Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
“VOTAZIONE SU ROUSSEAU PERCHE’ ANCHE IO HO UNA DIGNITA'”: NO, SE TU L’AVESSI TI SARESTI DIMESSO GIA’ LUNEDI’… “CONTE CI CHIEDE SE IL GOVERNO CONTINUA”: TRANQUILLO CHE VOTANO SI’, I PARLAMENTARI NON RINUNCIANO ALLO STIPENDIO, I MINISTRI AI PRIVILEGI DELLA CASTA E CASALEGGIO ALLA MARCHETTA DI 300 EURO AL MESE A CRANIO… SIETE I TAXISTI DEI RAZZISTI, AFFOGHERETE NEL MARE DEI MERCENARI CHE HANNO IMPEDITO AI GIUDICI DI PROCESSARE UN SEQUESTRATORE DI PERSONE
“Sì a una riorganizzazione del Movimento 5 stelle, ma si deve partire dalla fiducia nel capo politico o da un nuovo capo politico. Dobbiamo decidere se sostenere o no questo governo, Conte vuole saperlo”.
Luigi Di Maio si è presentato da dimissionario all’assemblea dei parlamentari 5 stelle e, stando alle ricostruzioni delle agenzie, come prima cosa ha chiesto al gruppo di prendere posizione sulla vita dell’esecutivo.
Il Carroccio e i 5 stelle devono continuare a essere soci e portare a terminare la legislatura? Il primo round dello scontro “Di Maio contro tutti” è andato in scena questa sera davanti agli eletti di Camera e Senato.
Il secondo è previsto per domani mattina 30 maggio, quando il capo politico del Movimento, per la prima volta nella storia M5s, chiederà di essere riconfermato dalla sua stessa base con un voto online.
L’assemblea è iniziata intorno alle 21.
Presenti, oltre al capo politico Luigi Di Maio, i ministri Alfonso Bonafede, Giulia Grillo, Riccardo Fraccaro, Elisabetta Trenta, Barbara Lezzi e Alberto Bonisoli. Presente il presidente della Camera Roberto Fico che, già in giornata, ha garantito che interverrà . Presente anche l’ex deputato 5 stelle Alessandro Di Battista.
Non escluso che al termine ci sarà una votazione. “Ringrazio tutti coloro che hanno dato il massimo. Felice che siamo tutti qui perchè siamo una famiglia”, ha detto Di Maio.
Quindi, davanti ai suoi, ha spiegato come mai ha deciso di chiedere la riconferma della base: “Ho chiesto la fiducia agli iscritti perchè anche io ho una dignità e negli ultimi due giorni mi sono sentito dire di tutto. A me non me ne frega nulla della poltrona. Non sto attaccato al ruolo di capo politico, ci ho sempre messo la faccia e continuerò a mettercela. Molti pensano sia bello stare in prima linea, ma il punto è che quando va tutto bene e vinciamo il merito è di tutti, giustamente, il problema è che se si perde prendo schiaffi solo io“.
Il vicepremier ha anche ribadito la volontà di lavorare per la riorganizzazione del movimento come già più volte annunciato: “Se domani vengo riconfermato non restiamo fermi, dobbiamo cambiare delle cose. Dobbiamo avviare una nuova organizzazione. Il M5s non perde mai, o vince o impara, io la vedo così, questa è la nostra storia e da qui dobbiamo ripartire”.
Nel corso dell’assemblea ha preso la parola tra i primi il senatore e giornalista Primo Di Nicola. “Fiducia piena in Di Maio, ha fatto un miracolo”, ha detto (il senso del ridicolo non ha limiti)
Il deputato Emilio Carelli invece, intervenendo poco dopo, ha parlato della necessità di “valutare se sia necessario un cambio della compagine ministeriale”.
Dopo l’intervento del capo politico l’intero staff della comunicazione ha lasciato l’assemblea dei parlamentari.
