Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
COME UNA SERIE TV: LITIGI, RITOCCHI E UN PREMIER ATTESO AL QUIRINALE
Accendete un ipad o una smart tv, aprite Netflix e iniziate a cercare.
Difficilmente troverete una serie più coinvolgente di quella che potete seguire osservando i nostri palazzi del potere.
§The Games of Cdm si arricchisce di una puntata interlocutoria ma non per questo meno appassionante. Partiamo dai titoli di testa. Un faccia a faccia prima del voto. Un confronto, un chiarimento, uno scambio di idee, una messa a punto. Solo sul decreto sicurezza bis, assicurano gli ambasciatori.
Ma vista la delicatezza del momento, è improbabile che il dialogo non si soffermi su altro. Nei prossimi giorni, forse già nelle prossime ore, Giuseppe Conte salirà al Quirinale. Dopo settimane passata di spiffero in spiffero nei corridoi del Palazzo, la contrarietà del Colle su molti aspetti del decreto sicurezza bis è deflagrata nella lunga notte del Consiglio dei ministri più pazzo del mondo.
Lo stesso premier, nella concitata discussione di lunedì notte, l’ha messa nel novero delle motivazioni che consigliano prudenza e riflessione prima dell’approvazione. Scatenando l’ira di Matteo Salvini.
Il leader della Lega ha sbattuto i pugni sul tavolo, ha voluto vedere le carte di quel che considera un bluff. Ma, soprattutto, ha insistito per passare all’incasso prima del voto. “Non gliene frega nulla di quel che verrà scritto nel testo — si confida un dirigente M5s — basta che gli dia uno scalpo da sbandierare a due giorni dal voto”.
Profetico: nemmeno tre ore dopo e la Lega si dice pronta a cedere sul punto più controverso. Ecco che sparisce qualunque tipo di sanzione legata al soccorso dei migranti, e le multe vengono legate alla violazione del divieto di ingresso nelle acque italiane. “Vediamo adesso che diconono”, dice gonglonate il vicepremier ai suoi.
La giornata vira. I 5 stelle, che in ogni caso quel testo lo vogliono rimandare a urne chiuse, si riorganizzano.
Diramano una nota in cui parlano di “decreto svuotato”, a microfoni spenti annunciano un no pasaran su tutta la linea.
Palazzo Chigi è gioco forza prudente. Il corpaccione della presidenza del Consiglio spiega che le nuove modifiche sono allo studio degli uffici, che gli occhi sono sempre puntati verso il Colle. Dissolvenza in nero.
La luce si riaccende su uno schermo di una delle tante redazioni italiane. Alle 18.56 il crocettato Ansa: “Conte al Quirinale”. Qualcosa si muove. O forse no: una telefonata e Palazzo Chigi smentisce: “Il presidente è qui, nella sua stanza”. Poco dopo l’agenzia rettifica.
Il clima è quel che in America etichetterebbero sotto la dicitura di drama-comedy. Da noi la definirebbero una situazione grave ma non seria.
Dalla presidenza del Consiglio non escludono nulla, nemmeno che il Cdm si possa effettivamente tenere in questa settimana. Ma la parola che si sente più pronunciare in ambienti di governo non usi a camicie verdi è: “Improbabile”.
Perchè, motivano, “Salvini che può fare, lo convoca lui?”. Nella morsa c’è Conte, che cammina sulle uova. Di un pre voto complicato. E di un post ancora di più.
La convinzione dei 5 stelle è che il Carroccio, incassato il risultato nelle urne, non voglia andare alle elezioni, ma puntare all’incasso. Come? Sostituendo l’avvocato del popolo italiano con un suo uomo alla guida dell’esecutivo.
Ma questa è la seconda stagione della serie. Appuntamento a lunedì mattina per la prima puntata: questa volta nessun drago, ma non mancheranno gli effetti speciali nè chi sputerà fuoco e fiamme.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
MIRANDOLA MOSTRA IL PUNTO DEBOLE DEL SALVINISMO PROPRIO SUL SUO TERRENO: SICUREZZA E RIMPATRI
Dunque il giovane nordafricano che stanotte ha appiccato il fuoco a Mirandola doveva essere espulso. Era stato già fermato, l’ultima volta una settimana fa a Roma, e raggiunto da un foglio di via il 14 maggio. E invece circolava liberamente per l’Emilia. La sera prima era stato ricoverato all’ospedale di Mirandola, ma si è strappato la flebo dal braccio ed è fuggito.
