Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
GOVERNO CHIUSO PER RISSE ELETTORALI… IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA TIENE SGOMBRA L’AGENDA DEGLI IMPEGNI DOPO LE EUROPEE
Magari è solo uno scrupolo, dettato dalla prudenza e da antiche consuetudini, però è indicativo che nell’agenda di Sergio Mattarella, nelle settimane successive al voto, non compaiono visite di Stato, impegni internazionali, insomma appuntamenti che sarebbe difficile disdire.
Gli abituali frequentatori del Colle negano che, in qualche modo, questo significhi che da quelle parti si viva il momento con particolare allarme. E che il capo dello Stato preveda una crisi di governo.
Però l’antica sapienza democristiana suggerisce, in momenti confusi, di mettersi nei panni dell’imperturbabile spettatore degli eventi.
E uno spettatore imperturbabile, proprio per non alimentare un clima di allarme, in alcuni momenti sa che gli impegni inderogabili, prima ancora di disdirli, è meglio non prenderli e rimanere a guardare quel che succede.
È chiaro che, quel che accadrà , sarà determinato in larga parte dai numeri che usciranno dalle urne.
È fin troppo ovvio che un risultato eclatante con la Lega ben oltre il 30 a una catastrofe dei Cinque Stelle rappresenterebbe una tentazione irresistibile per Salvini, invece un risultato più “normale” della Lega con una forbice più ridotta inchioderebbe tutti all’attuale quadro politico.
Però è un dato di fatto che, negli ultimi giorni, si sono intensificati gli spifferi sul ritorno voto, sopratutto da parte leghista.
L’ultimo spiffero porta la data del 6 ottobre, in modo da consentire a un eventuale nuovo governo il varo della finanziaria, almeno questa è la vulgata, sia pur un po’ ottimistica.
Il che, significherebbe che le Camere andrebbero sciolte il 10 agosto, con una crisi che si consuma a fine luglio, per consentire un giro rapido di consultazioni.
La novità , di questi ultimi giorni, è il crescente nervosismo di Salvini. Dire che il Capitano si è convinto dell’inevitabilità della “rottura” è sbagliato. Però è vero che, in questa campagna elettorale, sta toccando con mano un clima nuovo, a livello popolare e nel corpo diffuso del suo partito. C’è tutto un pezzo di opinione pubblica che gli dice “basta”, perchè, alla lunga, rischia di passare il messaggio di “complicità ” con i professionisti del no e con i responsabili dello stallo su economia e opere pubbliche.
È anche per questo che il leader della Lega ha dismesso i toni arroganti e liquidatori verso Silvio Berlusconi, parlando di “fronte comune in Europa” e dispensando parole di affetto sul vecchio leader del centrodestra. È un modo non solo per tenere aperta una prospettiva — il ritorno alla coalizione del centrodestra — ma anche per tenere quel pezzo di elettorato moderato e del Nord che pensa che “votare Salvini significhi votare Di Maio” e sta iniziando a rivolgere la sua attenzione verso altri lidi, come il partito di Giorgia Meloni.
Parliamoci chiaro: il governo, in questo momento, è chiuso per campagna elettorale, come un negozietto di un pizzicagnolo chiuso per ferie ad agosto, tanto che, di qui al 26, non c’è accordo nemmeno sulla data del prossimo consiglio dei ministri, dove l’uno vuole portare flat tax e autonomia e l’altro il conflitto di interessi.
Però l’osteria del cambiamento, che quotidianamente produce scambi di opinione sempre più coloriti, sta producendo un effetto inatteso dentro la Lega, registrato dagli ultimi sondaggi pubblici.
Il gioco di maggioranza e opposizione, nell’ambito dello stesso governo, più che una mobilitazione elettorale sta determinando un problema di credibilità per il leader leghista. Preso a schiaffi sulla giustizia, a mani vuote sull’economia, attaccato dall’alleato addirittura sul proprio terreno della sicurezza, costretto ad attaccare Di Maio sui morti sul lavoro in aumento, contestato nelle piazze, nervoso per gli striscioni, voi capite che, se uno non ha solo un elettorato di protesta, ma un blocco sociale che chiede risultati concreti ha un serio problema.
E rischia di rimanere incastrato nel giocattolo che ha costruito.
Ecco perchè Giorgetti ha cerchiato il rosso la data del 6 ottobre, consapevole che qui è in gioco non solo il futuro del governo, ma anche quello di Salvini, la sua parabola da leader che rischia di diventare discendente quando i numeri della manovra prenderanno il posto delle chiacchiere da comizio.
