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HERROU E UN EURODEPUTATO ACCOMPAGNANO 200 PROFUGHI A NIZZA DOVE CHIEDONO ASILO, LA POLIZIA FRANCESE LI RIPORTA IN ITALIA E NOI NON SIAMO CAPACI DI OPPORCI

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

“CHIEDEREMO UN PROCEDIMENTO CONTRO LA FRANCIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, QUESTI RESPINGIMENTI SONO UNA CONTINUA VIOLAZIONE LEGALE”… MA MINNITI LA VOCE GROSSA LA FA SOLO CON LE ONG

Il contadino francese che aiuta i migranti Cedric Herrou, insieme all’eurodeputato ecologista Josè Bovè, il 24 luglio ha accompagnato oltre 200 migranti provenienti dalla Val Roya a Nizza perchè chiedessero asilo in Francia.
Circa 120 hanno poi preso il treno per raggiungere Marsiglia, ma sono stati fermati alla stazione di Cannes con un maxi-blitz della polizia che li ha portati al posto di frontiera di Menton Garavan, al confine tra Francia e Italia, quindi riconsegnati al nostro Paese.
Herrou è invece finito in una cella di sicurezza del commissariato di Cannes. Fermato il 24 sera, dovrebbe essere rilasciato nelle prossime ore.
I richiedenti asilo fermati a Cannes, in prevalenza provenienti da Sudan, Guinea, Eritrea e Ciad, sono stati fatti sedere a terra sui binari della stazione e guardati a vista prima di essere caricati su un pullman e riaccompagnati al posto di frontiera.
Sul posto erano presenti attivisti, avvocati e militanti di organizzazioni in difesa dei diritti umani, che però non sono potuti entrare in contatto con i migranti.
Dopo diverse ore di fermo a Menton Garavan, durante le quali è stato impedito a chiunque di avere informazioni e avvicinarsi ai container della frontiera, gli stranieri sono stati consegnati a piccoli gruppi alla polizia italiana, che li ha obbligati a dirigersi a piedi verso Ventimiglia.
Secondo alcune fonti sul posto, una parte del gruppo è invece stato caricato su pullman diretti a Taranto, come successo già  diverse volte nelle scorse settimane.
Si tratta dell’ennesimo respingimento forzato al confine tra Francia e Italia.
La differenza in questo caso è il numero: nella tarda mattinata di ieri circa 120 migranti, tutti provenienti dalla Val Roya, avevano raggiunto Nizza in treno con l’intenzione di chiedere asilo in Francia.
A metà  pomeriggio li aveva raggiunti un altro centinaio di migranti, sempre dalla Val Roya. Alla testa del gruppo c’era appunto Cedric Herrou, accompagnato da Bovè. “L’idea è chiedere all’Europa l’apertura di un procedimento contro la Francia attraverso la Corte europea di Giustizia“, ha detto Bovè per spiegare il motivo della sua presenza. “Questi respingimenti rappresentano una continua violazione dei diritti d’asilo e non hanno alcuna base legale”.
Tra gli stranieri riaccompagnati in Italia c’era anche Astewi, eritreo, apparso sulla carreggiata alle prime luci dell’alba, barcollando.
E’ stato fermato dalla polizia sulle montagne della Val Roya mentre con un amico tentava di raggiungere il confine a piedi. Ha passato la notte rinchiuso nei container della frontiera francese, assieme a molti del blitz di Cannes. E’ sotto choc.
“Ci hanno tenuti sempre in piedi, senza cibo nè acqua, scagliandoci più volte addosso i cani”. Al team di Medici Senza Frontiere che lo hanno visitato alla Caritas di Ventimiglia ha mostrato i graffi dei cani sulle braccia. Ha una costola dolorante, una gamba che fatica a muovere.
Un’ampia rappresentanza di volontari e attivisti, dal gruppo di Cedric Roya Citoyenne ad Amnesty International, aspettava i cento e più migranti alla stazione di Nizza per fornire loro informazioni sulle prassi di richiesta di asilo in Francia e gli indirizzi dei Pada (Platform d’accueil demandeur d’asil) delle varie città , dove si effettua la pre-registrazione per poi avere un appuntamento con le prefetture.
Molti migranti erano infatti intenzionati a raggiungere Parigi, Marsiglia, Lione e altre destinazioni. I volontari francesi ne hanno accompagnato un gruppo: quello che poi è stato bloccato a Cannes.
Attivisti e volontari svolgono anche un lavoro di monitoraggio contro possibili violazioni dei diritti.
Da qualche tempo, per esempio, il Pada di Nizza, su mandato della Prefettura, non rilascia più regolari richieste d’asilo, ma semplici fogli con i dati del richiedente senza alcun valore legale.
Significa che i migranti, in attesa dell’appuntamento per la richiesta d’asilo, restano sostanzialmente clandestini.
Intanto il gruppo dei respinti dalla Francia è arrivato oggi a Ventimiglia. Alcuni sono determinati a oltrepassare di nuovo il confine, altri rassegnati a rinunciare.
Qualche ora fa sul cellulare di un volontario è arrivato un messaggio. E’ di un sudanese del gruppo della Val Roya: “Sono Moussab, sono a Parigi!”.
In cinquanta, scrive, ce l’anno fatta.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LE ONG CONTESTANO IL CODICE MINNITI, VENERDI NUOVO VERTICE

