Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO SI TRATTA DI NEGARE DIRITTI C’E’ SEMPRE UNA MAGGIORANZA OCCULTA DI INFAMI
Ai politici italiani fanno paura i ragazzini, nati e cresciuti in Italia, bravi studenti di famiglie lavoratrici.
Così, a distanza di quasi 2 anni dall’approvazione da parte della Camera, lo ius soli che dovrebbe riconoscere la cittadinanza italiana a ragazzi che italiani lo sono già di fatto, rischia di allontanarsi ulteriormente.
Il Senato ha infatti rinviato la messa all’ordine del giorno della legge perchè il Pd ha deciso di non rischiare, in caso di bocciatura, di far cadere il governo Gentiloni prima delle elezioni della prossima primavera.
A far cambiare idea al Pd, che sembrava deciso a mettere anche la fiducia su un provvedimento fortemente voluto, è stato il voltafaccia del ministro piemontese Enrico Costa, di Alternativa popolare, il quale ha detto di essere pronto a dimettersi in caso di voto di fiducia. Sui “cespugli” alfaniani, dunque, la maggioranza non può far conto e al Senato i numeri sono risicatissimi.
In più, grazie a una propaganda martellante, lo ius soli che fino a qualche settimana fa era ben visto (secondo i sondaggi) dalla maggior parte degli italiani, ora non è più così solido nell’animo popolare, perchè molti ignoranti hanno collegato impropriamente un provvedimento che riconosce diritti e impone doveri a persone che sono in Italia da moltissimi anni o vi sono nate, all’aumento degli sbarchi di profughi, sicchè un voto a favore dei ragazzini di origine straniera viene confuso con un sì all’immigrazione tout court.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
“NESSUNO VUOLE LASCIARE LA PROPRIA TERRA, OCCORRE CREARE UNA CULTURA INDUSTRIALE”
Si fa grave il tono della voce di Claudio Descalzi quando comincia a parlare del dramma dei migranti in fuga dall’ex «continente nero».
«Nessun africano ha voglia di lasciare l’Africa – assicura -, è gente attaccata alla propria terra, alle tradizioni: quando scappano è perchè non possono farne a meno, perchè hanno problemi esistenziali».
Conosce bene il problema, l’ad dell’Eni che, non a caso, è la più africana delle imprese italiane, oltre 8 miliardi di investimenti in 16 Paesi.
Per questo si rammarica di come l’Europa, e non solo, ha concepito le politiche oltre il Mediterraneo. Per questo invita a un salto di qualità . Come? «Pensando al lungo termine quando si investe – risponde svelto – . Non solo al profitto immediato, ma alla sostenibilità del business».
È un punto di filosofia di impresa che impone una svolta di etica politica e un maggiore orgoglio politico. «Se l’Africa è il continente che cresce di più, e ne abbiamo bisogno – spiega il top manager milanese -, allora l’Europa deve trovare una visione unitaria per aiutare se stessa, sostenendo l’Africa. Se aiuti il tuo interlocutore a diventare più forte, sei più forte anche tu».
Cosa non ha funzionato?
«È il modello prevalente di sviluppo postcoloniale in Africa che ha mostrato limiti di sostenibilità : è quello che ci ha visti andare, esplorare e sfruttare i campi petroliferi, però esportando tutta la materia prima. Abbiamo lasciato l’Africa senza energia, dunque senza sviluppo e diversificazione industriale».
Di qui le migrazioni…
«Un esodo così forte è stato esacerbato dall’assenza di diversificazione. Il prezzo basso di petrolio e gas, lontano dalla soglia di profitto, ha causato ulteriore povertà in un sistema già povero, provocando disperazione. Il greggio in calo ha messo in estrema difficoltà molti Paesi».
Serve un cambio di passo?
«Nel momento in cui estraggo gas, posso scegliere di esportarlo tutto, oppure solo una parte e lasciare il resto nel Paese come investimento per la stabilità . L’Eni sta facendo questo. Riducendo in parte il profitto di oggi, ma aumentando valore, sostenibilità e credibilità per il futuro. Un esempio è la Libia, dove abbiamo cominciato a distribuire gas, il sessanta per cento di quello estratto, senza obbligo contrattuale. L’effetto è che ci considerano più credibili».
L’impegno è oneroso.
«L’Europa ha messo tanti soldi a disposizione dell’Africa, centinaia di miliardi in mezzo secolo. Ma sono state iniziative più umanitarie che altro. Poche volte, sono stati dati contributi per sviluppare accesso all’energia e formazione in ambiti specifici con il necessario accompagnamento».