Ed è stato trovato che girava, in stato di malessere, nei pressi della sede della Polizia che aveva bruciato proprio nel giorno in cui scadeva il suo decreto di espulsione.
Domanda: cosa ha dire il ministro Salvini? Su questo caso, ma non solo.
Perchè, questo è il punto dopo 11 mesi di governo: Mirandola stanotte, qualche settimana fa a Napoli Noemi finita in mezzo a una sparatoria, prima ancora l’assalto al pronto soccorso di Napoli, come non accade neanche durante le guerre, dove gli ospedali sono zona franca.
Questioni diverse, che però hanno un denominatore comune: c’è una evidente questione che riguarda la “sicurezza” e il controllo del territorio, col sangue della realtà che sporca la retorica del paese più sicuro rispetto agli anni scorsi governato col polso di ferro, con i reati in calo secondo i numeri citati dal ministro, opinabili secondo chi ha fatto i raffronti con gli anni precedenti.
Sia come sia, a parti invertite, di fronte alla sparatoria di Napoli, all’assalto dell’ospedale o al fuoco di Mirandola avrebbe detto ai suoi predecessori, anche con uno stile colorito che la sicurezza non si fa con le tabelle, ma a che fare con la percezione diffusa.
Mirandola mostra il punto debole del salvinismo proprio sul “suo” terreno: la sicurezza come luogo della percezione che si alimenta, costruisce e deforma, ma mai del governo. E della politica che, sul tema, agisce “a prescindere” dai risultati.
E allora eccolo il ministro pressochè latitante al Viminale, appena sale sul primo palco, o Ostuni, cavalcare il caso, con la prontezza del lupo che sente l’odore del sangue e il cinismo dell’impresario della paura che sogna un facile fatturato nelle urne di domenica: “Questo immigrato tornerà a casa sua a calci nel sedere, sul primo aereo. Un altro ha staccato a morsi un dito a un poliziotto. Anche questa risorsa importante tornerà a casa sul primo aereo utile. Poi mi dicono che non vanno chiusi i porti, tutti a casa”.
Come se fosse un ministro all’opposizione, sempre spettatore “a sua insaputa”, dei rimpatri mancati come delle navi che sbarcano in diretta da Giletti,evidentemente ancora non sa che sul “primo aereo” per essere rimpatriato non è stato messo, pochi giorni fa, perchè non c’era posto, insomma c’è stato un intoppo nel meccanismo dei rimpatri.
Informazioni che un uomo di governo dovrebbe chiedere agli uffici che frequenta più dei palchi e dei social prima di parlare.
E invece, come se non fosse responsabile della sicurezza nazionale, il ministro dell’Interno prova a cavalcare la questione, a pochi giorni dal voto, con l’istinto predatorio di chi sente, ancora una volta di affidarsi all’emozione collettiva.
Tranne poi tenersene lontano: da Mirandola, dalle dichiarazioni, una volta compreso che il caso investe anche le sue responsabilità , perchè col piromane di Mirandola brucia la retorica delle espulsioni facili e degli aerei per i rimpatri che decollano sempre in orario.
Non è banale quel che è successo stanotte. Due morti, venti feriti a seguito di un incendio, gli uffici della polizia avvolti dalle fiamme, col giovane nordafricano che, dinamica nient’affatto banale, era riuscito a entrare, mimettizzarsi con un berretto della polizia prima di appiccare il fuoco.
Come la linea dei “porti chiusi” crolla di fronte alle navi che, inevitabilmente attraccano, crolla su Mirandola la promesse dei rimpatri facili, su cui da un po’ il ministro “all’opposizione” ha smesso di dare i numeri.
E non ripete più ciò le parole scagliate contro il precedente governo che, come ben sa, aveva raggiunto il picco di efficienza sui rimpatri.
Quel ne “manderemo a casa 500mila”, numero scritto nella bibbia del Contratto è diventato “ne rimpatrieremo 90mila” dopo un anno di non governo, in cui i rimpatri forzati di stranieri sono stati inferiori agli stessi mesi degli anni precedenti, in tutti i mesi ad eccezione del novembre 2018.
