Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
DIETRO IL CAMBIO DEL NOME IL TENTATIVO DI SFUGGIRE AL PIGNORAMENTO DI 48 MILIONI DI EURO STABILITO NELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE
Strana accellerazione in casa Lega.
Oggi su “La Stampa” esce l’indiscrezione che Salvini vuole togliere il riferimento al Nord nel simbolo del partito “per andare in tutta Italia con lo stesso simbolo”.
Il logo, da qualche giorno, circola tra i dirigenti della Lega. Dicono che Matteo Salvini avrebbe dovuto presentarlo nelle settimane passate, poi il lancio è stato via via rimandato, forse perchè ci sono ancora aggiustamenti da fare, valutazioni da soppesare. E magari la versione definitiva sarà un po’ diversa. La svolta, però, è nei fatti: la Lega Nord sta per essere definitivamente archiviata.
Dopo quasi trent’anni di storia il partito che ha incarnato la rivolta e l’insofferenza del settentrione sta per cambiare nome e simbolo. Si chiamerà , probabilmente, Lega dei Popoli, nome che racchiude la svolta consacrata dal congresso federale di Parma, a maggio. Salvini vuole un contenitore che sia capace di dare voce e spazio a tutte le autonomie d’Italia, da Nord e Sud. E, nei giorni scorsi, l’ha confermato in alcune dichiarazioni: «Di certo resterà il marchio della Lega, che è la nostra storia».
Dall’entourage del leader non arrivano conferme, nè sul nuovo nome, nè sul simbolo e nemmeno sui tempi dell’operazione. Che però si farà . In via Bellerio della bozza di simbolo si parla da giorni. lo stesso Salvini ha sparso qualche indizio. Resterà la parola «Lega». «Ci sarà il nome del segretario».
Logico, in questo scenario, che i simboli con cui finora la Lega si è presentata al Sud, a cominciare da «Noi con Salvini», siano destinati a essere accantonati, anche perchè sostanzialmente hanno fallito, come dimostrano le performance elettorali, piuttosto magre. Il leader conferma: «La Lega si presenterà con un unico simbolo in tutta Italia».
Ma c’è un altro motivo, sicuramente meno “politico” e più pratico a indurre Salvini a cambiare nome al partito e ai gruppi parlamentari.
La sentenza di ieri del tribunale di Genova che ha condannato Bossi, Belsito e i revisori dei conti della Lega, ha anche stabilito la confisca di 49 milioni di euro che il Carroccio ha indebitamente incassato dallo Stato, destinandolo a spese personali.
A questo punto, dopo il terzo grado, non solo verrebbero pignorati i pochi beni immobili, ma anche qualsiasi altra entrata, compresi i contributi destinati ai gruppi parlamentari e le donazioni. E ci vorrebbe qualche anno prima di pareggiare i debiti.
Ma se si cambia nome si risponde solo da qui in avanti e i debiti restano sulla schiena dei contribuenti italiani, nordisti e sudisti che siano.
Ma il vero senso dell’operazione non ve lo dirà nessuno… (a parte noi che conosciamo i nostri polli).
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
LA SENTENZA DI IERI HA ORDINATO LA CONFISCA DIRETTA ALLA LEGA DI 48.969.000 EURO DI FINANZIAMENTO PUBBLICO… E LA PRESCRIZIONE NON VALE
La sentenza di ieri con cui il tribunale ha condannato Umberto Bossi e Francesco Belsito nonchè i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, AntonioTurci e Stefano Aldovisi ( 2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo), ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico: cioè di quei rimborsi elettorali che nel 2008-2010 rimpinguarono le casse degli avversari di «Roma ladrona» sulla scorta di rendiconti ingannatori del Parlamento di «Roma Ladrona», perchè o senza giustificativi o con spese per finalità estranee al partito.
Racconta oggi Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera:
La confisca, essendo in primo grado, non è immediatamente esecutiva, ma lo spettro per il partito è che comunque prima o poi arriverà , indipendentemente dal fatto (assai possibile) che nelle more dei futuri processi d’Appello e di Cassazione maturi la prescrizione del reato.
Anche se nel 2015 la Corte Costituzionale con la sentenza n.49 ha invece aperto a questa possibilità , lungo binari poi precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci: il principio è che, anche se la prescrizione elide le condanne degli imputati, resta la confisca diretta del profitto quando (come qui) ci sia stata una precedente condanna con giudizio di merito sul reato, sulla responsabilità dell’imputato e sulla qualificazione del bene da confiscare.