Nella riunione si alternano in questi minuti gli interventi che confermano la fiducia a Di Maio. E, a quanto raccontano fonti presenti alla riunione, un deputato ha preso la parola a nome di 60 colleghi chiedendo al vicepremier di ritirare il voto dalla piattaforma Rousseau su di lui. Non devi metterti in discussione, è il senso del ragionamento fatto dal deputato.
“Se non fosse per Luigi molti di voi non sarebbero qui oggi”. È la difesa di Di Maio fatta da Di Battista durante l’assemblea dei parlamentari cinque stelle in corso alla Camera. “Si vince e si perde tutti insieme- avrebbe ripetuto ancora una volta l’ex deputato secondo quanto riferito da uno dei presenti- nel movimento funziona così”. “Ti chiedo scusa per non aver fatto abbastanza in questi mesi per aiutarti”, ha aggiunto Di Battista rivolgendosi a Di Maio.
Alla luce delle dichiarazioni di questi giorni, hai ancora fiducia in me? Lo avrebbe chiesto Gianluigi Paragone a Luigi Di Maio durante l’assemblea congiunta M5S. Il senatore 5 Stelle ha assicurato che le sue non erano critiche rivolte “al buon lavoro” del titolare del Mise, ma è tornato a ribadire che “due ministeri sono troppi”.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
MA CI SONO TRE VARIABILI: MAGGIOR NUMERO DI VOTANTI ALLE POLITICHE RISPETTO ALLE EUROPEE, UN FRONTE DI SINISTRA UNITO, FORZA ITALIA NEL FRONTE COMUNE EUROPEISTA… IN QUESTI CASI SOVRANISTI SCONFITTI
Se le Europee fossero state elezioni politiche, oggi il centrodestra avrebbe una solida maggioranza sia alla Camera sia al Senato.
Ma la vera novità è un’altra: anche una “mini” coalizione sovranista fatta da Lega e Fratelli d’Italia potrebbe tranquillamente esprimerne una.
È quanto emerge da una elaborazione di Quorum/YouTrend per Cattaneo Zanetto sulla base dei voti espressi alle elezioni di domenica scorsa.
Dati che vanno naturalmente presi con le pinze, perchè anche il tipo di elezione condiziona gli orientamenti dei votanti, così come giocano un ruolo altre variabili.
Il Movimento 5 Stelle ad esempio, come ricorda l’Istituto Cattaneo, solitamente paga le elezioni secondarie (regionali, europee eccetera) con una forte astensione.
Alle politiche del 4 marzo 2018 l’affluenza è stata del 72%, a quelle di domenica del 56%.
Tuttavia, l’indicazione che emerge è netta. Il Rosatellum prevede l’elezione dei deputati e senatori attraverso collegi uninominali e plurinominali.
Proiettando i dati di domenica, a seconda delle varie città e aree geografiche, all’interno dei collegi del Rosatellum, il dato che emerge nella simulazione di Quorum/Youtrend è che il centrodestra potrebbe godere di una ampia maggioranza in entrambi i rami del Parlamento.
In uno scenario con le stesse coalizioni di marzo 2018, il centrodestra avrebbe a disposizione alla Camera 402 seggi su 618 (non si tiene conto degli eletti all’estero). E al Senato 206 seggi su 309.
Come detto, però, la vera novità è che anche una alleanza “ridotta” ai due partiti guidati da Matteo Salvini e Giorgia Meloni potrebbe esprimere una maggioranza in entrambi i rami parlamentari.
Nel caso di coalizione “sovranista”, Forza Italia da sola, idem il M5S e centrosinistra così com’è composto oggi, Salvini e Meloni potrebbero far affidamento a numeri solidi nelle due Camere: 328 seggi su 618 a Montecitorio, 162 seggi su 309.