E, in più, il ministro non ha chiuso i dieci nuovi accordi con i paesi di provenienza che aveva promesso a settembre dello scorso anno.
Quel che è accaduto a Mirandola è il paradigma di un anno di governo, dello iato tra annunci e realizzazioni. In un paese normale il ministro dell’Interno andrebbe in Parlamento a spiegare perchè, nonostante il decreto di espulsione, quel giovane nordafricano era ancora a piede libero, che cosa non ha funzionato, di chi è la responsabilità nell’ambito di una catena di comando che fa capo al Viminale.
E andrebbe in Parlamento non con lo spirito di chi cerca facili capri espiatori ma di chi si assume fino in fondo la responsabilità della sicurezza nazionale. Come se fosse un ministro dell’Interno.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
COME IN ALTRI PAESI SOVRANISTI RESTRINGE LE LIBERTA’ INDIVIDUALI E APRE LA STRADA A UN REGIME DI POLIZIA… LA TRUFFA DELLE MODIFICHE PROPOSTE OGGI
Per il Viminale il testo è pronto e si aspetta solo la convocazione del Consiglio dei ministri, dove verrà esaminato.
Per Di Maio, invece, prima di portare il provvedimento nella riunione di governo bisogna prima risolvere i dubbi. Che quindi ci sono ancora.
Sul Decreto Sicurezza bis, quindi, la partita è tutta da giocare, con l’ormai consueto botta e risposta tra alleati di governo a movimentarne l’iter burocratico. Da una parte la Lega accelera, dall’altra il Movimento 5 Stelle rallenta.
A metà pomeriggio, infatti, fonti del Viminale hanno fatto sapere che i tecnici del ministero hanno ultimato le limature al testo, “così da fugare qualsiasi perplessità e togliere alibi.
Tutto fatto, quindi? Macchè. A stretto giro è arrivata la frenata del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio. “Per il decreto sicurezza so che c’è un’interlocuzione fra Palazzo Chigi e il Quirinale per eliminare alcuni dubbi di incostituzionalità . Prima di andare in cdm bisogna risolvere questi dubbi” ha detto il capo politico del M5s.
Da quanto si può leggere nell’ultima bozza disponibile del testo restano le multe alle navi che non rispettano le normative, ma sparisce il riferimento agli interventi di soccorso ai migranti.
Nella versione di ieri, invece, si prevedevano sanzioni (da 10mila a 50mila euro) per le navi che soccorrevano migranti violando le norme e le istruzioni “delle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo l’operazione di soccorso”. Ora le sanzioni, di uguale importo, sono limitati a chi viola il divieto di ingresso nelle acque italiane.
Chiariamo il bluff di Salvini.
1) La Libia non è un porto sicuro, come certificato da tutti gli organismi internazionali, quindi è illegale “respingere” i migranti in Libia
2) La zona Sar libica di fatto non esiste, la Guardia Costiera libica è una associazione a delinquere che taglieggia i profughi, prende mazzette, non risponde neanche al telefono in caso di emergenze e riporta i disperati nei lager libici.
3) Aver tolto la multa a chi salva i migranti oltre a dimostrare il grado demenziale di chi vuole multare chi salva vite umane ( come se multassimo le ambulanze del 118) è ridicolo: a che titolo l’Italia potrebbe multare una Ong tedesca o spagnola che soccorre i migranti in Libia e poi li sbarca a Barcellona o a Malta? Nessuno, è solo un bluff
4) Ora il decreto parla di multare chi entra nelle acque territoriali italiane, come se fosse un reato salvare barconi alla deriva, roba da ricovero in manicomio giudiziario oltre che violazione delle leggi internazionali e del codice dalla navigazione.
5) Il ministro degli Interni avrebbe il potere assoluto di decidere chi può entrare nelle nostre acque territoriali e chi no, competenza da sempre del ministro dei Trasporti. Ci manca pure uno xenofobo che selezioni in base alla razza.
6) Se uno partecipa a un corteo “non autorizzato” da semplice cittadino, anche se non commette alcun reato, si becca una condanna a un anno di carcere
7) Se si trova nel mezzo di una carica della polizia, anche in maniera passiva (ovvero si prende pure due manganellate senza reagire) rischia fino a tre anni di carcere.