Sono queste le priorità «per aiutarli a casa loro»?
«Certamente. L’energia è una leva lunga, aiuta l’affermarsi di una cultura industriale e dello sviluppo. Per far rimanere le persone nella propria terra occorre farle studiare e formarle. Un 20% dei fondi vanno destinati ai giovani, 2-3 anni in cui tutti possano seguire una fase di preparazione che li porti ai mestieri che, nel frattempo, vengono creati».
L’Ue ha stanziato 2,6 miliardi per l’Africa Trust. Però la cassa è ancora vuota.
«I fondi arrivano se c’è una forte motivazione da parte di chi deve versarli, il che richiede leadership molto chiara. Succede nei governi come nelle aziende: le cose funzionano quando il vertice ci crede, sennò i soldi da soli non bastano. Occorre condivisione degli obiettivi. Se moriamo nelle burocrazie, negli attacchi politici perchè qualcuno contesta idee solo perchè le ha avute un altro, non c’è speranza».
Messa così, costringe a riflettere sull’assenza di leadership europea di questi mesi.
«In Europa c’è chi sottostima il problema delle migrazioni. Manca una sufficiente sensibilità del fatto che gli esodi siano un problema esistenziale gravissimo, così serio da poter far cadere qualunque struttura politica. È uno tsunami, non può essere considerato “un problema di qualcun altro”. Da noi, governo e parlamento, bussano a un’Europa che sembra non sentire. Non si accetta che sia un movimento globale che comporta conseguenze che vanno al di là del nostro continente».
Torniamo alla Libia. È la porta che bisogna chiudere.
«Stabilizzare la Libia è una questione centrale. Non è semplice. Succederà solo quando si sarà raggiunta una unità nazionale completa. C’è pressione sull’Europa ma anche sulla Libia. La questione va risolta alla radice».
È difficile, dopo che gli hai preso il petrolio per anni, convincerli alle rinnovabili?
«Il cambiamento climatico e le sue problematiche magari non sono prioritari visto i problemi esistenziali in essere. Però le rinnovabili lo sono. Abbiamo chiuso accordi di sviluppo delle rinnovabili, nel nostro ambito petrolifero, con Egitto, Tunisia, Algeria, Ghana. Discutiamo con altri 4 o 5 Paesi».
L’Enel è attiva nelle rinnovabili. È possibile una cooperazione africana?
«Siamo disponibili a studiare progetti sulle rinnovabili con chiunque e anche con Enel. Ci sono però dei vincoli. Noi operiamo all’interno delle nostre attività petrolifere, dove abbiamo terreni, strutture, reti. Lavoriamo in seno a contrattualistiche consolidate, dove possono seguirci i partner delle joint venture da noi operate. Ciò non significa che non saremmo interessati a studiarne la fattibilità ».
Gira una voce nei corridoi europei. Dice che l’Italia ha risparmiato gli sbarchi dei migranti a Malta in cambio di attenzioni per l’Eni. Che ne dice?
«L’unico modo per risponderle sarebbe una citazione di Fantozzi e la Corazzata Potà«mkin. Quindi non lo farò».
(da “La Stampa”)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
NON HANNO LE PALLE DI DIRE CHE DEGLI ESSERI UMANI SE NE FOTTONO E ALLORA METTONO LE ONG NELLE CONDIZIONI DI NON POTER PIU’ OPERARE… LA DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL: “CI SARANNO PIU’ VITTIME”
Undici regole per le ong che si occupano del salvataggio in mare di migranti e richiedenti asilo. E’ il codice di condotta proposto dall’Italia per regolamentare il lavoro delle organizzazioni umanitarie che operano nel Mediteranneo.
E che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di far salire la polizia giudiziaria a bordo. Amnesty International parla di un codice “immorale” che “potrebbe mettere in pericolo altre vite“.
La bozza del documento, proposto per la prima volta in occasione di una riunione informale del Consiglio europeo di giustizia e affari interni il 6 luglio 2017, è stata esaminata dagli esperti dell’organizzazione e da quelli della Ong Human Rights Watch.
Secondo Amnesty il codice, che è la conseguenza di “una campagna diffamatoria contro le ong” ridurrebbe il lavoro delle organizzazione che svolgono operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale: impedendo loro di entrare nelle acque territoriali libiche per le operazioni di salvataggio; impedendo loro l’utilizzo di segnali luminosi per indicare la propria posizione alle imbarcazioni a rischio imminente di naufragio; forzandole a tornare in porto per sbarcare rifugiati e migranti, piuttosto che consentire loro di trasferire persone salvate in altre imbarcazioni in mare, se necessario.