I due partiti sovranisti non avrebbero la maggioranza solo nel caso in cui il centrosinistra si unisse a Forza Italia in una coalizione europeista: in tal caso porterebbero a casa solo 293 seggi su 618 alla Camera e 140 seggi su 309 al Senato.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
E’ SOLO UN SONDAGGIO DI OPINIONE, NON E’ COSI’ CHE SI SFIDUCIA IL CAPO POLITICO DEL M5S
«Chiedo di mettere al voto degli iscritti su Rousseau il mio ruolo di capo politico, perchè è giusto che siate voi ad esprimervi». Così Luigi Di Maio in un post in cui annuncia che su Rousseau “domani si vota per confermare la fiducia a Luigi Di Maio”.
La scelta delle parole non è casuale, perchè a tutti gli effetti non si tratta di una mozione di sfiducia al Capo Politico. La domanda cui gli scritti saranno chiamati a rispondere è «confermi Luigi Di Maio come capo politico del MoVimento 5 Stelle?».
Statuto del MoVimento 5 Stelle alla mano non è così che si sfiducia il Capo Politico del partito. Di Maio lo sa, e alla fine la votazione su Rousseau è solo un sondaggio d’opinione per capire il gradimento di un leader politico che non ha nemmeno il coraggio di prendersi le sue responsabilità davanti agli elettori.
Il bisministro e vicepremier parla di diritti e doveri e di non sottrarsi alle responsabilità , ma dice che prima di ogni altra decisione “ho anche il diritto di sapere cosa ne pensate voi del mio operato”. Non c’è trucco non c’è inganno, non è una sfiducia, è un sondaggio.
Si legge infatti nello Statuto del M5S che «il Capo Politico può essere sfiduciato con delibera assunta a maggioranza assoluta dei componenti del Comitato di Garanzia e/o dal Garante, ratificata da una consultazione in Rete degli iscritti».
Tradotto: l’Assemblea degli iscritti, quella convocata per domani su Rousseau non ha il potere di sfiduciare autonomamente il Capo Politico ma solo quello di ratificare una decisione presa da altri.
E nemmeno Di Maio ha il potere di sfiduciarsi. Inoltre le fantastiche regole della Democrazia Diretta (da chi?) prevedono che entro 5 giorni dal giorno della pubblicazione dei risultati sul sito dell’Associazione «il Garante o il Capo Politico possono chiedere la ripetizione della consultazione, che in tal caso s’intenderà confermata solo qualora abbia partecipato alla votazione almeno la maggioranza assoluta degli iscritti ammessi al voto».
Che Di Maio goda ancora della fiducia di Beppe Grillo, cioè del Garante, è evidente dall’ultimo post del Garante che dopo due giorni di Radio Maria e musica classica annuncia sul Blog che «Luigi non ha commesso un reato, non è esposto in uno scandalo di nessun genere. È già eccessiva questa giostra di revisione della fiducia. Deve continuare la battaglia che stava combattendo prima».
E del resto come potrebbe Grillo chiedere un passo indietro a Di Maio quando dopo la batosta delle scorse europee se l’è cavata con un paio di battute sul Maalox?
Non resta che un altro soggetto statutario che può presentare la mozione di sfiducia: il Comitato di Garanzia che attualmente è composto da Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi.
Non risulta però che il Comitato di Garanzia abbia deliberato (su proposta del Garante vero motore immobile che move il sole e l’altre cinque stelle) la sfiducia al Capo Politico. La ragione è ovvia ed è alla lettera c dell’articolo 9 dello Statuto: «nell’ipotesi in cui gli iscritti non ratifichino la delibera di sfiducia del Capo Politico proposta dal Comitato di Garanzia, tale ultimo organo decadrà ».
L’eventualità insomma che Di Maio possa rassegnare le dimissioni dopo la “sfiducia” su Rousseau sono assai remote, perchè come si è visto non è così che si sfiducia il Capo Politico del M5S.
Altro conto naturalmente è che Di Maio decida autonomamente di dimettersi (ma per farlo non ha bisogno certo di indire una consultazione online). In quel caso cosa succederebbe? Anche questa eventualità è prevista dallo Statuto dove si legge che «qualora la carica di Capo Politico si renda vacante, il membro più anziano del Comitato di Garanzia ne assume temporaneamente le veci».
