Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO GRILLINO ALLA CIRCOSCRIZIONE ISOLE LANCIA UN SONDAGGIO SOCIAL: “PREFERITE ME O BERLUSCONI?”… RISULTATO TRAGICO PER LUI: IL 64% SCEGLIE BERLUSCONI, SOLO IO 34% LUI
La potenza — in negativo — dei sondaggi su Facebook lanciati dal Movimento 5 Stelle o dai suoi esponenti. Dino Giarrusso, ex inviato del programma televisivo Le Iene, ha lanciato una consultazione sui social network che lo vedeva protagonista accanto a Silvio Berlusconi.
Ovviamente, il tutto con vista sulle prossime elezioni europee del 26 aprile, che vedranno Dino Giarrusso concorrere per un seggio a Bruxelles e Strasburgo nella circoscrizione Isole.
Nel corso di una trasmissione radiofonica, l’ex Iena — ama definirsi così, tanto che si potrà esprimere preferenza valida anche usando questa dicitura sulla scheda elettorale — ha fatto una scommessa: prendere più voti di Silvio Berlusconi nella circoscrizione Isole. Qui, il leader di Forza Italia è notoriamente molto forte, visti i suoi legami soprattutto con la Sardegna.
Dino Giarrusso però punta in alto e decide di lanciargli una sfida a tutto campo: «La più avvincente sfida elettorale per le europee del 26 maggio si svolgerà in Sicilia e Sardegna! Dino Giarrusso, celebre ex-iena televisiva, oggi è candidato con il Movimento 5 Stelle e ha scommesso in diretta radiofonica che in Sicilia e Sardegna prenderà più voti di Silvio Berlusconi, l’ex-premier 83enne candidato capolista con Forza Italia. Chi vincerà la sfida? Tu chi manderesti in Europa? Vota subito e diffondi il sondaggio!».
Ovviamente, il passaparola sul web è iniziato subito.
E qualcuno ha pensato bene di voler mettere in difficoltà proprio Giarrusso. Il 66% dei quasi 35mila voti (il dato è stato raccolto alle 22.19 del 13 maggio 2019) è infatti andato a Silvio Berlusconi, mentre l’ex Iena ha raccolto soltanto il 34% delle preferenze.
Non si sa se nei prossimi sette giorni — tanto durerà ancora il sondaggio — l’esponente pentastellato assolderà una task force per ribaltare il risultato. Se i like fossero voti, la sua sfida con il Cavaliere sarebbe già persa in partenza.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
PIU’ CURIOSI A CACCIA DI SELFIE CHE REALI ELETTORI
In Sicilia è accaduto un fatto raro: il MoVimento 5 Stelle ha infatti vinto due ballottaggi a Caltanissetta e a Castelvetrano.
Dopo che a Bagheria, dove erano reduci da un’amministrazione a 5 Stelle, i grillini sono finiti addirittura fuori dal ballottaggio — d’altro canto, grazie all’«effetto Raggi», nel Lazio Roberta Lombardi è arrivata terza — l’isola si conferma granaio di voti per i grillini.
Ma soprattutto, spiega Giuseppe Pipitone sul Fatto, il Carroccio ha preso una bella scoppola:
La doppia vittoria in terra di Sicilia, nonostante fosse solo un’elezione locale, regala ossigeno al capo politico del M5s dopo le sconfitte alle ultime regionali. “Quando ci danno per morti noi ci siamo sempre”, dice Di Maio con la testa al 26 maggio: “Credo che avremo delle grandissime sorprese anche alle Europee”. Pensa al voto Ue anche Salvini: “Non vedo l’ora di portare a Bruxelles il primo europarlamentare siciliano eletto con la Lega”.
Per la verità , però, nei 5 comuni al voto ieri il Carroccio ha eletto solo 5 consiglieri (per il M5S sono 33), più il sindaco del piccolo Comune di Motta Sant’Anastasia al primo turno: i bagni di folla del ministro dell’Interno lasciavano presagire un finale diverso
Nelle piazze, però, ci sono anche curiosi a caccia di selfie.
Almeno in Sicilia.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
“SE GLI AVESSI TOLTO IO TRE PUNTATE SAREBBE STATO UN INFERNO”… “NON AVREI ALCUNA DIFFICOLTA’ AD AVERLO A MEDIASET”
“Se avessi tolto io tre puntate a Fazio sarebbe stato un inferno. C’è un contratto e i contratti vanno rispettati”. È uno dei passaggi con cui Silvio Berlusconi difende Fabio Fazio.