Ciò costringerebbe le squadre di ricerca e salvataggio delle Ong a spostarsi per lunghi periodi dall’area in cui sono necessarie, lasciando più persone a rischio di annegamento nel Mediterraneo centrale.
“I tentativi di limitare le operazioni di ricerca e salvataggio delle ong rischiano di mettere a repentaglio migliaia di vite umane impedendo alle imbarcazioni di salvataggio di accedere alle acque pericolose vicino alla Libia” ha dichiarato in una nota ufficiale Iverna McGowan, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee.
Amnesty International e Human Rights Watch credono che il codice di condotta possa in alcuni casi ostacolare le operazioni di salvataggio e ritardare gli sbarchi in un luogo sicuro entro un lasso di tempo ragionevole, violando gli obblighi che entrambi gli stati e i comandanti delle navi devono rispettare in base al diritto internazionale del mare. “Qualsiasi codice di condotta, se necessario, dovrebbe: avere l’obiettivo di rendere le operazioni di salvataggio in mare più efficaci per salvare vite umane; essere concordato previa consultazione con i gruppi coinvolti nella ricerca e nel salvataggio; essere applicato a tutte le imbarcazioni che effettuano salvataggi nel Mediterraneo e non dovrebbe essere legato allo sbarco — sottolineano -.
La bozza del documento include la minaccia di rifiuto alle navi delle Ong di sbarcare in Italia se non sottoscrivono il codice o non ne rispettano alcune disposizioni”.
“Alcuni paragrafi siano stati concepiti solo per rendere impossibile il salvataggio di vite umane”. I punti critici sono soprattutto il divieto assoluto di operare in acque libiche “dove Triton non è presente e dove muoiono tantissime persone anche perchè la Libia non è in grado di gestire un’area SAR” e la presenza della polizia giudiziaria a bordo delle imbarcazioni, in violazione del principio di neutralità delle Ong stesse.
“Le Ong sono là fuori nel Mediterraneo per salvare le persone perchè l’Unione europea non lo fa”, ha dichiarato Judith Sunderland, direttrice associata di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale.
“Data l’entità delle tragedie in mare e degli orribili abusi che migranti e richiedenti asilo subiscono in Libia, l’Unione europea dovrebbe lavorare con l’Italia per rafforzare la ricerca e il salvataggio nelle acque libere di fronte alla Libia, piuttosto che limitarla”.
Sia l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) che l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) hanno criticato il proposto codice di condotta per le Ong.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA INTRODUZIONE DELLA MONETA ROMANA: COME FUNZIONA
II 5 Stelle lo avevano promesso in campagna elettorale e Virginia Raggi lo aveva ribadito una volta eletta. Ora a darne annuncio è l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo: Roma avrà — prima o poi — la sua moneta complementare.
Mazzillo ne ha parlato ieri durante una conferenza stampa dove ha spiegato che la Giunta sta studiando il modo di introdurre una moneta alternativa locale.
Allo studio sulla moneta complementare partecipa anche l’economista Nino Galloni, che per qualche tempo è stato in predicato per diventare assessore al Bilancio dopo l’addio di Minenna.
In conferenza stampa Mazzillo ha precisato che la moneta complementare alla romana non sarà il Bitcoin ma qualcosa di simile al Sardex che circola in Sardegna o al Tibex già introdotto nel Lazio.
Lo scopo è quello di «favorire le economie locali aiutando lo scambio tra le aziende e creando anche un mercato parallelo tra le economie del territorio.
Non si tratta di euro e neanche di moneta elettronica, ma di moneta alternativa. Il vantaggio sta nel creare fidelizzazione tra i soggetti appartenenti alla rete che si scambiano beni o servizi».
La misura è allo studio del progetto Fabbrica Roma. La moneta non ha ancora un nome (anche se c’è già chi la vorrebbe chiamare “sesterzio”) ma il suo funzionamento è chiaro.
Il vantaggio — spiega Mazzillo — “sta nel fatto che si crea fidelizzazione nei soggetti, io posso scambiare con gli appartenenti alla rete le mie prestazioni sia di beni sia di servizi”.
