Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
MENTRE CONTE SORPASSA IL VIMINALE, APRE I PORTI E SBARCANO TRE NAVI CON MIGRANTI… “QUELLO PENSA DI ESSERE IN COREA DEL NORD”… E ANCHE SULLA MARE IONIO SALVINI VIENE SCONFITTO
“Non rispondete. È l’ennesima invenzione per coprire il fallimento sui rimpatri. Matteo ha perso la ragione”.
È sera quando Luigi Di Maio dà la linea sul decreto sicurezza bis, un nuovo provvedimento messo in cantiere da Matteo Salvini che escluderebbe totalmente il ministero dei Trasporti dalla filiera decisionale che dell’immigrazione.
Un pressing a tutto campo dipanatosi per tutta la giornata, una vera e propria strategia per togliere aria alle trombe dell’alleato colto in un momento di difficoltà . Un film cominciato ieri, che per essere capito va riguardato a partire dai titoli di testa.
Giovedì sera. Un telefono squilla a Sibiu, Transilvania. È quello di Giuseppe Conte. “Presidente, la nave Stromboli della Marina militare ha soccorso 36 migranti da un’imbarcazione che stava per affondare…”.
È l’inizio di una girandola di contatti, messaggi, incontri, telefonate. Solo l’inizio, perchè di lì a poco ci saranno anche i 30 raccolti dalla “Mare Jonio”, battente bandiera Ong.
Conte è in Romania per il vertice informale dei capi di governo Ue. Si intesta da subito la trattativa. Una girandola di messaggi e faccia a faccia fino a tarda serata, quando Palazzo Chigi dà il via libera: c’è l’intesa sulla redistribuzione, si sbarchi.
La Lega attacca la Difesa sul presunto ruolo avuto dalla Stromboli, la risposta è secca: incompetenti, nessun giro per il Mediterraneo, quella è una nave di appoggio per i nostri militari che aiutano nell’addestramento le forze libiche, e che seguendo le regole del mare ha raccolto un Sos.
Alcune fonti del Carroccio spiegano che Salvini non sia stato avvisato, ma i contatti nella notte di giovedì del triumvirato di governo sono stati intensi. Il ministro dell’Interno ha dato il via libera allo sbarco, avvisando gli alleati: “Sulla Mar Jonio non transigo”.
Di fatto il leader verde è stato scavalcato, il premier ha preso in mano la situazione e si è limitato a informare il Viminale degli sviluppi.
E lo ha fatto quando aveva già concesso un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais, deflagrato nel dibattito pubblico questa mattina con la rivendicazione dello scettro del comando: “In Italia comanda Salvini? È una vostra illusione ottica. Il capo del governo sono io”.
Di Maio spara un post su Facebook in cui esalta il lavoro di Conte: “Se quando nasce un problema il tuo primo primo pensiero non è risolverlo, ma finire sui giornali, allora c’è qualcosa che non va”.
Salvini vede nero, twitta scompostamente “ultimo viaggio per la nave dei centri sociali Mare Jonio: bloccata e sequestrata. Ciao ciao”. Perchè l’imbarcazione viene messa sotto sequestro, uno scalpo da sventolare per non subire una Caporetto mediatica, dopo che già sul caso Siri il presidente del Consiglio aveva fatto la mossa del cavallo vincolando via Bellerio a un aut aut senza possibilità d’uscita.
”Figurati, lo fanno apposta — commenta una fonte di governo stellata — se vogliono qualche piccola irregolarità la trovano, è tutto strumentale”.
La tensione sale oltre la soglia di guardia. I 5 stelle continuano per tutto il giorno a bombardare l’alleato. E uno strano vento soffia nei rapporti fra i due alleati, con un chiacchiericcio di Palazzo che sempre più insistentemente ventila possibili altre inchieste, allude a svolte giudiziarie improvvise, e viene ripreso e alimentato dalle gole profonde del grillismo.
“Hai visto Giorgetti?”, chiede uno. Basta la domanda. Perchè oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha lasciato cadere una goccia di piombo fuso nel marasma politico di queste ore: “Quando la Lega sale nei consensi e nei sondaggi, arrivano sempre delle cose strane”. E chi ha orecchie per intendere intenda.
