Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
L’ATTACCO AL SINDACO DI RIACE E’ DIVENTATO UN BOOMERANG… SCANDALOSO CHE UN MINISTRO DEGLI INTERNI USI UN MAFIOSO PUR DI SCREDITARE LUCANO
Il giorno dopo la manifestazione in cui migliaia di persone hanno portato la loro solidarietà a Mimmo Lucano – il sindaco del Comune in provincia di Reggio Calabria diventato modello di accoglienza diffusa, ora agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – Matteo Salvini pubblicava su profilo Facebook un video con il quale sembrava voler dimostrare che la ‘favola’ dell’integrazione nel paesino della Locride in realtà non esiste.
“Quando hanno indagato me, l’Associazione Nazionale Magistrati ha difeso il pm dichiarando “basta interferenze”, ora diranno le stesse cose? Nel frattempo, se avete 2 minuti sentite cosa diceva questo cittadino di Riace parlando del sindaco…”, si legge nel post.
Nel video si vede un uomo che accusa Lucano di non curarsi dei cittadini di Riace, di dare lavoro solo ai migranti
Ma chi è la persona che parla nel video realizzato nell’aprile 2016 dalla rete locale Calabria Magnifica Tv? Poche ore dopo la pubblicazione del post alcuni utenti hanno fatto notare che quest’uomo, Pietro Zucco – nell’intervista dice pubblicamente il suo nome – oltre ad essere stato membro dell’amministrazione del paesino prima che Lucano diventasse sindaco – ha un trascorso da presunto prestanome della ‘ndrangheta e, per questa ragione, nel 2011 è stato arrestato.
Per avvalorare questa tesi viene postata la pagina di un quotidiano locale, datata gennaio 2011: “Intestazioni fittizie: arresti e sequestri delle fiamme gialle”, si legge nel titolo. Tra i nomi dei tre arrestati c’è quello di Zucco che, attualmente – si legge sul Corriere della Calabria – graviterebbe nell’ambiente di Noi con Salvini.
Dalla lettura del comunicato della Guardia di Finanza, diffuso al momento dell’operazione si legge: “Sono state sequestrate due aziende operanti nel settore del movimento terra e calcestruzzo (attività di primario interesse per le cosche mafiose) appartenenti alla cosca RUGA — METASTASIO. Altre due persone sono state denunciate a piede libero”. Il ruolo di Zucco, si evince dal comunicato, era quello di prestanome. Era stato, infatti, il rappresentante legale di una delle cooperative dalle quali questa inchiesta era partita. Aveva assunto, si legge nel comunicato, la titolarità formale della cooperativa. E la titolarità era “finalizzata a interporre una formale barriera all’individuazione dei reali attori della vicenda”.
Molti utenti hanno fatto notare i trascorsi non proprio edificanti di Zucco a Salvini: “Sei un manipolatore, ecco il tuo eroe”, si legge in un commento. C’è, poi, chi chiede le dimissioni e chi domanda: “Non si vergogna neanche un po’?”.
Le persone che si indignano per quello che pare essere uno scivolone di Salvini si fermano alla vicenda dell’arresto di Zucco, ma le sue vicende giudiziarie hanno avuto un seguito.
Il suo nome, infatti, compare in una sentenza della Corte di Cassazione del 2015: condannato a 4 anni e sei mesi di carcere dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria nel 2014 per il reato di trasferimento fraudolento di valori si è rivolto – insieme a un altro soggetto coinvolto nell’inchiesta partita nel 2011 – alla Suprema Corte contro quella decisione. Il giudice, però, ha rigettato i ricorsi, confermando quindi l’operato della Corte d’Appello.
Matteo Salvini, al momento, non è intervenuto sulla vicenda, ma tra i coloro che commentano il suo post sono sempre di più le persone che gli fanno notare i trascorsi della persona di cui ha condiviso sui social le opinioni. Queste volta, insomma, pare che la “Bestia” social del ministro dell’Interno abbia fallito.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO AVER FATTO VEDERE CHE HA VIAGGIATO IN AEREO A TARIFFA ECONOMICA, HA SOGGIORNATO AL FOUR SEASON, L’ALBERGO PIU’ LUSSOSO DELLA CITTA’ CON STANZE DELUXE, PISCINA PANORAMICA E JACUZZI … CON DODICE PERSONE AL SEGUITO
Ricordate il viaggio in Cina di qualche giorno fa? 
