Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
BASTEREBBE ASCOLTARE TUTTO L’INTERVENTO DELL’EX MINISTRO PER CAPIRE COSA HA VERAMENTE DETTO… IL RUOLO FONDAMENTALE DI MARE NOSTRUM
Beppe Grillo oggi ha scoperto di avere delle simpatie per Emma Bonino e i Radicali. Perchè la Bonino ha “incastrato” Renzi sugli immigrati. Il MoVimento 5 Stelle ha condiviso lo spezzone di un’intervista registrata durante l’Assemblea generale Confartigianato Brescia e Lombardia Orientale che aveva come tema “Sessant’anni di Unione europea. Una scommessa per il futuro” e che si è svolta a Brescia lunedì 3 luglio 2017.
Nello spezzone infatti la Bonino dice che è stato tra il 2014 e il 2016 che il governo ha negoziato un accordo secondo il quale il coordinamento delle operazioni SAR doveva andare in mano alla Guardia Costiera.
Dal momento che in quegli anni al governo c’era Matteo Renzi per i 5 Stelle la colpa dell’invasione degli immigrati è di Renzi. Ma questo la Bonino non l’ha detto.
Perchè prima di toccare quell’aspetto l’ex ministro degli Esteri del governo Letta ha lungamente spiegato cosa c’è alla base degli attuali problemi che l’Unione Europea sta affrontando nel fronteggiare la crisi dei migranti.
Ma prima di procedere con l’analisi di quello che ha detto Emma Bonino è utile ricordare ai più distratti come funzionavano le cose nel Mediterraneo prima del 2014.
Dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014 fu attiva l’operazione Mare Nostrum.
Si trattò di un’operazione di salvataggio in mare dei migranti condotta dall’Aeronautica Militare e dalla Marina Militare.
A lanciare questa operazione umanitaria fu Enrico Letta ed Emma Bonino — ma questo non lo troverete nello spezzone pubblicato da Grillo — si dice “molto orgogliosa di Mare Nostrum” e spiega che l’operazione fu chiusa perchè costava troppo (9 milioni di euro). Sempre in quel periodo i deputati del MoVimento 5 Stelle avevano soprannominato la missione Mare Nostrum “Affare Nostrum” definendola una missione d’affari che solo in minima parte aveva salvato vite umane.
A prendere il posto di Mare Nostrum furono la missione Triton di Frontex, l’Agenzia europea di controllo delle frontiere della che Grillo puntualmente ha accusato di farci importare più immigrati e la missione Sophia nota anche come EUNAVFOR Med.
C’è da dire che Matteo Renzi ha davvero delle belle responsabilità . Una su tutte quella di aver fatto chiudere una missione di salvataggio in mare per sostituirla con una di pattugliamento.
Per tacere del fatto che Renzi e Alfano avevano promesso di chiedere (era il 2015) maggiore sostegno da parte dell’Europa.
Questi sono gli antefatti della situazione di cui Emma Bonino ha parlato a Brescia.
Chi fa finta che Mare Nostrum non sia mai esistita, e soprattutto omette il sostegno dato dalla Bonino all’operazione umanitaria non sta facendo informazione.
Ed è proprio dopo la chiusura di Mare Nostrum che nel Mediterraneo centrale hanno iniziato ad operare gli assetti navali delle ONG.
Le organizzazioni non governative infatti sono andate ad intervenire laddove lo Stato italiano e l’Europa non volevano più farlo.
La Convenzione di Amburgo del 1979 poi parla chiaro: le vite umane in pericolo vanno salvate. La stessa convenzione affida all’Italia una ben precisa area SAR che oggi comprende anche il tratto di mare tra l’Italia e la Libia.
Questo è dovuto soprattutto al fatto che gli assetti navali dei paesi “frontisti” (Tunisia, Libia ed Egitto) non sono sufficienti per operare.
L’intervista ad Emma Bonino merita di essere ascoltata tutta. Non solo quello spezzone in cui “dà la colpa a Renzi”.
Perchè che Renzi abbia fatto chiudere Mare Nostrum è cosa nota. Fingere di scoprirlo nel 2017 come se fosse uno scoop è solo una presa in giro nei confronti degli elettori.
Ma la Bonino ha parlato anche di un problema più ampio: quello di trovare un accordo a ventisette sulle politiche per le frontiere della UE.
Ma gli Stati europei hanno deciso di fa rimanere le politiche di difesa, la politica estera e quelle sull’immigrazione una questione nazionale. Inutile lamentarsi quindi che non ci sia abbastanza Europa.
L’esponente del Partito Radicale ha ricordato a tutti che negli accordi europei non ci può essere un vincitore che ottiene tutto quello che richiede, dagli aiuti alle banche alle regole sul fiscal compact passando per gli aiuti sui migranti. In un contesto europeo bisogna ragionare da membri di una federazione europea. E questo nè Grillo nè Renzi lo hanno capito e lo vogliono dire.
Ma Bonino dice anche un’altra cosa importante: in Libia ci ci sono 700 mila persone che sono stipate, chiuse e recluse dentro veri e propri lager — questo il termine usato dall’ambasciatore tedesco.