“Sono diversivi”, “Alzano solo la voce”, “Si sentono le inchieste alle calcagna”.
Quel che i pentastellati si dicono tra di loro rivela una sensazione di improvvisa, ritrovata forza. Non si sa quanto sia destinata a durare, ma tant’è. Salvini prende carta e penna, scrive una lettera a Conte e al ministro degli Esteri, Enzo Moavero.
Chiede un serrate i ranghi intorno al Viminale sulle politiche sui rimpatri, negli “ambiti che travalicano le competenze” del suo dicastero.
I 5 stelle lo sbertucciano platealmente. Diffondono una velina che vale la pena riportare tutta per durezza e strafottenza politica. “Salvini scrive a Conte per chiedergli un salto di qualità sui rimpatri? Ma per favore, sono di sua competenza, non faccia lo gnorri. Il fatto che abbia scritto a Conte e Moavero è come una dichiarazione di fallimento. Si prenda anche lui le sue responsabilità . Non aveva detto che avrebbe rimpatriato 600mila migranti in un mese?”.
Più sobriamente alcune fonti di governo parlando con Huffpost lo bollano a “un modo per uscire dall’angolo, perchè la strategia dei porti chiusi semplicemente non esiste. E oggi lo abbiamo visto”.
Il ministro dell’Interno risponde annunciando trionfalmente da Napoli. Ecco il decreto sicurezza bis di cui fa diffondere le bozze. C’è dentro quella che sarebbe un uscita di campo totale del M5s dalla gestione dei migranti. Si legge nelle bozze l’intenzione di “attribuire al Ministro dell’Interno la competenza a limitare o vietare il transito e/o la sosta nel mare territoriale qualora sussistano ragioni di ordine e sicurezza pubblica”. Dopo un breve consulto, la war room pentastellata decide di non rispondere, anche nella convinzione che un’impostazione del genere troverebbe ben altri ostacoli sui colli pià alti di Roma. “Nemmeno in Corea del Nord una roba simile”, spiega sobriamente un 5 stelle all’agenzia Dire.
“Fino al 26 maggio questo tipo di dialettica è naturale, dopo torneremo a lavorare serenamente”, le parole tranquillizzanti profuse a più riprese da Conte. Il quale, però, ha visto paurosamente sbandare la fiducia che a via Bellerio si nutre nei suoi confronti. Metterne in discussione così pesantemente il suo core business, immigrazione e sicurezza, non sarà indolore.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI SENZA TOCCO MAGICO HA IL TERRORE CHE VENGA COINVOLTA LA SUA EX MOGLIE, CONSIDERATA “GOVERNATRICE OMBRA” DELLA LOMBARDIA… E “IL FATTO” NON A CASO TITOLA: “IL CENTRODESTRA RINASCE A SAN VITTORE”
Giancarlo Giorgetti è uno che non parla mai a caso, anche se dice solo una minima parte di ciò che pensa: “Quando la Lega sale nei consensi e nei sondaggi, arrivano sempre delle cose strane per cui bisogna interrompere quel percorso”.
Il riferimento, neanche tanto velato, è all’inchiesta lombarda che ha travolto un pezzo di centrodestra e nella quale è indagato il governatore Attilio Fontana.
Adesso, raccontano i ben informati, il timore è che l’inchiesta si allarghi, sviluppandosi su altro filone, che finora non è ancora emerso: la sanità .
Da giorni si rincorrono le voci nei Palazzi della politica lombarda, e non solo, di “sviluppi”, che andrebbero a toccare il cuore del sistema di potere leghista, frutto di un lungo lavoro di indagine.
E da giorni, il leader della Lega, così lo descrive chi ha parlato con lui, è “terrorizzato” che, in un qualche modo, possa finire coinvolto il suo assessore alla Sanità Giulio Gallera, e soprattutto Giulia Martinelli, la sua ex compagna e attuale capo della segreteria del presidente Fontana, considerata al Pirellone la vera “governatrice ombra”.
Per ora non è indagata e figura nelle carte come una delle figure che si sarebbe opposta alle pressioni del presunto corruttore, Gioacchino Caianiello.
