Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DE “L’ESPRESSO”: UNA SOCIETA’ AD HOC, SOLDI PUBBLICI DIROTTATI PER PAGARE LO STAFF COMUNICAZIONE DI SALVINI (MENTRE DOVREBBERO PER LEGGE ESSERE DESTINATI A CHI LAVORA PER IL GRUPPO IN SENATO)
Matteo Renzi intervistato domenica da Repubblica ha accusato Matteo Salvini di aver usato parte dei famosi 49 milioni per pagare l’ufficio propaganda della Lega.
Nicola Zingaretti oggi chiede chiarezza sullo stesso malloppo che viene dal passato, ossia dalla truffa ai danni dello Stato per la quale sono stati condannati Umberto Bossi e Francesco Belsito.
«Vedo che Salvini non ha problemi di soldi o finanziamenti. Vedo che alle inchieste della magistratura e dei giornalisti risponde con il silenzio. Non so dove siano finiti i 49 milioni, ma so che c’è bisogno di maggiore trasparenza», ha dichiarato il segretario del Pd.
L’Espresso ha scoperto il metodo usato dalla Lega per pagare lo staff comunicazione di Matteo Salvini.
I nostri documenti non provano che Morisi & co sono pagati coi 49 milioni, ma di sicuro che soldi pubblici vengono usati per seguire la propaganda personale del leader della Lega.
Anche quando lo stesso staff era stato assunto al Viminale e quindi pagato con altri denari della collettività .
Il gruppo di esperti ingaggiato dal Capitano è guidato da Luca Morisi, l’eminenza grigia dei social sovranisti. Da chi è stato pagato Morisi e il suo cerchio magico, tra cui Leonardo Foa, il figlio del presidente della Rai, Marcello
Dai documenti in nostro possesso risulta che per retribuire il gruppo è stata creata una società ad hoc che ha firmato un contratto con il gruppo Lega al Senato.
Soldi pubblici usati per pagare gente che non lavora per il Senato ma per il ministro.
La società si chiama Vadolive srl.
Nata a maggio 2018, due mesi dopo il trionfo elettorale del 4 marzo. Vadolive è stata costituita da una parente di Alberto Di Rubba, il commercialista bergamasco che è anche il revisore dei conti del gruppo Lega al Senato.
Vadolive ha sede allo stesso indirizzio di uno degli uffici dello Studio Dea. Non solo, questa società è solo apparentemente slegata dal Carroccio.
Apparentemente, perchè il loro capitale sociale di 10mila euro è stato versato con un assegno circolare intestato allo studio Dea.
Poi, nei venti giorni che seguono l’addebito dell’assegno circolare sul conto della Dea, lo stesso studio di Di Rubba riceve poco più di 40mila euro dalla Lega Nord. Causale: saldo fatture.
Una di queste reca la data del 2 maggio 2018. Esattamente il giorno di costituzione della Vadolive. Perchè? Due settimane fa avevamo rivolto questa domanda, insieme a molte altre, a tutti i protagonisti di queste vicende, ma nessuno ci ha mai risposto.
Alla donna imparentata con il professionista leghista dopo pochi mesi subentra Davide Franzini: diventa socio unico e amministratore. Lo stesso è presidente del consiglio di amministrazione di Radio Padania.
Nel suo primo anno di attività Valdolive ha ricevuto circa 200 mila euro dal Gruppo parlamentare Lega – Salvini Premier, l’unico modo rimasto a partiti per percepire denaro pubblico.
In realtà ne avrebbe dovuti percepire molti di più in virtù di un contratto stipulato con il gruppo del Senato da 480 mila euro l’anno fino alla fine della legislatura.
Poi, però, a novembre si interrompe la fatturazione e il contratto con Vadolive termina anticipatamente. I soldi ricevuti fino ad allora li ha usati per pagare, oltre che lo Studio Dea Consulting di Di Rubba, anche la squadra di Luca Morisi, il dio dei social salviniani
In tre mesi la società ha speso quasi 90mila euro per pagare Andrea Paganella, socio storico di Morisi, e tutti i giovani della propaganda salviniana, in molti casi assunti nel frattempo direttamente anche al ministero.