Il vicepremier prima di decollare postò sui social un video diventato virale in cui mostrava come — a differenza dei vecchi e odiati politici della Casta — lui e i suoi uomini volavano non solo su un aereo di linea, ma seduti in Economy e non in Business Class.
Di Maio ha però omesso di spiegare ai suoi fan che, atterrato a Pechino, avrebbe smesso i panni del populista pauperista, e si sarebbe diretto in uno degli hotel più lussuosi della città : il Four Season, un cinque stelle extralusso di una delle catena alberghiere più famose del pianeta.
Il vicepremier ha alloggiato al Four Season per due notti.
Nel programma di viaggio, in mano a pochi consiglieri e dipendenti del Mise, si elencano tutti i dettagli del viaggio: dalla partenza da Roma all’atterraggio, il 19 settembre, a Chengdu (lì il vicepremier ha soggiornato per 48 ore, firmato accordi bilaterali con il segretario del Pcc del Sichuan), fino all’arrivo all’aeroporto internazionale di Pechino giovedì 20 settembre alle 23.15, con successivo «trasferimento all’hotel Four Season e check in».
La delegazione contava più di una dozzina di persone, tra cui il sottosegretario Michele Geraci, agenti di scorta, consiglieri diplomatici (Giovanni Pugliese e Sergio Maffettone) e portavoce assortiti.
Che hanno lasciato l’albergo di lusso sabato 22 settembre alle 9 di mattina, prelevati da due auto blu e una Buick per andare prima alla Città Proibita (visita turistica di un’ora e mezza), poi in direzione dell’aeroporto internazionale per il volo di rientro a Roma.
Forse imbarazzati dal lusso sfrenato degli arredi e dei servizi, nè Di Maio nè il suo fedelissimo Pietro Dettori ( mago dei social assunto come ufficio stampa alla presidenza del Consiglio a 130 mila euro l’anno ) durante il soggiorno hanno postato video dalla camera extralusso (non sappiamo se hanno dormito in quella più economica, la Deluxe Room che si prenota online per poco più di 200 euro a notte, o se invece siano finiti in quelle più care, come la “Suite Ambassador” da 350 euro a notte), nè condiviso foto delle Jacuzzi, della spa da sogno, della piscina con vista spettacolare sui grattacieli pechinesi.
Un’ospitalità a cinque stelle che Di Maio conosceva già : anche durante la trasferta di fine agosto in Egitto il vicepremier ha dormito nel Four Season del Cairo.
Uomini vicinissimi a Di Maio confermano che il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro ha davvero alloggiato nell’albergo, ma aggiungono che il prezzo pagato per ogni stanza è «quello di un quattro stelle», e che dunque le cifre sborsate («2-300 euro a notte per stanza a notte») sono congrue rispetto ai regolamenti ministeriali.
«Perchè non abbiamo fatto conferenze stampa al Four Season e abbiamo preferito le sale dell’ambasciata italiana? Non certo perchè Di Maio si vergognava dello sfarzo dell’hotel, ma perchè in ambasciata era più comodo organizzare gli incontri. E certo non c’era tempo, visto l’agenda piena di impegni, di usare i servizi dell’albergo».
PS: chi scrive crede che un vicepresidente del Consiglio della Repubblica italiana abbia tutto il diritto, rappresentando il Paese all’estero, di volare in business class e alloggiare in un hotel a cinque stelle durante un importante missione istituzionale. Lo fanno tutti i leader del mondo.
Il caso diventa di interesse pubblico solo se politici diffondono messaggi di propaganda antisistema per aumentare i consensi e poi — spento il Facebook Live e la telecamera — si accomodano in suite da mille e una notte pagate da quegli stessi elettori che lo credono alloggiato in una grotta.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA LETTERA A “REPUBBLICA” E LA REPLICA DEL QUOTIDIANO
Oggi Giuseppe Conte scrive una lunga lettera a Repubblica per spiegare la sua versione della vicenda del concorso che ha vinto all’Università Vanvitelli di Caserta e nel quale è stato giudicato dal suo maestro Guido Alpa.