Però, nel Palazzo, si ricorrono voci e sinistri interrogativi sul “che cos’altro potrà uscire” in queste inchieste frutto di un capillare lavoro di intercettazioni di una buona fetta del centrodestra lombardo. Come ai tempi di Tangentopoli, ora che parecchi imprenditori (siamo arrivati a tre) hanno iniziato a collaborare con i giudici, in Regione Lombardia la domanda che rimbalza negli assessorati e in Consiglio è “chi sarà il prossimo’”.
È uno scenario da incubo, in una campagna elettorale che doveva essere una marcia trionfale e, invece, registra proprio sulla giustizia i primi scricchiolii nei sondaggi. Questo spiega la grande tensione di Matteo Salvini, descritto dai suoi in piena sindrome da assedio.
Perchè la “stranezza” sarebbe proprio nel timing dell’offensiva giudiziaria, a poche settimane dal voto, e nella perfetta “sincronia”, tra l’assalto delle toghe e gli attacchi dell’alleato-avversario.
Con un lessico che evoca le antiche suggestioni berlusconiane sulle toghe rosse e i comunisti, in parecchi vedono una regia pentastellata in quel che sta accadendo.
A Milano come sull’inchiesta su Siri o nell’indagine dalla Dda di Latina con l’ipotesi di scambio di voti e favori tra politici e clan, in un territorio dove la Lega ha iniziato a mietere consensi: “È nervoso perchè sa che il bersaglio è lui, e sta provando a schivare i colpi”.
Si spiega così questa campagna elettorale in fondo poco lucida, senza un vero disegno, l’iper-attivismo, il tentativo frenetico menare le mani dopo settimane di schiaffi: prima gli aut aut sulla cannabis, poi il ritorno a Napoli con l’annuncio di un decreto sicurezza bis che toglie poteri a Toninelli e attribuisce al ministro dell’Interno tutte le competenze sul traffico in mare.
Dietro tutte queste raffiche di proposte che neanche si sedimentano c’è la scoperta della fragilità di un consenso. E l’assenza di una vera “proposta” mobilitante, come fu la flat tax ai tempi della scorsa campagna elettorale.
Anzi, proprio il “tradimento” di molte promesse in questa arena con i Cinque stelle sta producendo delle crepe nel proprio mondo.
I dati di Giorgia Meloni sono vissuti, nella Lega, come un campanello d’allarme, in un clima di cupio dissolvi del berlusconismo.
La leader di Fratelli d’Italia, che Salvini aveva la certezza di “asfaltare”, sta iniziando a intercettare una certa opinione pubblica di destra, che vede in quel voto lo strumento per liberare Salvini dai Cinque Stelle. È cioè un voto non di testimonianza, ma di “prospettiva”.
Una preoccupazione che, qualche giorno fa, il vicepresidente della Regione Veneto Gianluca Forcolin ha condiviso con alcuni commensali in un pranzo: “Sull’economia — questo il senso del suo ragionamento — parlano a un pezzo dei nostri, rischiamo una flessione”.
È la stessa dinamica che è avvenuta qualche giorno fa, quando agli Stati generali dei commercialisti, la Meloni è stata accolta con grande calore da una platea piuttosto critica verso la “paralisi” del governo gialloverde.
E, sempre qualche settimana fa, è accaduto in una iniziativa in cui il famoso “partito del Pil”, che lo scorso ottobre scese in piazza sotto il governo ha accettato un confronto in una iniziativa con il simbolo di Fratelli d’Italia.
Il paradosso di questa situazione è che proprio l’assedio giudiziario rischia di creare una trappola politica. Perchè aumenta l’insofferenza verso l’alleato-avversario e la “voglia di rompere”, ma rende l’ipotesi più difficile da gestire, anche dopo il voto.
E rende ardita l’uscita dalla stanza dei bottoni, che è sempre una trincea di resistenza. Quella prima pagina del Fatto quotidiano coglie un nervo scoperto: “Il centrodestra rinasce a San Vittore”. È un ragionamento logico, che pure dentro ai Cinque Stelle circola e alimenta questa nuova, arrembante spavalderia di Di Maio sul “nervosismo” dell’alleato. Perchè rompere come reazione a una nuova Tangentopoli è complicato assai.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
WEBER, NOTO E FONDA: “GLI ITALIANI SI STANNO STANCANDO DELLE CONTINUE POLEMICHE CHE SALVINI ALIMENTA”
Elettori stanchi per l’eccessiva invasività sui temi più disparati e per l’eterna conflittualità che alimenta nel Governo con i suoi comportamenti polemici nei confronti del M5S.