Fino ad ora a tutti ha fatto comodo fare finta che quel problema non esistesse. Bonino ha parlato anche della situazione degli immigrati irregolari, chiedendo una soluzione per la loro regolarizzazione onde evitare che finiscano nelle mani della criminalità organizzata. L’ex ministra ha spiegato che a causa della Bossi Fini non c’è più alcun canale regolare per entrare in Italia: o si è rifugiati (e abbiamo visto le difficoltà dell’Italia a gestire il fenomeno) o non si può.
Ed è per questo che — spiega Bonino — tutti si fanno passare per rifugiati (parliamo di circa 300 mila persone). È così stravagante parlare di regolarizzazione di questi immigrati? chiede Bonino. No, è impopolare, e fa perdere le elezioni. E questo, stranamente, Grillo non lo dice.
La seconda questione è quella di cui parlavamo qualche giorno fa: intervenire nei paesi d’origine con misure strutturali di aiuto a quelle popolazioni che confinano con la UE, cosa che ovviamente richiederà molto tempo.
Emma Bonino ha concluso il suo intervento dicendo che ora come ora “bisogna gestire il problema” aggiungendo che “non si tratta nè di un’invasione nè di una catastrofe” (al contrario di quello che dicono in coro Renzi, Di Maio e Salvini).
È un problema appunto. E se la politica non è in grado di risolvere i problemi, allora a cosa serve?
Bella domanda, Emma.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
IL PREFETTO PER LO SVILUPPO UMANO CHIEDE ALLA UE UNA VISIONE IN GRANDE SULL’EMERGENZA
Il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, dal 31 agosto dell’anno scorso, è il prefetto del nuovo Dicastero voluto da Papa Francesco per lo sviluppo umano integrale , all’interno del quale c’è una sezione per i migranti di cui il Francesco ha mantenuto ad interim la guida.
In questa intervista ad Huffpost , alla vigilia del vertice di Tallin, parla della attuale crisi migratoria dall’Africa verso l’Europa e invita l’Europa a pensare in grande, a valutare il fenomeno con l’occhio rivolto alla storia.
Soprattutto a non prendere provvedimenti “privi di visione strategica e capacità “. perchè altrimenti “Così si crea solo conflitto sociale”. E aggiunge, riferendosi al Vaticano : “Noi siamo a disposizione di tutti coloro che vorranno avere un confronto serio su questo”.
È apparsa come una dichiarazione clamorosa, in controtendenza. È così?
“No, io ho detto che in Ghana – il mio Paese – non c’è la guerra, così come la guerra non c’è in altre regioni dell’Africa. E ho detto che occorre promuovere lo sviluppo umano integrale di tutti i popoli. Un “blocco” senza sviluppo umano, senza governo serio delle cose, è un provvedimento miope e negativo. Occorre conoscere e occorre distinguere. Il continente africano è molto diversificato. Non si può continuare a parlare di Africa come se fosse un corpo uniforme: un monolite! Così, una cosa è se le persone fuggono dalla guerra; un’altra è se le persone fuggono per perchè non c’è lavoro, alla ricerca della possibilità di vivere in modo dignitoso. Nel primo caso, occorre costruire una vera pace; nel secondo occorre cambiare il paradigma di sviluppo. Poi, l’esito finale dei due casi deve essere lo sviluppo umano integrale, cioè la centralità della dignità umana, che va sempre insieme con la libertà e la giustizia”.
Papa Francesco ha rilanciato il suo appello all’Europa per una “cultura dell’accoglienza e della solidarietà ” verso i migranti, ma in questi giorni l’Europa sembra lasciar sola l’Italia gestire gli sbarchi, nè sta finanziando il piano Africa. La soluzione del problema migrazione è in Europa o in Africa?
È in Europa ed è in Africa. C’è un enorme ritardo su una visione culturale, e quindi poi anche politica, su questo fenomeno storico di enorme e tragica portata. Una politica comune e una visione culturale alta e storica su questo fenomeno potrà aiutare l’Europa ad alzare la testa come modello di pace, giustizia e libertà . Occorre coraggio e onestà . Ricordo i discorsi di Papa Francesco al Parlamento europeo. Un’Europa barricata in se stessa, senza afflato ideale, non è più Europa, e così non è Europa un continente che non ha una visione comunitaria e responsabile. Occorre, invece, urgentemente che l’Europa torni ad essere Europa. Adenauer, Schumann e De Gasperi cosa avrebbero fatto oggi? Avrebbero agito in base a una cultura politica alta e concreta”.
Due economisti americani hanno affermato in un lavoro scientifico recente che il Mediterraneo sarà il nuovo Rio Grande della Storia: gli africani devono essere messi in condizione di restare nella loro terra?