La polemica è iniziata quando il conduttore di Che Tempo Che Fa ha annunciato che le ultime tre puntate del lunedì della sua trasmissione non sarebbero andate in onda per permettere a Porta a Porta di recuperare tempi sulla par condicio.
“Non credo che si voglia arrivare a questo”, ovvero a cacciarlo dalla Rai, ma, “certo, la censura è stato un episodio grave…”, ha sostenuto Berlusconi.
Sentito da La7, l’ex premier continua: “Non avrei alcuna difficoltà ad avere Fazio” a Mediaset, “anche se devo valutare che da quando è stato spostato nella prima rete non ha avuto ascolti esaltanti”.
(da agenzie)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
SCOPPIA LO SCANDALO E LA CANDIDATA SINDACO LO SCARICA
La richiesta del voto e la sensibilizzazione alla salute della bocca. Claudio Giordanengo, 62 anni, dentista di Paesana, ha pubblicato un volantino per la sua candidatura a Saluzzo con la Lega e a sostegno di Alessandra Piano: metteva in risalto la sua partecipazione al «Mese della prevenzione» con visite gratuite. Sabato mattina la distribuzione al mercato.
L’iniziativa è stata criticata dalle liste «Insieme si può» del candidato Mauro Calderoni con un post su Facebook: «Un plauso all’iniziativa del candidato leghista che non teme di associare le funzioni per cui ha pronunciato il giuramento di Ippocrate alla propaganda elettorale».
Decine i commenti, fra cui quello della candidata Piano: «Mi dissocio fermamente. Trattasi di iniziativa personale non concordata e non condivisa. Valuteremo gli opportuni provvedimenti». Alcune ore dopo è intervenuto sui social il capolista del Carroccio a Saluzzo Domenico Andreis: «Mai avrei pensato di dover condividere un post così evidentemente fuori luogo, beota e grottesco. Trattasi di comportamento che disapprovo totalmente e condanno. La Lega si riserva di adottare i provvedimenti più opportuni».
(da “La Stampa“)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
GENOVA: SULLA PAGINA FB DI UN GRUPPO SEDICENTE NEOFASCISTA PIOVONO INSULTI: “BASTARDO, INFAME, ZECCA COMUNISTA”… LA SUA COLPA? COLLOCARE I PROFUGHI IN CENTRI DI ACCOGLIENZA… CONTESTATO IL REATO DI DIFFAMAZIONE AGGRAVATA DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
La Digos di Genova ha denunciato due persone per diffamazione aggravata dal mezzo stampa, con l’aggravante della discriminazione razziale, per aver attaccato con pesanti insulti sulla pagina facebook del movimento neofascista Azione frontale Genova Don Giacomo Martino, responsabile dell’ufficio Migrantes della Curia, attaccato per aver riaperto il centro di prima accoglienza di Villa Ines a Molassana.
Il prete, che ieri si è detto disposto a incontrare chi lo ha insultato e al momento ha deciso di non sporgere querela, è stato definito fra l’altro “infame”, “bastardo” zecca comunista”.
Intanto continuano ad arrivare le manifestazioni di solidarietà da parte della società civile per Don Martino, e anche dalle formazioni politiche e associative della città .
(da agenzie)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
HA PARTECIPATO A 211 EVENTI ELETTORALI E INCONTRI NON ISTITUZIONALI… MA CHI COMANDA AL POSTO SUO?
Al Viminale gira una battuta feroce, tra i dirigenti. «Incontrare il ministro? Si fa prima con VinciSalvini, sperando che sia lui a richiamare…», dicono sottovoce, molto sottovoce. L’allusione è al concorso lanciato sui social dalla “Bestia”, la sua corazzata della comunicazione, che mette in palio la possibilità di prendere un caffè con il Capitano, Matteo Salvini.
Ministro nei ritagli di tempo, a giudicare dalle presenze effettive al Viminale e a Bruxelles. Dall’inizio dell’anno ad oggi, di giorni interi al ministero ne ha trascorsi appena 12, che diventano 17 se aggiungiamo – con una certa dose di ottimismo – cinque giorni in cui non si capisce bene dove sia stato.