E si troverà presto al bivio tra provare a gestire l’autunno da palazzo Chigi o restare incastrato in questo governo, proprio nel delicato passaggio sulla manovra.
Per carità : se questa fosse la volontà delle forze parlamentari, il capo dello Stato non potrebbe certo mettersi di traverso. Però è anche vero che gli spifferi della campagna elettorale poi devono fare i conti con la realtà e con i suoi complessi principi.
Non è un caso che, anche se le buone vecchie abitudini ormai sono saltate, non si è mai votato a ottobre, in piena sessione di bilancio.
Perchè i governi è facile romperli, ma formarli, anche grazie a questo pasticcio di legge elettorale, non è poi cosa così facile.
La volta scorsa passarono un paio di mesi tra il voto e la formazione del governo. Due mesi a ottobre significherebbe andare in esercizio provvisorio, accendere un gran falò sui mercati, assumersi la responsabilità dello sfascio, in una situazione internazionale di nuovo allarme sul caso Italia.
Che è, poi, il film già visto lo scorso anno.
E non sarebbe neanche una bella figura per due forze politiche che hanno promesso e promettono di rovesciare l’Europa come un calzino presentarsi con governo dimissionario, tra giugno e luglio, al momento in cui ci sono tutte le nomine e inizierà il complesso negoziato sull’assetto dell’Unione dei prossimi cinque anni.
Forse si spiega anche così il clima di assoluta tranquillità che si respira al Colle, dove si è soliti fare la tara delle parole pronunciate nel corso della pugna elettorale, anche se gli spifferi che arrivano dai partiti suggeriscono il contrario.
E anche se parecchi consiglieri hanno ricevuto telefonate da questo o quell’ambasciatore di partito per sondare gli umori, e verificare la praticabilità di un ritorno al voto. E se fosse già troppo tardi?
Anche questo spiegherebbe il nervosismo di una crisi che non deve arrivare ma che si è già consumata, fissando le nuove modalità di relazione conflittuali dei due partner di governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
VISTO CHE E’ DIVENTATO PURE IL RISCOSSORE DI ENERGIA, COME MAI PER LO STESSO IMPORTO A 400 PERSONE E’ STATA STACCATA LA CORRENTE E A CASAPOUND NO?… DOMANDA DI RISERVA: DOVE PRENDE LA LUCE CASAPOUND VISTO CHE L’ACEA L’HA STACCATA TRE ANNI FA?
Abusivi che campano nel centro di Roma con tutte le utenze, senza pagare un euro, mentre lo stabile del Centro sociale Spin Time Labs, occupato da 400 italiani, viene tenuto al buio da un sistema che funziona solo contro i più umili.
Nonostante Simone Di Stefano dicesse – mentendo – che i residenti dello stabile di Casapound pagassero tutte le utenze, nel 2016 Acea ha chiuso i contatori, dato che si era accumulato un debito a sei cifre.
Ma la sera, le luci del civico 8 erano tutte accese.
E allora, come si spiega?
L’articolo 5 della legge Lupi del 2014, dal nome del Ministro Maurizio Lupi, prevede a chiare lettere che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza nè l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”.
Quindi, Casapound da dove la prende la luce?
Rimane un mistero, perchè l’unico che potrebbe stipulare un contratto che non sia nullo ai sensi di legge è il legittimo proprietario dello stabile, che risulta essere il demanio, oppure un legittimo affittuario, che al momento non esiste.
Acea, lo scorso 14 settembre, ha emesso un atto di pignoramento per il valore di 330mila euro e in teoria chiunque debba dei soldi a Casapound li dovrebbe girare alla società romana.
Strane storie, vero Salvini?
(da Globalist)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
“PER GLI ARRETRATI FAREMO UNA COLLETTA, GIUSTO AIUTARE LE PERSONE”
Il cardinale elemosiniere del Papa, Konrad Krajewski, torna sulla riattivazione della corrente elettrica in un palazzo occupato a Roma da 400 persone (tra cui cento bambini) al buio e senza acqua calda dal 6 maggio. “Se ci saranno bollette da pagare le pagherò — dice il prelato a NewsMediaset — e allo stesso modo se ci saranno reati io pagherò come è giusto. Salvini? E’ il ministro delle bollette?”.