8 ) Viene tolta la competenza territoriale alla procura di Agrigento per trasferirla solo a quelle di Catania e Palermo, in modo da avere procure compiacenti.
Ci fermiamo qua per non annoiarvi.
E’ un decreto “sovranista” repressivo, degno dei modelli sovranisti: regimi autoritari e dittature.
Pensateci bene quando voterete domenica, è in gioco il futuro dell’Italia.
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
ANDRA’ AL GRUPPO MISTO: “SONO STUFO DI SOPPORTARE ANGHERIE DA ESPONENTI DEL MIO PARTITO”… LA GIUNTA TOTI ORA RISCHIA
Giovanni De Paoli, consigliere regionale, esce dalla Lega. Lo ha annunciato questa mattina in aula in consiglio regionale spiegando : “Non sopporto l’arroganza con cui esponenti della Lega sventolano il rosario, non condivido certe scelte fatte in sanità , sono stufo di sopportare angherie da esponenti del mio partito”.
Andrà “per ora” nel gruppo misto. “Voterò con la maggioranza -dice-per l’amicizia che mi lega al grande presidente Toti”.
“Mentre io sono qui a difendere gli interessi dei cittadini della Val di Vara, alcuni esponenti della Lega sono in Val di Vara a distribuire santini elettorali con il simbolo della lista che è in contrapposizione con la mia”, ha detto ancora De Paoli, motivando le ragioni che lo hanno spinto a abbandonare il partito.
“Poichè ho sempre difeso i miei concittadini, le persone deboli, le persone che hanno bisogno, io lascio questo partito, se partito si può ancora chiamare e aderisco per il momento al Gruppo Misto”.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
“LA FONDAZIONE NUOVA ITALIA COME PORTAMONETE PER FINANZIARE SIA L’ATTIVITA’ POLITICA CHE IL SUO SOSTENTAMENTO ECONOMICO PERSONALE”
Non un presidio di garanzia e trasparenza, ma un palazzo che contribuiva alla formazione di zone d’ombra. È quello che avveniva in Campidoglio quando Gianni Alemanno era sindaco. Almeno secondo i giudici della II sezione penale di Roma che hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui hanno condannato l’ex sindaco a 6 anni per corruzione e finanziamento illecito.
Alemanno era stato condannato in una dei filoni della inchiesta Mondo di mezzo. “Il modulo organizzativo utilizzato dal sindaco Gianni Alemanno non è stato di certo un valido presidio a garanzia della trasparenza, dell’economicità ed efficienza nell’operato dell’Amministrazione comunale ma invece ha contribuito alla formazione di zone d’ombra idonee a ingenerare comportamenti distorsivi e illegittimi“, scrivono i magistrati nella sentenza di condanna.
La corte ha fatto una sorte di calcolo degli affari di Salvatore Buzzi durante la giunta di centrodestra.
Numeri che portano i giudici a scrivere: “La sindacatura di Alemanno è stata vantaggiosa per Buzzi: le tre cooperative si aggiudicarono appalti per 9,6 milioni di euro, 3,6 in più rispetto alla sindacatura di Veltroni”.
Tra Buzzi, Alemanno e Franco Panzironi, sostiene il tribunale, c’era un rapporto “su un piano di parità , tra collaborazione e convenienza reciproca. L’accordo corruttivo raggiunto da Salvatore Buzzi e Giovanni Alemanno con l’intermediazione di Franco Panzironi, contemplava dazioni di denaro e appoggio elettorale in cambio di una generica disponibilità dell’imputato a spendere la propria funzione di sindaco per la risoluzione delle problematiche vicende che hanno interessato le cooperative di Buzzi.
Tale meccanismo ha così garantito alle società coinvolte una continuità nella propria attività d’impresa attraverso l’assunzione del controllo su quote di mercato nel settore sociale, in quello delle politiche abitative e del verde pubblico, in pregiudizio dei principi sulla concorrenza”.
Secondo i giudici, però, “le emergenze probatorie acquisite sebbene diano piena contezza dell’esistenza di un progetto comune di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati diretto a corrompere Alemanno e Franco Panzironi (ex amministratore delegato di Ama ndr), attraverso l’offerta oltre che di corresponsioni di denaro anche di altre utilità non descritte nell’imputazione (appoggio elettorale, procacciamento di voti, promessa di assunzione di una persona da parte delle cooperative gestite da Buzzi), non vi sono invece elementi di prova che dimostrino che Alemanno fosse consapevole del legame che univa Buzzi a Carminati e tanto meno che potesse avere contezza del sodalizio criminoso, riconducibile ai due”.