La storia è stata raccontata nei giorni scorsi da Giuliano Foschini sul quotidiano di Mario Calabresi e punta soprattutto sul fatto che quando Conte fece il concorso aveva già uno studio con Alpa: secondo il suo curriculum, nel 2002 l’attuale Presidente del Consiglio collaborava professionalmente con Guido Alpa, suo maestro all’Università . Ma secondo l’articolo 51 del codice di procedura civile la collaborazione professionale è un elemento che causa l’incompatibilità tra chi esamina e chi è esaminato.
La versione di Conte è che quello non fosse uno studio professionale perchè i due erano semplicemente coinquilini (ma con segreteria in comune):
A differenza di quanto riportato, io e il prof. Alpa non abbiamo mai avuto uno studio professionale associato nè mai abbiamo costituito un’associazione tra professionisti. Sarebbe bastato ai suoi giornalisti chiedere in giro, senza profondersi in sofisticate investigazioni, per scoprire che Alpa, all’epoca dei fatti, aveva sì uno studio associato, ma a Genova, con altri professionisti.
Mentre a Roma siamo stati “coinquilini” utilizzando una segreteria comune, che serviva anche altri studi professionali, tutti collocati nello stesso stabile, come spesso avviene nel mondo professionale, dove è frequente che diversi professionisti si ritrovino a condividere un medesimo indirizzo professionale, anche solo per economia organizzativa, mantenendo tuttavia distinte le rispettive attività professionali.
Peraltro, a conferma della distinzione delle attività professionali vi è il fatto che io ho stipulato un contratto di locazione per l’appartamento sito al piano superiore e Alpa per l’appartamento sito al piano inferiore, entrambi a Roma, in piazza Benedetto Cairoli 6.
Ovviamente Conte è smentito dal suo stesso curriculum, o meglio: nel suo curriculum ha parlato di apertura di un nuovo studio locale con Alpa perchè questo evidentemente avrebbe dato maggior valore al suo cursus honorum; oggi lo nega perchè questo è fonte di guai.
Se non mente oggi, ha evidentemente mentito quando nel curriculum ha scritto di aver aperto uno studio con Guido Alpa.
Conte poi approfitta della lettera per ribadire la linea Di Maio sui giornali: ” Siamo sicuri che le difficoltà con cui attualmente si sta confrontando un po’ tutta la carta stampata siano da ricondurre ai nuovi strumenti info-telematici e non anche, quantomeno in parte, alla rinuncia a coltivare più rigorosamente il proprio mestiere, fidando nell’approfondimento critico delle notizie e nella verifica rigorosa delle fonti?”.
E poi piazza l’affondo:
Nei mesi scorsi molti dei Suoi giornalisti mi hanno sollecitato a concedere interviste e a riferire notizie di “prima mano”. Quanto alle notizie, mi darà atto che, nel corso delle varie conferenze stampa, ho sempre risposto in modo puntuale e cortese anche ai Suoi giornalisti. Ci mancherebbe altro. Quanto all’intervista confermo il diniego. Il Suo giornale sta esibendo nei miei personali confronti un’ostilità talmente preconcetta e denigratoria che non intendo rilasciarle interviste.
Considerato però il mio incarico e considerato altresì che Lei è il direttore di una testata giornalistica Le ho rivolto, ormai qualche tempo fa, un invito a venire a Palazzo Chigi. L’ho invitata per avere un confronto sul momento attuale che sta vivendo la carta stampata, sullo stato dell’informazione e su altre rilevanti questioni per il nostro sistema democratico. Ero e resto disponibile a riceverLa, come pure ho fatto con altri direttori di altrettante testate giornalistiche. L’unica condizione che ho posto è che si possa video-registrare il nostro incontro in modo che avvenga in piena trasparenza e che di esso sia reso partecipe il più ampio pubblico. Lei ha sin qui declinato il mio invito. Che sia la volta buona?