È evidente che con la moneta complementare della Raggi il Comune non potrà certo comprare gli autobus, affrontare il problema degli alloggi popolari,quello degli sfratti delle ONLUS (e le relative richieste di pagamento) o risolvere i tanti problemi economici di Roma.
Ed infatti anche se l’amministrazione comunale sta lavorando alla moneta complementare la Raggi non si è dimenticata di battere cassa — in euro — chiedendo 1,8 miliardi di euro per rimettere in moto la Capitale.
Di soldi veri insomma ce ne sarà sempre bisogno. E non risulta che — ad un anno dalla sua elezione — Daniele Frongia sia riuscito a trovare quegli 1,2 miliardi di euro che aveva annunciato aver scoperto tra le pieghe del bilancio capitolino.
La moneta complementare non sarebbe nè un Euro 2 nè una nuova Lira come proposto da Berlusconi qualche tempo fa.
A quanto pare il modello di riferimento è il Sardex, un sistema di scambio di crediti tra aziende. Non si tratta quindi di una forma di baratto perchè non c’è uno scambio immediato di beni o servizi.
Le aziende e i soggetti che fanno parte di questo circuito chiuso possono accumulare i crediti ma spenderli successivamente.
Chi fa parte del circuito di questa moneta complementare può fare credito agli altri soggetti. Ma soprattutto non deve restituire il bene o il servizio acquistato direttamente all’azienda presso cui l’ha comprato.
Questa è la differenza sostanziale con il baratto dove invece lo scambio avviene sempre in maniera diretta.
I soggetti che fanno parte del circuito del Sardex invece mettono in circolazione i crediti che possono essere utilizzati in scambi successivi con altre aziende che fanno parte del sistema.
Si tratta di un sistema che ha anche degli aspetti non molto definiti.
In sostanza l’azienda che gestisce i Sardex (un Sardex vale un euro) funziona come una banca non regolata. Ma dal momento che la moneta complementare vale solo per chi ha deciso di accettarla la situazione è più ambigua.
Inoltre non è chiaro cosa succede se uno dei soggetti che partecipano al circuito va in default. Chi paga? Tutti gli aderenti al sistema o l’azienda che gestisce gli scambi?
In realtà a quanto pare questa eventualità è scongiurata dal fatto che a chi accetta i Sardex (o altre monete complementari basate su questo modello) non è consentito di andare in rosso oltre una certa soglia.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
AVEVA CERCATO DI MILLANTARE UN SUO INTERVENTO PER I TRE CANADAIR ARRIVATI IN AIUTO DALLA FRANCIA, INVECE SONO STATI RICHIESTI DALLA PROTEZIONE CIVILE ITALIANA
Dopo le mail a sua insaputa, il vicepresidente della Camera Di Maio è stato smentito dall’ambasciata francese sulle presunte telefonate che avrebbe fatto ‘tutta la notte’ per richiedere l’invio dei canadair
Raggiunto via mail dal giornalista Aldo Torchiaro, esperto di relazioni media e comunicazione strategica nonchè collaboratore di Formiche.net, Palazzo Farnese ha negato risolutamente che Luigi Di Maio li abbia contattati per chiedere l’intervento di Canadair al fine di domare gli incendi nella zona del Parco Nazionale del Vesuvio, come il premier in pectore del m5s aveva invece lasciato intendere in un post su facebook.
Lo stesso Aldo Torchiaro ha pubblicato sul suo profilo facebook lo scambio di mail con l’Ambasciata Francese che nega risolutamente alcun contatto con il Vicepresidente della Camera dei Deputati, post rilanciato anche da Daniele Cinà . “Non abbiamo ricevuto alcuna telefonata nè tantomeno alcun messaggio da parte del signor Di Maio. La richiesta relativa ai Canadair è stata effettuata dalle Autorità Italiane (leggi Protezione Civile) e la Francia ha risposto in maniera affermativa”.
Ci domandiamo: possibile che l’onorevole Di Maio abbia telefonato a tutte le ambasciate tranne a quella francese, l’unica che poi ha effettivamente inviato i Canadair?
E allora per quale motivo ha poi aggiunto che erano in arrivo tre Canadair dalla Francia lasciando intendere che le sue presunte telefonate, almeno in quel caso, fossero andate a buon fine?
Per quale motivo non ha sottolineato che i tre Canadair dalla Francia stavano arrivando grazie alla sollecitazione della Protezione Civile e non grazie a lui?
Sarebbe questa la trasparenza e l’onestà che a parole il M5S ci ricorda ogni giorno?