Krajewski non entra nel dettaglio su un eventuale stimolo da parte di Francesco dietro una simile iniziativa. “È stato il Papa a dirmi di farlo? Cosa cambia se lo dico o se non lo dico? Tanto i giornali scriveranno quello che vogliono – dice a NewsMediaset -. Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto in modo consapevole, sapendo di non commettere alcun reato perchè non c’erano i sigilli. Non capisco perchè tutti stiano dicendo che ho rotto i sigilli, questo non è vero! Il pozzo era aperto. Se poi ho commesso un qualche reato, pagherò come è giusto”
Certo, un gesto simile ha avuto e avrà una eco incredibile, anche al di fuori del nostro Paese. “Io l’ho fatto dal profondo del cuore perchè lì da giorni erano senza elettricità . Nessuno può capire che significhi stare senza luce per quasi una settimana… non potersi lavare e non poter cucinare…”
Nessun problema per le conseguenze della riattivazione della corrente elettrica dal punto di vista economico. “Se ci sarà da pagare la bolletta da 300mila euro, raccoglieremo i soldi e pagheremo. Ma Salvini, mi chiedo, è il ministro delle bollette? Dell’elettricità ? Qui è un problema di diritti umani, e se il mio gesto ha sconvolto qualcuno, bene, forse adesso si sveglieranno e qualcuno capirà che era giusto aiutare quelle persone!”.
(da Globalist)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
LA RAGAZZA SI E’ LAUREATA A TORINO ED E’ CITTADINA ITALIANA
I soliti razzisti e imbecilli che popolano il web: ci sono state minacce e insulti alla candidata di origine albanese del Pd, Geri Ballo, 24 anni, nata a Tirana, ora cittadina Italiana, che non ama Salvini.
Tanto che la militante del Pd aveva criticato Capitan Nutella, tra l’altro in termini più che civili. E aveva detto: “Non stare tutto il giorno sui social, di solito, si dice ai bambini. Doverlo dire al ministro dell’Interno è davvero avvilente”.
“Quando me lo chiedono, io dico che mi candido contro Salvini perchè siamo agli antipodi. La mia storia è la dimostrazione che le cose non stanno come dice lui”.
Ed infine: “Sentirsi europei è bellissimo, io vengo da un Paese che meno di 30 anni fa era sotto un regime feroce. Ho chiaro cosa vuol dire stare dietro i muri. L’Europa come ideale è tutt’altro da rinnegare. Anzi. Dobbiamo tornare ad appropriarci dei sogni come quello europeo per non cadere in quel cinismo bieco che Salvini rappresenta”.
Subito dopo sulla pagina Facebook che aveva riportato il suo intervento sono arrivate le minacce razziste e leghiste: “E che bella mignotta si sono trovati i compagni di merende, forse ne avevano poche nel partito che le fanno venire anche dall’Albania”.
E ancora: “Vai a rompere il cazzo al tuo paese”. Salvatore Pappalardo: “Vai a fare politica al tuo paese d’origine, demente”.
E ancora: Albanese, quindi con possibili radici musulmane. E infine: vieni da un paese dove sei culturalmente abituata alla ferocia e cattiveria quindi lo schifo che ci avete portato in casa non ti turba, è normale. L’italiano invece non è d’accordo. Tu non sei italiana. Se tanto hai da dire e recriminare vallo a fare in Albania. Chi ti ha cercata. Chi ti vuole. Chi ti pensa. Vattene sparisci non servi.
(da agenzie)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
MA NON SCOPRE LE CARTE: “SIAMO ALL’INIZIO DI UNA LUNGA STORIA, DOPO LE ELEZIONI NE PARLIAMO E ALLA LEOPOLDA SAREMO ANCORA PIU’ CHIARI”
“In una intervista ho detto che per me la Lega ha usato parte dei 49 milioni di euro che deve restituire allo Stato per creare la macchina della propaganda su Facebook, la cosiddetta Bestia. Ho chiesto a Salvini: se non è vero, querelami. Ovviamente con una strana argomentazione Salvini ha annunciato che non mi querela”. Lo scrive Matteo Renzi sulla sua Enews.
“Questo che cosa significa? Amici, ho l’impressione che su questa storia dei 49 milioni di euro, delle fake news, delle strane sponsorizzazioni di Salvini siamo solo all’inizio di una lunga storia. Ora facciamo le elezioni, poi da metà giugno ne parliamo. E alla Leopolda10 (18/20 ottobre) saremo ancora più chiari”, aggiunge Renzi
L’intervista cui fa riferimento l’ex premier l’ha rilasciato ieri a Repubblica. “Affermo pubblicamente che Salvini ha utilizzato parte dei 49 milioni per creare ‘La Bestia’, lo strumento di disinformazione della Lega. Sono curioso di capire se sarò querelato”. Questa era stata l’affermazione di Renzi che, a suo dire, non sarà oggetto di querela da parte del segretario della Lega.
