Luglio 18th, 2017 Riccardo Fucile
DA COSTA A FORMIGONI… TRA GLI ESULI DI FORZA ITALIA E’ PARTITA LA CORSA AL RIENTRO
Onorevoli migranti di ritorno.
Così il Corriere della Sera definisce gli esuli che, dopo aver abbandonato Forza Italia, ora puntano a risalire sul carro del leader Silvio Berlusconi.
Secondo il Corsera, c’è già una bella fila. Ne fa parte anche il ministro degli Affari regionali Enrico Costa, che in un’intervista a Repubblica spiega di essere “pronto a lasciare il governo” per ricostruire un ponte con il partito di Berlusconi.
In prima linea c’è la senatrice salernitana Eva Longo, la stessa che tre anni fa — ricorda il Corriere — si era precipitata a farsi un selfie con Matteo Renzi.
Ora è acqua passata: Berlusconi è come rinato. Si sente che è ancora in grado di capire come nessun altro i bisogno della gente”, dice.
E ancora: “Io me n’ero andata per la situazione locale di Salerno, non per Berlusconi. In ogni caso — aggiunge — avevamo fatto un discorso più ampio sulla necessità di sostenere le riforme. Adesso vediamo se tornare dentro Forza Italia”.
Quella della Longo, in realtà , sembra una speranza condivisa da molti ex forzisti. Secondo il Corriere, a breve si sfilerà dal governo per ricongiungersi al Cavaliere anche un ministro, Enrico Costa:
Il dado è tratto, siamo alle formalità . “Costa è un amico, un liberale. Non posso far altro che apprezzare il livello di attrazione di Forza Italia nei confronti di chi ci aveva, momentaneamente, lasciati”, esulta Renato Brunetta.
Ed è lo stesso ministro, intervistato da Repubblica, a esprimersi così:
“Con Berlusconi è capitato di sentirci, anche se non in questi ultimi giorni, il rapporto umano è stato sempre positivo. Pur non avendo condiviso il percorso degli ultimi anni. Ma tutto è avvenuto sempre nel rispetto reciproco. Quel che conta è la sua apertura di domenica. Denota una grande visione del futuro per l’area moderata. E io sono favorevole alla ricostruzione di un ponte con quell’area. Non occorre avere tanti ingegneri e progettisti, ma manovali, per farlo. I panni del manovale li indosserei volentieri”.
Gli esuli pronti a tornare si contano sia tra gli “alfaniani” che tra i “verdiniani”. Scrive ancora il Corsera:
Da Massimo Cassano a Pippo Pagano, da Guido Viceconte a Roberto Formigoni, che già aveva divorziato dal ministro degli Esteri […]. In subbuglio anche la pattuglia di Verdini. Oltre alla Longo, scalpitano il duo siciliano Scavone-Compagnone e Ciro Falanga.
Alfano, intanto, in un’intervista a La Stampa, dichiara ufficialmente conclusa la collaborazione con il Pd. “La collaborazione con loro si è ormai conclusa, sosteniamo lo stesso governo, ma non facciamo parte della stessa coalizione: diciamo che abbiamo un parente in comune, di nome Gentiloni, ma tra noi e loro non c’è più alcun legame”.
Come dire, se ancora ce ne fosse bisogno: liberi tutti.
(da “La Stampa”)
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Luglio 18th, 2017 Riccardo Fucile
PREVISTO L’ATTRACCO A CATANIA DELLA NAVE DEI RAZZISTI, SI TEMONO INCIDENTI
«Il codice di condotta proposto per le Ong che eseguono missioni di ricerca e salvataggio
potrebbe mettere a rischio molte vite, soprattutto quelle dei bambini».
A lanciare l’allarme è l’Unicef: il nuovo documento, illustrato dal ministro Minniti ai colleghi europei per contrastare la tratta e il traffico dei migranti, da un lato prevede un quadro legislativo più chiaro, dall’altro limita gli spostamenti e le operazioni delle navi delle Ong nel Mediterraneo.
«Dall’inizio della crisi migratoria, l’Italia ha compiuto degli sforzi incredibili per salvare i rifugiati e i migranti bloccati in mare e garantire supporto a tutte le persone messe in salvo dalle navi», ha dichiarato Justin Forsyth, vice direttore generale dell’Unicef. Secondo il codice a bordo delle navi dovrebbero essere presenti ufficiali di polizia e di sicurezza, cosa che potrebbe potenzialmente comprometterne l’indipendenza.
Secondo l’organizzazione internazionale, con l’applicazione del nuovo codice i bambini potrebbero essere esposti al rischio di essere rimandati in Libia senza misure di protezione. Quest’anno sono arrivati via mare in Italia quasi 90mila rifugiati e migranti, il 15% bambini e ragazzi. Nei primi sei mesi dell’anno le squadre supportate dall’Unicef sulle navi di salvataggio hanno identificato 2.343 bambini a rischio.
