Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
PECCATO CHE IL CAPO DELLA POLIZIA DIMENTICHI DI AVER CONSENTITO LA IGNOBILE AGGRESSIONE ALLA FAMIGLIA ROM A CASALBRUCIATO, SALVO CHE LA POLIZIA NON SIA DIVENTATA UN’AGENZIA FOTOGRAFICA, DEDITA SOLO A FARE FOTO E NON A IMPEDIRE REATI… E GIUSTIFICA PURE SALVINI QUANDO COMMETTE IL REATO DI INDOSSARE ILLECITAMENTE LA DIVISA DELLE FORZE DELL’ORDINE
Franco Gabrielli, capo della polizia, rilascia oggi un’intervista a Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera per difendersi dalle accuse di “favoreggiamento politico” nei confronti del ministro degli interni dopo il sequestro dello striscione di contestazione a Salerno e, soprattutto, l’indegna scenetta del sequestro del telefonino: l’intera intervista rappresenta una difesa d’ufficio delle posizioni del ministro.
E il telefonino sequestrato a Salerno alla ragazza che s’è ripresa con Salvini mentre lo apostrofava sui «terroni»?
«Dopo aver visto quel video ho valutato che potessero esserci profili di illiceità nel comportamento dei poliziotti, e ho dato disposizione al questore e all’ufficio ispettivo di avviare accertamenti, attivando una procedura disciplinare. Vedremo quale sarà l’esito, ma l’ho fatto prima che alla polizia venissero mosse accuse false e fuori luogo».
Però nel video si sente Salvini che ordina di cancellare il video dal telefonino della ragazza
«Io non ho il potere di censurare l’azione del ministro. Se ravviso comportamenti scorretti dei miei uomini agisco di conseguenza. Senza attendere le reprimende di chicchessia».
Ovvero, Saviano. Ma Gabrielli dice pure che è contento se il ministro indossa la divisa della polizia
Ma al di là degli ordini illegittimi, come può non essere un problema un politico che indossa la giacca della polizia mentre fa i suoi comizi di partito?
«Questa della divisa mi sembra davvero una polemica pretestuosa. Lei crede davvero che il ministro abbia bisogno di indossarla per dimostrare a tutti di essere l’autorità politica nazionale di pubblica sicurezza? Lo è per legge, non per come si veste».
Appunto. Allora perchè lo fa?
«Preferisco leggerlo come un segno di attenzione nei nostri confronti. E se c’è un problema di opportunità che lui non ha ritenuto di porsi, non sono io a doverglielo porre. Del resto mi pare che da qualche tempo non se ne parla più, e lui non indossa le nostre giacche”
Insomma, Salvini, secondo Gabrielli, indossa divise della polizia non per propaganda elettorale, come pare a chiunque, ma per affetto nei confronti dei poliziotti. Che acuto spirito di osservazione, eh?
Quando all’aggressione alla famiglia rom di Casal Bruciato Gabrielli pensa di cavarsela dicendo che è stata garantita l’incolumità della famiglia. Allora dica che la polizia è una agenzia fotografica, intenta solo a fare foto e non a sciogliere a manganellate le adunate sediziose e violente.
Non lo diciamo più solo noi, oggi anche travaglio sul Fatto sottolinea:
“A Casal Bruciato lo Stato non si è visto. Quando ci sono persone che delinquono e minacciano di stupro, vanno disperse, vanno arrestate, vanno portate via. Deve vedersi lo Stato, deve vedersi il ministro dell’Interno, devono vedersi il prefetto, il questore, la polizia., anche per disperdere chi non può stare lì a minacciare delle persone inermi e oneste”.
Vero Gabrielli?
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
E SUL SEQUESTRO ANNUNCIATO DI SUA INIZIATIVA DALLA GDF PER ORDINI SUPERIORI LA PROCURA DI AGRIGENTO DECIDERA’ LUNEDI SE AVALLARLA O MENO
Alla fine la metà delle cose dette erano propaganda.
Perchè un conto sono i proclami trionfalistici di Salvini un altro è l’azione penale che deve essere condotta in autonomia dalle Procure e nel nostro paese – per fortuna – non ci sono ancora le regole care ai ‘sovranisti’ e ai regimi autoritari secondo le quali la magistratura è uno dei bracci armati del governo.
Ora è emerso che l’equipaggio della Mare Jonio non è mai stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Agrigento per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
La notizia, come detto, era stata diffusa dopo il sequestro di iniziativa della nave della Ong italiana che ha sbarcato a Lampedusa i 30 migranti soccorsi il giorno prima, ma è stata smentita dai pm agrigentini.