La risposta di Repubblica
La risposta di Repubblica arriva prima con una replica nel merito di Mensurati e Foschini, che hanno scritto i due articoli sul professor Alpa e il professor Conte:
Ma il conflitto di interesse è questione oggettiva e non soggettiva, e non attiene soltanto alla sfera legale. Non ritiene il presidente del Consiglio esista un’enorme questione di opportunità a farsi giudicare da una persona con cui si è lavorato insieme, stabilmente, fino al giorno prima del concorso e con il quale si è poi continuato a lavorare dopo con costanza? Infine: il premier dice di essere stato soltanto un «coinquilino del professor Alpa utilizzando una segreteria comune…mantenendo tuttavia distinte le rispettive attività professionali». Non è curioso che due professionisti che si occupano degli stessi argomenti in cause milionarie, non condividendo alcuna attività professionale, ma soltanto un appartamento su due piani, abbiano tuttavia uno stesso numero di telefono di studio, lavorino insieme in svariate occasioni, accademiche e professionali, e si sostituiscano a vicenda nella cause che, a loro dire, separatamente patrocinano?
E dopo con la risposta di Calabresi all’invito per il colloquio videoregistrato:
Gentile presidente del Consiglio, la ringrazio per l’invito ma come le ho detto in precedenza non riesco a comprendere il senso di un incontro in cui il giornalista non può fare domande, perchè la possibilità di un’intervista o di un colloquio è negata in partenza. Mi invita ad un incontro conoscitivo informale da trasmettere però in streaming. La formula non mi turba, seppur irrituale, ma la registrazione è giusto che appaia anche sul sito di Repubblica e sul giornale.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
“NON CI SERVONO BUGIE, VOGLIAMO FATTI”: IL DURO ATTACCO AL MINISTRO IN VISITA A GENOVA
“Liberate la Valpolcevera” è lo slogan con cui i commercianti, messi in ginocchio dal crollo del
ponte Morandi, manifestano per chiedere interventi per far riprendere la ‘vita’ nella zona.
Lo slogan è scritto su uno striscione che apre il corteo. Alla manifestazione, la prima dei cittadini dal giorno del crollo (14 agosto, 43 morti), partecipa anche una delegazione di sfollati.
“Al ministro abbiamo detto: non raccontateci musse, ovvero non raccontateci bugie. La città non ha necessità di bugie. Vogliamo impegni seri, concreti, fattibili” ha detto Franco Ravera, referente degli sfollati del ponte Morandi, al termine di un incontro con il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, nella Capitaneria di porto di Genova. “C’è l’impegno del ministro a modificare il decreto, oltre che ad incontrarci ed aggiornarci”.
I manifestanti hanno sfilato nel centro di Genova con tappe davanti alla Regione e alla Prefettura. “Oltre il ponte c’e la voglia di ripartire ed avere risposte concrete” dicono dal megafono gli organizzatori. mentre uno dei cori è: “Bucci aprici le strade”.
Al ministro Toninelli è stato consegnato anche un “regalo”. Si tratta di “un plastico della Valpolcevera: un muro, noi siamo dietro un muro!” hanno detto gli organizzatori.
Ad accompagnare l’iniziativa anche il brano The Wall dei Pink Floyd. “Se qualcuno ci identifica con un partito, abbiamo perso. Noi siamo cittadini, gli sfollati dei servizi. Bucci, aprici le strade!” hanno urlato i manifestanti prima della partenza del corteo. Proprio Danilo Toninelli ha incontrato stamattina a Genova la commissaria Ue Violeta Bulc, che ha offerto l’aiuto dell’Europa per la città ligure.
Dal ministro è arrivato un appello alla piazza a “non contestare” il decreto, che “sarà migliorato”, ma che “è scritto con il cuore e con la testa per Genova e consentirà al commissario Bucci di poter lavorare bene”… “Speriamo che sia scritto anche con il cervello” gli fa eco il governatore della Liguria, Giovanni Toti.
“Non vogliamo bandiere o colori politici. Siamo semplici cittadini che vogliono denunciare l’isolamento del nostro territorio e proporre alcune soluzioni: siamo operai, commercianti, imprenditori, associazioni sportive” dice uno degli organizzatori, Carlo Di Bernardo, parlando con le persone presenti. “E’ un momento difficile, il commercio per il momento resiste ma non potrà farlo a lungo per questo è fondamentale che le strade vengano riaperte al più presto”, dice Mauro Puppo che ha un negozio di giocattoli in via Canepari.