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
L’HA APPESO ALL’INGRESSO DEL SUO APPARTAMENTO A SANTA MARTA
Papa Francesco trascorre le sue ferie rimanendo a casa senza perdere il buonumore, a dispetto di alcuni presunti retroscena giornalistici che lo dipingono come incupito e assediato dagli avversari interni: da qualche giorno sulla porta del suo appartamentino a Santa Marta è apparso un eloquente quanto ironico cartello, che recita: «Vietato lamentarsi».
Vi si legge che «i trasgressori sono soggetti da una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi». Che «la sanzione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di bambini».
E conclude così: «Per diventare il meglio di sè bisogna concentrarsi sulle proprie potenzialità e non sui propri limiti quindi: smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita».
A notarlo sono stati gli interlocutori più recenti del Pontefice invitati a Santa Marta, tra i quali un anziano sacerdote italiano, amico di lunga data, il quale – dopo aver chiesto l’autorizzazione – l’ha fotografato per divulgarlo.
Era stato lo stesso Francesco a farglielo notare al termine dell’udienza avvenuta all’inizio della settimana ed entrambi avevano sorriso.
Quel cartello è un’invenzione dello psicologo e psicoterapeuta dal nome biblico Salvo Noè, autore di libri e di corsi motivazionali.
Nell’ultimo dei suoi volumi ha dedicato alcune pagine proprio a Bergoglio. Lo scorso 14 giugno, al termine dell’udienza in piazza San Pietro, Noè aveva potuto salutare per alcuni istanti Francesco: gli aveva donato il libro, un braccialetto e il cartello immediatamente apprezzato dal Papa che aveva replicato: «Lo metterò alla porta del mio ufficio dove ricevo le persone».
Ora, l’«ufficio» del Papa dove avvengono solitamente le udienze è nel palazzo apostolico, la cui austerità e bellezza non si sarebbero certo sposate bene con quel divieto un po’ goliardico.
Così Francesco ha deciso di appenderlo fuori dalla porta del suo appartamento.
In molte occasioni l’autore dell’esortazione “Evangelii gaudium” (la gioia del Vangelo) ha invitato i cristiani ad abbandonare l’atteggiamento di continua lamentela: «A volte – aveva detto il Papa alcuni mesi dopo l’elezione – alcuni cristiani malinconici hanno più faccia da peperoncino all’aceto che di gioiosi che hanno una vita bella!».
Il sacerdote che ha scattato la foto dice di aver trovato Francesco disteso e sereno. Al lavoro nonostante le ferie su alcune nomine curiali – è attesa quella del nuovo segretario della Congregazione per la dottrina della fede – ma anche sui discorsi del prossimo viaggio in Colombia.
Gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio, con le improvvise dimissioni del Revisore generale Libero Milone, il congedo del cardinale George Pell rinviato a giudizio in Australia per presunti abusi su minori e infine la mancata riconferma del cardinale Prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gerhard Mà¼ller hanno dato adito a molte ipotesi.
E hanno anche scatenato una ridda di ricostruzioni a dir poco fantasiose, come quella spacciata per essere «di buona fonte» e invece totalmente falsa, secondo la quale comunicando la mancata riconferma a Mà¼ller il Papa lo avrebbe sottoposto a un surreale interrogatorio sul celibato sacerdotale e donne prete.
O come quella secondo cui Francesco da qualche settimana avrebbe scelto di consumare ancora i pasti nella sala da pranzo comune di Santa Marta ma di spalle, in un angolo più defilato.
Peccato che quest’ultima scelta risalga a più di tre anni fa e dunque non ha alcun collegamento con le più recenti e controverse vicende.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
INTERVISTA A ELISA SIMONI: “RENZI HA DETTO CHI NON E’ D’ACCORDO CON ME VADA E IO VADO DOVE STA ANDANDO IL NOSTRO POPOLO”
A metà della conversazione Elisa Simoni si ferma, resta in silenzio per una manciata di secondi e poi piange: “Me ne vado dal Pd”.
Nota come la “cugina” di Renzi, in virtù di una parentela familiare, la Simoni è una toscana tosta.
Toscana, come il sigaro che fuma, e che gira tra le mani, mentre parliamo in un bar a due passi dalla Camera.