Al momento questa è solo l’ipotesi di reato formulata dalla polizia giudiziaria ma spetterà alla procura di Agrigento pronunciarsi sul sequestro della nave operato su indicazione del Viminale.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL BARCHINO VELOCE INTERCETTATO IN PROSSIMITA’ DELL’ISOLA
Settanta migranti sono stati recuperati dalle motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza a 11 miglia nautiche da Lampedusa
“So che stanno per sbarcare sull’isola ma non sappiamo dove sia la barca sulla quale sono stati fermati. Che fine ha fatto?”, è la domanda che pone il sindaco di Lampedusa, Totò Martello
Un barchino veloce, di quelli usati per i cosiddetti ‘sbarchi fantasma’, le traversate dirette dalle coste africane a quelle italiane ‘bucando’ la vigilanza marittima.
E’ il mezzo intercettato da due motovedette della Guardia costiera ed una della Guardia di finanza mentre puntava verso Lampedusa
I passeggeri, una settantina, sono stati trasbordati sui mezzi italiani ed ora sono diretti verso l’isola
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA SOFFERENZA DEI MIGRANTI NEL REPORTAGE DI FRANCESCA MANNOCCHI SULLA GUERRA CIVILE IN LIBIA
È una situazione surreale quella che sta vivendo Tripoli, raccontata nel reportage di Francesca Mannocchi andato in onda ieri sera a Propaganda Live: se in centro si manifesta contro le milizie di Haftar, 15 chilometri più a sud, in piena periferia, la città è un campo di battaglia
Le telecamere che seguono la giornalista riprendono una città desolata, con le case dei civili utilizzate come nidi per i cecchini e le auto blindate crivellate di colpi abbandonate sul ciglio della strada.
Mannocchi raccoglie le testimonianze dei giovanissimi combattenti, della loro impreparazione davanti all’assalto di Haftar, i loro ricordi e la loro umiliazione per la rivoluzione persa del 2011 ma nei cui valori non hanno smesso di credere, almeno alcuni di loro.
E infine, per aggiungere orrore all’orrore, la giornalista si reca in un centro di detenzione per i migranti, dove centinaia di uomini, spesso provenienti dal Sudan, sono impossibilitati a fuggire mentre le truppe di Haftar guadagnano sempre più terreno. Le interviste alle donne e agli uomini detenuti sono racconti dell’orrore, di stupri, uccisioni e violenze di inaudita ferocia.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
“NON E’ FACILE ROMPERE, VEDIAMO DOPO LE EUROPEE”
Era un’impresa difficile, ma Luigi Di Maio è riuscito a far raddoppiare i voti alla Lega e a Matteo Salvini grazie al Governo del Cambiamento rispetto al 4 marzo, come certificherà il voto del 26 maggio alle elezioni europee anche se attualmente il Carroccio perde voti.
Oggi però il vicepremier e bisministro aggiunge un tassello di importanza fondamentale alla strategia della giravolta che lo porta a fare opposizione al suo stesso governo. E punta il dito sulle telefonate tra Salvini e Berlusconi per far cadere il governo.
Per riuscirci, Di Maio cita un retroscena di Repubblica a firma di Tommaso Ciriaco (perchè i giornali raccontano bufale a meno che non raccontino qualcosa che fa comodo):
L’antefatto della rivolta risale a mercoledì scorso, al primo piano di Palazzo Chigi. Nello studio di Giancarlo Giorgetti ci sono tutti, ministri e big della Lega. C’è, soprattutto, Matteo Salvini. Qualcuno tira fuori un foglio A4 con la convocazione della conferenza stampa di Di Maio e Bonafede, diffusa dal gruppo 5S di Montecitorio poche ore dopo le manette in Lombardia. «Alla luce degli arresti che hanno coinvolto anche alcuni politici e dei recenti casi di corruzione emersi…». I ministri sono furiosi. «Vogliono massacrarci — ha detto Gian Marco Centinaio — non vedete quel ghigno quando parlano dei nostri indagati?»
Il leader ascolta, è nero. Ma non offre certezze. Per la prima volta, però, si intravede uno spiraglio. Poche ore prima ha sentito al telefono Silvio Berlusconi.
«Non è facile rompere, vediamo il risultato delle Europee — il succo del ragionamento dopo il contatto con l’antico alleato — ma il 27 maggio ho già pronto un ultimatum ai 5S: dobbiamo approvare immediatamente Autonomie, flat tax e Tav, oppure la chiudiamo qui».