“In Occidente sembra che non si riesca ad andare oltre due visioni che poi alcuni politici esasperano per trarre vantaggi elettorali. La visione per la quale ognuno deve restare a casa propria e occorre costruire muri, e la visione in base alla quale occorre ricevere in modo disordinato. Sono entrambe visioni sbagliate, incomplete, non ragionate, e vecchie, figli di cascami ideologici del passato. Noi proponiamo una via ulteriore che mette al centro la persona, cioè tutte le persone con i loro diritti e i loro doveri in vista del bene comune. Gli africani devono essere messi in condizione e devono trovare il modo di mettersi essi stessi in condizione di crescere. La domanda è: come procedere lì se imperversano la corruzione, le bande criminali, gli interessi dei Paesi esteri e molto altro? Occorre una presa di coscienza forte delle opinioni pubbliche, dei governi e degli attori economici per un’azione comune e pubblica. La Chiesa fa già molto sul campo”.
Il Washington Post nei giorni scorsi ha riferito cifre da esodo biblico, che potrebbero coinvolgere fino a cento milioni di persone.
“Persone, appunto. Parliamo di persone sia quando parliamo dei migranti e delle loro famiglie, e parliamo di persone quando ci riferiamo a cittadini costretti alla pressione migratoria da provvedimenti privi di visione strategica e capacità . Così si crea solo conflitto sociale. Il ritardo di cui parlavo è legato alla non comprensione profonda del movimento dei popoli legato al modo con cui oggi il mondo è organizzato. Non bastano visioni regionali: ci vuole una visione globale. Noi siamo a disposizione di tutti coloro che vorranno avere un confronto serio su questo. Occorre affrontare la questione in modo molto serio e concreto, così come ha detto Papa Francesco”.
Il professor Collier dell’Università di Oxford ha sottolineato che le migrazioni sono doppiamente ingiuste: privano i paesi di provenienza delle persone più giovani, togliendo il futuro al loro paese: concorda?
“Questo è uno degli aspetti più rilevanti di un’ingiustizia molto più grande che il professor Collier conosce”.
Torniamo all’Europa, cosa si sente di dire alle istituzioni Ue e agli europei?
“Di essere veramente ambiziosi: di guardare all’idea di Europa e di guardare alla storia, non al momento. È in gioco il destino dell’umanità . È in gioco l’idea stessa di essere umano”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
DA UN LATO CHIUDE LE FONTANELLE, DALL’ALTRO DISPENSA CONSIGLI SCONTATI
Dimostrando grandissima sensibilità come suo costume, il Comune di Roma ha pubblicizzato con dei manifesti il Piano Caldo per l’Estate 2017, con una serie di “consigli spassionati per ex giovani”, ovvero per gli anziani: uscire di casa nelle ore meno calde, bagnare viso, braccia e polsi, idratarsi e bere molto, rinfrescare gli ambienti, ridurre l’attività fisica.
Il manifesto indica anche che c’è un numero verde disponibile h24 per chi avesse bisogno d’aiuto: 800.44.00.22.
Ma qualcuno su Facebook si è accorto di una stranezza: «A ben approfondire ,si tratta del consueto numero verde della Sala operativa sociale ,niente di più di quello che accade in ogni giorno dell’anno. Siamo molto lontani da un progetto coordinato ,con unità operative che abbiano la possibilità di arrivare anche fisicamente dove esistono i più deboli ;da notare anche il mancato inserimento di luoghi di aggregazione organizzati e resi pubblici».
C’è anche chi, come la giornalista ed ex consigliera comunale Erica Battaglia, ha chiamato il numero e ha riferito la risposta:
Come amministratore proverei disagio a dover comunicare che il Piano Caldo 2017 non prevede l’avvio dei #PuntiBlu se non nei Municipi I, III, V e VII; le #Oasi sono limitate ad una Oasi e sono aperte solo agli anziani delle strutture residenziali di Roma Capitale, dei centri Alzheimer (ditemi quanti sono e vincete) e dei progetti sperimentali di convivenza (che non so cosa siano, giuro); i 149 #CentriAnziani romani non sono minimamente coinvolti della territorializzazione degli interventi. Giustamente un anziano solo, se ha bisogno, può chiamare la Sala Operativa Sociale: un “innovativo” servizio di Roma Capitale darà a lui #ConsigliSpassionati quali non uscire nelle ore calde, rinfrescare gli ambienti, bere molto e tenere al fresco i farmaci. Che poi #ExGiovani è proprio da mattacchioni creativi, eh? Quasi quasi fa anche ridere, se non fosse che la Capitale in questa già troppo calda estate 2017 dimentica quanti — per età e malattia — passeranno luglio e agosto da soli dentro casa! Comunque se lasciate la mail, vi mandano il bollettino con le ondate di calore!
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
LA SUA PROPOSTA: MIGRATION COMPACT, INDUSTRIA 4.0, MADE IN ITALY E TURISMO
In un intervento sul Foglio, il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda fa il punto sui risultati ottenuti negli ultimi anni di governo e sulle prospettive di crescita per l’Italia.
Calenda spiega che solo parte del paese è tornata a crescere e aggiunge che “questa porzione d’Italia resta troppo limitata e non riesce a trascinare con se il resto del paese.”