Il calo della Lega nei sondaggi delle recenti settimane e soprattutto nell’ultima prima del “blackout” a due settimane dal voto europeo, è stato fotografato da tutti gli istituti demoscopici: al netto delle differenze in termini percentuali, l’arretramento seppur limitato segnala certamente una tendenza nell’elettorato leghista.
A sostenerlo sono diversi sondaggisti che, contattati dell’HuffPost, analizzano il contesto politico in cui la discesa della Lega nel consenso popolare sta maturando.
Secondo Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè, nessun risultato è scontato alle prossime elezioni del 26 maggio: “Ci può essere a mio avviso un effetto sorpresa sull’esito elettorale, dovuto essenzialmente all’impatto che avrà l’astensionismo”.
C’è però un calo leghista: “La mia sensazione è che la quantità di micro-issues, dai grembiuli nelle scuole alle cannabis, che Salvini continua ogni giorno a mettere in campo, alla fine stanca. E fa perdere di credibilità al messaggio originario della Lega”. Alla quale resta certamente la sua solidit�
“Ma su tutto il resto, Salvini sta producendo l’effetto di una invasività eccessiva. Polemiche a cui talvolta non seguono fatti, e la sensazione che si faccia tanto rumore per nulla. Per cui ho l’impressione che un po’ di fatica la stiano iniziando a soffrirla, al netto di una solidità di fondo della Lega, che resta”.
Per Antonio Noto dell’Istituto demoscopico Noto Sondaggi, “gli italiani non cambiano idea nell’arco di un paio di settimane, nè in così poco tempo maturano una scelta elettorale diversa. La formazione del consenso non avviene quindi nel giro di qualche giorno ma si consolida nel tempo, e non subisce immediato impatto da un fatto specifico”. In altre parole, il rallentamento della Lega “non è dovuto al caso Siri in particolare ma riguarda più il sentiment degli elettori: gli italiani non amano la conflittualità politica, tantomeno se si alimenta non già tra maggioranza e opposizione ma tra le due forze che partecipano al Governo. E dal Governo gli elettori si aspettano di essere rassicurati, non preoccupati per le continue liti. Il calo è quindi relativo a una strategia politica, se vogliamo, e non a un fatto politico” come l’inchiesta per corruzione a carico dell’ex sottosegretario leghista ai Trasporti. “Mi viene da fare il paragone con il 2006, con l’Unione di Romano Prodi, quando nel Governo convivevano sia Fausto Bertinotti sia Clemente Mastella. Quel governo fu sconfitto dall’eccessiva conflittualità tra i due poli presenti nell’esecutivo”.
“Il calo lo stiamo rilevando già da un mese”, dice Rado Fonda, direttore di ricerca di SWG, “ed è un calo progressivo. Si tratta a mio avviso di un logoramento normale per una forza che governa ormai da un anno. Una tendenza abbastanza usuale, lo abbiamo già visto in passato. Soprattutto perchè la Lega è il partito che è cresciuto di più dopo le elezioni politiche del 4 marzo: significa che il nuovo elettorato non è fidelizzato ma si è aggiunto successivamente all’esercizio del voto. Dalle nostre rilevazioni registriamo una preoccupazione per i temi economici, ma ritengo che ad avere avuto un ruolo nella lieve perdita di consenso della Lega sia stato il cambio di atteggiamento dell’alleato grillino: da quando M5S è diventato più aggressivo nel rispondere colpo su colpo agli affondi del Carroccio, sono emerse alcuni punti di debolezza di Salvini che prima non erano così chiari”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
A CONTI FATTI A FINE ANNO GLI IMMIGRATI “IRREGOLARI” SONO QUINDI AUMENTATI, ALTRO CHE LE BALLE DI SALVINI
Altro che porti chiusi. Germania, Austria e Francia rispediscono in Italia un numero di migranti superiore a quelli che sbarcano.