Quindi, spiega Ferrarella, la Lega può sperare di salvare i 49 milioni solo se in appello Bossi e Belsito dovessero essere assolti nel merito; altrimenti è solo questione di tempo, ma, anche in caso di prescrizione di Bossi e Belsito, la Lega si vedrebbe comunque confiscare il finanziamento pubblico incassato ingannando Camera e Senato.
Intanto Salvini, sempre intervistato dal Corriere, è pronto a gridare al complotto: «Se politicamente qualcuno sta cercando d’intimidirci, d’imbavagliarci, s’illude, al massimo possiamo pagare 49 euro».
E’ il senso della legalità dei pataccari sovranisti.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
FAR SLITTARE TUTTO DI QUALCHE GIORNO: COSI’ IN ITALIA SI AFFRONTANO LE EMERGENZE… E IL MONDO CI RIDE DIETRO
Far slittare lo stop alle captazioni dal lago di Bracciano dal 28 luglio al 1 agosto, contando sull’esodo dei romani e sullo svuotamento della Capitale.
Dopo aver terrorizzato Roma con ipotesi di prosciugamento dei rubinetti per un milione e mezzo di romani a turni di otto ore e con la città divisa in due soli quadranti, ACEA tira fuori l’uovo di Colombo che oggi al tavolo delle trattative presenterà alla Regione Lazio per trovare una soluzione diplomatica (leggasi: politica) all’emergenza idrica romana.
Stamattina quindi in Campidoglio si vedranno i due litiganti con il Comune di Roma nelle vesti di mediatore. Mentre la soluzione prospettata ieri dalla Regione Lazio — ovvero captare più acqua da altre fonti per ovviare alla mancanza del lago — secondo ACEA sarebbe impraticabile per motivi tecnici: gli attuali impianti non sono in grado di “pompare” più acqua per i loro limiti strutturali.
Anzi, ricorda oggi Il Messaggero, in una lettera inviata alla Regione la stessa ACEA aveva segnalato una serie di ammodernamenti tecnici che consentivano l’aumento della captazione che avevano consentito la riduzione del prelievo da Bracciano di circa 100 litri al secondo medi rispetto al 2016.
Zingaretti ieri è tornato a pressare Acea chiedendo all’ente gestore “di formalizzare una proposta alternativa”.
E fa due conti che non gli tornano: “Se è vero che veniva prelevato un millimetro al giorno (dal lago di Bracciano, ndr) dire poi che bisogna levare l’acqua per otto ore a gran parte dei romani è una esagerazione. Io non ho mai fatto polemiche, non le farò mai specie su temi così delicati”.
Intanto in provincia 21 comuni, per un totale di 58.742 utenti, fronteggiano l’acqua razionata. In alcuni casi il razionamento interessa solo una parte del territorio comunale o una singola strada, in altri le turnazioni si avvicendano in diverse aree.
I turni sono previsti tutti i giorni o a giorni alterni. E a Latina, rende noto la capogruppo M5s in Consiglio regionale del Lazio Gaia Pernarella, “sono quasi due mesi che l’acqua è razionata”. E l’onorevole si stupisce del fatto che l’emergenza romana sia su tutti i giornali.
La Regione Lazio ha spiegato ieri che lo stop al prelievo di acqua dal lago di Bracciano è determinato da alcune violazioni di ACEA: “Un decreto del ministero dei Lavori Pubblici (n.1170/1990) ha concesso all’Azienda Comunale Elettricità Acque Acea di prelevare acqua dal lago di Bracciano per usi potabili — spiega la Direzione regionale delle Risorse Idriche Regione Lazio — assicurando comunque il mantenimento delle escursioni del livello del lago nell’ambito di quelle naturali. Per tale ragione, proprio nella relazione generale del Progetto del Nuovo Acquedotto del lago di Bracciano, redatto dalla stessa Acea, alla lettera b di pagina 39 si definiva il livello idrometrico minimo concesso per le captazioni, fissandolo a 161,90 metri sopra il livello del mare”.
Anzi, a tale proposito, rileva ancora la Regione Lazio, “si prescriveva quanto segue: verranno inserite le saracinesche di apertura e chiusura ed un sifone idraulico che provveda a disinnescare automaticamente le condotte, non appena il livello dell acqua scende sotto la quota minima di 161,90 metri”.
Attualmente “il livello del lago di Bracciano e’ al di sotto di questa quota minima prefissata — conclude la nota — e ancor più lontano dallo zero idrometrico che corrisponde a quota 163,04”.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
IL BUTTAFUORI GRILLINO CHE INTIMA A UNA ELETTA: “TU NON PUOI PASSARE”
Ieri al Teatro Flaiano si è svolta una reunion degli eletti del MoVimento 5 Stelle a Roma a cui hanno partecipato anche Virginia Raggi e Beppe Grillo.