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

L’IGNOBILE TENTATIVO DI OSTACOLARE IN OGNI MODO CHI SALVA VITE UMANE LA DICE LUNGA SULLA VOLONTA’ DEL GOVERNO

Disaccordo delle Ong su diversi punti del codice di condotta presentato loro oggi al Viminale da Mario Morcone, capo di gabinetto del ministro dell’interno.
Tra i punti contestati, la presenza della polizia giudiziaria a bordo delle navi umanitarie e il divieto di trasbordare i migranti su altre imbarcazioni.
La riunione si è chiusa in modo interlocutorio ed un nuovo incontro è stato programmato al Viminale per venerdì prossimo.
Il Codice di condotta presentato oggi “mira a stabilire regole chiare per le navi delle Ong impegnate in attività  di soccorso ai migranti”. Lo sottolinea il Viminale al termine dell’incontro con le ong. “Al termine di un primo confronto – spiega il ministero – si è concordato di definire i diversi aspetti in un successivo incontro programmato per venerdì, nel quale i rappresentanti delle ong proporranno emendamenti specifici al documento loro consegnato”.
Soccorso un gommone davanti alla Libia con a bordo 11 cadaveri. I corpi di 11 migranti sono stati trovati su un gommone, carico di uomini donne e bambini, durante una delle due operazioni di salvataggio coordinate dalla centrale operativa della Guardia Costiera che si sono appena concluse davanti alla Libia.
Sul gommone c’erano altri 167 migranti che sono stati recuperati dall’equipaggio della nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms. Un’altra novantina di migranti erano invece a bordo di una piccola imbarcazione, soccorsa dalla nave di Save the Children.
Il gommone era stato avvistato poco prima di mezzogiorno dalla nave della Ong spagnola, che si trovava a ridosso delle acque libiche.
L’imbarcazione “era sul punto di naufragare con circa 140 persone a bordo e il mare agitato – ha scritto la Ong in un tweet – Non c’è nessuno all’orizzonte. O li salviamo o moriranno”.
Pochi minuti fa un secondo tweet. “Abbiamo trovato 167 persone alla deriva e 11 morti, tra loro diverse donne incinte e madri”. Al momento non ci sono ulteriori interventi di soccorso in corso e le condizioni del mare sono in peggioramento.