Si tratta dei cosiddetti “Dublinanti”, i migranti sbarcati in l’Italia, poi passati nei paesi confinanti attraversando la frontiera a Ventimiglia, a Bolzano o altrove, intercettati dalla polizia e identificati in base ai dati della rete Eurodac, la banca dati europea delle impronte digitali.
Se dai dati si scopre che sono arrivati in Italia questi migranti “Dublinanti” vengono rispediti indietro, verso il paese di primo sbarco.
Germania, Austria e Francia lo possono legittimamente fare in base al trattato di Dublino, che impone che i migranti chiedano asilo e restino nel paese di sbarco. Trattato che l’Italia non ha mai ottenuto di modificare.
Dal primo gennaio 2019 a fine aprile il numero di “Dublinanti” rispediti in Italia supera e di molto il numero di migranti sbarcati dai barconi.
La notizia arriva da fonti alte ed accreditate a Radio24 Il Sole 24 Ore ed è confermata anche dai numeri chiesti e ottenuti dal Ministero dell’Interno tedesco.
Dal primo gennaio all’8 maggio 2019 sono sbarcati in italia 857 migranti, nello stesso arco di tempo ben 710 “Dublinanti” sono stati rispediti indietro soltanto dalla Germania.
Senza considerare quelli rispediti dall’Austria, che in percentuale è il paese che rimanda in Italia più “Dublinanti”. E poi ci sono quelli che vengono rispediti da Parigi.
Nel 2018, la Germania ha trasferito un totale di 2.848 persone in Italia in base al regolamento di Dublino (come da dati del ministero tedesco) e il trend continua.
Le statistiche del governo federale, rese note a seguito di una interrogazione parlamentare di una deputata della Linke, e pubblicate dalla Suddeutsche Zeitung dicono che nei primi 11 mesi del 2018, su 51.558 casi esaminati, la Germania ha chiesto ad altri paesi dell’Unione europea di riprendersi i migranti arrivati in Germania dal resto d’Europa, e in 35.375 casi la richiesta tedesca è stata accolta in quanto inoppugnabile.
Il paese che ha dovuto riaccoglierne in maggior numero è l’Italia, che ha dovuto riprendersi un migrante espulso su tre. Rispetto al 2017 la quota dei migranti espulsi dalla Germania è salita nel 2018 dal 15,1 al 24,5%.
La pacchia è finita, ma per l’Italia.
(da “il Sole 24 Ore”)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
INVECE DEL BAGNO DI FOLLA HA TROVATO TRECENTO CONTESTATORI, STRISCIONI ALLE FINESTRE E HA CHIUSO IN FRETTA IL COMIZIO
Fischi, cori, slogan contro il ministro dell’Interno, in una città tappezzata di cartelloni e striscioni che lo invitano ad andare via. Arrivato a Catanzaro da capo politico della Lega per un comizio elettorale in vista delle prossime europee, Salvini non è stato accolto solo da militanti e simpatizzanti del Carroccio, ma anche da una protesta per nulla simbolica. E che ha infastidito non poco il ministro dell’Interno che sperava nel consueto bagno di folla.
Nonostante i tentativi di arginare la protesta lontano dal palco dominato dal gigantesco cartello “Prima gli italiani”, i manifestanti sono riusciti comunque a raggiungere piazza prefettura. E con cori, slogan e fischi hanno visibilmente disturbato il ministro, che non ha per nulla gradito l’accoglienza che gli è stata riservata.
“Sento delle zanzare, delle mosche” ha detto dal palco. E poi “anche per questo al governo ci stiamo occupando di educazione e regole. No a 50 sfigati dei centri sociali”. In realtà , i manifestanti erano molti più di 50. E oltre a militanti dei centri sociali, in piazza c’erano anche centinaia di studenti e persone comuni, più una folta rappresentanza di vigli del fuoco, arrabbiati “perchè questo qua non si deve permettere di utilizzare la nostra divisa per i suoi spot”.
Una protesta organizzata da Usb, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Anpi, cui si sono spontaneamente aggregati cittadini e gente comune, che per tutta la durata del comizio non hanno dato tregua al ministro.
Lui, inizialmente ha tentato di far finta di niente, ma proteste e cori hanno coperto spesso il suo breve intervento, e la cosa – è palese – non gli è andata giù.