Nelle motivazioni i giudici affermano inoltre che “è possibile distinguere una prima fase, quella coincidente temporalmente con la sindacatura di Alemanno, in cui i rapporti dell’imprenditore Buzzi con il sindaco per prudenza sono stati mediati da Franco Panzironi e Antonio Lucarelli, e il periodo successivo in cui, cessata la carica ed assunta quella di consigliere di minoranza, l’imputato ha intrattenuto contatti diretti con Buzzi, palesando una disinvoltura indicativa di una pregressa e solida consuetudine di rapporti”. à
Parlando della Fondazione Nuova Italia, riconducibile ad Alemanno, i giudici scrivono che “ha rappresentato per l’imputato un ‘portamonete’ necessario per finanziare la propria attività politica nonchè un salvagente per assicurarsi un sostentamento economico personale una volta terminato il periodo della sua sindacatura”.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
CONDONI AGLI EVASORI MA SI RISPARMIA SUI LAVORATORI MORTI
Il decreto pubblicato il 14 maggio dal ministero guidato da Luigi Di Maio dice che gli aiuti economici per i parenti di chi è morto sul lavoro durante il 2018 saranno i più bassi mai previsti nell’ultimo decennio.
Spiega oggi il Fatto:
I soldi a disposizione sono diminuiti, ma i decessi sono aumentati, quindi le famiglie che hanno vissuto una simile tragedia potranno ricevere, a seconda del numero di componenti, tra i 3 mila e i 13 mila euro. Praticamente è la cifra minima da quando è stato istituito il Fondo per il sostegno alle vittime degli infortuni gravi, strumento che viene gestito dall’Istituto nazionale per l’assicur azione sul lavoro (Inail), ma è il ministero del Lavoro a stabilire anno per anno la quantità di risorse da assegnare.
Una volta quantificati i soldi disponibili, l’Inailfornisce i dati su quanti hanno perso la vita. Sulla base di questi due fattori vengono preparate le tabelle con i risarcimenti che possono essere concessi alle famiglie.
Per i casi avvenuti tra gennaio e dicembre 2018 ci sono solo 3,9 milioni di euro. In quell’anno, però, i morti sono cresciuti: 1.133 solo quelli emersi dalle denunce all’Inail, che sono sottostimate.
Quindi i contributi si sono ristretti: se il famigliare “superstite ”è solo uno, potrà richiedere 3 mila euro; 6 mila euro se sono in due, 9 mila se sono in tre e 13 mila se sono di più.
Nel 2017 gli importi erano un po’più generosi e andavano da un minimo di 3.700 euro a un massimo di 17.200 euro.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
TELEVISEGRAD DIRETTO DA SANGIULIANO SANZIONATO
Venerdì 17 nero per il Tg2. L’edizione delle 20.30 della testata diretta da Gennaro Sangiuliano è finita nel mirino dell’Agcom che ha diffidato il telegiornale del secondo canale pubblico per i suoi contenuti.
Una violazione dell’articolo 4 comma 2 delle disposizioni della Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in virtù di motivazioni ben precise che sono state esplicitate nella nota diffusa dall’autorità Garante delle comunicazioni.
«In particolare, i servizi in questione — viene illustrato nella nota — in ragione della natura incompleta, parziale e non obiettiva delle informazioni riportate (anche per l’omissione di parti significative di dichiarazioni di terzi e la conseguente distorsione del messaggio generale), rischiano di determinare, anche indirettamente, situazioni di vantaggio o di svantaggio, per determinate forze politiche che la normativa citata vieta espressamente all’interno dei notiziari».
In modo particolare, il Tg2 di quella sera oltre ad aprire con le parole del Capo dello Stato Sergio Mattarella, ha mandato in onda la consueta sequenza di servizi politici, centellinati (a quanto pare non correttamente) tra le varie forze politiche in tempi di par condicio in vista delle prossime elezioni europee del 26 maggio.
La nota dell’Agcom fa riferimento anche ai contenuti di Tg2 Post, la rubrica di informazione e intrattenimento che Gennaro Sangiuliano ha fortemente voluto da quando è diventato direttore della testata.