Da Matteo Pandini, capo ufficio stampa del Viminale, a Leonardo Foa, figlio del presidente della Rai (Marcello) e collaboratore del ministro insieme a Fabio Visconti, Andrea Zanelli e Daniele Bertana, pure loro retribuiti dalla Vadolive.
E per un periodo contemporaneamente pagati dal Viminale dato che risultano nell’elenco dei collaboratori a partire dai primi di giugno 2018.
(da “L’Espresso”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
DI STEFANO FAREBBE BENE A METTERE MANO AL PORTAFOGLIO E A LASCIARE GLI APPARTAMENTI OCCUPATI A POVERI SENZATETTO ITALIANI… LE CASE SI OCCUPANO PER FAVORIRE GLI INDIGENTI, NON PER SISTEMARE SE STESSI
Non ci stanno quelli di CasaPound per passare per i furbetti del quartierino, quelli che occupano abusivamente un bene pubblico e poi non pagano le bollette.
Sostengono che il palazzo in via Napoleone III lo hanno dato a famiglie italiane mica agli stranieri. Certo, loro dicono però che quelle famiglie sono di parenti e amici, in particolare i vertici del movimento.
Ad esempio come rivelato dall’inchiesta dell’Espresso il Segretario di CasaPound Simone Di Stefano nel 2013 «al momento della presentazione delle liste per le politiche del 2013 ha dichiarato come residenza anagrafica proprio via Napoleone III, civico 8».
A vederlo nei salotti televisivi dove lo invitano l’ex candidato premier di CasaPound non sembra certo un abusivo.
Anche Gianluca Iannone, fondatore e presidente di CPI risulta — dagli atti di notifica del Tribunale — residente nell’immobile, insieme al altri esponenti del Movimento
Poi dentro al palazzo hanno sede diverse associazioni e oltre alle soluzioni “per le famiglie” si svolgono incontri e conferenze. Difficile sostenere che pure quelle abbiano la finalità sociale di combattere la povertà .
I partiti normali le sedi le pagano, e quando non pagano l’affitto scoppiano gli scandali. Per CasaPound è tutto diverso.
Ieri su Twitter proprio Simone Di Stefano ha spiegato a modo suo invece un’altra faccenda, quella delle bollette della luce non pagate.
Anche in questo caso — non ci crederete — CasaPound non è come gli altri abusivi e occupanti. La situazione è questa: a carico degli occupanti del palazzo c’è un conto da 330mila euro con pignoramento che risale al 14 settembre 2018.
Si tratta di una storia nota. Scriveva l’Espresso nel marzo del 2018 che il primo distacco — per disattivare le vecchie utenze Acea e Telecom intestate al ministero che aveva sede nel palazzo — risale al 2004: i«l 10 febbraio del 2016 la Polizia di Stato ha fornito il supporto per il taglio delle forniture, poi però misteriosamente riallacciate».
Scrive Di Stefano che si tratta di un “caso politico” e che gli occupanti «hanno smesso di pagare, ma quei soldi li hanno messi da parte ogni mese per sanare in futuro».
Quello che Di Stefano non scrive è che il decreto Lupi del 2014 richiede l’esistenza di un titolo abitativo valido per l’allaccio delle utenze.
Come spiega Alessandro Gilioli si tratta di un decreto che stabilisce che gli occupanti non possono pagare le bollette, nemmeno volendo. Il che è il contrario di quello che sostiene Di Stefano che vuole far credere che il problema sia semplicemente il fatto che c’era un unico contatore invece che diciotto.
Non è così: secondo quanto stabilito dall’art. 5 del D.L. n.47 del 28 marzo 2014, «chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza nè l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge».
Ad esempio in base al Decreto Lupi (varato sotto il governo Renzi) Di Stefano non avrebbe potuto dichiarare la residenza in Via Napoleone III per potersi candidare, anzi il decreto lo ha trasformato — così come tutti gli occupanti di CasaPound — in un senza fissa dimora.
Nessun caso politico semplicemente la legge dice che i fascisti del Terzo Millennio non possono pagare le bollette perchè sono occupanti abusivi.