Dunque, il “divario che va crescendo, tra vincenti e perdenti” fa in modo che stia “riemergendo una ‘questione settentrionale’ per ora solo economica e sociale, che rischia però di ritrovare in autunno una dimensione politica.
Il paese ha solo parzialmente ‘cambiato verso’ e permangono molte fragilità e anomalie che frenano lo sviluppo”.
Secondo il ministro, la grande sfida che aspetta l’Italia nei prossimi anni sarà quella di “convincere gli investitori a darci spazi di manovra per varare provvedimenti a favore della crescita”.
Un eventuale fallimento, spiega Calenda, non sarebbe più tollerabile perchè “non potremmo più contare sul sostegno Usa, come accadde durante l’ultima crisi dei debiti sovrani. Nè tantomeno possiamo pensare che Macron tutelerà l’interesse dell’Italia in Europa”.
Inoltre, la crisi dei migranti, di cui l’Italia è diventato il principale punto d’ingresso in Europa, può “rafforzare la percezione del paese come anello debole, non solo finanziario, del continente” aggiunge il ministro.
Dopo una lunga diagnosi dei problemi, Calenda propone delle soluzioni.
Sul tema migranti, il ministro sostiene che sia “indispensabile portare l’Europa a varare finalmente quel ‘migration compact’…che affronta il problema delle migrazioni alla radice, e per il quale occorrono svariati miliardi di euro all’anno, che possono uscire solo dal bilancio comune di un’Europa nuova”.
Per quanto riguarda le sfide dell’economia politica, Calenda sottolinea il bisogno di un modello liberale che stimoli la crescita: “Il nostro obiettivo deve essere quello di catturare definitivamente la domanda internazionale di beni, servizi, turismo e cultura. Aumentare il rapporto tra esportazioni e Pil di 20 punti percentuali, come ha fatto la Germania grazie soprattutto alle riforme dell’era Schroeder, implica concentrare ogni euro disponibile su imprese, lavoro e competitività del paese. Dobbiamo sostenere e accelerare questa transizione verso un ‘modello tedesco’”.
Intervenendo sul “come” realizzare questo obiettivo, Calenda cita alcune misure effettuate dai governi Renzi e Gentiloni che andrebbero portate avanti nei prossimi anni: “Sostegno fiscali agli investimenti privati, all’innovazione e all’internazionalizzazione, ampliando il piano industria 4.0 e quello sul made in Italy, un taglio deciso del cuneo fiscale e contributivo a partire dai giovani, un investimento serio sulla formazione professionale e sulle altre politiche attive, il definitivo superamento di un modello contrattuale vecchio che raramente tiene conto di produttività , welfare aziendale e formazione”.
Calenda conclude il suo intervento auspicando che “tutte le forze politiche non sfasciste ma soprattutto il Partito democratico , il suo segretario e il presidente del Consiglio che nè è espressione” possano portare avanti un “progetto inclusivo e di ampio respiro, che già ha trovato alcuni importanti riscontri nell’azione degli ultimi Esecutivi ma che stenta a divenire racconto pubblico e visione politica”.
Aggiunge il ministro, “che per fare questo bisogna chiudere la fase di rottamazione…che ha stancato il paese e indebolito una leadership e un percorso di governo che hanno più meriti di quelli che oggi vengono generalmente riconosciuti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
L’APPELLO ALL’ITALIA CIVILE, UNITA CHE RENDE GIUSTIZIA E DIGNITA’ A TUTTI I SUOI FIGLI
Siamo gli #italianisenzacittadinanza, un milione di vite sospese in attesa di questo diritto, movimento che dà voce i tutti i bambini e giovani nati e/o cresciuti in Italia, ma non riconosciuti figli di questo Paese.
La battaglia di civiltà che stiamo portando avanti che speriamo possa culminare con l’approvazione della Riforma sulla Cittadinanza, la quale ultimamente è stata al centro del dibattito politico.
Siamo più di un milione di italiani non riconosciuti che attendono di uscire dal limbo della nostra società . Sono quasi due anni che attendiamo l’approvazione della riforma, ostacolata da ostruzionismi e scarsa volontà politica.
Non vogliamo più continuare a subire restando indifferenti, vogliamo lanciare un forte segnale che porti la nostra politica a guardare in faccia una realtà ben consolidata e ad avere il coraggio di cambiare l’attuale legge.
Peraltro si tratterebbe di un’integrazione della normativa vigente, e non un’eccelsa riforma o rivoluzione come spesso descrivono per distorcere la realtà dei fatti, e strumentalizzare la questione al fine di “tirare voti” in favore o contro, in questo clima di eterna propaganda.
Questa riforma è buon senso e civiltà , che adegua la legge alle attuali istanze sociali, grazie all’introduzione dello Ius Soli temperato e allo Ius Culturae.
Pertanto ci appelliamo a tutti voi affinchè possiate unirvi nella nostra lotta che è anche battaglia di tutti per un’Italia civile, unita, che rende giustizia e dignità a tutti i suoi figli. Chiunque può aderire alla nostra petizione di civiltà . Oltre 40mila italiani hanno già firmato!