(da agenzie)

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MACRON ANNUNCIA L’ACCORDO TRA SERRAJ E HAFTAR E SI DIMOSTRA UNO STATISTA

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

IL RUOLO DELL’ITALIA RIDIMENSIONATO, SAPPIAMO SOLO FARE STILARE CODICI RIDICOLI PER OSTACOLARE LE ONG CHE SALVANO VITE UMANE

E’ con l’elogio del premier libico Fayez al Serraj e dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, che il presidente francese Emmanuel Macron ha aperto la conferenza congiunta dopo il vertice di Celle-Saint-Cloud alle porte di Parigi, che si è concluso alle 18.20 di oggi pomeriggio: “Il coraggio da voi dimostrato oggi, essendo presenti qui e concordando questa dichiarazione congiunta è un elemento storico, perchè vi assumete il rischio di lavorare insieme per un processo di riconciliazione nazionale e per la costruzione di una pace durevole”.
Un processo di riconciliazione che porterà  a elezioni nella primavera 2018 e che deve avere come obiettivo a breve “eliminare traffici d’armi che alimentano il terrorismo, ed il traffico di esseri umani che alimentano le vie migratorie”.
Dopo aver ringraziato il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, per il raggiungimento di questo risultato diplomatico, il presidente francese ha quindi ricordato che Serraj e Haftar si sono “impegnati a rinunciare alla lotta armata, tranne che contro i gruppi terroristici, e ad un processo di cessate il fuoco essenziale per qualsiasi progresso, con l’accordo poi per andare a un processo elettorale in primavera, naturalmente nel contesto dell’accordo (Onu) di Skyrat. Essenziale è il lavoro di riconciliazione politica inclusiva che dia spazio a tutti i gruppi politici che vorranno modificare l’intesa di Skyrat. Tramite questo cammino la pace e la riconciliazione nazionale potranno essere raggiunti. La posta in gioca è grandissima, sia per il popolo libico che per tutta la regione perchè se fallisce la Libia fallisce tutta la regione soprattutto i Paesi vicini”.
Nella dichiarazione congiunta letta al termine dell’incontro, i due leader libici si sono dunque impegnati per un cessate il fuoco e per elezioni parlamentari e presidenziali da tenere in primavera. “Ci impegniamo per un cessate il fuoco e a evitare ogni ricorso alla forza armata per qualsiasi motivo che non sia di antiterrorismo”, recita la dichiarazione, in cui si sollecita la smobilitazione dei combattenti delle milizie ancora attive nel Paese e la creazione di un esercito regolare.
L’accordo siglato oggi è un grande successo per il nuovo presidente francese Macron.
Inutile dire che l’Italia ne esce ridimensionata.

(da agenzie)