“La gente è nervosa perchè ogni mattina deve fare lunghe code e non ne può più”, spiega il commerciante che regge lo striscione di apertura del corteo.
“Non ce la facciamo più – ribadisce Salvuccio Puppo, parrucchiere anche lui in zona arancione – siamo tagliati in due e isolati dal mondo. Spero che arrivino delle misure a nostro sostegno ma la questione più urgente e riaprire le strade”. Alcune attività commerciali registrano un calo degli incassi di circa il 50%. “Se continua così rischiamo di abbassare le saracinesche dei negozi per sempre”, dice una commerciante.
“Molte delle aspettative che avevamo sono rimaste deluse ma più che per la cattiva volontà si è percepita una forma di impotenza rispetto a quello che è il divenire della situazione, per i tempi della giustizia, delle procedure e delle condizioni di dissequestro” dice Gianluca Briata, al termine dell’incontro con i commissari Bucci e Toti.
Gli abitanti della Valpolcevera hanno chiesto risposte e tempi certi in particolare sulla riapertura delle strade. “Da lì deriva tutto – aggiunge Emilio Rizzo – perchè aprire le strade significa consentire alla gente di andare a lavorare, raggiungere i pronto soccorso, tornare ad avere una vita sociale”.
“Ci resta la speranza che chi ci amministra localmente possa far modificare il decreto, dall’altro faccia pressione per avere gli interventi con più rapidità e soprattutto quelli della giustizia: c’è una comunità di 100 mila persone che vive imprigionata”, dicono. Rispetto a via 30 giugno spiegano i rappresentanti della delegazione “Ci è stato detto che il gip ha sollevato un problema per la presenza di un moncone di ponte che per 80 centimetri grava su un capannone. Quindi adesso è allo studio della pubblica amministrazione il fatto di poter restringere le corsie con un semaforo che si attiva nel caso i sensori dessero dei valori di rischio. Il sindaco conta di risolvere questa situazione questa settimana… ma non sappiano cosa accadrà perchè anche questo dovrà essere concordato con la magistratura”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA GITA PER “PROTESTARE CONTRO LE SANZIONI EUROPEE”… IL SOVRANISTA RUSSO-PADAGNO AL SERVIZIO DI CHI VUOLE SCARDINARE L’EUROPA PER FAR FARE QUATTRINI AI SUOI AMICI OLIGARCHI
La sfida al cuore dell’Europa portata alla corte dello Zar Putin. Matteo Salvini torna a Mosca, questa volta per piantare una bandiera alla sua personale guerra alle sanzioni europee contro la Confederazione che tanto gli sta a cuore.
In agenda compare infatti la sua partecipazione mercoledì 17 ottobre all’Assemblea generale di Confindustria Russia, in un hotel della capitale. E andrà non da solo, ma accompagnato da una delegazione di imprenditori italiani.
Rappresentanti e vertici di grandi aziende e società che nel Paese già operano o che li hanno intenzione di investire
Le sanzioni alla Russia “devono essere cancellate”, ripete Il vicepremier italiano. Convinto che il colpo di spugna al più tardi avverrà con l’insediamento della “nuova Europa”, dopo il voto del 26 maggio, quando saranno stravolti, a suo dire, gli equilibri attuali.
E quando l’internazionale sovranista alla quale il leghista lavora avrà un ruolo e un peso nella prossima Commissione Ue.
A quel punto, addio sanzioni per Putin e il suo Paese (risalenti alla crisi ucraina). Come pure dovranno essere rivisti tutti i vincoli rigoristi sui bilanci dei paesi membri. Ma questa è un’altra storia.
Nell’agenda della tappa moscovita del ministro dell’Interno per mercoledì 17 non compare ancora alcun appuntamento con autorità di Stato. Ma dei contatti non sono esclusi.
In occasione del “blitz” del 15 e 16 luglio nella capitale, in occasione della finale dei Mondiali di calcio alla quale ha voluto assistere per tifare (invano) contro la Francia, Salvini aveva incontrato il suo collega ministro dell’Interno.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
IL FATTO RISALE AL UN ANNO FA, L’IPOTESI DI REATO E’ PECULATO
La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta sulla consigliera comunale Deborah Montalbano.