Questo è un’ulteriore strumento per far valere la nostra causa e i diritti delle seconde generazioni in Italia, diritti di italiani di fatto.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
“L’ESPRESSO” E’ TORNATO NELLE CAMPAGNE DEL RAGUSANO DOVE DUE ANNI FA AVEVA SCOPERTO LE CONDIZIONI DI VITA DI CENTINAIA DI DONNE DELL’EST IMPIEGATE NELL’AGRICOLTURA… E LA REALTA’ E’ ANCORA PEGGIORATA
«Se il fenomeno non esiste, allora molti bambini sono nati per opera dello Spirito Santo…». Don Beniamino Sacco è il parroco che per primo parlò dello sfruttamento sessuale delle romene nelle campagne del ragusano. Oggi risponde con questa amara battuta a quelli che ancora negano.
Due anni fa L’Espresso denunciò quell’orrore . Intervennero i governi di Romania e Italia. La commissione per i Diritti umani del Senato avviò un’indagine conoscitiva. Dieci deputati presentarono due diverse interrogazioni parlamentari. La Prefettura convocò Procura, sindaci e forze dell’ordine.
Seguirono retate, tavoli di lavoro e convegni istituzionali. Tutti presero impegni solenni.
Siamo tornati a Vittoria, in provincia di Ragusa. E abbiamo trovato una realtà se possibile peggiorata. «Chi ha sbagliato deve pagare», ci dice il nuovo sindaco, Giovanni Moscato. Ma ribadisce che «non ci sono denunce».
«Se pretendiamo di valutare la gravità del fenomeno dal numero delle denunce delle donne romene significa che abbiamo deciso di non aggredirlo. Nessuna di loro, in assenza di alternative lavorative e vivendo in una condizione di totale segregazione fisica e sociale, andrà coi suoi piedi a sporgere denuncia», spiega Alessandra Sciurba, ricercatrice universitaria.
I dati dell’Asp di Ragusa sono angoscianti. Il numero di interruzioni di gravidanza di romene è spaventoso. Costante negli anni. Centoundici nel 2016, 119 nel 2015. Rappresentano il 19 per cento del totale della provincia.
Il dato è enormemente superiore rispetto a quello delle italiane. Ed è sottostimato: c’è chi ricorre a metodi artigianali, chi torna in Romania ad abortire. Numeri che sono la spia di un’emergenza mai finita.
I “festini agricoli” anche su Facebook
«Alla prima marcia antimafia, trent’anni fa, eravamo io e il mio cane. All’ultima c’era tutto il quartiere», racconta don Beniamino. Siamo nel rione Forcone di Vittoria, cubi di cemento e mattoni forati: la storica roccaforte della criminalità locale.
La sua parrocchia è un simbolo di resistenza. All’improvviso, però, confessa di essere stanco. Stanco di sentirsi dire «chi te lo fa fare», di ascoltare che «le romene se la vanno a cercare». Oggi il territorio si è chiuso a riccio. «Senza generalizzare, ci sono frange della nostra realtà economica dove tutto è consentito», spiega.
C’è ancora chi nega i “festini agricoli”. Ormai le foto si trovano su Facebook.
Tra teli di plastica e rifiuti tossici sono nate inquietanti discoteche romene in piena campagna.
Le immagini mostrano donne seminude e improbabili dj che vengono dall’Est. Poi ci sono i festini dei padroni locali. «Si riuniscono più persone, si mangia, si beve, si fa del sesso», spiega don Beniamino. «La donna di turno deve fare buon viso a cattivo gioco. Tante romene sono lavoratrici con alle spalle situazioni difficili, spesso devono mantenere i figli in Italia o in Romania. Ma la promessa di dieci euro in più diventa una mortificazione».
«Ho visto donne che in una prima fase sono estremamente consapevoli dell’ingiustizia che stanno subendo», dice la ricercatrice Sciurba. «È una decisione che mai nessuna donna dovrebbe essere costretta a prendere: annullare sè stessa per dare un futuro ai figli. In una seconda fase subentra spesso una sorta di adattamento alla brutalità ».
«I romeni sono tanti ma non sono una vera comunità », spiega don Beniamino. «Non hanno punti di riferimento o luoghi d’incontro».
Anche il sindacato parla del deterioramento all’interno della comunità romena: «Abbiamo segnali preoccupanti. Sta crescendo un caporalato degli alloggi, dei trasporti e dell’intermediazione lavorativa usato anche da grandi aziende», denuncia Peppe Scifo della Cgil.
Sabato pomeriggio il piazzale dei supermercati si riempie di donne che dalle campagne vanno a comprare tutto il necessario per la settimana. Con passaggi di fortuna o pagando un tassista improvvisato, escono dall’isolamento. Per qualche ora.
Anche la Caritas racconta la segregazione vissuta dai lavoratori delle campagne: «Vivono in baracche, garage, magazzini per gli attrezzi e vecchie gabbie adattate ad abitazione, coperte di plastica o eternit. La presenza umana è rivelata solo dai fili per stendere il bucato o dalle antenne satellitari».