Assessore di Renzi ai tempi della Provincia, la più votata alle primarie della volta scorsa, Elisa è cresciuta a pane e politica. Politica con la P maiuscola che è un tutt’uno col mito del grande partito, anch’esso con la P maiuscola, quello di “Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”:
“Ieri sera — dice sempre stressando il sigaro – ne ho parlato coi compagni da me in toscana. Prima con i miei genitori, comunisti da una vita. Non è stato facile”
Perchè?
Mi hanno detto: “Elisa, ma il partito… Il partito non si lascia, si combatte da dentro…”. È la vecchia impostazione del Pci, della sinistra. Ma qui sta il punto. Quella roba li non c’è più. E non c’è un “campo” di sinistra al cui interno discutere e combattere.
Si è compiuta la mutazione genetica
Sì, il Pd è diventato ormai un’altra cosa. Più simile a Forza Italia del ’94 che al Pd del Lingotto. Nelle politiche mi pare evidente, e non da oggi, il tentativo di inseguire il famoso voto moderato. È complicato spiegare ai nostri elettori che il Pd non ha cambiato natura mentre il segretario usa le ricette peggiori della destra declinate attraverso il vocabolario del populismo M5S.
Si riferisce a migranti e polemica con l’Europa?
Pensiamo di recuperare consensi inseguendoli sull’anti-europeismo e dicendo “i migranti a casa loro”? Alla fine, gli elettori tra l’originale e la copia votano l’originale e penseranno che la vera fake news sia Renzi e il Pd che immagina.
Questo processo però, lo diceva lei, non è iniziato oggi. Perchè lei lascia oggi?
Mi fa male dirlo. E come vede non nascondo le emozioni di un momento complicato. Emotivamente complicato e intenso. Ma nel Pd è finita sia l’agibilità politica sia la funzione politica di chi dissente il giorno. All’ultima direzione lo ha detto Renzi: io vado avanti come un treno, chi non è d’accordo se ne vada.
E lei che non è d’accordo...
Appunto, ne traggo le conseguenze. Pensi a che punto siamo, essendo io considerata una mediatrice.
Anche se però la chiamano la “zarina”.
Una “zarina” che da anni ha svolto la funzione politica di mediazione tra Renzi e la sinistra. Quella agibilità politica è finita. Veda, un mediatore, sebbene di minoranza, è figura organica perchè lavora per il bene del partito e del segretario favorendo, per quanto possibile, l’unità . Ma quando il segretario ha l’obiettivo dichiarato e scoperto di far uscire chi dissente, l’unità è impossibile.
Secondo lei l’obiettivo è questo: via chi critica?. Sta descrivendo un epuratore.
Beh, il libro che ha scritto, invece che “Avanti”, lo poteva chiamare “vendetta”, col sottotitolo, “guardando indietro”. Mi dice chi non ha attaccato in questa sindrome dell’uno contro tutti? L’unico capitolo che doveva scrivere non l’ha scritto.
Quale?
Quello sul vuoto a sinistra fatto di milioni di elettori persi, in questo susseguirsi di sconfitte, tra amministrative e referendum. E del suo fallimento complessivo. All’epoca in cui diventò segretario, Berlusconi e il centrodestra erano spariti dalla scena e Grillo governava solo Parma. Ora Grillo governa importanti città italiane, Salvini gioca a vincere e Berlusconi viene riabilitato come argine democratico al populismo di destra. Sono addolorata, furiosa. Vogliamo negare la realtà e continuare a cantare Menomale che Renzi c’è?
A Renzi lo ha detto?
Sì, certo, gli ho mandato un messaggio su whatsup come fa lui. Ho avvisato prima Andrea Orlando, che ho sostenuto al congresso, e Roberto Speranza, della mia adesione al suo gruppo. In questo sono all’antica. Vivo il travaglio da sola e poi si fanno i passaggi politici necessari.
Non è facile.
Dopo anni in cui hai militato, ci hai creduto. Ma a un certo punto mi sono detta: quando sei nel dubbio, segui gli ideali della tua giovinezza. Si ricorda? Lo diceva Berlinguer?
Già .
Questi significa andare a riprendere, assieme ad altri, quei milioni di elettori che ci hanno abbandonato. Poi si vedrà l’assetto, la leadership a sinistra del Pd, ma il punto è questo: se gli elettori non vengono da te devi andare dove gli elettori sono e convincerli con una proposta di governo credibile e soprattutto alternativa a quella del populista di destra.
Ideali è una parola bellissima. Quale è l’ideale di Renzi?
Vedo che il Pd è diventato un partito che spesso, nella mentalità , confonde il governo col potere. E infatti ha perso un pezzo rilevante del suo popolo.