Altra cosa interessante, sempre per la serie quello che i fascisti del Terzo Millennio non dicono è la differenza con l’occupazione dello stabile ex-Inpdap di via Santa Croce in Gerusalemme. Secondo quanto dichiarato all’AdnKronos da Paolo Maddalena, presidente emerito della Corte Costituzionale, «questa gente non è abusiva, perchè quando c’è lo stato di necessità uno cerca di salvarsi. Che deve fa’? Deve mori’ sta gente? L’obbligo dello Stato, articolo 38 della Costituzione, è quello di dare un sostegno a chi è senza possibilità di lavoro. Per Casapound no, il discorso non vale: non ha alcun diritto a occupare perchè non sono poveri ma politici, si pagassero le loro cose e non usufruissero dei beni di tutti gli italiani. Quelli di Casapound hanno torto marcio, non si possono paragonare ai poveracci senza un tetto».
(da “NextQuotidiano“)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
PUNTA TUTTO SULLA DENUNCIA DEL GOVERNO DELL’INCIUCIO: “SALVINI E DI MAIO PARI SONO”… TONI MODERATI, SEGNALI POSITIVI NEL TOUR, AL SORPASSO CI CREDE
Due parole antiche, ma che danno il senso della posta in gioco: “Mobilitazione straordinaria”.
È questo che ha chiesto il segretario del pd Nicola Zingaretti ai suoi per l’ultima settimana di campagna elettorale: tv, comizi, ma anche il porta a porta, “casa per casa”.
Per dare il senso di una campagna reale, non racchiusa solo nella dimensione della politica spettacolo. “Inciucio” è la parola chiave, da far passare: “Ma quale svolta a sinistra di Cinque Stelle, tutte chiacchiere. Se questa dinamica conflittuale fosse vera, allora uno dei due chiederebbe di andare al voto, o no? E invece perchè non ci vanno? Per il potere, questa è la verità ”.
Questa è la linea, per l’ultima settimana: “Il governo dell’inciucio, senza neanche più la dignità che poteva avere il contratto. Litigano ma non rompono per mantenere il potere”.
Non prendere sul serio questo gioco di un governo che cerca di rinchiudere al suo interno il ruolo di maggioranza e opposizione, nè accreditare i Cinque Stelle come forza realmente anti-Salvini.
È la partita della vita, per il neo-segretario che si è insediato meno di due mesi fa. Consapevole che c’è ancora un pezzo del suo partito che lo aspetta al varco. Quell’asticella al 25 per cento messa da Renzi qualche giorno fa, lascia già intendere come l’ex segretario si prepari al fuoco amico, per la serie “il problema non ero io”: “Mi hanno insegnato che i conti si fanno alla fine. Questo è il momento di menare. Al fischio finale si vede chi è rimasto in piedi”.
Lunedì a Casal Bruciato per riaprire la sezione del Pd, poi Pozzuoli, Napoli, Genova, chiusura in Piazza a Milano: l’agenda prevede 7 appuntamenti al giorno.
Al momento la sensazione è che il clima sia buono. Difficile ma buono, rispetto alle politiche.
Indicativo che in varie città , come Torino, le iniziative più larghe siano andate meglio di quelle di partito in senso stretto, con i notabili impegnati in giro a raccogliere preferenze:
“Questo litigio di Lega e Cinque Stelle — è la sua analisi – sta mobilitando più chi vota contro che chi vota a favore. Guardate i giovani: quelli alla Sapienza che cantano Bella ciao o quelli che prendono in giro Salvini sui selfie. È un segnale di risveglio e di rifiuto della cultura dell’odio”.
La bilancia segna due chili in meno, persi nelle prime settimane di campagna elettorale. Per tenere una voce decente il rimedio è una pasticca di propoli al giorno. Zingaretti, il mite, ha distribuito un paio di cartelle per fissare i punti di attacco degli ultimi giorni. In una c’è l’elenco dei cento decreti che sono stati decadere dal governo, a causa dei continui litigi.
Nell’altra invece l’elenco dei provvedimenti votati assieme in questo anno, che attesta una “complicità ” di fondo: “Di Maio ha votato tutti i provvedimenti più odiosi di Salvini, a partire da quelli sulla sicurezza. Chi vota Cinque Stelle vota per far rimanere Salvini ministro dell’Interno. Del resto lo dice anche lui che il governo deve andare avanti altri quattro anni, o no?”.
Al voto ci crede poco, anche se il conflitto sta diventando reale.