Alla provocazione di Renzi aveva replicato sempre ieri Matteo Salvini rispondendo a Lucia Annunziata. “Non querelo quasi mai nessuno – ha dichiarato il titolare del Viminale – se avessi dovuto querelare Renzi tutte le volte che mi ha insultato…”
La storia della truffa elettorale della Lega
Durante la gestione di Bossi-Belsito erano stati presentati dei rendiconti falsi alla Camera e al Senato che indussero il Parlamento a erogare alla Lega contributi elettorali per 49 milioni. Quando Bossi fu cacciato con il movimento delle scope, parte di quei soldi erano nelle casse del partito.
Una parte fu erogata durante le segreterie di Roberto Maroni prima e Matteo Salvini. Fu proprio Repubblica per prima a dare la notizia del coinvolgimento dell’ex governatore della Lombardia e dell’attuale vicepremier e ministro dell’Interno il 2 novembre del 2015.
Quel che è certo è che quei 49 milioni milioni oggetto della truffa di Bossi-Belsito non furono restituiti al Parlamento, ma furono spesi durante le gestioni Maroni-Salvini. E nessuno sa che fine abbiano fatto. Ecco perchè a Salvini viene chiesto da più parti, e ora in modo così provocatorio da Renzi, dove siano spariti quei soldi.
(da agenzie)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
IL VIDEO DELL’INTERVENTO DI DUE AGENTI IN BORGHESE CHE TRASCINANO VIA I DUE GIOVANI… LA MADRE DENUNCIA: “HA ADDOSSO SEGNI EVIDENTI”… CHE NE PENSA GABRIELLI?
Giornata difficile per Matteo Salvini a Settimo Torinese. Il comizio del segretario della Lega non è andato come sperava e il ministro non è riuscito a nascondere l’irritazione con gli addetti al servizio d’ordine per la presenza di numerosi contestatori in fondo alla piazza. Niente baci, abbracci e Nutella, ma un sonoro «ma le pare normale una cosa del genere, e che cazzo! rivolto al responsabile dell’ordine sulla piazza».
L’episodio, immortalato in un video condiviso ovunque sembra scalfire la proverbiale immagine del Salvini dalla calma olimpica, quello sempre pronto a porgere l’altra guancia per far vedere che è superiore rispetto a coloro che lo contestano.
A quanto pare anche il ministro dell’Interno, nel suo piccolo, è un bel rosicone.
Di tutto questo ovviamente non c’è traccia nei post ufficiali dove si sottolinea la grande accoglienza ricevuta. Nessun accenno a polemiche e contestatori come invece accadeva fino a qualche settimana fa.
Forse finchè erano pochi al ministro conveniva sfotterli, ora che lo seguono ovunque meglio ignorarli, e al limite andare a piangere in televisione di quanto odio immeritato (proprio lui, che da sempre ama l’Italia e tutti gli italiani) ci sia nei suoi confronti.
Ma a Settimo Torinese è successo anche dell’altro.
A contestare Salvini non c’erano “i 50 figli di papà dei centri sociali” ma un gruppo di studenti che non ha messo le mani addosso a nessuno (come temeva il ministro) e che si è limitato semplicemente ad urlare slogan e a mostrare fogli di carta con scritto “-1”. Quel “meno uno” è il voto che non daranno alla Lega. Alla contestazione dei presunti centri sociali (spauracchio salviniano) si erano unite anche delle maestre.
Tutti i pericolosi contestatori erano tenuti a margine del comizio.
E a quanto pare alcuni di loro sono stati presi di peso e trascinati via dalla Digos. A denunciare l’episodio è la madre di uno dei ragazzi fermati che su Facebook scrive: «mio figlio e la sua ragazza, oggi in piazza a contestare pacificamente e democraticamente il vostro ministro di sto cazzo.
Prima malmenati, poi portati via con la forza da poliziotti in borghese. Davide chiuso in una camionetta, fotosegnalato, messo sotto interrogatorio. Davide tornato a casa da poco, con addosso segni evidenti».
Nel video si vede la coppia di fidanzati mentre viene portata via dalla piazza. Il breve filmato è stato poi condiviso anche dal giornalista Daniele Cinà sulla sua pagina Facebook. E proprio nei commenti è intervenuta la madre di Davide che ha fornito ulteriori dettagli su quello che era successo dopo che il figlio e la fidanzata sono stati portati via.