«L’Italia continua a farsi carico in percentuale sproporzionata della responsabilità della cura e del sostegno dei rifugiati e migranti in tutta l’Ue – continua Forsyth -. Ma restrizioni sui salvataggi in mare o rimandare i bambini rifugiati in Libia, non sono soluzioni. I Paesi europei e della comunità internazionale devono aumentare in modo deciso l’aiuto all’Italia, sostenendo le missioni di salvataggio, consentendo alle navi di sbarcare e operare nell’interesse dei bambini sradicati».
Nei recenti Meeting del G20 e del G7, l’Unicef ha invitato i governi a proteggere i bambini rifugiati e migranti nell’ambito del suo piano d’azione in sei punti:
1. Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolare quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza.
2. Porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, introducendo una serie di alternative pratiche
3. Tenere unite le famiglie, come migliore mezzo per proteggere i bambini e dare loro il riconoscimento di uno status legale
4. Consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità
5. Chiedere di intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati
6. Promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei paesi di transito e di destinazione
Il caso della nave razzisti
Girerà il Mediterraneo per impedire i salvataggi dei profughi da parte delle imbarcazioni delle Ong. Lunga 40 metri, batte bandiera dello stato africano di Gibuti: è una nave noleggiata da un movimento che si definisce apartitico, ma è vicino all’estrema destra. L’obiettivo è impedire gli sbarchi dei migranti in Europa e il nome scelto della campagna in mare è appunto “Defend Europe”.
E ora c’è chi vuole fermare loro. Diverse associazioni – tra cui Rete Antirazzista Catanese, Comitato NoMuos/NoSigonella, Catania Bene Comune e altre – chiedono di non far attraccare la nave al porto di Catania, dove il gruppo estremista è diretto già martedì.
Per le associazioni «la sosta nel porto di Catania sarebbe funzionale all’imbarco delle provviste necessarie alla missione e all’imbarco di volontari arruolati nell’operazione paramilitare».
«Sarebbe assai grave – affermano le associazioni scese in campo – che si concedesse l’attracco e l’utilizzo delle infrastrutture pubbliche a organizzazioni che hanno l’intento di compiere azioni paramilitari nel Mar Mediterraneo, intercettando imbarcazioni di migranti e arrogandosi il diritto di intervenire, consegnando i naufraghi alla guardia costiera libica e violando di fatto l’obbligo di legge che vuole l’accompagnamento verso il porto più sicuro. Non certo quello libico».
(da “La Stampa”)
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Luglio 18th, 2017 Riccardo Fucile
L’ALTO COMMISSARIO ONU: “LAVORIAMO PER UNO SCHEMA DA 40.000 POSTI L’ANNO”
Un maxi-piano Ue di reinsediamenti per valutare le richieste d’asilo direttamente in Africa e portare in Europa chi ne ha diritto attraverso i corridoi umanitari.
Ci sta lavorando la Commissione con il sostegno operativo dell’Unhcr, che è pronto a gestire uno schema «da 40.000 posti l’anno». Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i Rifugiati, ne ha parlato ieri a Bruxelles durante un pranzo con i ministri degli Esteri e Federica Mogherini.
Una strategia che aiuterebbe a frenare le attraversate in mare, anche se non risolverebbe l’intero problema.
Secondo le stime dell’Unhcr, i rifugiati che arrivano attraverso il Mediterraneo centrale sono «il 30-40% del totale. Per questo gli Stati europei – spiega Grandi – dovrebbero anche stabilire quote organizzate per l’immigrazione regolare».
Come pensate di intervenire per portare in Europa i richiedenti asilo in modo sicuro?
«Lavorando nei principali Paesi di transito, ma anche nella stessa Libia, nonostante lì ci siano parecchi problemi di sicurezza. Non c’è nulla di nuovo in questa attività , che già portiamo avanti da tempo a livello mondiale. Si tratterebbe soltanto di potenziarla. Noi siamo in grado di affrontare un piano da 40 mila trasferimenti l’anno in Europa. Bisogna spingere i richiedenti asilo che fuggono dai loro Paesi a rivolgersi a noi: dobbiamo diventare un’alternativa reale ai trafficanti».
A oggi quanti reinsediamenti fate in Europa?
«Pochi. A livello globale siamo sui 200 mila l’anno, ma la maggior parte riguardano gli Usa. O meglio, riguardavano: l’ultimo anno di Obama siamo arrivati a quota 85 mila, oggi siamo scesi a 50 mila. Un passo indietro che speriamo sia solo temporaneo. Dall’Europa ci attendiamo una proposta che preveda quote più ampie di reinsediamenti. La Commissione ci sta lavorando».