Che le hanno detto i suoi compagni in toscana.
Si va. La storia ci darà ragione.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
ALTRI 27 RED CARPET E ALTRI SOLDI SPUTTANATI PER LA MEGALOMANIA DEL GABIBBO BIANCO… INCENTIVA IL TURISMO? BALLE, A RAPALLO AD APRILE LE PRESENZE SONO CALATE DELL’8%
Il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è un attore mancato e come tutti i bambinoni che hanno sognato di essere protagonisti di un film e magari venire premiati sulla passerella del festival di Cannes, sfoga la sua frustrazione comprando tappeti rossi da stendere anche nell’ingresso di casa.
Per uno che vive di soli spottoni pubblicitari, il red carpet è parte integrante della sua megalomania.
Non contento di aver sputtanato 50.000 eurini dei contribuenti a Rapallo con una inziativa che ha generato tante polemiche, eccolo in azione con le pezze di tappeto in magazzino, pronte a distribuirle in tutta la Liguria.
E oggi ha lanciato l’iniziativa “La Liguria dei Red Carpet — Emozioni da Star”: “un itinerario attraverso i luoghi più suggestivi della nostra regione valorizzato dalla posa di 27 tappeti rossi”
Sono stati invitati i Sindaci dei 32 Comuni interessati (Andora, Cogoleto, Cosseria, Costarainera, Deiva Marina, Genova, Giustenice, Moneglia, Orero, Pieve di Teco, Portovenere, Recco, Tovo San Giacomo, Triora, Ameglia, Campoligure, Cervo, Dolceacqua, Finale Ligure, Lerici, Toirano, Varese Ligure, Levanto, Bonassola, Framura, Alassio, Laigueglia, Riva Ligure, Santo Stefano al Mare, Rapallo, Santa Margherita Ligure, Portofino). Presente l’assessore al turismo del Comune di Genova, la leghista Paola Bordilli che magari il tappeto e le ginocchiere le preferisce verdi, ma fa nulla.
Toti continua a spacciare la balla che i tappeto rosso “attira i turisti” neanche fosse un moschicida.
In realtà il dato delle presenze turistiche nel Tigullio, comprese Rapallo e Santa Margherita, fa segnare a maggio un netto calo, al paragone con lo stesso mese dell’anno precedente.
Ovvero, il mese del Red Carpet, inaugurato il 29 aprile, Rapallo ha avuto un calo di presenze dell’8,46%, Santa Margherita, altro Comune del Red Carpet, cala del 3,09%: queste sono le mirabolanti ricadute economiche che ha avuto l’intero comprensorio .
Avanti con altri 27 tappeti, lo spettacolo pagato dai contribuenti liguri è solo all’inizio.
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
MAURO GIULIVI SI E’ RIVOLTO AL TRIBUNALE CIVILE: NON GLI E’ STATO CONSENTITO DI CANDIDARSI
La grande lotta tra Beppe Grillo e la legalità prosegue in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Stavolta tocca a Mauro Giulivi, iscritto al MoVimento 5 Stelle in Sicilia, chiedere l’annullamento delle Regionarie che di recente hanno incoronato Giancarlo Cancelleri come candidato governatore del M5S nell’isola.
Ad assisterlo un avvocato che Grillo conosce molto bene: Lorenzo Borrè, già protagonista dei ricorsi vinti di Napoli e Roma e delle cause sul nuovo regolamento del M5S oltre che del caso Cassimatis.
Insieme a lui l’avvocato Riccardo Gentile del foro di Palermo.
Per raccontare tutta la storia bisogna tornare indietro di qualche mese.
Mauro Giulivi non è un semplice iscritto M5S: oltre a essere il compagno della deputata Chiara Di Benedetto, Giulivi è stato anche l’amministratore del meetup Il Grillo di Palermo: lui, insieme ad altri, aveva presentato una denuncia contro ignoti per la validazione di account di alcuni che erano stati protagonisti del servizio delle Iene sulle firme false di Palermo. Giulivi si definiva ironicamente “uno dei pochi Nutiani” (ovvero, vicini al deputato Riccardo Nuti) “rimasti al mondo”.
Giulivi ha la bella idea di candidarsi come consigliere alle Comunarie di Palermo che vedranno successivamente la sconfitta dei “monaci” e la vittoria della new wawe palermitana, con Salvatore Ugo Forello che sarà candidato sindaco dopo aver vinto il ballottaggio con il poliziotto Igor Gelarda.