Sono case messe loro a disposizione all’interno delle proprietà agricole. Vivendo lì, si fa anche vigilanza notturna. Un’altra prestazione lavorativa con beffa: l’affitto viene detratto dal salario.
«Ci sarà un’esplosione», profetizza Don Beniamino. Si riferisce al contrasto tra la violenza diffusa sul territorio e il silenzio delle comunità .
In poche settimane, da febbraio in poi, tutti sono stati colpiti: romeni, tunisini, italiani. Lo scorso febbraio fiamme alte annunciavano l’incendio di quattro tir nei pressi del mercato ortofrutticolo. È il più grande del Meridione e quindi anche al centro degli appetiti mafiosi, specialmente per quanto riguarda trasporti e imballaggi. Poteva finire in tragedia. Dentro un camion c’era l’autista, che se l’è cavata con gravi ustioni.
Ad aprile, in contrada Pozzo Bollente, hanno trovato un cadavere in una discarica col cranio fracassato. Era un tunisino ucciso da due lavoratori romeni.
Le vittime avevano venduto autonomamente nove cassette di fagiolini per recuperare le giornate lavorative non pagate.
Una violenta lite aveva risolto la questione, conclusa con un primo colpo di spranga di ferro alla testa e un secondo mortale. Sempre ad aprile, un capannone che produceva materiali di plastica per confezionare gli ortaggi è stato incendiato.
Questo clima di follia collettiva non ha risparmiato neppure la Caritas. Il centro di Marina di Acate, presidio a sostegno dei lavoratori, è stato vandalizzato all’inizio di marzo dopo una trasmissione radiofonica. Il tema? Le agromafie.
Suleyman prende la bicicletta e torna verso il Cas (Centro di Accoglienza Straordinaria), una sigla ormai nota in Sicilia.
È lì che sta nascendo un nuovo caporalato. Il Cas può essere un piccolo albergo, un posto per anziani, un casolare nel nulla. Qui i migranti attendono la risposta alla richiesta d’asilo che hanno presentato. I più fortunati aspettano un anno, chi presenta ricorso può doverne attendere anche quattro.
In un centro sperduto nelle campagne incontriamo persone molto diverse tra loro.
C’è chi è sopravvissuto al Mediterraneo, chi ha perso l’equilibrio mentale dopo le torture subite in Libia.
Tutti vogliono mandare i soldi a casa. Nelle campagne si prende quello che offrono i caporali. I numeri non sono enormi – si parla di un centinaio di persone – e hanno abbassato ulteriormente il costo del lavoro. «Tanto hai da mangiare e da dormire», dicono i padroni.
Se qualche anno fa i tunisini sindacalizzati prendevano cinquanta euro al giorno, oggi siamo arrivati a sette o dieci con gli africani in attesa d’asilo. A fine giornata, c’è gente pagata con una manciata di monete.
«Purtroppo anche quelli che lavorano onestamente sono stati mortificati», dice don Beniamino. «Conosco chi ha subito blitz con trenta agenti. Senza che sia stato trovato niente». Abbiamo ascoltato anche la voce degli imprenditori ragusani. Non accettano generalizzazioni. Ribadiscono che la situazione è disperata. Aziende fallite, aste giudiziarie e code alla mensa parrocchiale.
Alcuni provano a competere con l’ipertecnologia. Serre idroponiche, cioè piante irrigate con una soluzione nutritiva e suolo sostituito con lana di roccia. Sostanze chimiche che irrorano le coltivazioni. Semi selezionati nei laboratori di genetica israeliani per inventare prodotti adatti al gusto del consumatore nordeuropeo (forma, colore, grado zuccherino).
Qualcuno punta a vendere un immaginario (il sole, il Mediterraneo, il buon vivere) e la qualità del prodotto. C’è un’impresa che per evidenziare la propria eticità e marcare la differenza scrive sul sito aziendale: «Abbiamo solo lavoratori italiani».
Ma, dal sindaco all’ultimo produttore, tutti puntano il dito sulla differenza di prezzo tra la serra e il bancone del supermercato. «Negli ultimi anni il nostro prodotto è stato venduto a trenta o quaranta centesimi al chilo e nei banconi dei supermercati lo trovavamo anche a otto euro», denuncia Giovanni Moscato, peraltro anche lui vittima di intimidazioni.
Eletto da pochi mesi, è un giovane avvocato proveniente da Fratelli d’Italia. È il primo sindaco anticomunista a Vittoria, già cuore rosso della Sicilia. Ha iniziato una piccola rivoluzione, imponendo il controllo degli accessi al mercato ortofrutticolo. Prima entrava chiunque. Moscato ci accoglie nel palazzo barocco del Municipio parlando degli enormi interessi che vanno dalle cooperative fino alla Lidl.