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IL COLABRODO DELLE DIGHE IN ITALIA: VA PERDUTO IL 40% DELL’ACQUA

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

ABBIAMO 538 DIGHE E 9.000 SBARRAMENTI, MA GLI INVASI PRINCIPALI HANNO 60 ANNI, 155 NECESSITANO DI LAVORI

È un sistema imponente ma fragile, quello al quale l’Italia si affida, mai come in questo periodo, per dissetare uomini e bestie, bagnare i campi, alimentare le turbine delle industrie, produrre energia, contenere le piene.
Un’infrastruttura strategica, a tutti gli effetti, indebolita da decenni di trascuratezza, dalla penuria di risorse, da una gestione frammentata ad opera di enti gelosi delle loro prerogative.
Eppure è questo sistema – articolato su 538 grandi dighe ed oltre 9 mila sbarramenti – al quale il Paese si affida ogni giorno: la «linea Maginot» dell’acqua in questa estate africana.
Le grandi dighe sono di competenza statale, le piccole dighe di competenza regionale: in tutti i casi sono le Regioni a trattare le concessioni.
Numeri poderosi, ridimensionati da altri.
Ad esempio l’anzianità  degli invasi principali, prossima ai 60 anni, con un’età  media variabile: maggiore per le dighe dell’arco alpino e del versante settentrionale dell’Appennino, si legge in un rapporto della Direzione generale dighe del Ministero delle Infrastrutture; minore per quelle meridionali e insulari.
Un sistema segnato da catastrofi che in passato diedero impulso al controllo statale – il crollo della diga del Gleno (1923), le tragedie della diga di Molare (1935), di Pontesei (1959) e del Vajont (1963) – oggi condizionato dall’intreccio di diversi fattori: l’elevata età  media delle opere, l’estrema variabilità  dei carichi ambientali, gli eventi sismici, gli insediamenti antropici.
Fattori che, avvertiva nel 2008 un dossier della Cisl Funzione pubblica, valgono a maggior ragione per gli impianti minori: «Il rischio connesso con la presenza sul territorio delle dighe minori viene spesso trascurato, assumendo il concetto che esso sia proporzionale alla grandezza dell’opera».
Otto anni dopo, sul sistema dighe si gioca una doppia sfida.
La prima, il Piano Dighe, se l’è intestata il ministro Delrio già  nel 2016 e oggi rimanda al miglioramento e all’adeguamento alle condizioni di sicurezza di 100 invasi ad uso irriguo: interventi, che accompagnati alla rimozione del sedimenti, aumentano la capacità  di invaso. Parliamo di circa 300 milioni di euro.
Obiettivo: salvaguardare risorse idriche per 4,5 miliardi di m3 e avviare, con l’avanzamento degli invasi sperimentali, il recupero di 1,3 miliardi di m3 attualmente non invasabili. Il ministero è pronto a firmare gli schemi di contratto con i concessionari.
Operazione improrogabile: basti pensare che nel 2013 la Direzione Grandi Dighe aveva individuato 155 invasi bisognosi di interventi urgenti di incremento e aumento della sicurezza.
Stante la mancanza di risorse dei gestori pubblici irrigui, «e la mancanza di adeguatezza tecnico-gestionale», non se ne fece (quasi) nulla, spiegano dal Mit.
Ma talora a fare la differenza è stata anche la levata di scudi sui territori: emblematico il progetto della diga di Combanera, in Piemonte, finito nel cassetto.
«Un’occasione persa», ricorda Paolo Romano, presidente della Commissione acque di Utilitalia. Oggi, causa la siccità , il livello medio si è abbassato al di sotto del limite di sicurezza imposto dal ministero in caso di mancanza dei lavori, la capacità  media delle grandi dighe si attesta a circa il 64% dell’invaso.
La seconda sfida rimanda alla riorganizzazione di un sistema che deve puntare sul miglioramento degli impianti esistenti e sullo sviluppo di quelli secondari, più che su nuovi, grandi invasi: «Per le grandi dighe si è raggiunto il livello di saturazione», spiega Gianni Tartari per l’Istituto di ricerca sulla acque del Cnr.
Riorganizzazione gestionale ma soprattutto tarata sui cambiamenti climatici. Vale in particolare per il Nord Italia. «Per secoli se l’è cavata bene grazie ad accumuli nevosi costanti e ai laghi alpini regolati – riflette Pierluigi Claps, professore ordinario di Idrologia e Costruzioni idrauliche del Politecnico di Torino -: condizioni non più scontate, oltretutto a fronte di maggiori consumi».
Da qui la necessità  di nuovi impianti irrigui, non necessariamente di grandi dimensioni, «per intercettare le portate di piena, intermittenti e di breve durata, invasando volumi importanti. In sintesi: bisogna mettere da parte l’acqua che arriva, quando arriva. «Una strategia che purtroppo non è ancora stata recepita».