In quella circostanza, il Tg2 ha proposto una intervista al ministro dell’Interno Matteo Salvini, con alcuni spezzoni che erano stati inseriti all’interno dell’edizione delle 20.30.
Un duro colpo per quella che è stata definita dal suo stesso direttore Tele Visegrad: il Tg2 sovranista, dopo il cambio ai vertici, ha imposto una svolta contenutistica molto più sbilanciata a favore del governo giallo-verde. L’indicazione dell’Agcom non fa che andare in questa direzione.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
CONTESTAZIONI IN TUTTE LE CITTA’ PUGLIESI, CENTINAIA DI STRISCIONI APPESI ALLE FINESTRE, GIORNATA TRAGICA PER IL LEGHISTA
Cappello nero, maschera e mantello. In Puglia è andata in scena la protesta degli Zorro contro il ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini.
Da Lecce a Ostuni, da Gioia del Colle a Bari, ovunque il vicepremier ha calcato un palco, la contestazione è stata più forte.
A Bari, in particolare mille manifestanti hanno sfilato in concomitanza del comizio per appena 300 fedelissimi Lega con altri 200 contestatori che lo hanno subissato di fischi vicino al palco di Bari in via Sparano.
Hanno urlato ‘Buffone, vai via da Bari’. Hanno esposto uno striscione con la scritta ‘San Nicola è un immigrato?’, ‘I terroni non si Lega-no’ In contemporanea un corteo di circa mille persone ha attraversato la città .
In prima fila al corteo antirazzista di Bari hanno sfilato i tanti ragazzi, studenti e cittadini travestiti dall’immaginario giustiziere Diego de La Vega.
A pochi metri di distanza, invece, il comizio di Salvini con i candidati al consiglio comunale: in via Sparano ad ascoltare il vicepremier sono stati appena in 300, molti meno della contromanifestazione.
E una insegnante ha calato da un palazzo a ridosso del palco uno striscione di contestazione “71” che vuol dire nella smorfia napoletana “omm e merd”.
Le proteste hanno accompagnato il leader della Lega anche a Lecce, Ostuni e Gioia del Colle. . Tanti gli striscioni affissi ai balconi delle abitazioni.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2019 Riccardo Fucile
CASO STRANO, LA COMPETENZA SUI MIGRANTI VANNO ALLE PROCURE DI CATANIA E PALERMO, ESCLUDENDO QUELLA DI AGRIGENTO: E’ LA DEMOCRAZIA SOVRANISTA
Quel magistrato di Agrigento, Salvini lo vive ormai come un nemico personale. La battutaccia dell’altro giorno contro il procuratore Luigi Patronaggio è stata rivelatrice. Quando infatti Matteo Salvini sbotta a raffica, può significare soltanto che c’è un gran nervosismo.
Ora Salvini cerca di sfilargli le competenze sull’immigrazione clandestina.
È quanto è scritto all’articolo 3 del decreto Sicurezza bis: in puro gergo giuridichese, in una selva di articoli e commi, c’è un clamoroso accentramento di competenze in capo a poche procure, quelle distrettuali.
Nel caso siciliano, che è la frontiera avanzata lungo le rotte che arrivano dall’Africa, e che inevitabilmente si trova a trattare navi umanitarie e soccorso in mare, le uniche procure che sarebbero incaricate di trattare i reati del favoreggiamento all’immigrazione clandestina resterebbero Palermo e Catania, una competente per la Sicilia occidentale e l’altra per la Sicilia orientale.
Per dare un nome ai procuratori interessati, Franco Lo Voi è il procuratore capo di Palermo (ora in corsa per divenire procuratore capo a Roma) e Carmelo Zuccaro a Catania sarebbero i soli a gestire la materia.
Salta agli occhi che con questo decreto voluto fortissimanente da Salvini, tutti gli altri magistrati titolari di procure ordinarie sarebbero tagliati fuori anche dalle pratiche ordinarie, quelle senza aggravante.
L’effetto pratico sarebbe che il magistrato divenuto suo malgrado l’antagonista preferito di Salvini, ossia Patronaggio, non toccherebbe più palla.
E’ la sedicente democrazia sovranista
(da “La Stampa”)
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