Alla riunione avrebbe voluto presenziare anche Cristina Grancio, consigliera M5S in Campidoglio ancora nel gruppo dei grillini ma nel frattempo sospesa dal MoVimento 5 Stelle per dissidenza sullo stadio della Roma a Tor di Valle.
Ma a un certo punto, racconta Lorenzo De Cicco sul Messaggero, qualcuno si è presentato davanti a lei come Gandalf e le ha intimato: “Tu non puoi passare”.
«Festa privata, ci dispiace, non può entrare». «Ma come no? Gli altri sono tutti dentro, controlli meglio». «No, mi dispiace. Non è in lista». Non siamo davanti al Qube o al Piper; e lo scambio di battute, per quanto più che verosimile in quel contesto, non è tra un buttafuori e un discotecaro in cerca di accesso alla pista da ballo.
Ad essere vittima dell’anomalo“rimbalzo” (nel gergo dei club: essere respinti all’entrata) è Cristina Grancio, consigliera dissidente del M5S, sospesa dal Movimento (ma non dal gruppo consiliare) dopo avere difeso il «no alla speculazione» per il progetto Tor di Valle, mentre gli altri colleghi grillini votavano a favore dello stadio sempre bocciato in campagna elettorale.
A svolgere il ruolo di buttafuori è stato Rocco Casalino:
A sbarrarle la strada verso l’ingresso del Teatro Flaiano -dove ieri Grillo e Casaleggio jr, insieme alla sindaca Virginia Raggi, hanno riunito i rappresentanti romani del Movimento, dal Comune ai municipi — è stato il capo della comunicazione nazionale dei Cinquestelle, Rocco Casalino. Subito avvertito da un addetto stampa, alle prime proteste della consigliera.
Inutili le lamentele — «Ma io sono un’eletta del M5S! Faccio parte del gruppo consiliare» — la dissidente hadovuto tornarsene a casa.
«Non è nella lista, questo è un evento privato, gli inviti sono partiti per mail», la replica gelida che si è sentita ripetere per diversi minuti, prima della resa, la consigliera rimbalzata.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
HA DIMOSTRATO PIU’ BUON SENSO E UMANITA’ DEL POLIZIOTTO SOSPESO CHE HA POSTATO IL VIDEO CON COMMENTI RAZZISTI
“La polizia mi ha salvato la vita. Io pensavo di aver imboccato la statale come faccio sempre”. Moussa Qattara, 19 anni, ivoriano è ospite di un comunità a Sant’Ambrogio.
È lui il ragazzo che una settimana fa, il 17 luglio, è stato scortato sull’autostrada Torino-Bardonecchia da una pattuglia della polizia stradale di Susa che lo ha intercettato nella galleria della Perosa in sella a una Graziella al buio.
Ed è sempre lui l’oggetto del video che l’agente ha registrato con il suo cellulare dall’abitacolo della macchina di servizio che gli è costata una sospensione e l’avvio di un procedimento disciplinare.
Nel video si sente il suo commento infarcito di frasi offensive nei confronti del profugo e della presidente della Camera Laura Boldrini.
“I vigili sono stati gentili con me e mi hanno accompagnato al sicuro – dice ancora il giovane che è scappato dalla Costa d’Avorio – Quando mi sono reso conto del pericolo che ho corso ho avuto davvero paura”.
Il giovane – che parla solo francese – era stato scortato fino alla prima piazzola e poi caricato su un furgone insieme alla bicicletta e portato al sicuro. Il giovane era stato identificato e multato per la contravvenzione al codice della strada.
Qualche giorno dopo quel fatto, il video – che il capopattuglia aveva diffuso solo tra alcuni amici – è finito in su Facebook diventando virale.
Il capo della polizia ha deciso di sospendere l’autore del filmato e di sottoporlo a un procedimento disciplinare.
L’agente rischia anche un processo penale perchè il video è finito sul tavolo della magistratura torinese. Il suo telefonino è stato sequestrato.
“E’ una vergogna che una sfumatura di ilarità in Italia susciti reazioni simili”, commenta Gianni Tonelli, segretario generale del Sap.
Forse è una vergogna che vi sia un sindacato di polizia che giustifichi frasi razziste e insulti a chi rappresenta le istituzioni, ma difficile che qualcuno lo comprenda.