Ecco quindi che il nuovo reggente Capo Politico ad interim potrebbe essere Vito Crimi, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria e noto per aver speso 45mila euro di soldi pubblici in sondaggi sul suo gradimento personale e per aver sventato anni fa il complotto dei “piedini sporchi”.
Crimi è senza dubbio quello che ci vuole per il M5S, è uno che nel 2013 infatti sosteneva che il Parlamento potesse legiferare anche senza una maggioranza e senza un governo in carica, salvo poi scoprire nel 2018 (dopo ben cinque anni) che le cose stanno diversamente.
Per fortuna lo Statuto dice anche quanto tempo potrà restare in carica come leader “supplente”: trenta giorni. Giusto il tempo per trovare un altro Capo Politico.
Chi potrebbe essere? Jacopo Fo suggerisce che dovrebbe essere Roberta Lombardi, una che se possibile è riuscita a fare peggio di Di Maio visto che alle regionali in Lazio è arrivata terza.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
CINQUANTA DEPUTATI SI RIUNISCONO: “NON PUO’ RIMANERE TUTTO UGUALE”
Tarda mattinata, Camera dei deputati. Una cinquantina di deputati, forse sessanta, del Movimento 5 stelle si riuniscono.
L’obiettivo dichiarato è quello di darsi un minimo di ordine per gli interventi nell’assemblea serale. Il post in cui Luigi Di Maio annuncia di rimettere il mandato alla decisione degli attivisti su Rousseau è già uscito.
Il bainstorming prende sempre più una piega precisa, man mano che gli interventi si susseguono. Il senso è il seguente: Luigi non è in discussione, si è speso come nessun altro per il Movimento. Ma abbiamo preso il 17%, non può rimanere tutto come prima.
Il passo è breve: nel mirino, come ai tempi della scorsa legislatura, finisce lo staff, “non Luigi, ma quelli che gli stanno attorno”.
Vengono fatti i nomi di Pietro Dettori, tra i soci fondatori di Rousseau e nello staff del capo politico, della portavoce Cristina Belotti, un passato a Bruxelles, di Fabio Urgese, capo comunicazione della Camera. E, ovviamente, quello di Rocco Casalino.
Ritorna in auge un vecchio claim. Sentite uno dei partecipanti: “Sono nostri dipendenti, no? Dipendenti dei portavoce. E allora perchè decidono tutto loro? Perchè a volte arrivano a impedirci addirittura di parlare con Luigi, presentare un emendamento, fare una dichiarazione sui nostri temi?”.
Il tema è chiaro: lo staff che circonda il capo politico e che ha organizzato la campagna elettorale non può essere valido per tutte le stagioni. Si è perso? Va cambiato, o per lo meno ridimensionato.
Se si parla di Casalino, ovviamente, si arriva fin dentro il cuore di Palazzo Chigi, rischiando di scottarsi. “Nessuno vuole le dimissioni del portavoce del premier — racconta un altro dei partecipanti — ma allora faccia quello. Ha sbagliato mesi di comunicazione, le cose sono cambiate solamente quando è arrivato Augusto Rubei [il portavoce del ministro Trenta che ha affiancato Di Maio nelle ultime settimane di campagna, n.d.r.], ma ormai era tardi”.
Il tutto si salda a una gestione della comunicazione di Montecitorio i cui vertici sono messi nel mirino per un eccessivo interferire con l’iniziativa personale dei singoli parlamentari, e per una gestione selettiva delle presenze sul piccolo schermo: “Ma anche quella è campagna elettorale, no?”