Peculato il reato ipotizzato nel fascicolo affidato al sostituto procuratore Andrea Beconi per avere utilizzato, nel novembre 2017, l’auto di servizio per andare a prendere la figlia a scuola.
A svelare il caso era stata la relazione dell’autista di Palazzo Civico.
In seguito all’episodio, che aveva suscitato numerose polemiche, la Montalbano aveva lasciato la presidenza della Commissione Sanità e Servizi Sociali della Città di Torino e, qualche settimana dopo, il Movimento 5 Stelle aderendo al Gruppo Misto.
“Sono molto tranquilla e attendo di essere ascoltata dal magistrato”. Così , Deborah Montalbano, interpellata dall’agenzia di stampa Ansa in merito alla sua iscrizione nel registro degli indagati. Il fatto risale a quando Montalbano era consigliera M5S e presidente della Commissione consiliare Servizi Sociali.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
NETTA SCONFITTA DI OMOFOBI E CHIESA ORTODOSSA LOCALE
In Romania è fallito per la scarsa affluenza alle urne il referendum sulla famiglia tradizionale e contro le nozze gay, voluto da gruppi ultraconservatori omofobi e fortemente sostenuto dalla Chiesa ortodossa locale.
Alle urne si è recato, secondo i dati forniti dalla commissione elettorale, il 20,41% degli aventi diritto.
Un dato, questo, lontano dal 30% minimo richiesto per dare validità al referendum, nonostante il governo abbia cercato di garantire la partecipazione al voto spalmando la tornata referendaria su due giorni.
Un risultato questo molto gradito alla popolazione Lgbt, che aveva invitato al boicottaggio e che temeva un rafforzamento della già presente forte discriminazione nella società romena.
L’obiettivo dei fautori del referendum era emendare la costituzione definendo il matrimonio ‘una unione tra un uomo e una donna’ e non più una ‘unione tra coniugi’, la definizione attualmente vigente.
La giornata del 6 ottobre era stata un’autentica delusione per la ‘coalizione per la famiglia’ che aveva raccolto le firme per il referendum. Soltanto il 5,72% si era recato infatti alle urne. Leggermente più alta l’affluenza il 7 ottobre, ma non al punto da poter garantire il superamento del quorum.
Si tratta di una sconfitta netta per le associazioni e le forze politiche (Psd, il partito di governo, e Pnl in primis) favorevoli al sì, per il patriarca Daniel e la Chiesa ortodossa che nei giorni precedenti alle votazioni aveva fatto una massiccia campagna elettorale a favore del sì, schierandosi apertamente contro i matrimoni e le unioni tra omosessuali, e in definitiva per i settori conservatori e tradizionalisti della società romena, spesso coinvolta in notizie di cronaca relative ad aggressioni agli omosessuali.
La sconfitta al referendum pone il governo, che lo aveva approvato a settembre con un’ordinanza d’urgenza, in una condizione molto scomoda nei confronti dell’opinione pubblica.
I socialdemocratici romeni, che hanno già subito aspre critiche dai loro colleghi europei per l’approvazione di un referendum dai toni apertamente omofobi, sono sotto stretta sorveglianza della Ue per la corruzione dilagante (domani si attende la seconda condanna definitiva per corruzione per il leader socialdemocratico Liviu Dragnea), e ad agosto hanno dovuto respingere con il massiccio intervento della polizia una nuova protesta popolare contro i politici e funzionari corrotti.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
ABBIAMO TOCCATO IL FONDO: UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE SI APPOGGIA A UN CRIMINALE, ARRESTATO DALLA DIA
Matteo Salvini non ha nascosto la soddisfazione per l’arresto del sindaco di Riace Domenico
Lucano. Al di là delle accuse nei confronti di Lucano quello che maggiormente interessa a chi si oppone all’invasione sorosiana (a colpi di due o tre matrimoni di convenienza) è mostrare che il tanto decantato modello Riace dell’accoglienza di migranti e richiedenti asilo non funziona.
E se funzionava era perchè “dopato” da episodi di presunta corruzione.