(da “La Repubblica”)

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VITALIZI, L’EX AN RAISI: “CON LA NUOVA NORMA NON AVRO’ NE’ LA PENSIONE INPS NE’ IL VITALIZIO, GRAZIE ITALIA, VI MERITATE SOLO I LADRI”

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

IN UN POST POLEMICO L’EX DEPUTATO ATTACCA LA NUOVA NORMA PER COME E’ STATA FORMULATA

Non gli scatterà  la pensione dell’Inps perchè con l’elezione a Montecitorio non ha più pagato i contributi. E adesso con la nuova legge che ricalcola i vitalizi in discussione proprio alla Camera sostiene di perdere anche l’assegno da parlamentare.
Per questo motivo lancia il suo attacco alla nuova norma che abolisce il privilegio previsto per gli onorevoli: “Ho solo fatto male a fare politica e a non rubare“. È un post polemico quello pubblicato su facebook da Enzo Raisi, per tre legislatura deputato di Alleanza Nazionale, del Pdl e — alla fine — di Futuro e Libertà . Uno status in cui il politico emiliano riassume la sua situazione pensionistica.
“Dunque ho pagato per quasi 20 anni l’Inps poi ho smesso perchè sono diventato parlamentare e avendo il vitalizio non volevo giustamente accumulare pensioni. Ovviamente 20 anni di contributi buttati via perchè non cumulabili con il vitalizio, essendo due gestioni diverse. Ho pagato per 15 anni i contributi per il vitalizio, solo per i due anni e mezzo della legislatura Prodi che è durata 2 anni e mezzo ho sborsato oltre 50 mila euro per i due anni e mezzo mancanti. Ironia della sorte ora, se passa la nuova legge voluta dai nuovi populisti Pd, leggasi sig Richetti, e i grillini che fanno a gara per attribuirsi questa legge, non avrò nè la pensione Inps nè il vitalizio”, racconta Raisi sul social network.
“Ho detto — aggiunge l’ex finiano — che rinuncio al vitalizio e a tutti i diritti però che almeno mi ridessero indietro i soldi versati e mi rispondono che è impossibile, non li hanno. Se aggiungo che ho fatto 25 anni il consigliere comunale e l’assessore per i quali giustamente non è previsto alcuna pensione ho fatto bingo”.
Quindi il polemico attacco: “Ringrazio il mio Paese ho solo fatto male a fare politica e a non rubare: questa la sintesi. Grazie di cuore Italia vi meritate solo i ladri: questo è quello che meritate”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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TRUMP FA FELICI I SUPER BANCHIERI: PER DIMON E BLANKFEIN 315 MILIONI DI GUADAGNI

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

IL RAPPORTO DEL FINANCIAL TIMES RIVELA CHE GLI AD DI JP MORGAN E GOLDMAN SACHS HANNO VISTO CRESCERE VERTIGINOSAMENTE I PACCHETTI AZIONARI… MENO MALE CHE PER I SOVRANISTI TRUMP ERA “CONTRO I BANCHIERI”

Due banchieri di Wall Street hanno buone ragioni per festeggiare il 2016 e l’elezione di Donald Trump: l’anno scorso i loro pacchetti azionari sono aumentati complessivamente di 314 milioni di dollari.
Jamie Dimon, amministratore delegato della JP Morgan, e Lloyd Blankfein, ad di Goldman Sachs, hanno visto crescere il proprio patrimonio azionario, parte dei compensi che ricevono per guidare le due banche, di circa 150 milioni di dollari ciascuno.
Lo rivela il rapporto annuale del Financial Times sui salari dei più ricchi chief executive officers nel mondo.
Entrambi hanno tratto vantaggio della formidabile crescita in borsa delle quotazioni delle loro due banche, in particolare dopo l’elezione di Trump a novembre: il valore delle azioni della Goldman è salito del 24 per cento nelle ultime sette settimane del 2016.
Per il secondo anno di seguito, l’amministratore delegato della JP Morgan risulta il banchiere meglio pagato del pianeta: tra stipendio, bonus e contributi pensionistici (dunque escluse le azioni), nel 2016 Dimon ha ricevuto 28,2 milioni di dollari. Blankfein, l’ad della Goldman, che era il meglio pagato del 2013 e del 2014, l’anno scorso è sceso al terzo posto, con 22,3 milioni di dollari, appena dietro James Gorman della Morgan Stanley con 22,5 milioni.
Roman Matousek, analista della Kent Business School University, osserva che nonostante l’impegno per maggiore trasparenza e limiti ai salari dopo la crisi del 2007, “i pacchetti di remunerazione dei Ceo restano sostanzialmente allo stesso alto livello e molto opachi”.