Le antenne sul territorio segnalano che, ormai, ai comizi di Salvini, la base mostra striscioni che lo invitano a rompere con Di Maio. È accaduto ad Ascoli, a Novara, un po’ ovunque. E anche il gruppo dirigente diffuso lo spinge in tal senso.
Semmai dovesse accadere, non c’è spazio per manovre di Palazzo. La posizione del Pd è stata già recapitata in via informale al Quirinale: “Se il governo cade, come sarebbe auspicabile, si vota. Non è uno slogan. Hanno prodotto un buco economico così drammatico che è giusto che siano i cittadini a scegliere tra soluzioni diverse. Solo così se ne esce”.
Salvini e Di Maio, Di Maio e Salvini, l’uno e l’altro pari sono per Zingaretti. Anche per non polarizzare sono con uno, il che accrediterebbe l’altro come un oppositore ha lasciato cadere l’idea di un confronto tv.
Perchè anche se non si possono considerare due volti della stessa destra, cosa che il segretario del Pd non pensa, devono essere trattati come due protagonisti dello stesso sfascio: “Siamo noi l’unica alternativa. Lo spread ha toccato quota 281. E se continua a bruciare miliardi, non avremo soldi per la sanità . Altro che spostamento a sinistra, se per gestire il potere rendi più deboli le fasce più deboli. C’è poco da fare: o saranno costretti ai tagli o aumenteranno l’Iva. Questa è la verità ”.
A chi gli consiglia una comunicazione più ad effetto, rumorosa, che li sfidi sul loro stesso terreno, risponde: “Noi, anche nella comunicazione, dobbiamo rappresentare una alternativa. Hanno imprigionato il paese nella realtà virtuale degli insulti. Noi dobbiamo essere quelli che parlano di una agenda reale”. È convinto che funzioni. Salvini è nervoso. Per ora Di Maio non ha riempito piazze limitandosi a parecchi incontri con le categorie.
Sembrano segnali “buoni”. Nel “sorpasso” ci crede.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
TUTTO NELLE MANI DI DI MAIO CHE NON SCEGLIE MAI LE PIAZZE MA POSTI CHIUSI… E IL GRUPPO IN EUROPA ANCORA NON C’E’
Tra i parlamentari del Movimento 5 stelle gira una foto. Si vede piazza Salotto a Pescara, a due passi dal mare. C’è un fiume di gente, le strade sembrano affluenti che esondano verso un lago di persone, tutte che premono sotto un palco.
È il palco di Beppe Grillo, è lo Tsunami tour, è il 2013. La foto gira perchè domenica scorsa Luigi Di Maio anche lui è stato a Pescara, anche lui a piazza Salotto, anche lui ha radunato gente. Ma forse un decimo, per essere generosi, di quanta nello stesso identico punto spingeva i 5 stelle al boom elettorale delle politiche.
La calma e il sangue freddo provano a calmierare la preoccupazione. “Ma tu hai i sondaggi?”, chiede un deputato, “Ma secondo te quanto prendiamo?”.
C’è realismo: “Siamo cambiati rispetto a quello che eravamo — dice un uomo vicino al capo politico — lo sappiamo. E cinque anni dopo abbiamo preso più voti con Luigi a farsi solo i palazzetti dello sport, sempre al chiuso. E le piazze di Di Battista erano gremite, ma di certo non di folle oceaniche”.
Sì, tutto è cambiato. La prima campagna elettorale con Grillo totalmente eclissato, non prevista al momento una sua presenza nemmeno al gran finale. “Speriamo anzi che non ci faccia campagna elettorale contro”, ironizza sorridendo un onorevole di lungo corso.
Ma lo schema è lo stesso, anche se in tono minore.
Fano, auditorium Masetti, Ascoli, centro congressi della Camera di commercio, Milano, Garden gate, Cosenza, cinema teatro Italia. Il capo politico batterà lo stivale nelle ultime due settimane, prediligendo gli spazi chiusi, che comunicativamente avevano così ben funzionato appena un anno fa. Ma li alternerà ad alcune piazze, come San Prospero a Reggio Emilia, Matteotti ad Avellino, Bocca della verità a Roma.
Già , proprio quella Bocca della verità che evoca ricordi agrodolci, dove fu convocato prima l’impeachment day contro Sergio Mattarella, “reo” di aver fatto saltare il banco del governo per il suo niet a Paolo Savona quale ministro dell’Economia, e che poi divenne con un triplo carpiato il luogo della prima festa di governo quando, qualche ora dopo, le cose si incardinarono per il verso giusto.