Arriva all’undicesimo posto sui 40 disponibili con 62 voti di preferenza e può legittimamente ambire a un posto in Consiglio comunale. Qui però accade il patatrac.
Giulivi, di cui il candidato sindaco Ugo Forello e tutto il M5S siciliano conoscono perfettamente i precedenti, viene infatti invitato a firmare il “Codice di comportamento per i candidati ed eletti del MoVimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Palermo 2017”.
«In pratica — racconterà lui successivamente su Facebook — si chiedeva, con un preavviso di 2 ore e 30 minuti, di recarmi presso una fantomatica sede e firmare un documento, mai letto prima, indispensabile per confermare la mia candidatura. Dal momento che ho “sfortunatamente” un lavoro, non ho potuto nè leggere, nè recarmi in via Scrofani entro le ore 20».
Giulivi invia alle 23 e 07 dello stesso giorno una mail allo staff in cui spiega di non aver potuto arrivare in tempo all’appuntamento e poi — povero ingenuo o raffinato troll — pretende addirittura di poter visionare il codice di comportamento che vogliono fargli firmare.
«Dopo aver inviato la mail — racconta sempre lui — mi sono accorto che l’attuale candidato sindaco del M5S, l’Avv. Ugo Forello, mi aveva estromesso dai canali interni di comunicazione, già alle ore 21:03. In pratica, dopo appena un’ora dalla scadenza dei termini per firmare l’importantissimo codice di comportamento, ero già stato scaricato dal “candidato sindaco”.
L’esclusione mi è stata anche conferma da un’agenzia di stampa, uscita nella stessa serata, con i nomi dei 40 candidati tra i quali “curiosamente” non figurava il mio».
Giulivi a quel punto fa la fine di tanti prima di lui: non riceve più risposte dallo staff; torna a scrivergli ma nessuno se lo fila.
Dopo qualche giorno prende atto del fatto che è stato escluso dalle candidature del MoVimento 5 Stelle al comune di Palermo ma decide di lasciar perdere e di non ricorrere in tribunale, forse anche per quieto vivere.
A giugno però si riapre la corsa e stavolta ci sono le Regionarie, ovvero la competizione per decidere chi sarà il candidato governatore e i candidati consiglieri alla Regione Siciliana. Giulivi torna a presentare la sua candidatura ma dieci giorni dopo lo staff gli scrive per fargli sapere che non può candidarsi.
“Ciao Mauro, abbiamo notato che hai accettato la candidatura per le regionali siciliane, tuttavia uno dei requisiti per avanzare la propria candidatura è il non avere procedimenti disciplinari in corso ovvero di non aver ricevuto sanzioni disciplinari da parte degli organi del MoVimento 5 Stelle negli ultimi 6 mesi. A tuo carico risulta un procedimento in corso con il Collegio dei Probiviri. Viene quindi meno uno dei requisiti per la candidatura. Pertanto ti comunichiamo che sei stato rimosso dall’elenco dei candidati. Un saluto Lo Staff”, gli scrivono.
Giulivi non ha ricevuto la comunicazione dell’apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, come prescrive il regolamento di Beppe Grillo e come accaduto, in una vicenda diversa, alla consigliera comunale romana Cristina Grancio.
Il candidato contesta la decisione e spiega di non aver ricevuto alcuna sanzione disciplinare chiedendo il reintegro nella lista. Ovviamente viene bellamente ignorato e il 4 luglio le primarie si svolgono regolarmente incoronando, qualche giorno dopo, Giancarlo Cancelleri come candidato governatore.
Cosa chiede Giulivi al giudice? Giulivi impugna il provvedimento di esclusione dalla partecipazione alle Regionarie ma anche le votazioni e la proclamazione dei candidati alla carica di consigliere e di candidato presidente.
Perchè dall’illegittimità del provvedimento di esclusione alla partecipazione alle Regionarie discende anche l’illegittimità della votazione e della proclamazione dei candidati consiglieri e quindi del candidato presidente.
Poi ci sono anche i motivi di illegittimità del regolamento oggi in vigore, già in discussione a Roma.
Come finirà ? Difficile che un giudice si assuma la responsabilità di annullare le Regionarie, ma il tribunale potrebbe comunque dare successivamente ragione a Giulivi come è successo a Napoli e a Roma.
A quel punto tutti gli scenari sarebbero aperti. E chissà se questo è l’ultimo guaio che arriva al M5S dall’isola.
(da “NextQuotidiano”)
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