Ci sono vicende che sembrano dargli ragione. Nel 2012, l’imprenditore Maurizio Ciaculli ha scoperto una confezione di melanzane, probabilmente spagnole, sul bancone di un supermercato. Erano impacchettate col suo marchio, ma non erano prodotte dalla sua azienda. Meravigliato, ha denunciato la frode. Soltanto lo scorso febbraio si è tenuta un’udienza. Ma le minacce sono arrivate subito. Un’auto bruciata, biglietti intimidatori e un gatto morto davanti casa.
(da “L’Espresso”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
LA CAMERA RESTITUISCE ASSEGNO E ARRETRATI A TRE EX DEPUTATI, LO PREVEDE IL REGOLAMENTO QUANDO IL TRIBUNALE CONCEDE IL RAVVEDIMENTO
Gianstefano Frigerio lo deve sapere: non tutto è perduto. Magari si tratterà di aspettare qualche anno, ma la sentenza di riabilitazione prima o poi arriverà . E allora il vitalizio da 2.200 euro netti al mese che il Parlamento gli ha revocato ieri, dopo l’ultima condanna definitiva a tre anni e 4 mesi per le tangenti dell’Expo 2015 che ha patteggiato a fine 2014, tornerà a correre. Con tanto di arretrati.
Per avere conferma, chiedere ai tre che si sono visti restituire l’assegno mentre la Camera lo toglieva all’ex collettore delle tangenti Dc che fu in seguito ascoltato consigliere di Silvio Berlusconi.
Massimo Abbatangelo, per esempio. Deputato missino per quattro legislature fu accusato della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984, quando sedeva a Montecitorio ormai da cinque anni.
Da questa gravissima imputazione venne assolto dalla Corte d’Assise di Firenze in appello nel 1994, dopo che in primo grado aveva preso l’ergastolo. Ma si beccò comunque sei anni per detenzione di esplosivo: e il conto la Camera glielo ha presentato nel 2015.
Il 9 luglio di due anni fa l’ufficio di presidenza di Montecitorio gli ha revocato un vitalizio che secondo i dati rivelati da Primo Di Nicola sull’Espresso ammontava nel 2013 a 4.676 euro netti al mese.
A ben ventuno anni di distanza dalla condanna e anche dopo ventuno anni di assegni: i vecchi regolamenti stabilivano infatti che un deputato con quattro legislature alle spalle potesse incassare senza limiti di età . E allora Abbatangelo, che si presentò con Alleanza nazionale alle politiche del 1994 per la quinta volta risultando però il primo dei non eletti, non aveva che 51 anni.
Due primavere di astinenza e adesso per lui torna il vitalizio, nel frattempo pure lievitato a 5.600 euro: il 27 gennaio 2016 ha presentato istanza di riabilitazione, che gli è stata ovviamente concessa, e la sanzione è improvvisamente evaporata. E insieme al vitalizio, tornano anche gli arretrati. Il conto è facile.
Basta moltiplicare 5.600 per 17: tanti sono i mesi trascorsi dalla domanda presentata al tribunale di sorveglianza alla decisione presa ieri dall’ufficio di presidenza della Camera.
Per l’ex democristiano Giuseppe Astone, che si era visto anch’egli revocare nel luglio 2015 il vitalizio cresciuto oggi fino a 5.200 euro netti al mese (causa una condanna a 5 anni e 10 mesi) gli arretrati ammontano invece a circa metà , considerato che la domanda di riabilitazione è partita solo il 4 ottobre 2016.
Mentre il terzo ex onorevole al quale è stato ieri restituito il vitalizio, Massimo De Carolis (condanna a 2 anni e 8 mesi), si dovrà accontentare di una somma prossima ai 40 mila euro: l’assegno al quale ha nuovamente diritto è nel suo caso di poco superiore a 3.000 euro netti mensili, e l’istanza al tribunale è del 16 maggio 2016.
Le regole parlano chiaro: l’assegno viene tolto ai parlamentari condannati in via definitiva a pene di oltre due anni. Ma lo stesso regolamento che il Parlamento ha approvato nel maggio del 2015 prevede una via d’uscita che lo rende di fatto inutile.
Il comma 3 dell’articolo 1 dice che le “disposizioni non si applicano qualora sia intervenuta riabilitazione in base agli articoli 683 del codice di procedura penale, 178 e 179 del codice penale”.
È un istituto, questo, previsto dal nostro sistema giudiziario, con il quale a fine pena il tribunale di sorveglianza può certificare il “ravvedimento” del condannato.
Una certificazione raramente negata a qualcuno: figuriamoci a chi ha occupato per anni un seggio in Parlamento. Il che però finisce per rappresentare una sanatoria generalizzata.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
“L’HANNO CHIESTO I PROPRIETARI”…MA L’AMMINISTRATRICE NEGA
Quel cartello riapre una ferita che si pensava dimenticata. Come quella città che sessant’anni fa appendeva ai muri gli annunci per affittare gli appartamenti a tutti, ad esclusione dei meridionali.