La scaramanzia c’entra poco. Scotta ancora troppo il ricordo di piazza del Popolo per un’ampia fetta vuota in occasione della chiusura del Rally per le politiche, e lo spazio a due passi dal tempio di Vesta è funzionale per regalare un colpo d’occhio formidabile: l’area è relativamente piccola, e strutturata in modo tale che bastano circa diecimila persone per farla sembrare quel che non è.
Di Maio nel suo girovagare si porterà dietro i candidati delle circoscrizioni elettorali, impegnati di par loro in banchetti e micro eventi sul territorio.
Non tutti dovrebbero avere il loro spazio di parola davanti agli astanti, e si dovrebbero privilegiare le cinque capolista, scelta che ha già creato più di qualche mugugno e che anche per questo ha margini di derogabilità .
E in parallelo il territorio sarà battuto da Gianluigi Paragone, con il suo Avanti tutti tour, una serie di eventi sul territorio non necessariamente legati alle europee ma che per la loro concezione — presentare e diffondere i risultati di governo — naturalmente si salderà alla corsa verso Bruxelles.
Laddove aspetta un compito tutt’altro che semplice i futuri europarlamentari. Ad oggi mancherebbe un paese per formare il gruppo a Strasburgo, e dei cinque che si sono affiancati ai 5 stelle la war room di Di Maio ha serie preoccupazioni che almeno due non superino la soglia di sbarramento.
Una bella gatta da pelare, da risolvere con trattative spicciole post voto che poco avrebbero del “cambiamento” di cui si fregia lo storytelling stellato.
Ma se si pensa che David Borrelli – fondatore di Rousseau e ancor prima testa d’ariete in Europa quando M5s era robustamente euroscettico – è candidato tra le fila di Più Europa, forse quella del dover mercanteggiare con qualche eletto senza gruppo la propria sopravvivenza politica nell’emiciclo comunitario è l’ultima delle contraddizioni che preoccupa in queste ore l’orizzonte degli eventi stellato.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
SPECIALIZZATE A DIFFONDERE BUFALE E MESSAGGI DI ODIO, SONO UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE GESTITA DAI SOVRANISTI
Le 23 pagine con quasi 2,5 milioni di follower chiuse da Facebook a causa della diffusione di fake news e messaggi di odio sono solo la punta di un iceberg. Le pagine e i gruppi italiani che disseminano bufale sono molti di più: 111 in totale per l’esattezza.
Ma facciamo un passo indietro.
A segnalare con un rapporto scientifico le pagine e i gruppi italiani che evadono le regole del social network stesso, diffondendo notizie false e istigando all’odio, è stata venerdì 3 maggio la ong statuniteste indipendente Avaaz. Nell’analisi dell’organizzazione non governativa c’era un elenco di ben 111 pagine, in molti casi legate o ispirate ai due partiti di governo, i Cinque stelle e la Lega, che facevano campagna elettorale per le prossime elezioni europee.
Secondo Avaaz, “l’integrità delle elezioni era compromessa”, per questo i suoi analisti hanno inviato la segnalazione a Facebook. A quel punto, la piattaforma ha effettuato un’analisi interna e ha ritenuto colpevoli di istigazione all’odio 23 pagine.
Tra le più evidenti, quelle dedicate inizialmente a temi generalisti e poi modificate all’insaputa degli utenti in messaggi politici: “Vogliamo il movimento 5 stelle al governo” in origine il profilo “Bombe sexy”, la pagina “Noi siamo 5 Stelle” prima “Calcio passione”, “Lega Salvini Sulmona” nata come “Il peggio del Grande Fratello 2018”, “Beppe Grillo for President” in realtà “Fai crescere la tua pagina in modo esponenziale”.
Come ha spiegato Luca Nicotra di Avaaz a TPI, “c’è un metodo preciso per aggirare le regole di Facebook, ovvero cambiare un nome alla volta della pagina per non farsi scoprire e far ritrovare poi migliaia di persone con un feed politico nella home”.