Nello stesso periodo, però, si è lanciato in un tour che nemmeno una rockstar: 211 tappe, tra eventi pubblici, comizi, cene elettorali, feste della Lega. Su e giù per l’Italia. Trasportato, talvolta, da aerei ed elicotteri della Polizia.
Eppure quando la scrivania che fu di Giolitti era occupata da Angelino Alfano, contemporaneamente vicepremier, ministro, capo di un partito e parlamentare, Salvini produceva quantità industriali di indignati tweet al curaro.
Di questo tenore qui, per intenderci: «Oggi Alfano parla di legge elettorale, di Renzi, di articolo 18. Peccato che sia pagato per occuparsi di sicurezza e immigrazione. Alfano dimettiti» (29 luglio 2014).
Ora che è lui a essere vicepremier, ministro, capo di un partito e parlamentare, appare ovunque. Tranne che al Viminale.
Il tour permanente
L’esordio del 2019 è stato, in questo, esemplare. Il primo gennaio è a Bormio in ferie, ma trova il tempo per improvvisare un’arringa in piazza.
Il 2 gennaio fa una diretta Facebook in cui annuncia il suo imminente ritorno al lavoro.
Il 3 invece è ancora a Bormio, a bere un Bombardino.
Il 4 rientra, ma mica a Roma. Lungo la strada per il Viminale si perde per due giorni in Abruzzo, terra che incidentalmente stava per affrontare le elezioni Regionali. E dove Salvini visita il mercato di Chieti, incontra gente all’auditorium Cianfarani, passeggia su Corso Umberto a Pescara, si sposta a Montesilvano al Palacongressi, poi a Teramo e al mercato dell’Epifania all’Aquila. Tra migliaia di selfie e dieci comizi, riesce a incastrare un breve Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza in prefettura a Pescara.
Il 6 cala su Roma, ma passa la mattinata in centro a stringere mani, cercando invano di raggiungere la piazza di San Pietro («era troppa la gente che mi fermava per salutarmi», dirà ). Nel pomeriggio eccolo finalmente alla sua scrivania, per l’ennesima diretta Facebook. Che accompagna, con sprezzo del pericolo, al seguente messaggio: «Operativo anche oggi dal Viminale».
Alto tasso di assenteismo
Abbiamo ricostruito giorno per giorno l’agenda del ministro dell’Interno, incrociando gli appuntamenti segnalati sulla sua pagina ufficiale di Facebook, le notizie delle agenzie stampa, le cronache dei giornali locali, le interviste in tv, le foto postate.
Di giorni interi passati a lavorare al Viminale ne risultano pochi: il 5 marzo, per esempio, quando ospita il vicepremier libico Maiteeq, o il 19, quando convoca un tavolo per trovare il modo di bloccare la Mare Jonio, oppure, più di recente, l’8 maggio, quando inanella una serie di incontri diplomatici.
In altri 22 giorni, Salvini ha fatto il ministro part time: al Viminale, ma per poche ore, consapevole che per la carica politica non esiste un registro degli ingressi.
In sintesi, nel 2019 è stato fuori 95 giorni su 134, e quasi mai per missioni o cerimonie istituzionali. Un tasso di “assenteismo” del 70 per cento
L’esempio dei predecessori
Il vero ministro dell’Interno italiano si chiama sì Matteo, ma di cognome fa Piantedosi. È il prefetto che Salvini ha voluto a capo del Gabinetto, e al quale ha delegato il comando. Salvo poi impartire, telefonicamente, direttive che un apparato così articolato e vitale per il bioritmo di una nazione, quale è appunto il Viminale, fatica a tradurre in provvedimenti. Il prefetto in pensione Mario Morcone è stato il capo di Gabinetto di Marco Minniti quando era ministro, e non ci gira attorno: «Il confronto costante con i cinque capi Dipartimento è essenziale per il funzionamento della macchina. Se il capo non c’è mai, il lavoro rallenta. Minniti arrivava in ufficio alle 8.30 e se ne andava la sera. Nicola Mancino si presentava in ufficio alle 7, prima della donna di servizio, e lei si metteva a urlare perchè non riusciva a pulire la stanza».
Non è colore, questo. È sostanza.
Il ministro dell’Interno, infatti, è il solo che può firmare l’autorizzazione a intercettazioni preventive, in caso di indagini di mafia e terrorismo. Deve essere fisicamente al Viminale, per farlo tempestivamente.