Tre punti mirati, estratti dai diciassette del “libro nero” antigrillino anticipato ieri da Repubblica.
E allora eccolo su Facebook a minacciare a suo modo l’alleato:
Come? Rilanciando la legge sul conflitto d’interessi e chiedendo alla Lega di votarla, allo scopo di allontanarla ulteriormente dal Cavaliere.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
E MOLTI DI LORO ERANO PRESENTI ANCHE A CASAL BRUCIATO… DENUNCIATO ANCHE IL SEGRETARIO REGIONALE DI CASAPOUND
Dopo la “rivolta” di Torre Maura arrivano le segnalazioni. La Digos, dopo avere rivisto i filmati ed esaminato tutti gli elementi raccolti in quei giorni di barricate e roghi, ieri, ha chiuso il fascicolo e depositato un’informativa alla Procura segnalando all’autorità giudiziaria 41 persone. Il Messaggero scrive
Tra questi Mauro Antonini, responsabile per il Lazio del partito, la cui sede a Roma si trova in uno stabile occupato. Ma nel lungo elenco approdato sulla scrivania dei pm, figurano numerosi cittadini — circa la metà — padri di famiglia ma anche pregiudicati, alcuni per reati gravi, che si sono scagliati contro i rom, passando dagli insulti alle azioni
Il nome di Antonini comparirebbe anche in un’altra informativa della Digos, quella in relazione ai fatti di Casal Bruciato, il reato ipotizzato è quello di resistenza a pubblico ufficiale.
Nello stesso quartiere, tre settimane fa, in via Cipriano Facchinetti, venne impedita, sempre sotto la spinta del sodalizio tra residenti e CasaPound, l’assegnazione di un’altra casa assegnata ai rom.
Gli inquirenti ritengono che l’ultradestra abbia cavalcato e fomentato la rabbia dei cittadini istigandoli all’odio e alla rivolta.
Una strategia ben definita, dunque, tanto che i volti di alcuni residenti di Torre Maura sarebbero stati intercettati anche a Casal Bruciato, “arruolati” per la causa.
Mentre, in un’altra periferia, a Casalotti, il partito della tartaruga avrebbe alimentato la tensione contribuendo a diffondere la notizia che presto sarebbero arrivati dei rom e approfittandone per mettere in piedi una manifestazione.
Insomma, dalla rabbia popolare alla strumentalizzazione politica da parte dell’ultradestra, il passo è breve.
(da Globalist)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL FRATELLO DI GIUSEPPE, UCCISO DALLA MAFIA, SPIEGA LA SUA DECISIONE: “SONO VENUTI SOLO PER FARE CAMPAGNA ELETTORALE, SONO PERSINO ENTRATI NELLA CAPPELLA DEL CIMITERO CON LE TELECAMERE, UNA COSA INDEGNA”
Il vento è cambiato e nessuno crede più ai grillini che salvano Salvini dal processo per la Diciotti e per appoggiare tutte le iniziative del ministro amico dei razzist
“Li ho cacciati fuori dal corteo, li ho spintonati e poi ho chiesto alla Digos di portarli via. Quello per Peppino è un corteo antirazzista, che porta avanti le sue idee, e i Cinquestelle sono quelli che hanno consegnato l’Italia ai razzisti”
Così Giovanni Impastato, fratello di Peppino, racconta quanto accaduto ieri durante il corteo per il 41° anniversario dell’omicidio del militante di Democrazia proletaria. Giovanni ha chiesto ai deputati del M5S Mario Giarrusso, Piera Aiello e Roberta Schillaci di lasciare la manifestazione perchè “non graditi”
“Una decisione politica – spiega – e poi ho voluto evitare che la loro presenza potesse scatenare reazioni in altre persone presenti al corteo”.
“I 5Stelle sono dei cialtroni, non ci sono mai stati, non hanno mai fatto nulla per Peppino e ieri si sono presentati – sottolinea – Sono venuti per farsi campagna elettorale. Mi dispiace solo per Piera Aiello (testimone di giustizia e ora deputata del Movimento ndr) di cui tutti conosciamo la storia”.
Ad infastidire il fratello di Peppino anche la scelta dei Cinquestelle di recarsi al cimitero. “Mi hanno raccontato che sono andati li con telecamere e macchine fotografiche – dice – sono entrati nella cappella… questi sono degli arroganti e dei presuntuosi. E’ un fatto gravissimo”.