Facebook non fa sapere precisamente che azioni intraprende: per esempio, non viene comunicato pubblicamente il motivo della chiusura di una pagina (che può essere per violazioni della policy, per name change, per fake accounts, SPAM o hate speech) e non vengono dichiarate le pagine “rallentate” per misinformation, ovvero quell’intervento che diminuisce la viralità dei contenuti fake.
Questo significa che altre 88 pagine sulle 111 segnalate sono ancora “a piede libero”, ovvero continuano a pubblicare contenuti diffamatori e alimentano l’odio razziale.
Tutte queste pagine sono ancora attive, online. Si tratta di un sottobosco politico che alimenta massivamente alcune idee precise, utili a scopi elettorali.
Per capirne l’impatto, questi gruppi, insieme, creano un volume di più di 18 milioni di follower.
Per farvi un’idea, le pagine dei leader dei due partiti al governo, il vicepremier Matteo Salvini e il vicepremier Luigi Di Maio, hanno per esempio hanno rispettivamente 3 milioni e 600mila follower e 2milioni e 100mila seguaci, che sommati fanno 5 milioni e 700mila, molti meno di queste pagine fake.
Alcuni di questi gruppi producono 270 post al giorno e spesso hanno dietro due o tre persone dei gruppi politici locali a curarle. Potrebbero essere definite “redazioni invisibili delle fake news”, delle persone che, con una strategia, alimentano l’odio online a fini politici.
Cosa pubblicano esattamente queste pagine ancora attive? Il tema migranti in assoluto è quello più utilizzato.
Esempio tipo: video in cui si dice sia un episodio che sta avvenendo in periferia. Spesso o si tratta di scene di film, o vengono presi episodi avvenuti in tutta Italia in un intero decennio e si finge che stiano succedendo tutti insieme nell’attualità per alimentare odio e disagio.
Per esempio, una scena di persone di colore che sfasciano un cassonetto non stava accadendo alla periferia di Roma, era in realtà una scena girata in Sud Africa durante proteste politiche qualche anno fa. Succede decine di volte al giorno: notizie vere, ma di cinque o sei anni fa, spacciate per odierne per dare l’effetto di massa.
Altra tipologia è quella diretta a personaggi noti, i più colpiti sono lo scrittore Roberto Saviano o i politici Matteo Renzi o Laura Boldrini. A questi vengono messe in bocca parole mai pronunciate.
Ovviamente, tutto questo non ha mai una conseguenza giuridica, perchè non vi è una responsabilità individuale, essendo i gestori delle pagine spesso nascosti dietro falso nome.
Nel frattempo, i vertici dei partiti politici non prendono posizione. Nè Matteo Salvini, nè Luigi Di Maio si sono pronunciati sul tema. La verità è che le fake news portano consenso e le elezioni europee si avvicinano.
(da TPI)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
L’UOMO, UN GHANESE IN ITALIA DA ANNI E INTEGRATO, AVEVA RICEVUTO UN DECRETO DI ESPULSIONE, NONOSTANTE AVESSE UN LAVORO
Dopo due settimane di digiuno e dopo aver ricevuto la solidarietà delle più di mille persone povere che gravitano intorno alla missione per cui lavora, Paul Yaw ha vinto la sua battaglia.
L’uomo ghanese, a Palermo da anni, non sarà espulso. Almeno per il momento. Il Tar ha accolto la sospensiva del provvedimento di rigetto della domanda di permesso di soggiorno.
Ad accompagnare l’idraulico ghanese nel digiuno Biagio Conte, fondatore della missione Speranza e Carità . Da quindici giorni non mangiava e si era messo le catene ai piedi. Paul e Biagio si astenevano dal cibo e si raccoglievano in preghiera da due settimane nella piazza in cui è stato ucciso padre Pino Puglisi a Palermo.
Oggi alla loro protesta pacifica e silenziosa si erano unite più di mille persone. I poveri accolti dalla Missione avevano sospeso ogni attività , fermato tutti i laboratori. E avevano digiunato insieme ai loro fratelli. A fine giornata la buona notizia: per il momento Paul resterà in Italia.
Nei giorni scorsi Giorgio Bisagna dell’Associazione Adduma, che si occupa di diritti umani, e che segue il caso di Paul Yaw, ha depositato il ricorso al Tar contro il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno. Yaw, infatti, ha ricevuto parere negativo alla sua richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno.