(da agenzie)
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
COME FINIRA’? CHE LA LEGGE VERRA’ DICHIARATA INCOSTITUZIONALE DALLA CORTE AI PRIMI RICORSI, MA TUTTI AVRANNO FATTO LA LORO BELLA FIGURA ANTIKASTA PER I PIRLA
La proposta di legge Richetti per tagliare i vitalizi pregressi ai parlamentari dovrebbe ricevere l’ok della Camera entro domani, ma c’è chi non si arrende all’idea.
Uno di questi è Clemente Mastella, sindaco di Benevento ed ex Guardasigilli, che in un’intervista al Giorno spiega il perchè della sua indignazione.
“[I vitalizi parlamentari] sono una cosa che esiste, in un modo o nell’altro, in tutti i Parlamenti del mondo […]. Alla base di questo testo c’è la sfida a chi la spara più grossa. È un espediente populista che ha gioco facile perchè c’è lo sputtanamento del mondo della politica”.
Mastella prevede che la nuova legge darà molto lavoro alla Corte Costituzionale: “un parlamentare decurtato e mortificato ingiustamente è ovvio che si appellerà alla Corte”. “I risparmi saranno risibili — prosegue — e lo Stato sarà costretto a difendersi davanti alla Corte”.
Mastella assicura di non fare il proprio interesse:
“A me del vitalizio non frega nulla […]. Mi sono dimesso da ministro e da vicepresidente della Camera con tutti i privilegi connessi. Da sindaco non prendo l’emolumento di 4.200 euro al mese. Ma mi scoccia il modo, il principio, questo sì”.
Il sindaco di Benevento lamenta il fatto di essere stato “beffato prima e dopo”:
“Quando diventai parlamentare per la prima volta, ero giornalista Rai e guadagnavo molto di più di quanto si prendeva col gettone […]. Io rifiutai di prendere il doppio stipendio, mentre deputati del Pci e del Psi intascarono per anni il doppio emolumento. I comunisti della doppia morale e del doppio portafoglio”.
Sulla Stampa, invece, è Ugo Sposetti, senatore da cinque legislature ed ex tesoriere Ds, a spiegare il suo no convinto al taglio dei vitalizi. Neanche Enrico Berlinguer — assicura — lo avrebbe voluto: “lui ha sempre difeso la democrazia e le istituzioni”.
Come Mastella, anche Sposetti mette in guardia dal “mare di ricorsi” che seguirà l’approvazione della legge:
“Il punto dei diritti acquisiti è che solleverà un mare di ricorsi. Si apre una voragine, un tunnel che porterà a ricalcolare la pensione a milioni di lavoratori: l’opinione pubblica dovrebbe capirlo e non godere per i tagli a questo o quel vecchio parlamentare”
Anche lui assicura che la sua contrarietà alla riforma non ha nulla a che fare con l’interesse personale:
“Non so quanto prenderei di pensione con la Richetti e non mi faccio fare il conto. Perchè quando ho lasciato le ferrovie per andare a lavorare come funzionario del Pci a Viterbo non mi sono chiesto quale sarebbe stato lo sviluppo della mia carriera. Seppi subito che lo stipendio era molto più basso di quello da ferroviere. Non mi vergogno del lavoro in difesa dei partiti e dell’istituzione. E se il senso comune è un altro io lo combatto”.
Durissimo il giudizio su Renzi e Richetti:
“Io non capisco questi quarantenni che non difendono il Parlamento”, afferma Sposetti. “Sono degli sprovveduti, quello che mi spaventa è questo, l’improvvisazione senza pensare a quello che succede dopo, agli ostacoli”.
Intervistato dal Giornale Radio Rai, Matteo Richetti, “padre” del testo per l’abolizione dei vitalizi, risponde così alle critiche sui prevedibili ricorsi:
“Ci saranno ricorsi, lo so. Ma se c’è un’ingiustizia, come quella di regalare 2500 euro a qualcuno che ha messo piede in Parlamento solo un giorno, il legislatore deve porvi rimedio […].Il rischio c’è, ma io sulla Costituzione – rimarca il deputato Pd – leggo che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. E dunque tutti devono avere lo stesso trattamento, compresi i parlamentari. Se la Corte dirà che questa legge è incostituzionale se ne prenderà al responsabilità . Ma una resa preventiva non è possibile, altrimenti l’Italia non cambia mai”.
Altro tema, l’appoggio M5S al testo Richetti. Una sorpresa? “Ma no, più che altro ne sono contento, al di là di alcune mistificazioni, perchè ho letto delle dichiarazioni fuori dalla realtà … Intanto – puntualizza – la proposta Lombardi non toccava minimamente la riduzione per i vecchi vitalizi. E poi se uno vuole proporre una legge se la fa scrivere dal partito avversario? Mi fa molto piacere che si uniscano i grillini, ma loro hanno firmato questa legge solo poche settimane fa. Questa legge è depositata dal 2015. Se avessero voluto fare sul serio, perchè in questi due anni non si sono uniti alla battaglia lasciando che sulla proposta ci fossero solo 80 firme, tutte del Pd?”.