(da agenzie)

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NIGERIANO SENTE URLARE ANZIANA DERUBATA, INSEGUE IL LADRO E LO FA ARRESTARE

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

HA INSEGUITO IN BICICLETTA IL RAPINATORE VENEZIANO E LO HA BLOCCATO FINO ALL’ARRIVO DELLA POLIZIA

Ha sentito le urla di un’anziana, che era appena stata aggredita e derubata. Così, un ragazzo nigeriano è salito in sella alla sua bicicletta e si è lanciato all’inseguimento del ladro, che aveva sottratto alla donna la borsetta ed era fuggito.
E’ riuscito a raggiungere il rapinatore e lo ha bloccato fino all’arrivo della polizia. Lo scippatore, un giovane veneziano, è stato quindi arrestato dagli agenti del commissariato di Mestre.
L’anziana stava passeggiando da sola, quando è stata derubata. Il ladro le ha strappato la borsetta dalle mani e si è dileguato.
La donna, quindi, ha iniziato a urlare chiedendo aiuto. In suo soccorso è arrivato il ragazzo nigeriano, che è riuscito a bloccare lo scippatore.
Il bottino, costituito da 10 euro, un cellulare e i documenti personali, è stato restituito alla donna alla presenza degli agenti di Mestre che hanno proceduto all’arresto del giovane.

(da “il Gazzettino”)

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LA SOPRINTENDENZA CERCA DI METTERE UN ARGINE AI DANNI DEL MEGALOMANE TOTI

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

“PER IL RED CARPET SARANNO NECESSARIE AUTORIZZAZIONI, NON SI PUO’ TAPPEZZARE LA LIGURIA DI TAPPETI ROSSI CON DANNI AL PATRIMONIO ARTISTICO”… LA VICENDA DEI CHIODI “SPARATI” SUI SELCIATI DI PREGIO PER FISSARE IL TAPPETO

Chiodi piantati in aree protette, autorizzazioni mancate e polemiche senza fine. Avrebbero dovuto essere un volano per il turismo ma ora i red carpet promossi dalla Regione rischiano di trasformarsi in un boomerang.
I tappeti rossi, dopo il primo esperimento con la posa da Santa Margherita Ligure a Portofino ora stanno comparendo in molti altri centri dell’entroterra e nei luoghi più suggestivi della riviera, ma arrivano anche negli uffici della Soprintendenza.
Da ieri i tecnici sono al lavoro con la direzione generale del Mibact per capire come intervenire su modalità , autorizzazioni e luoghi in cui poter posare le passerelle rosse che, senza alcun controllo, rischiano di intaccare il patrimonio e la storia del territorio.
“Fino a oggi non siamo mai stati contattati nè dalla Regione nè dai comuni in merito a questa iniziativa – spiega il dottor Vincenzo Tinè, soprintendente unico della Liguria per il ministero dei Beni culturali – la situazione sembra stia sfuggendo di mano, non possiamo ritrovarci tutto la riviera tappezzata di red carpet. Si tratta di operazioni con un forte impatto estetico, il loro utilizzo deve essere limitato e temporaneo. Già  nei prossimi giorni forniremo nuove indicazioni su autorizzazioni ed eventuali sanzioni”.
A scatenare il caso l’inaugurazione di domenica scorsa del red carpet di Porto Venere a cui hanno partecipato anche il governatore Giovanni Toti e gli assessori regionali Ilaria Cavo e Raul Giampedrone.
La passerella rientra nel progetto “Emozioni da Star”, un itinerario tra 32 borghi liguri e 27 tappeti rossi dalla costa all’entroterra.
Nel borgo spezzino, patrimonio Unesco dal 1997 visitato ogni anno da migliaia di turisti di tutto il mondo, il red carpet attraversa i caruggi e arriva fino alla chiesa di San Pietro ma sono bastate poche ore per dare il via alle polemiche.
“Il red carpet di Toti ha offeso Portovenere. Non è solo uno sfregio volgare a un patrimonio storico e artistico unico ma rappresenta anche un vero e proprio danno materiale – spiegano i consiglieri regionali del Pd Raffaella Paita e Juri Michelucci –
Abbiamo già  scritto alla Soprintendenza e all’Unesco in merito ai chiodi con cui è stato fissato il tappeto danneggiando le antiche pietre del selciato. Quali autorizzazioni ha avuto la Regione per avviare un’operazione del genere?”.
E i due consiglieri sottolineano anche la stridente contraddizione fra la modernità  della passerella e le peculiarità  del borgo sottoposto a specifiche misure di tutela.
“A nessuno che ami davvero questa terra aspra e bellissima, riservata e orgogliosa com’è la Liguria sarebbe mai venuta in mente un’operazione così ridicola – continuano – Una regione costruita con la fatica umana, da gente umile che ha rispetto per la sua terra. E adesso si trova vittima di un’operazione di marketing penosa, che non ha nulla a che fare con la sua storia”.
I tecnici della Soprintendenza sono già  al lavoro: “Ci troviamo in una situazione limite che sfugge alle nuove normative – conferma il dottor Vincenzo Tinè – da una parte con il decreto di semplificazione i red carpet non rientrano nei vincoli paesaggistici e anche dal punto di vista monumentale non risulta alcuna indicazione in merito, ma stiamo parlando di interventi che andrebbero in qualche modo autorizzati ed è proprio su questo punto che stiamo cercando di trovare una soluzione con la direzione del Ministero dei beni artistici e culturali”.