Il problema è che i precedenti non lasciano ben sperare: il piano di redistribuzione dei richiedenti asilo da Italia e Grecia è fallito…
«È vero, è stato un progetto abbastanza fallimentare. C’è un problema di solidarietà interna, ma anche di criteri. Attualmente possono partecipare solo i rifugiati che appartengono a una nazionalità con un tasso di riconoscimento delle domande pari al 75%. Questo va cambiato: le liste di candidati vanno fatte su base individuale, non secondo la nazionalità ».
Quali sarebbero i Paesi coinvolti dal vostro piano di reinsediamenti?
«Molti di quelli in cui li facciamo già . Penso al Kenya e all’Etiopia, che ospitano i rifugiati somali. O all’Africa occidentale, per esempio: Niger, Burkina Faso, Ciad, Sudan… Non solo dobbiamo evitare che queste persone attraversino il Mediterraneo, ma anche che si mettano in marcia nel deserto. Intervenire in Libia è già tardi».
Ma in Libia già oggi ci sono quasi 300 mila migranti: ci sarebbero le condizioni per allestire punti in cui vagliare lì le domande d’asilo?
«È uno dei nostri obiettivi e infatti abbiamo deciso di aumentare la nostra presenza. Ma la situazione è molto complicata dal punto di vista della sicurezza. In Libia bisogna uscire dalla logica dei centri di detenzione e stabilire dei centri di accoglienza in cui aiutare queste persone a trovare delle soluzioni».
Non tutti però hanno i requisiti per l’asilo: che fare con gli altri?
«Bisogna far funzionare i programmi di rimpatrio. Finora sono gestiti su base bilaterale, servirebbe una maggiore coesione a livello europeo. Anche se tutto non si può risolvere con i reinsediamenti e i rimpatri…».
Servono canali di immigrazione regolare?
«Premetto che questa non è la mia materia, visto che io mi occupo di rifugiati. Però i Paesi europei dovrebbero trovare il coraggio di stabilire quote organizzate per le migrazioni regolari. Bisogna capire che la gente emigra comunque. E se non ci sono vie legali, continuerà a farlo nell’illegalità . Anzi, se l’unica via legale che offriamo è quella del diritto d’asilo, chiunque cercherà di infilarsi lì. Con il rischio di logorare il sistema».
In Italia si parla della possibilità di rilasciare visti per ragioni umanitarie: ci sono le condizioni?
«Non ne abbiamo parlato a Bruxelles, nessuno l’ha richiesto ufficialmente. Io sono a favore di un più equo sistema di sbarchi, per ridurre la pressione sull’Italia. Però qualsiasi iniziativa deve passare da un accordo collettivo. Le azioni unilaterali rischiano di non essere sostenibili».
(da “La Stampa”)
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Luglio 18th, 2017 Riccardo Fucile
SOLO IL 24% DEGLI AMERICANI E’ D’ACCORDO CON TRUMP
Nuova pesante sconfitta di Donald Trump sulla Sanità : altri due senatori repubblicani hanno
dichiarato la loro opposizione al nuovo testo, affondando definitivamente la riforma.
Il senatore Mike Lee dello Utah e il senatore Jerry Moran del Kansas hanno dato il colpo di grazia al progetto di riforma, annunciando che avrebbero votato contro l’ennesima versione sviluppata dai leader della maggioranza, che hanno cercato invano di conciliare le sue fazioni conservatrici e moderate.
In tutto, quattro dei 52 senatori repubblicani hanno dichiarato la loro opposizione, mentre occorrono almeno 50 voti per approvare la riforma.
Donald Trump, in un tweet, ha chiesto ai parlamentari di adottare una soluzione radicale di cambiamento: abrogare totalmente l’Obamacare, la legge di Obama sulla copertura sanitaria, rinviando lo sviluppo di un ipotetico testo sostitutivo.
“I repubblicani dovrebbe abrogare Obamacare adesso e ripartire da zero per sviluppare un nuovo piano sulla sanità . I democratici si uniranno a loro!”, ha scritto Trump su Twitter.
I democratici hanno chiesto ieri notte ai loro avversari politici di rinunciare per sempre al loro progetto di riforma sanitaria.
“Invece di ripetere lo stesso processo di parte, i repubblicani devono ripartire da zero e trovare un accordo con i democratici”, ha detto Chuck Schumer, uno dei principali senatori democratici.