La signora ribadisce che il figlio «era in quella piazza per sua scelta, in autonomia, senza compagni di merenda, nè armi o atteggiamenti di sfida. Si è trovato nel mezzo, picchiato, fotosegnalato e sbattuto in una camionetta. Senza aver fatto NULLA». Secondo la versione della madre del ragazzo l’unica colpa di Davide era quella di essere in piazza ad esercitare un suo diritto: quello di contestare il politico di turno e le sue idee.
Chi è il rosicone allora, Salvini o quelli che si macchiano del terribile reato di non essere d’accordo con lui?
(da “NextQuotidiano“)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
SILP E SIULP INTERVENGONO SULLE POLEMICHE DELLO STRISCIONE RIMOSSO A BREMBATE
Abbassare i toni, ridimensionare l’esuberanza dialettica per evitare di complicare la vita a chi ogni giorno lavora per garantire l’ordine pubblico. Un discorso che vale per tutti, a cominciare dal ministro degli Interni Matteo Salvini. È l’auspicio dei sindacati di polizia Silp e Siulp, sentiti da HuffPost dopo le polemiche per la rimozione oggi a Brembate, in provincia di Bergamo, di uno striscione anti-Salvini.
L’intervento di oggi dei Vigili del Fuoco, saliti su una gru per far sparire lo striscione che contestava il ministro, segue altri episodi analoghi che hanno suscitato le proteste di chi vede un legame troppo stretto tra Lega e forze di Polizia.
Un fatto che non sorprende i due sindacati di polizia, da cui arriva un invito a moderare i toni per evitare che un episodio come quello di oggi possa essere interpretato come un eccesso di interventismo.
Per Daniele Tissone, segretario del Silp (Sindacato Italiano Lavoratori Polizia di Stato), ““eravamo abituati a ministri degli Interni molto più prudenti nelle esternazioni e negli atteggiamenti”, osserva Tissone. “Da chi riveste i panni di capo politico e ministro sarebbe auspicale una maggiore sensibilità , soprattutto in un momento delicato come la campagna elettorale”.
Per Felice Romano, segretario del Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia), è importante evitare di creare un clima da stadio. “Forse — riflette Romano – in questo Paese figure istituzionali così delicate come il ministro dell’Interno, della Giustizia e della Difesa non dovrebbero coincidere con personalità la cui caratteristica è soprattutto marcata dal fomentare gli animi per creare consensi intorno alle proprie idee, come può essere il segretario di un partito”.
“Come sindacato — prosegue Romano — abbiamo fatto appello alla politica e agli esponenti di partito affinchè stiano attenti a due aspetti: 1) non voler a tutti i costi schierare la polizia da una parte o dall’altra, creando un clima da stadio curva sud/curva nord; 2) stare attenti ai toni, perchè quando si fa un comizio in campagna elettorale bisogna sempre tenere presente che l’esuberanza dialettica può trasformarsi in scontro fisico e aggressione non civile nei confronti dell’avversario politico”.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
E UN SOGGETTO DEL GENERE FA ANCORA L’INSEGNANTE IN UNA SCUOLA PRIMARIA… SCARICATO DAL CANDIDATO SINDACO, RASSEGNA LE DIMISSIONI
Si chiama Tancredi Sforzin, ha 36 anni e nella vita fa l’insegnante in una scuola primaria in provincia di Treviso.
L’Osservatorio ha segnalato Sforzin perchè i post razzisti arrivano da un candidato alla carica di consigliere nel Comune di Vittorio Veneto, nella lista del leghista “Miatto Sindaco”.
Il maestro candidato se la prende soprattutto con i migranti ospiti nei centri di accoglienza della sua zona ed è per questo che l’Osservatorio di Treviso ha denunciato l’uomo per istigazione all’odio razziale.
Sforzin, finito nell’occhio del ciclone, ha cercato di cancellare tutte le tracce lasciate sui social del suo odio nei confronti dei migranti. Ma, si sa, il web non perdona e permangono le testimonianze delle esternazioni razziste del candidato veneto.
“Ogni protesta degli immigrati, per come la vedo io, è illegittima. Quando poi la fanno gli africani che sono dei vittimismi cronici, farei sparare sulla folla”, ha scritto su Facebook Sforzin qualche tempo fa.
E ancora: “Fanno pulire il Meschio ai negri quando non sono in grado di lavarsi nemmeno le mutande”. Oppure: “I negri del Ceis guardano i fuochi d’artificio gratis, senza aver versato un euro al comitato festeggiamenti”.