Da dieci anni lavora come idraulico all’interno della missione, ma questo non gli è bastato a ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Proprio oggi pomeriggio al digiuno in piazzale Anita Garibaldi si sono uniti in centinaia.
Il sindaco e l’arcivescovo: “Solidarietà a chi dà voce all’uomo invisibile in una Palermo che non dimentica nessuno”
“Sono molto soddisfatto per la decisione del Tar e aspettiamo che la questione possa condurre a una veloce conclusione della vicenda”, commenta l’avvocato Bisagna con L’Adnkronos. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l’arcivescovo Corrado Lorefice hanno fatto nei giorni scorsi visita a Biagio Conte. “La Chiesa e le istituzioni si stringono attorno a Biagio Conte che dà voce all’uomo invisibile”, avevano detto Orlando e Lorefice. “In una Palermo che non dimentica nessuno”.
La storia di Paul
È stato dopo che il decreto di espulsione è arrivato a Paul, ospite da dieci anni nella missione Speranza e Carità a Palermo, che Biagio Conte ha deciso di scendere in strada a digiunare per opporsi a quella che ritiene “una palese ingiustizia”.
Paul Yaw Aning, 51 anni, è un migrante irregolare, con permesso di soggiorno scaduto che non è stato possibile rinnovare, finito così nelle maglie della giustizia italiana. Paul arriva in Italia 17 anni fa, a Bologna, per lavorare in fabbrica. Poi la crisi, la chiusura dell’azienda.
Dieci anni fa il giovane ghanese si trasferisce a Palermo, trovando ospitalità nella missione “Speranza e Carità ” di Biagio Conte. Paul diventa uno dei principali collaboratori di Biagio. E’ idraulico e diventa un prezioso riferimento delle tante cose da fare quotidianamente in una struttura che ospita oltre mille senzatetto.
Poi, l’arrivo del decreto di espulsione, cieco e impietoso. Decreto emesso dal prefetto e da un provvedimento di accompagnamento alla frontiera firmato dal questore, decisioni convalidate il 26 aprile dal giudice di pace
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE ANAC: “PERICOLOSA LA NORMA CHE SEMPLIFICA GLI AFFIDAMENTI SOTTO I 200.000 EURO”
“Lo sblocca-cantieri ha vari aspetti problematici: semplifica gli affidamenti sotto i 200mila euro, che sono tantissimi negli enti locali, e questa è una norma pericolosa. Prevede eccessive deroghe ai commissari di governo”.
Il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, non nasconde le sue preoccupazioni per il decreto che diciplina, tra l’altro i subappalti.
E proprio su questo punto Cantone spiega, intervenendo a Sky: “Poi c’è la norma sui subappalti che ha una serie di rischi collegati alle infiltrazione mafiose ed è pericolosa sul piano della qualità delle opere: è noto che i subappaltatori operano in regime di ulteriore risparmio. Più che al far bene si pensa al ‘fare comunque’”.
Sulla questione interviene anche il Partito democratico. “Le parole del presidente dell’Autorità Anti Corruzione sono chiarissime. Il decreto sblocca cantieri è pericoloso. Il vero nome non è sblocca cantieri, è sblocca tangenti”, ha scritto su Twitter il vice segretario dem Andrea Orlando.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
SE PRESENTASSERO UN EMENDAMENTO, POTREBBE PASSARE E METTERE IN IMBARAZZO IL M5S
Il MoVimento 5 Stelle ha rilanciato la legge sul conflitto d’interessi dopo che Di Maio ha saputo che Salvini e Berlusconi si erano sentiti al telefono per ragionare sul Che fare? dopo le elezioni europee.
Ma l’ideona di Di Maio & Co. potrebbe costituire un boomerang, visto che qualcuno ha pensato che tra i conflitti d’interesse da combattere c’è anche quello di un certo Davide Casaleggio.
E a pensarlo è stato chi è eletto con i grillini, racconta oggi Il Fatto:
Qualche problema il Movimento ce l’ha in casa propria, visto che il conflitto d’interessi fa riemergerei dissidenti, pochi ma combattivi alla Camera. Al punto da minacciare un emendamento alla legge che tira in ballo nientemeno che la Casaleggio Associati, ossia l’azienda di Davide Casaleggio, patron della piattaforma web del M5S Rousseau.