Chi è Pietro Zucco, l’uomo che spiega cosa c’è dietro il modello Riace
Mentre sabato la sinistra manifestava solidarietà a Lucano Salvini invitava i suoi follower ad ascoltare un’intervista di due anni fa (2016) ad un cittadino di Riace che parlava di come il sindaco gestiva le cooperative e l’accoglienza dei migranti.
Si tratta di un’intervista raccolta dal sito CalabriaMagnificatv dove un abitante del paese, di nome Pietro Zucco, si lamentava del fatto che nelle cooperative che si occupano della raccolta dei rifiuti lavoravano solo stranieri perchè il Comune poteva pagarli meno rispetto agli italiani.
Si tratta evidentemente di uno sfogo da parte di un residente che non gradiva i metodi di Lucano che definisce “un bluff” e che sostiene di aver lavorato per le associazioni di non essere stato pagato.
Quello che importa è dimostrare che già in passato qualcuno, per di più residente a Riace, avesse sollevato dubbi sull’operato di Lucano. Il primo a “scovare” il video è stato l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che l’ha postato sulla sua pagina Facebook il 4 ottobre.
Nei commenti però qualcuno ha iniziato a chiedersi se quel signore, che si presenta come Pietro Zucco fosse proprio “quel” Pietro Zucco, già vicesindaco di Riace.
Lo è stato fino a che Lucano non è diventato sindaco.
E già questo potrebbe essere sufficiente per spiegare le dure critiche al “modello Riace” e all’operato del sindaco di Riace. Ma non solo: stando a quanto riferisce il Corriere della Calabria Zucco sarebbe anche altro.
Zucco, si legge in un vecchio articolo di cronaca locale che viene postato sui social in risposta a Salvini, è infatti salito agli onori delle cronache per essere stato il rappresentante legale della “cava di Stilo” che la Dda ritiene riconducibile a Vincenzo Simonetti considerato uno degli uomini di punta del clan Ruga-Metastasio.
Zucco, che è stato arrestato dalla Guardia di Finanza, sarebbe (sempre secondo la Dda di Reggio Calabria) il prestanome di un boss della ‘Ndrangheta.
La domanda a questo punto è: Salvini sapeva del passato e delle vicissitudini dell’uomo che spiega che “sui profughi il sindaco mente”.
Ad essere messa in dubbio è l’attendibilità della “testimonianza” che Salvini utilizza come se fosse la prova regina nel processo (che ancora deve iniziare) contro Mimmo Lucano.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
CHI PAGA LE TASSE E’ UN PIRLA, CONVIENE EVADERE COSI’ IL “GOVERNO DELLA LEGALITA'” POI TI PREMIA
Matteo Salvini torna alla carica e conferma che il provvedimento allo studio del governo “non sarà una classica rottamazione ma un intervento a gamba tesa” e riguarderà tutti i debiti “fino a 500mila euro”.
Si tratterà quindi – ha spiegato a Rtl 102,5 di un intervento “a saldo e stralcio” non solo su interessi e sanzioni ma anche “sul capitale”.
Negli ultimi giorni una bozza del decreto fiscale collegato alla manovra indicava però uno scenario ben diverso.
Il governo avrebbe riaperto una terza “edizione” della rottamazione della cartelle, più vantaggiosa per i contribuenti, ma in linea con lo schema degli interventi già approvato dal governo Renzi, con il pagamento integrale dell’imposta dovuta e l’azzeramento di sanzioni, interessi e more.
Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate lo scorso luglio, ammonta complessivamente a 871 miliardi di euro il valore complessivo debiti da riscuotere nei confronti di circa 20 milioni di contribuenti.
Di questi però soltanto una quota minima, circa 84 miliardi, sono realmente aggredibili visto che la cifra complessiva include anche debiti a carico di soggetti deceduti, falliti o la cui riscossione è già stata sospesa.
Se si guarda comunque all’ipotetico dato complessivo, nella fascia fino a 500 mila euro ci sono circa 300 miliardi sul totale, mentre tra i 100 mila (soglia indicata da Luigi Di Maio) e i 500 mila (tetto aupicato da Salvini) risultano 620 mila contribuenti.
(da agenzie)
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