Non solo i migranti nel mirino di Sforzin. L’aspirante consigliere veneto, infatti, in un post di gennaio in occasione del tradizionale falò dell’Epifania scriveva: “Stasera brucerò tutti i libri di Gramsci che troverò nella biblioteca di Vittorio Veneto. La comunità non ha bisogno di leggere quello schifo. Il fuoco sacro degli antichi curerà e guarirà tutti i mali del corpo e della mente. Panevin vs. Comunismo”.
Ha ritirato la candidatura dopo aver preso atto che anche il candidato sindaco Toni Miatto lo aveva scaricato. E ha spiegato: “Quelle affermazioni sono state fatte tempo fa, ma mi ritiro per il bene della mia città , per rispetto dei miei compagni di lista e del candidato sindaco”. La sua posizione era indifendibile per chiunque.
Lo stesso candidato sindaco Toni Miatto ha commentato: “Purtroppo non ero a conoscenza di quanto detto in passato da Sforzin. Ora di fronte alle evidenti prove non possiamo far altro che dissentire in quanto non sono pensieri che ci appartengono.”
(da agenzie)
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Maggio 13th, 2019 Riccardo Fucile
DISPOSTO SOLO IL SEQUESTRO PROBATORIO PER EFFETTUARE GLI ACCERTAMENTI TECNICI DEL CASO, UN SEMPLICE ATTO DOVUTO… IL SEQUESTRO PREVENTIVO AVREBBE BLOCCATO INVECE LA NAVE
La procura di Agrigento non ha convalidato il sequestro preventivo della nave Mare Jonio, l’imbarcazione del progetto Mediterranea che ha soccorso in mare 30 migranti, fatti sbarcare venerdì a Lampedusa.
I pm hanno invece disposto il sequestro probatorio dell’imbarcazione per effettuare ulteriori accertamenti.
Il sequestro preventivo della nave Mare Jonio, sbarcata a Lampedusa con a bordo 30 migranti soccorsi nel Mediterraneo, non è stato convalidato dalla procura di Agrigento.
Il sequestro è stato eseguito venerdì e notificato all’imbarcazione solo nella stessa serata, dopo che ad annunciarlo — già in mattinata — era stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
La notifica del sequestro non è stata inizialmente inviata all’equipaggio, come aveva confermato a Fanpage.it anche il deputato di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto.
Solo in serata è arrivata la notifica, accompagnata dalla notizia che il comandante e tutto l’equipaggio della nave erano indagati.
In questo caso, però, la smentita è arrivata quasi subito: sabato mattina è stato infatti reso noto — dalla procura di Agrigento — che non è stato indagato tutto l’equipaggio.
La procura di Agrigento non ha quindi convalidato il sequestro preventivo della nave, eseguito su iniziativa della Guardia di finanza al momento dello sbarco a Lampedusa. L’imbarcazione aveva soccorso, in acque internazionali, un gruppo di migranti che viaggiavano su un gommone in avaria: tra di loro c’erano anche alcuni minori, tra cui una bambina di un solo anno, e due donne incinte. I pm, invece, hanno disposto il sequestro probatorio della nave: una decisione che dipende dalla volontà di effettuare ulteriori accertamenti. La notizia è stata confermata dal legale del progetto Mediterranea, Fabio Lanfranca.
Si tratterebbe, in sostanza, di un atto dovuto per poter proseguire le indagini
Secondo quanto sottolineano da Mediterranea, questa differenza tra i due tipi di sequestro è “un aspetto importante perchè la Guardia di finanza, su input del Viminale, intendeva usare il ‘preventivo’ per bloccare la Mare Jonio ‘ed impedirgli definitivamente di reiterare il reato’. La scelta della procura invece è orientata dalla ‘necessità di accertare i fatti’ e dunque di verificare attraverso un’indagine se vi sia o meno ‘un reato’.
Da leggersi in questo senso anche la scelta di iscrivere nel registro degli indagati solo il comandante e il Capo missione, e non l’intero equipaggio come pretendeva il Viminale”. Dal progetto Mediterranea sottolineano ancora: “Come sempre noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità , certi di avere sempre rispettato il diritto e i diritti, oltre che la dignità della vita umana, al contrario di chi, da posizioni istituzionali, si rende complice della morte in mare o della cattura e della deportazione di donne uomini e bambini verso i lager di un paese in guerra come la Libia”.
(da agenzie)
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