E se il rischio fosse quello di dare l’impressione di ‘inseguire’ i 5 Stelle?
“Ma no, anzi. In questi giorni sto notando una santa alleanza, piuttosto curiosa. Chi non vuole rinunciare ai privilegi si sta alleando proprio con i populisti, ovvero i grillini, che non vedono l’ora di veder fallire questa legge per poi accusarci, in campagna elettorale, di non aver cambiato nulla. Ma io a questo gioco non ci sto. Il Pd combatte una battaglia che ritiene giusta. Se altri vogliono unirsi sono i benvenuti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 25th, 2017 Riccardo Fucile
NEL 2014 LO STORICO PORTAVOCE DEL CAVALIERE LASCIO’ FORZA ITALIA MA SENZA NESSUNA POLEMICA CON IL SUO EX PARTITO
I rumor lo vorrebbero di ritorno a casa. Di nuovo vicino a quel leader con il quale ha vissuto fianco a fianco, quasi giorno e notte, per 18 anni.
E con il quale tutto finì nella tarda primavera del 2014, dopo settimane di gelo e un doloroso addio a villa San Martino tra accuse reciproche e reciproci rimpianti.
Sarebbe un bel finale per una lunga storia, intensa e mai del tutto spezzata, quello del rientro in Forza Italia di Paolo Bonaiuti, storico portavoce e collaboratore di Silvio Berlusconi dal 1996 al 2014, quando passò nell’allora gruppo dell’Ncd dove quasi silenziosamente e senza mai una polemica è rimasto da tre anni.
Ma è ancora presto per prendere in mano la penna.
Lo spiega lui stesso in una nota, per mettere un freno ad eventuali ricostruzioni ed ipotesi su un suo imminente passaggio dalla maggioranza a FI, diretto o attraverso quella sorta di camera di compensazione che sarebbe un partito centrista da affiancare agli azzurri.
«La verità – spiega Bonaiuti – è che con Berlusconi ci siamo sentiti qualche giorno fa, il giorno del mio compleanno (il 7 luglio, ndr) e i suoi auguri mi hanno fatto molto piacere, come è facile pensare da parte di tutti quelli che hanno seguito per 18 lunghi anni le vicende di FI». E però, continua il senatore «un rapporto personale del genere non può entrare nel gioco estivo delle affermazioni e delle smentite».
Insomma, se ricongiungimento sarà – sembra di capire – sarà per rapporto diretto tra i due, per una sorta di ripresa di una relazione lavorativa e umana assieme che finì male e lasciò entrambi addolorati. Senza intermediari.
E si capisce che la lontananza di questi anni, politicamente, non sarebbe certo incolmabile. Anzi. Bonaiuti – da quando se ne andò da FI sostanzialmente perchè privato di quel ruolo di portavoce e fedelissimo collaboratore del leader che venne via via occupato da quello che fu definito «il cerchio magico» – non ha mai parlato del suo rapporto con Berlusconi, nè delle vicende del suo ex partito o dei suoi ex colleghi azzurri.
Con i quali peraltro ha sempre mantenuto un rapporto di amicizia e vicinanza, lui che li conosceva tutti, che ne seguiva vite e vicende dalla sedia, non sempre comoda, accanto a quella di Berlusconi, dalla quale spesso faceva partire calcetti di avvertimento alle caviglie del leader per frenarne l’irruenza e attutirne le gaffe.
Anche nel gruppo centrista Bonaiuti ha mantenuto una sua autonomia (recentemente ha votato contro alcuni passaggi del processo penale e del codice antimafia, sulla linea dell’ex ministro Costa) e non ha avuto ruoli di potere o visibilità .
Ma quel che conta di più per un possibile ritorno a casa resta il suo rapporto con Berlusconi. Che in questi anni non si è interrotto: i due si sono sentiti manifestandosi il reciproco affetto in momenti difficili, come quando Berlusconi fu operato al cuore, così come in occasioni più felici, come per l’assoluzione nel processo Ruby.
Cosa si siano detti, se abbiano prospettato un nuovo inizio, è impossibile saperlo.
Ma che una decisione spetti a loro due, e a loro due soli, guardando agli anni passati e alla scena futura, è una certezza.
(da “Il Corriere della Sera”)
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