Cinquecento metri più in là , a Palazzo Madama, le corde toccate sono le stesse. E un folto drappello di senatori, almeno una ventina, si contano tra loro, condividono le stesse posizioni. Nel calderone finiscono anche i direttivi dei due rami del Parlamento, nominati dal capo politico e non eletti, e alcuni fra i membri del sottogoverno. Ecco un senatore di lungo corso: “Io ad alcuni di quelli scelti non delegherei nemmeno l’assemblea di condominio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA COMUNICAZIONE M5S CHIAMA I DEPUTATI: “PUOI FARE UN POST PER LUIGI?”… GRILLO E DI BATTISTA LO BLINDANO, PARAGONE SOTTO ACCUSA
Un flusso costante di post, tweet, foto su Instagram. Una marea di endorsement sta investendo Luigi Di Maio, che ha provato a disinnescare l’assemblea serale dei parlamentari mettendo sul cippo di Rousseau la propria testa da capo politico, corda della ghigliottina in mano agli attivisti.
Testimonianze di fiducia che provano a blindare il leader dopo 48 ore di tempesta. Molte spontanee. Molte altre “spintanee”. “Ma ti pare possibile che io sto alla seconda legislatura, ho l’età che ho, una professione alle spalle, e devo ricevere telefonate del genere?”.
Un deputato, a due passi dal Transatlantico della Camera, squarcia un velo. Quello dietro il quale, racconta, la comunicazione M5s di Montecitorio si è messa pazientemente al telefono, contattando peones in gran quantità .
“Potresti anche tu manifestare sui tuoi canali l’appoggio a Di Maio?”, il senso del ragionamento. L’obiettivo è blindare il vicepremier. Isolando e circoscrivendo le possibili manifestazioni di dissenso in vista dell’assemblea congiunta dei parlamentari, da un lato. E creando un humus per disinnescare sorprese nel voto di Rousseau di giovedì, dall’altro.
Sono diversi i parlamentari che ammettono di essere stati contattati.
Alcuni hanno risposto di buon grado, essendo ampia la fetta di deputati che da subito, dalla notte di domenica, si sono schierati attorno al loro capo.
Altri hanno rifiutato decisamente: “Io sono nato in un meetup — spiega un onorevole di lungo corso — quando tutti avevano la possibilità di dire la loro. Ora capisco il governo, e non ce l’ho nemmeno con Luigi, ma ti pare che mi debbano dire cosa scrivere sul mio Facebook?”.
Una mossa che tuttavia ha contribuito a invertire l’inerzia.
Dopo una giornata passata a mettere in fila gli attacchi, dal sorgere dell’alba è un profluvio di spinte ad andare avanti. A partire da Beppe Grillo, che con un post sul (suo) blog ha blindato il suo erede, proseguendo per mezzo governo e gran parte dei vertici parlamentari.
Fino ad Alessandro Di Battista, da qualcuno indicato come gran tessitore della congiura contro il fratello diverso. “Chi è in difficoltà va sempre sostenuto. Va sostenuto dicendogli in faccia cosa non è andato bene e proponendo idee e cambiamenti”.
Nel mirino, al contrario, è finito Gianluigi Paragone. Che prima ha insistito sulla necessità del passo indietro di Di Maio dalla responsabilità di guidare il Movimento, per poi rimettere nelle sue mani il mandato da parlamentare.
Saldando le critiche di chi difendeva già l’ex vicepresidente della Camera, a quelle di chi lo criticava dall’alto di tante battaglie combattute insieme.
“Per me Luigi ha fatto tante cazzate — si sfogava uno dei suoi compagni di banco dal 2013 — ma ti pare che arriva questo dal nulla e lo pugnala alle spalle?”.
Ecco Daniele Pesco, presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama e compagno di tante battaglie del fu conduttore tv: “Le stilettate di chi è ammaliato dalle ambizioni del comando e del potere in un momento di difficoltà come questo non mi piacciono. Io ho fiducia in Luigi”.
Una polemica, anche questa, cui prova ad ovviare l’allegra macchina da guerra della comunicazione: “Ciao, ti andrebbe di fare un post su Luigi?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
SINDACI E MINISTRI GUIDANO IL FRONTE PRO, GLI ORTODOSSI IL FRONTE CONTRO, IN ATTESA CHE PARLI FICO
O da una parte o dall’altra. O con Luigi Di Maio o contro di lui.
