatto intorno al 30% nonostante la ferita.
«Bersani e gli altri intercettano un voto marginale del Pd, una frangia mobile che da tempo si muove alla sinistra del partito a cavallo con Sel».
«Il simbolo del Pd, soprattutto in una fase di instabilità come questa- spiega Piepoli- ha ancora un forte peso. Chi se ne va porta via pochi voti».
Su un altro punto invece Piepoli e Ghisleri concordano: almeno finora le ragioni degli scissionisti non sono arrivate in modo nitido all’elettorato.
«Soltanto questo weekend si sono consumati due passaggi politici significativi: da un lato la nascita di Sinistra italiana, dall’altra la scissione del Pd. Così la gente entra in confusione», spiega Ghisleri.
«Per ora si vede una fuga, ma non una proposta», le fa eco Piepoli. «Gli elettori sono molto preoccupati del loro futuro, molto meno alla guerre tra leader politici. Manca per ora una visione, un apparato simbolico in grado di mobilitare».
Di «motivazioni deboli» parla anche Noto: «Il messaggio che arriva è quello di una scissione fredda, sulle regole. Per pesare davvero un possibile risultato elettorale conterà molto il tipo di comunicazione che saranno in grado di proporre».
Non solo i temi, ma anche il leader. Per ora c’è una pluralità di voci tra gli anti-renziani. «Michele Emiliano è un ottimo oratore che sa conquistare la folla e potrebbe dunque far bene», spiega Renato Mannheimer.
Assai più tiepida la valutazione di Ghisleri: «Emiliano? È quello fra gli scissionisti ad avere la notorietà più alta, ma è inferiore al 10 per cento».
Secondo Ipr, in uno studio per Porta a Porta, i potenziali elettori della «cosa rossa» vorrebbero alla guida Bersani con il 42%, seguito da Emiliano al 35%, Speranza al 12% e Enrico Rossi all’8%.
In caso di primarie a tre dentro il Pd, sempre per Ipr, Renzi vincerebbe col 60%, seguito da Emiliano al 25% e Andrea Orlando al 12%.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
CREPE NEL FRONTE ANTI-RENZI… EMILIANO DEVE ANCORA DECIDERE
Michele Emiliano è tormentato, è in bilico, non vuole ancora sciogliere la riserva, non vuole
imbarcarsi in un’avventura politica che appaia una Cosa rossa ad egemonia ex comunista, ex diessina, con la regia di D’Alema.
Sta cercando di capire se sarà una cosa nuova, se tra militanti e amministratori c’è una vera scissione. Non vuole una bolla di sapone.
«Comunque deciderò nella giornata di martedì con Rossi e Speranza. Rifletterò ancora questa notte perchè qui non si tratta di una scelta semplice: le implicazioni sono tante, nelle Regioni e anche rispetto al governo».
Il governatore spiega che sbagliano coloro che pensano che lui abbia deciso di rimanere nel Pd, come candidato anti-Renzi alla segretaria: «Chi lo scrive è fuori strada».
Intanto la macchina organizzativa della scissione da parte di Rossi e Speranza si è già messa in moto: venerdì potrebbero essere annunciati i gruppi parlamentari e all’inizio di marzo l’evento costituente del nuovo movimento dove in prima fila non ci saranno Bersani e D’Alema che ieri a Benevento ha cercato di fare il modesto.
«Lo spazio di un militante della mia generazione non è quello di essere front-runner. Io sono disponibile a dare una mano. Ci sono tre candidati, Emiliano, Speranza e Rossi».
Emiliano ha sentito tutti i dirigenti del Pd che stanno con Renzi, sta cercando di convincerli a non fissare oggi, alla direzione, una data del congresso. Di aprire una stagione congressuale lunga in cui metterci dentro una conferenza programmatica.
Per poi fare le primarie a fine giugno-luglio, dopo le amministrative.
Renzi non è d’accordo ed è convinto che tenendo duro sfilerà Emiliano dal tridente scissionista.
Ma il governatore vuole tenersi le carte coperte fino all’ultimo secondo. Oggi si riunirà con Speranza e Rossi e deciderà con loro se continueranno insieme fuori del Pd o se le loro strade si divideranno.
Speranza ha fatto ormai la scelta ed è andato a Venezia ad un incontro con l’ex sindaco di Milano Pisapia. «Per me non ci sono le condizioni per stare nel congresso, e non credo andrò alla direzione del Pd. Renzi ha fatto una scelta molto chiara, che va nella direzione di rompere il Pd».