Per ragioni di sicurezza deve poter utilizzare la linea telefonica interna e criptata, che collega il suo ufficio a quello del premier e dei vertici dei servizi segreti.
Salvini non può farlo, se si trova all’inaugurazione del Vinitaly a Verona (7 aprile), al Salone del Mobile a Rho (9 aprile), alla mostra “I tesori della Ca’ Granda” a Milano (25 marzo), alla fiera delle armi a Vicenza (9 febbraio), a distribuire volantini della Lega in Corso Vercelli a Milano (12 gennaio), al cantiere navale di Monfalcone (28 febbraio), alla serata dell’Accademia amici del pizzocchero a Sondrio (10 marzo).
Quei forfait che pesano
È ovunque, e mai dove dovrebbe essere. A Bruxelles ha disertato cinque dei sei Consigli Giustizia e Affari Interni in cui si è discusso di immigrazione (a fargli da supplente è il sottosegretario Molteni).
Il 7 dicembre è stata la notte della tragedia della discoteca di Corinaldo, la mattina dopo non ha voluto annullare la sua presenza alla festa leghista in piazza del Popolo, arrivando a Corinaldo solo in tarda serata.
Il 13 aprile il maresciallo Vincenzo Di Gennaro viene assassinato per strada a Cagnano Varano, nel Foggiano, ma Salvini non va sul posto: è all’Eur a guardare la Formula E.
Il pomeriggio del 3 maggio, quando a Napoli sparano in centro e feriscono la piccola Noemi, il ministro si trova a Ferrara su un palco a parlare di Europee. Si presenta a Napoli con tre giorni di ritardo, dopo i comizi programmati in Toscana e in Umbria. E una visita a Pietrelcina. «Sono qui anche per pregare per Noemi», dice ai giornalisti.
Il trucco delle trasferte
Un ministro dell’Interno non ha l’obbligo di stare sempre in ufficio. Può e deve recarsi sul territorio ogniqualvolta la sicurezza pubblica lo richieda, in quanto testimone primo della presenza dello Stato, cruciale in quelle aree tradizionalmente ad alta densità mafiosa dove l’Anti-Stato aspira a diventare legge.
Però, scorrendo l’agenda di Salvini e i Comitati provinciali da lui presenziati nel 2019 (Pescara, Cagliari, Bergamo, Napoli, Genova) si intravede piuttosto la scusa per trovarsi là dove a breve si apriranno le urne.
Quindi la giustificazione per spostarsi con elicotteri e aerei della Polizia di Stato, come ha fatto lo scorso 25 aprile in Sicilia: dall’aeroporto di Punta Raisi è stato portato a Corleone, per l’inaugurazione del commissariato. Il resto dei due giorni della trasferta siciliana l’ha passato a fare campagna elettorale.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
“SE LE PERSONE RISCHIANO COMPORTAMENTI INUMANI NON HA RILEVANZA IL CASO DI RIFIUTO DELLO STATUS DI RIFUGIATO”… CROLLA IL CASTELLO DI CARTE TAROCCATE DI SALVINI
“Fintanto che il cittadino di un Paese Extra-ue o un apolide abbia un fondato timore di essere perseguitato nel suo Paese di origine o di residenza, questa persona dev’essere qualificata come rifugiato ai sensi della direttiva e della convenzione di Ginevra e ciò indipendentemente dal fatto che lo status di rifugiato ai sensi della direttiva le sia stato formalmente riconosciuto”. Lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia dell’Ue.
Qualsiasi cittadino, la cui vita è a rischio per tortura o altri trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra nel suo Paese d’origine, non può essere quindi rimandato indietro, anche se gliè stato rifiutato o revocato tale status.
I giudici di Lussemburgo hanno quindi riconfermato la validità delle disposizioni previste dalla direttiva sui rifugiati del 2011.
In caso di revoca dello status per reati commessi, si perdono sì alcuni benefici, ma la direttiva non permette il rimpatrio.
La Corte precisa che “una persona, avente lo status di rifugiato, deve assolutamente disporre dei diritti sanciti dalla convenzione di Ginevra ai quali la direttiva fa espresso riferimento nel contesto della revoca e del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato per i suddetti motivi, nonche’ dei diritti previsti da tale convenzione il cui godimento esige non una residenza regolare, bensì la semplice presenza fisica del rifugiato nel territorio dello stato ospitante”.