Intanto, secondo un sondaggio pubblicato dal Washington Post, la metà degli americani continua a preferire l’Obamacare al progetto repubblicano, che riscuote solo il 24% delle preferenze delle persone interpellate.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 18th, 2017 Riccardo Fucile
RUSSIAN LGBT NETWORK RACCONTA LA NUOVA ONDATA DI REPRESSIONE… MENTRE ALTRI PAESI EUROPEI COLLABORANO IL NOSTRO GOVERNO SUI DIRITTI UMANI VIOLATI TACE VERGOGNOSAMENTE
Continua a scorrere sangue in Cecenia.
Lo racconta a HuffPost Italia, un portavoce di Russian Lgbt Network, la semiclandestina associazione di attivisti Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) che si sta occupando dei superstiti e raccoglie le denunce sulle prigioni segrete dove vengono torturate le persone accusate di essere omosessuali.
Il portavoce ci chiede di mantenere l’anonimato: “Fa parte del protocollo di sicurezza”, spiega. Cautela è la parola d’ordine. Elena Milashina, la giornalista di Novaya Gazeta che a Huffpost denunciò l’inferno delle purghe cecene oggi vive sotto protezione in un luogo segreto. “La Russia — scriveva Anna Politoskaja- continua a permettere che esista un angolo del Paese dove i diritti civili non esistono. Se solo il mondo potesse vedere”. Era il 2002.
Quindici anni dopo a mostrare al mondo l’orrore ceceno, insieme alle inchieste di Novaya Gazeta, c’è l’associazione russa LGBT Network che ha anche organizzato un piano di evacuazione per le vittime: “Sessanta persone sono riuscite a fuggire verso altri paesi” spiegano: “Ma l’Italia non ha ancor mosso un dito”.
Cosa sta succedendo in Cecenia distanza di tre mesi dall’inchiesta di Novaya Gazeta che denunciava torture e uccisioni di persone “sospettate” di essere omosessuali?
Al momento Russian LGBT Network può confermare con certezza che tre omosessuali sono morti. Dall’inizio di aprile più di 120 persone hanno chiesto aiuto e 60 sono riusciti a fuggire da questo inferno, 27 hanno trovato asilo fuori dalla Russia. Se all’inizio pensavamo che la persecuzione si fosse fermata, adesso possiamo affermare che persone LGBT sono di nuovo sotto attacco, arrestate e torturate. Abbiamo prove che le autorità cecene stiano minacciando non solo le vittime ma anche i familiari.
Eppure la Russia ha avviato un’indagine su quello che sta accadendo, giusto?
Le forze dell’ordine della Federazione Russa continuano a restare in silenzio. Devono ancora comunicare diverse informazioni sul processo di indagine. Continueremo a fare del nostro meglio, pretendiamo un’indagine seria. Questi sono crimini contro l’umanità i responsabili devono pagare le conseguenze
Abbiamo letto su Novaya Gazeta, che 26 persone sono state uccise solo nel mese di gennaio. Senza un processo, seppelliti in fosse comuni. Erano tutti millenials Le notizie che ci arrivano però sono discordanti, cosa ci potete dire a riguardo?
Domenica 9 luglio Novaya Gazeta ha pubblicato un articolo affermando che dozzine di ragazzi sono stati giustiziati nella Repubblica Cecena nel mese di gennaio. Hanno pubblicato la lista dei nomi delle vittime. E dopo la questa pubblicazione è passato questo messaggio a livello internazionale: erano tutti omosessuali Riconosciamo che precedentemente il comitato investigativo russo ha ricevuto informazioni riguardo a persone assassinate in Cecenia (inclusi i nomi di uomini omosessuali). Per quanto ci riguarda, la lista di nomi inclusa in quella pubblicazione non include persone omosessuali.
Di recente durante un’intervista rilasciata al canale televisivo statunitense HBO per la trasmissione Real Sports, il leader ceceno Razman Kadyrov ha dichiarato: “Non abbiamo persone gay qui. Se ce ne sono portatele lontano da noi così non le avremo in casa”.
La solita retorica piena di odio. Non ci sorprende più.
Quello che avviene in Cecenia è chiaramente una violazione dei diritti umani come non si era mai vista, cosa dovrebbe fare la comunità internazionale?
Siamo grati alla comunità internazionale per quello che sta già facendo ma ci sono due cose importanti: abbiamo bisogno di di visti per permettere a questa gente di scappare dalla Cecenia. Abbiamo bisogno che l’attenzione dei media sulle autorità russe e sulla questione non cali, non venga meno.
Per quanto riguarda i visti che ha concede il nostro paese, ci può dire se qualche rifugiato ha chiesto asilo in Italia ?
A differenza di altri Stati europei, il governo italiano non ha mosso un dito per offrire asilo e protezione a chi ha bisogno.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Diritti civili | Commenta »