All’assemblea convocata in serata per analizzare la più grave sconfitta elettorale della storia del Movimento, i parlamentari si presentano divisi come mai prima.
Due fazioni che si vanno via via ingrossando perchè la questione è potenzialmente esiziale per il prosieguo dell’esperienza di Governo, e pure per la tenuta del Movimento: le dimissioni di Di Maio da capo politico del partito.
A sedare il malcontento per la sonora batosta rimediata alle elezioni europee non è bastato l’annuncio del leader M5S di una votazione sulla piattaforma Rousseau sulla sua leadership, prevista per domani.
Da 24 ore continua senza sosta il fiume di dichiarazioni degli eletti 5 Stelle che confermano oppure negano la loro fiducia al vicepremier, considerato da alcuni l’unico responsabile per la scomparsa di circa sei milioni di voti al Movimento in un solo anno di governo, da altri non il solo che deve “pagare”.
Un clima da conta che spinge sempre più parlamentari a dire la loro, perchè il momento è delicato, e l’aria in vista dell’assemblea dei gruppi si è fatta tesa. Da una parte sindaci e ministri con il vicepremier, dall’altra i dissidenti e gli ortodossi contro.
Per serrare le fila degli indecisi è dovuto intervenire, dopo due giorni di silenzio assordante, il fondatore del Movimento Beppe Grillo che con un post sul suo blog ha confermato la sua fiducia in Luigi Di Maio, nella sua fase più difficile: “Deve continuare la battaglia che stava combattendo prima”.
Il cerchio magico del vicepremier non ha fatto mancare il suo sostegno.
Come il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “Luigi ha tutta la mia fiducia, quello di lanciare una votazione su Rousseau è un gesto importante”.
Anche il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia crede che il vicepremier debba rimanere al vertice del Movimento: “Ora serve lucidità , non ci sono alternative a Di Maio”.
Così come la ministra della Salute Giulia Grillo: “Dobbiamo restare uniti, Luigi non è in discussione”. Per Riccardo Fraccaro, ministro ai Rapporti con il Parlamento, “Di Maio è un punto fermo”.
Nel team Di Maio si sono poi iscritti Emilio Carelli, il capogruppo alla Camera Francesco D’Uva, il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Mattia Fantinati, la sindaca di Torino Chiara Appendino e quella di Roma Virginia Raggi.
Un gruppo numeroso, ma non è da meno quello composto da chi ha chiesto il passo indietro del leader.
Tra questi c’è Gianluigi Paragone che mette nel mirino il cumulo di cariche ricoperte da Di Maio: “A 32 anni non puoi fare il capo della prima forza del Paese, il vicepremier, il ministro dello Sviluppo economico e il ministro del Lavoro”. In altre parole, servono dimissioni, “decida lui da cosa”.
Per Carla Ruocco è “senza dubbio il momento di cambiare, anche scommettendo su figure diverse, non possiamo continuare con le figure che ci hanno portato al risultato più disastroso di sempre”.
Tra i primi a scagliarsi contro Di Maio c’è stata Roberta Lombardi, consigliera M5S in Regione Lazio: “La responsabilità in capo ad un solo uomo è deleteria per il Movimento, ed è un concetto da prima repubblica. Usato e abusato da Renzi”.
Il senatore Primo Di Nicola ieri si è dimesso da vicepresidente del gruppo di Palazzo Madama: “Mettere a disposizione del Movimento gli incarichi. È l’unico modo che conosco per favorire una discussione autenticamente democratica su quello che siamo e dove vogliamo andare”.
Hanno poi attaccato il leader M5S le senatrici dissidenti Elena Fattori e Paola Nugnes. E non ha usato giri di parole il presidente della commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo, molto vicino al presidente di Montecitorio Roberto Fico: del risultato delle Europee “la responsabilità è tutta di Luigi Di Maio. Sarebbe ora che si chiedesse se è in grado di guidare un governo a trazione M5s o se invece non sia il caso di lasciare”.
A proposito, Fico ancora non ha commentato l’esito del voto e ha annunciato che prenderà la parola solo in assemblea.