(da “La Repubblica”)

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IL SOLITO FANGO DI “LIBERO” CONTRO LA BOLDRINI DIVENTA L’ENNESIMA FIGURA DI M….

Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile

LA BUFALA DEL “TRASLOCO ONEROSO E NOI PAGHIAMO” …”SPIACENTE, IL MIO TRASLOCO L’HO PAGATO IO, VI MANDO I DOCUMENTI COSI’ VI METTETE L’ANIMA IN PACE”

“Il recente trasloco di Laura Boldrini non costa un euro ai contribuenti, perchè la Presidente ha provveduto di tasca sua alle spese per il trasporto dei mobili da un’abitazione all’altra e per la sistemazione del nuovo alloggio, e perchè non c’è stata alcuna blindatura. Il titolo ‘Trasloco oneroso. E noi paghiamo’ è dunque totalmente infondato”. E’ quanto afferma in una nota Roberto Natale, Portavoce del Presidente della Camera dei Deputati a proposito di un articolo di Libero.
“‘Liberò riceverà  un dettagliato elenco di tutti gli errori contenuti nell’articolo. Ma, ai tempi della rete, è utile dare immediata diffusione alla smentita, anche a beneficio dei siti che subito si sono gettati a rilanciare la presunta ‘notizia’ senza curarsi di verificarne la fondatezza”, afferma ancora Natale.
“Nell’articolo di Franco Bechis – scrive ancora Natale – colpisce, ma non sorprende, che si giunga ad invocare l’uso dell’appartamento di Montecitorio, al quale Laura Boldrini ha rinunciato da inizio legislatura così come hanno fatto i Vicepresidenti e i Questori. Pur di dare nuovo alimento alla campagna contro la Presidente della Camera, ‘Libero’ arriva a contestare anche scelte di sobrietà  apprezzate da tutti: la rinuncia al privilegio di un alloggio gratuito e la conseguente limitazione dei costi a carico del bilancio interno connessi alla sua gestione (utenze, personale dedicato, ecc). Su questa china, Bechis finirà  per imputare alla Presidente Boldrini anche lo scarsissimo ricorso ai voli di Stato”, conclude la nota.

(da “Huffingtonpost”)

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