La Corte Ue in sostanza ha stabilito che il diritto dell’Unione riconosce ai rifugiati interessati una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra. Di fatto, la revoca dello status di rifugiato, quando c’è un rischio per la persona in questione, fa perdere alcuni benefici previsti dalla direttiva, ma non permette il rimpatrio.
Il caso era stato sollevato da un cittadino ivoriano e uno congolese, nonchè una persona di origini cecene, che si sono visti revocare lo status di rifugiato o negare il riconoscimento in Belgio e Repubblica Ceca, perchè considerati una minaccia alla sicurezza o condannati per un reato particolarmente grave per la comunità dello Stato membro ospitante.
(da agenzie)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
ACEA AVEVA STACCATO LA CORRENTE TRE ANNI FA, DOPO POCHE ORE QUALCUNO HA FATTO UN ALLACCIO ABUSIVO E NESSUNO NE HA CONTESTATO L’ILLEGALITA’
Ci sono morosi e morosi. Ad esempio ci sono quelli del palazzo di via Santa Croce in Gerusalemme 55, a cui viene staccata la corrente finchè non interviene l’elemosiniere del Papa il quale a sua volta finisce sotto inchiesta.
E poi ci sono i morosi di via Napoleone III, ovvero la sede di Casapound. Anche lì c’è un debito pari a 330mila euro con pignoramento che risale al 14 settembre 2018, visto che il palazzo è attaccato alla rete e il distacco senza sgombero appare problematico.
L’Acea ci ha infatti provato tre anni fa.
Racconta Lorenzo D’Albergo su Repubblica che con i tecnici sono andati con tanto di polizia e hanno portato a termine l’operazione. Che è durata poco però:
Via la luce a CasaPound. Morosa, certo. Ma anche testarda. La testuggine fascista, infatti, non restò a guardare. Nel giro di poche ore la situazione tornò alla normalità : corrente riallacciata, senza versare un centesimo nelle casse della partecipata del Comune. Da quel momento in poi, i tecnici di Acea ci hanno riprovato in più di un’occasione. Ma senza fortuna
Troppo forte l’opposizione dei residenti che occupano lo stabile di proprietà del Demanio dal 26 dicembre 2003. Troppo pericoloso provare a riavvicinarsi al palazzone alle spalle della stazione Termini senza il supporto delle forze dell’ordine. Meglio praticare le vie legali e affidarsi al tribunale civile. Così hanno deciso i vertici della multiutility che hanno già chiesto e ottenuto due decreti ingiuntivi. Un doppio colpo che ha permesso all’azienda di procedere con il piano B: la speranza quella di poter mettere le mani sugli eventuali crediti che CasaPound ha o potrebbe avere nei confronti di altri soggetti, pubblici o privati.
Secondo la legge i potenziali debitori della formazione di ultradestra dovrebbero girare le somme direttamente alla multiutility. Ma finora Acea non ha incassato niente.
(da agenzie)
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Maggio 14th, 2019 Riccardo Fucile
LI HA PRESI A PUGNI IN FACCIA E MESSI IN FUGA
Un ragazzo di origini nigeriane, richiedente asilo in Italia, ha salvato un intero Ufficio Postale e le persone che erano al suo interno, sventando una rapina. Succede ad Ortelle, in provincia di Lecce, Puglia.
I due rapinatori sono entrati intorno a mezzogiorno di lunedì 13 maggio nello stabile armati di coltello e pistola, ma a fermarli è stato il ragazzo nigeriano, anche lui in fila allo sportello postale.
Per prendere più soldi possibili, i due ladri avevano cominciato a puntare la pistola contro gli impiegati e contro i cittadini in coda.
Inizialmente il ragazzo era uscito per chiamare aiuto, ma comprendendo che la situazione stava degenerando è intervenuto direttamente, sferrando un pugno in faccia a mani nude ai due malviventi armati.
Nessuna paura per il richiedente asilo, nemmeno di fronte alle minacce dei due rapinatori di premere il grilletto della pistola.
Dopo la scazzottata, i malviventi sono scappati via, ma sono riusciti a portarsi dietro solo 200 euro di bottino.
Nell’ufficio postale sono poi arrivati i carabinieri della stazione di Poggiardo e gli agenti delle volanti di polizia del commissariato di Otranto, che svolgeranno le indagini.
Il ragazzo nigeriano è stato ringraziato dalla comunità locale.
(da agenzie)
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