Se Di Maio può contare sul sostegno di Beppe Grillo, i suoi detrattori invece hanno dalla loro Jacopo Fo, un tempo molto vicino e ascoltato dai 5 Stelle prima che l’esperienza di Governo con la Lega lo facesse allontanare: “Luigi Di Maio è una persona che ha perso 6 milioni di voti, non è all’altezza. Al suo posto chi vorrei? Roberta Lombardi, una persona specchiata e capace”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
IL GARANTE DELLA PRIVACY HA MULTATO LA PIATTAFORMA PER “IMPORTANTI VULNERABILITA'”
Se è vero che per Salvini senza Di Maio è impossibile andare avanti allora il Governo deve affidare il suo futuro al voto della piattaforma Rousseau, dove a decidere sulla tenuta del capo politico del Movimento saranno gli attivisti 5 stelle.
Piattaforma che il Garante della Privacy, lo scorso 4 aprile, definiva “vulnerabile”
Luigi Di Maio ha scelto di affidarsi al giudizio degli iscritti in seguito alla brutta sconfitta alla recente tornata elettorale. Il cambiamento degli equilibri di forza del Paese, non ha alterato la fiducia nel contratto di Matteo Salvini, che però ha posto come vincolo per la durata del Governo, che sia concessa la possibilità di continuare all’alleato di Pomigliano.
La piattaforma, ad aprile, è stata multata di 50 mila euro per “importanti vulnerabilità ” riscontrate nel portale, dopo aver chiesto più volte di tappare i buchi presenti nella sicurezza del sito.
Lacune che si esprimono sia sulle “credenziali di autenticazione” degli utenti, sia sulla “protezione dei dati, specificamente riferita alle funzionalità di e-voting attribuite alla piattaforma”.
Il problema è che le misure di sicurezza adottate in seguito alla prima ammonizione dell’Authority non sono servite a proteggere “i risultati delle votazioni” che rimangono “esposte per un ampia finestra temporale” agli “accessi ed elaborazioni di vario tipo (che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline)” e dunque “non garantiscano l’adeguata protezione dei dati personali relativi alle votazioni online”.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
“IL PROBLEMA NON E’ LUIGI MA COLORO CHE GLI STANNO INTORNO”
Certo che dietro la solidarietà di facciata molti la pensano come lui. Ossia un leader si circonda di persone in gamba che lo mettano anche in discussione e non solo di persone di caratura modesta.
“Il problema non è Luigi ma coloro che gli stanno intorno. E lo dicevo da tempo, da appena fatto il Governo con la Lega. Un leader politico si deve circondare di persone migliori di lui, non solo di fedelissimi, lecchini e yes-men. Si deve circondare di persone leali, non di persone fedeli. E questo, in questi mesi, è mancato”.
Parola di Andrea Colletti, deputato M5s.
“Non volevo scrivere nulla prima dell`assemblea del gruppo parlamentare ma – prosegue – visto che si è già deciso, prima dell`assemblea, di mettere in votazione il ruolo di Luigi come capo Politico del Movimento 5 Stelle, tanto vale esternare il mio pensiero sia agli attivisti e simpatizzanti che, poi, in Assemblea. Gli errori sono stati tanti. In primis da chi lo ha consigliato e/o aiutato nelle trattative del Contratto di Governo. I suoi ‘consiglieri’ erano troppo abbagliati dalla possibilità di diventare Ministri, Sottosegretari o Capi di Gabinetto per poterlo consigliare al meglio”.
“Per non parlare – insiste Colletti – delle successive votazioni delle persone da inserire al Csm dove abbiamo, con i nostri voti, fatto eleggere il Responsabile Giustizia del Pda capo dell`organo di autogoverno. Per non parlare delle nomine Rai, che doveva essere liberata dai partiti, ed invece, in parte è stata occupata dalla Lega (basti vedere il Tg2 che è TeleSalvini)”.