Rossi addirittura sta pensando di consegnare la tessera del partito e chiede a Emiliano di essere «conseguente»: «Spero che andremo avanti insieme. Abbiamo firmato un documento che dice che Renzi ha provocato la scissione. Io penso che bisogna essere conseguenti».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Febbraio 21st, 2017 Riccardo Fucile
PRODI TELEFONA A TUTTI: “E’ UN SUICIDIO, NON MI RASSEGNO”… BINDI A RENZI: “FAI UN GESTO”… LETTA: “DI RENZI LE COLPE MAGGIORI”
L’umore è cupo, le parole sono cariche di delusione e di angoscia. Romano Prodi e Rosy Bindi sono stati protagonisti della stagione dell’Ulivo e della nascita del Pd e ora vedono il progetto sgretolarsi dinanzi a una scissione.
“Sono angosciato” dice Romano Prodi alla Repubblica.
“Faccio decine di telefonate, certo non sono indifferente alla scissione. Colloqui privati, tali rimangono”.
Riassume le ultime vicende del Partito democratico con parole che non nascondono l’incredulità : “Nella patologia umana c’è anche il suicidio”.
Una morte auto-inflitta di milioni di voti, governi, politiche, riforme. “Pensa che io mi rassegni? Non esiste. Semmai, mi intristico. E se è vera la crisi di sistema che abbiamo descritto, va affrontata, combattuta, sconfitta. Io non mi rassegno affatto”.
La Repubblica rivela che il Professore ha parlato al telefono con Matteo Renzi, Pier Luigi Bersani, Paolo Gentiloni, con Enrico Letta, forse anche con Walter Veltroni e Massimo D’Alema.
Cerca di fermare l’onda della scissione. Non dice però chi sta sbagliando di più e il contenuto di questi colloqui “deve rimanere privato”.
“Le ragioni per cui qualcuno pensa alla scissione sono esattamente quelle per cui dobbiamo stare insieme” dice in una intervista a ‘La Stampa’ Rosy Bindi che aggiunge: “Se vogliamo che il progetto politico del Pd vada avanti, il partito va tenuto unito”. Altrimenti, il rischio è che “qualcuno tenga il nome, ma non più il progetto”.
Secondo Bindi “le questioni inedite che sfidano questa epoca sono così grandi che nessuna cultura da sola ha una risposta esaustiva. Bisogna fare la fatica di trovare un punto d’incontro”.
Quanto alle responsabilità , secondo la Bindi “chi vince il Congresso ha la responsabilità di guidare e chi non lo riconosce sbaglia. Ma è il segretario a doversi portare dietro tutti, vivendo le ragioni degli altri non come un fastidio, ma come una ricchezza. Per questo mi appello prima di tutto a Renzi”.
L’ex premier, prosegue l’attuale presidente della Commissione Antimafia, “ha bisogno di coloro che invece guarda andarsene quasi con soddisfazione. E per fare un passo avanti deve dire con chiarezza che la legislatura arriverà a scadenza naturale. Non si tiri a campare perchè ci sono tante cose da fare e correggere: la legge elettorale, il Jobs Act… E poi una legge di bilancio libera dalla paura delle elezioni: prima viene il Paese che soffre”.
La Bindi incalza: “Cosa può fare il presidente della Repubblica se il Pd toglie l’appoggio al governo?”.
Quanto invece al Congresso “se si vota l’anno prossimo, cosa cambia se il Congresso dura un po’ di più? Vedo da tutti i sondaggi che la sua leadership non è intaccata nonostante il referendum, che problema ha a prevedere una conferenza programmatica? In realtà vuole un Congresso breve per votare nel 2017. E’ lui a dover fare il primo passo”.
Sul Corriere della Sera Enrico Letta sviluppa il suo pensiero già esplicitato sulla sua pagina Facebook ieri. “Si sta aprendo un’autostrada a Grillo, a Salvini e al ritorno di Berlusconi”, è la convinzione che lo tormenta, scrive il quotidiano, e che Letta ha preferito non lanciare sul web.
Per tre anni si è imposto di stare “psicologicamente lontano” dalle contorsioni interne del Pd, ma negli ultimi giorni ha seguito da lontano “con crescente amarezza” le ultime risse prima della rottura, che hanno mandato in pezzi “il più grande partito del centrosinistra europeo”.
Quello che dice con maggiore chiarezza, anche se già nel suo post era evidente, è che “la responsabilità maggiore per la rottura ce l’ha il segretario” Matteo Renzi.
(da “Huffingtonpost”)
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