E conclude: “Oggi ho ricevuto la solidarietà di tante persone: mi hanno detto ‘hai fatto bene a cacciarli'”.
(da Globalist)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
STRISCIONI AI BALCONI E IN PIAZZA PIU’ CONTESTATORI CHE FANS
Ieri a Catanzaro è andata in scena una singolare protesta contro Matteo Salvini. La contestazione si è manifestata fin dalla mattinata, con l’esposizione su alcuni balconi del centro storico del capoluogo calabrese di striscioni di protesta: “Mai con Salvini”, “Questa Lega è una vergogna ”, “Catanzaro non si lega”.
Oggi il Fatto parla con Jasmine Cristallo, una delle organizzatrici della protesta:
Come è andata la visita del vicepremier?
Salvini è stato fortemente contestato. Una cosa che ci ha colpito è che c’erano molte mamme con bambini, molte donne con il velo e ragazzi di colore. Sono rimasti in un angolo ma hanno voluto partecipare a questa manifestazione in cui Salvini è stato fischiato e si è infastidito. Noi siamo meridionali e il Sud non se lo dimentica chi è questo signore e qual è il suo partito di appartenenza. Lui ha semplicemente cambiato il bersaglio: ieri eravamo noi e oggi sono i migranti.
Catanzaro ha risposto alla Lega?
La città non ha risposto. Di Catanzaro non c’era quasi nessuno. Molti sono venuti con i pullman da altre città . Tuttavia eravamo più noi dei sostenitori di Salvini.
Avete avuto paura del fatto che queste proteste potessero essere utilizzate in chiave elettorale dalla Lega?
Siamo stati molto attenti. Abbiamo voluto fare l’iniziativa dei balconi sia per ricordare che cosa sono stati i balconi del ‘900 in Italia, sia per dire che non abbiamo apprezzato l’episodio di Forlì (quando il ministro ha parlato proprio da un balcone, ndr) e che non abbiamo tollerato che quella signora di Avellino sia stata censurata per aver messo lo striscione “Questa Lega è una vergogna ”sul suo balcone. La Digos le ha chiesto di toglierlo, appellandosi a non si sa quale legge: non è proibito protestare civilmente.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
EX ESPONENTE DI SPICCO DEL PSI DI CRAXI, PER MOLTI ANNI MINISTRO DEGLI ESTERI, ERA DA TEMPO MALATO
È morto Gianni de Michelis, ex esponente di spicco del Psi di Craxi e per molti anni ministro degli Esteri. Lo si è appreso in ambienti parlamentari.
Aveva 78 anni. De Michelis si è spento nella notte. Nato a Venezia il 26 novembre del 1940, era malato da tempo. I funerali si terranno nel capoluogo veneto in forma strettamente privata.
Fra i politici simbolo degli anni ’80 e dell’ascesa socialista, al fianco di Bettino Craxi, venne poi travolto da Tangentopoli come tutto il vertice del partito. Ma De Michelis, più volte ministro, viene ricordato spesso per la sua folta chioma e per la passione per le serate in discoteca e le belle donne.
Si è laureato in Chimica industriale ed è stato docente universitario. Il suo percorso in politica inizia nel 1964 con l’elezione a consigliere comunale del capoluogo veneto e con il successivo incarico di assessore all’urbanistica.
Nel 1969 diventa componente della direzione socialista e poi responsabile nazionale dell’organizzazione del partito. Più volte ministro, alle Partecipazioni statali nel secondo governo Cossiga e nel governo Forlani, riconfermato alla guida dello stesso dicastero nei governi Spadolini e nel V governo Fanfani.
Diventa poi ministro del Lavoro e della previdenza sociale durante i due governi di Craxi. Nel governo De Mita ha il ruolo di vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri nel VI governo Andreotti dal 1989 negli anni in cui l’Italia firmò il Trattato di Maastricht e nei giorni storici della caduta del Muro di Berlino. De Michelis è stato deputato per più legislature con il Psi ed europarlamentare con il Nuovo Psi, nonchè Presidente onorario dell’Aspen Institute.
De Michelis venne travolto, come tutto il Partito socialista, nello scandalo Tangentopoli. Dal 1992 è stato sottoposto a 35 procedimenti giudiziari e condannato in via definitiva a 1 anno e 6 mesi, patteggiati per corruzione, per tangenti autostradali del Veneto; a 6 mesi patteggiati per lo scandalo Enimont.
(da agenzie)
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