Così ecco Gloria Vizzini: “Bisogna vedere se il conflitto di interessi coinvolga Casaleggio, un privato che influenza le decisioni di un gruppo parlamentare e gestisce una piattaforma web che determina le scelte dei parlamentari”.
E a Radio Cusano Campus morde anche la senatrice Elena Fattori: “Abbiamo una piattaforma che decide le sort del Parlamento, detenuta da una srl privata”.
Certo, voi direte, quando si tratta di far cadere il governo i dissidenti sono talmente pochi che non si capisce perchè Davide non debba dormire sonni tranquilli. E invece no.
Pensate per un attimo a questo scenario: uno del M5S deposita un emendamento alla legge particolarmente severo da discutere in parlamento: qui potrebbe ricevere l’appoggio del Partito Democratico (per ovvi motivi di opposizione) e di Forza Italia (idem) ma anche della Lega, desiderosa di vendicarsi per lo sgambetto dell’intera legge.
Risultato? M5S in minoranza, emendamento approvato e legge che i grillini non possono più modificare perchè altrimenti farebbero un favore a Casaleggio.
Non male, no?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
SIAMO UNO DEI SEI PAESI EUROPEI CHE HANNO UN POTERE D’ACQUISTO INFERIORE AL 2008, SOLO CIPRO E GRECIA PEGGIO DI NOI
La lunga crisi finanziaria prima ed economica poi ha lasciato nelle buste paga degli italiani un solco che fatica a chiudersi, nonostante gli ultimi anni di timida ripresa.
Ogni fine mese, quando arriva il momento dell’accredito degli stipendi, i lavoratori se lo ricordano.
Secondo i dati Eurostat rielaborati dal Centro studi ImpresaLavoro, infatti, nel decennio 2008-2017 gli italiani hanno perso l’8,7% del proprio reddito disponibile reale (o potere d’acquisto), un risultato negativo superato soltanto dalle economie di Cipro (-15,4%) e Grecia (-30,8%).
L’Italia è in compagnia di soli altri sei Paesi dell’Unione Europea, su 28 totali, che hanno il triste record di avere redditi reali ancora inferiori a quelli del 2008: Portogallo (-0,8%), Irlanda (-1,1%), Belgio (-2,1%), Austria (-3,9%), Croazia (-4,4%) e Spagna (-5,8%).
In tutti gli altri Stati europei, invece, i livelli pre-crisi sono stati recuperati e addirittura oltrepassati.
Il potere d’acquisto in Regno Unito e Francia, ad esempio, è salito nello stesso periodo di tempo rispettivamente del 2,7% e del 3,4% e in Germania dell’8,5%.
In Paesi dell’Est Europa come Bulgaria e Romania la crescita è stata ancor più significativa, superando il 28%. Non si può inoltre trascurare la velocità di questo recupero: i redditi reali degli inglesi e dei francesi sono tornati ai livelli precedenti la crisi nel 2014, mentre quelli dei tedeschi già nel lontano 2010.
Unendo a queste rilevazioni i dati dell’Istat, emerge che dall’inizio della crisi a oggi le famiglie italiane hanno perso in valori assoluti 70 miliardi di euro del proprio reddito disponibile, con conseguente riduzione di consumi e risparmi.
I consumi totali sono ancora di 15 miliardi inferiori a quelli del 2008 e la propensione al risparmio – ossia il rapporto tra il risparmio delle famiglie e il loro reddito disponibile – si è ridotta nel periodo di un terzo, passando dall’11,6% al 7,7%.
“Le cause di una performance così negativa da parte dell’Italia sono molteplici. Tanto la carenza di investimenti pubblici quanto l’oppressione fiscale e legislativa deprimono gli sforzi delle aziende e frenano un vero rilancio della nostra economia”, commenta Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro.
“A farne le spese non sono soltanto quanti, soprattutto giovani, non riescono a entrare nel mondo del lavoro ma pure gli stessi occupati, molto spesso precari. Trovare il nostro Paese agli ultimi posti anche di questa classifica preoccupa, soprattutto perchè fotografa l’avvenuto impoverimento degli italiani e spiega la difficile ripresa dei nostri consumi interni. Con questo ritmo di crescita medio, gli italiani recupereranno soltanto nel lontano 2026 quel potere d’acquisto che avevano prima della crisi economica”.
(da agenzie)
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