(da Globalist)
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Maggio 29th, 2019 Riccardo Fucile
SOVRANISTI CON I SOLDI DEGLI ALTRI, L’ENNESIMA PRESA PER I FONDELLI CHE IL 34% DI ITALIOTI PERALTRO SI MERITA
Nell’ormai sempre più appassionante saga di Matteo Salvini che propone ricette economiche “studiate al centesimo” senza dire assolutamente nulla di concreto ce n’è una che spicca su tutte.
Durante la diretta Facebook ieri Salvini tra i tanti annunci ne ha dato uno che a quanto pare per i leghisti significa che finalmente l’Italia tornerà ad essere sovrana. «Chiederemo al Parlamento UE e alla Commissione una grande conferenza sul lavoro, la crescita, il debito e il ruolo della BCE come garante della stabilità e del debito». Naturalmente chiedere non costa nulla, così come aprire tavoli e conferenze.
Mettendo in fila le promesse di Salvini non è difficile capire cosa sta dicendo.
Il leader della Lega prima ha promesso 30 miliardi di euro per la Flat Tax, ma non ha detto da dove salterebbero fuori.
In altre occasioni ha detto che l’Iva non aumenterà : solo per il 2020 servono 23 miliardi di euro.
Ha detto anche che non vuole aumentare le tasse, tassare i conti correnti o la casa degli italiani.
Salvini poi ha detto che vuole usare “la ricchezza degli italiani”. Questo perchè lui è un vero sovranista, e quindi ha rassicurato tutti sul fatto che lui «non vuole certo usare i soldi dei tedeschi, dei francesi o dei finlandesi».
Ma è solo il classico gioco delle tre carte dove i soldi che servono a Salvini per mantenere le sue promesse di volta in volta vengono spostati con un gioco di prestigio. Perchè se Salvini non vuole aumentare le tasse nè toccare i conti correnti degli italiani significa che per trovare quei soldi dovrà fare più debito.
Per farlo ci sono due opzioni: la prima è ridiscutere il Trattato di Maastricht, come ci raccontano i leghisti da anni. Il problema è che nessun governo europeo e men che meno il nuovo Europarlamento sembra intenzionato a farlo. Resta la seconda opzione: la grande conferenza.
Non facciamoci distrarre da quel lavoro lavoro lavoro che Salvini ripete ossessivamente (iniziasse ad andare più spesso al Viminale, lui che un lavoro lo ha).
Il punto qui è il ruolo della BCE come garante della stabilità e del debito. Di fatto Salvini vorrebbe che la Banca Centrale Europea comprasse parte del nostro debito pubblico.
Non certo coi nostri soldi, che non bastano, ma con i soldi di tutti i cittadini europei. Quei soldi che Salvini una settimana fa a Bersaglio Mobile ha detto che non voleva toccare (perchè lui è sovranista così).
Immaginate cosa potrebbero rispondere i partner europei, soprattutto i sovranisti? Esatto.
E ora mentre tenete a mente i risvolti della proposta di Salvini ricordate che per cambiare i trattati serve l’unanimità .
Cosa rimane? Per noi italiani rimane che ci tocca trovare i soldi da qualche altra parte (oppure Salvini dovrà rinunciare alle sue promesse).
Di conseguenza cosa faranno i leghisti? Diranno che l’Europa è “irriformabile” e non è democratica.
Naturalmente non si degneranno di spiegare perchè se la maggioranza del Parlamento o degli stati membri si oppone alle ricette della minoranza legista allora questo significa che non esiste la democrazia.
Se la conferenza fallirà allora ecco che Salvini tornerà a frignare contro l’Europa matrigna dei banchieri e dei burocrati, quei cattivoni che non vogliono pagare i nostri debiti per consentirgli di mantenere le sue promesse sovraniste.
I primi a farlo saranno ovviamente i suoi amici sovranisti, i vari Kurz e Orban che sul debito italiano sono più rigidi della Trojka.
Ma vuoi mettere quando è bello il brivido fare i sovranisti coi soldi degli altri?
(da “NextQuotidiano”)
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