Cancellata: dalla sua storia e dallo sviluppo di una Torino che oggi è volta, con orgoglio, all’accoglienza e al dialogo con chi cerca un futuro migliore. Fino a ieri. Quando in corso Regina Margherita 205, sulla facciata di un palazzo signorile anni Cinquanta, è stato scovato un cartello, affisso qualche settimana precedente, con l’offerta immobiliare dove la parola «Affittasi alloggio» è stata un’altra volta associata ad una clausola che fa inorridire: «solo a persone non straniere». Riportando alla memoria un passato che sembrava accantonato.
LE TELEFONATE DI CHIARIMENTO
Il cartello non è passato inosservato è ed è stato staccato nel pomeriggio dopo le telefonate di chiarimento. «Quando l’ho visto ho provato a chiedere inutilmente spiegazioni a quel numero. Sarà che sono calabrese e studentessa di migrazioni, ma è una vergogna», dice Rita Sanzi, cronista freelance.
Sensazione condivisa con chi abita nello stabile. Elegante portone di legno, androne in marmo con un mosaico con l’iscrizione «salve» che, evidentemente, non è per tutti. Come conferma la signora Florina, in visita ad un’amica che risiede al piano terra, che racconta: «Ad una mia connazionale, con un lavoro e i documenti, ho inviato l’annuncio perchè sapevo che cercava casa. Ma le hanno ripetuto che non vogliono stranieri».
IL PARADOSSO
Un paradosso per questo palazzo che ha un citofono che sembra un mappamondo. La metà dei nomi richiamano l’Est Europa, poi ci sono due cinesi e i nomi di famiglie maghrebine. «Sono quelli del secondo piano che sono fuggiti senza risanare il debito. Qui, ogni anno, c’è qualcuno che fa così», dice una signora che abita qualche piano più in su.
Ma al di là delle recriminazioni, il palazzo è la fotografia del quartiere di San Donato. Ex borgo operaio dove un quinto dei residenti non è italiano, percentuale più alta della media cittadina. «È stata una mia idea per evitare che venissi contattato a qualsiasi ora da persone straniere, interessate all’alloggio, a cui la proprietà non intende affittare», spiega Livio, giovane agente dell’agenzia immobiliare di Moncalieri a cui si è rivolta la proprietà del palazzo. –
Ua spiegazione rinnegata dall’amministratrice della stabile, Fulvia Salvatico. «Ci sono state difficoltà con alcuni inquilini stranieri che si sono rivolti anche ai centri sociali per evitare lo sfratto, ma il problema della morosità non ha nazionalità . E non ci siamo mai sognati di chiedere di non affittare agli stranieri».
Anche perchè i paradossi sono dietro l’angolo, come svela l’inquilino al piano terra, Carlo Gazzola, 80 anni, ex operaio della Fiat che abita da 35 anni in corso Regina. «La proprietaria è una signora italiana nata negli Usa». Immigrata pure lei in una città che non voleva gli stranieri.
(da “La Stampa”)
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Luglio 5th, 2017 Riccardo Fucile
UN SINDACO INDEGNO CHE NON HA NEANCHE LA DIGNITA’ DI DIMETTERSI
Metti un branco di minorenni che per mesi stupra una ragazza di 15 anni, tieni conto che il sentimento diffuso nel paese di Pimonte è quello di non parlare davanti alle telecamere (con un atteggiamento che evoca una sorta di comprensione di massa), quindi, aggiungi che viene registrato il sindaco del luogo, il quale definisce il crimine come una “bambinata” e, ti ritroverai dritto dritto nel belpaese del machismo più sfrontato e solidale con i “poveri” ragazzini violentatori.
Ci penseranno, speriamo presto, i giudici ad emettere le sentenze. Quello che non è possibile è la complicità , la comprensione per il tentativo paternalista di Michele Palummo, che appunto cerca di derubricare ciò che è accaduto, come fatto compiuto da minorenni che non si rendevano conto, magari buoni figli di famiglia.
Per la ragazza stuprata nemmeno una parola di solidarietà , un accenno, che dire, almeno di pietà .
Nulla, lei è, come dalla notte dei tempi, non la vittima, ma la tentazione peccaminosa in cui sono caduti i dodici innocenti.
Il dominio sul corpo delle donne, l’assalto sessuale, lo sfregio della vergogna che ricade tutto sulla vittima (che infatti scappa via dal paese per rifugiarsi in Germania con i genitori), si ripetono da millenni, sotto gli occhi della comunità dei maschi compiacenti, delle madri e mogli ammutolite dalla sottomissione, dalle istituzioni rappresentate da Palummo, che hanno già pronunciato l’assoluzione.
La legge, se i fatti saranno accertati e provati, speriamo sia applicata con rigore, ma rimane che dal profondo Sud, come dal profondo Nord italico, il messaggio è chiaro: i maschi continuano a sentirsi autorizzati a uccidere, violentare, perseguitare le donne.
Il sindaco ha deciso da che parte stare, interpretando il suo ruolo del buon padre di famiglia degli stupratori, quindi di complice morale della violenza sulle donne. un uomo del genere non dovrebbe rappresentare lo Stato in quel paese.
(da “Huffingtonpost”)
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