“Mi hanno insegnato che quando non sei d’accordo, tu ascolti e parli dopo o ti togli dalle palle” ha urlato arrabbiato alla folla che lo irrideva.
Ma la folla non ha dato peso alcuno alle sue parole e ha continuato a contestare. E lui non ce l’ha fatta ad ignorarli “a qualcuno – ha gridato inviperito – non farebbe male qualche mese di servizio militare”.
Ma i manifestanti hanno solo iniziato ad urlare ancora più forte e a scandire “Porti aperti”. E Salvini, ancora una volta, infastidito ha risposto: “Chi sceglie la Lega in Calabria fa una scelta precisa cioè che in Calabria vengono prima gli italiani”
Ma la piazza è tornata a coprire con cori e urla le sue parole. “Buffone, torna a casa tua” e “Il Sud non dimentica” gli slogan più gridati.
La più pesante bordata di fischi è arrivata invece quando Salvini ha indossato una sciarpa del Catanzaro calcio.
Visibilmente infastidito, il ministro sbotta “qui cari compagni dei miei stivali non ci sono fascisti ma italiani orgogliosi di essere italiani”. Ma le sue parole sono state coperte da nuovi slogan e urla.
E lui, seccato, ha perso staffe e aplomb ed è andato decisamente per le spicce, chiudendo ben prima del previsto il proprio intervento.
“E voi andate a fare il volontariato prima di rompere le palle qua. Hasta la victoria siempre e un bel barcone per il Venezuela per tutti, via, sciò” sbotta.
Poi si concede per i selfie di prammatica e dà istruzioni per fare la fila . “Per le foto si entra da là , senza spingere, piano piano e facciamo tutto per tutti” dice ai suoi fan che si assiepano sotto il palco. Ma forse con la paura di qualche contestazione o beffa ulteriore, dopo quelle incassate negli ultimi giorni, c’è.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
APPROVATO ALL’UNANIMITA’ IN SEDE LEGISLATIVA
Matteo Salvini oggi li considera il male. Ma solo 3 anni fa il suo partito ha votato a favore della legge sui canapa shop. A confermarlo, resoconti parlamentari alla mano, è Giuseppe Brescia, del M5s, presidente della commissione Affari Costituzionali alla Camera.
“I canapa shop sono legali grazie alla legge 242/2016. Una legge votata all’unanimità nella scorsa legislatura addirittura in sede legislativa, cioè senza passare dall’aula, sia alla Camera e al Senato”, ricorda Brescia.
“Tutto è partito da una proposta di legge M5S. Secondo alcune ricerche accademiche, grazie a questi negozi lo spaccio di marijuana e hashish è diminuito. E allora chi vuole davvero combattere la droga?”, dice ancora il deputato, polemizzando con la posizione di Salvini.
Salvini ha annunciato di voler chiudere i negozi di cannabis light, e ha anche chiesto al senatore M5S Mantero di ritirare la sua proposta di legge sulla liberalizzazione della cannabis in Italia: “Non è nel contratto di governo e non voglio lo Stato spacciatore”, ha detto Salvini.
Di Maio ha subito controbattuto: “Dire di essere contro la droga è come dire di essere per la pace nel mondo, siamo tutti d’accordo: più controlli fa meglio è, nessuna volontà di non sostenere il ministro dell’Interno nella lotta alla droga. Controlli, per carità , e immagino anche lotta alla mafia”, ha detto il capo politico del M5S.
(da TPI)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
I CALCOLI DELLA CORTE DEI CONTI
Due o tre milioni di euro di danni. Questo è costato l’occupazione dello stabile in via Napoleone III da parte di Casapound, secondo i calcoli della Corte dei Conti oggi illustrati da Repubblica Roma. L’inchiesta aperta dai pm di viale Mazzini riguarda il palazzo di via Napoleone III all’Esquilino, quartier generale di CasaPound: il movimento di estrema destra lo ha occupato alla fine del 2003. L’edificio occupato, utilizzato in passato dal Ministero dell’Istruzione, è di proprietà del Demanio dello Stato ma per anni i vari enti dello Stato si sono rimpallati la titolarità della gestione dell’immobile, senza rinnovare un’iniziale richiesta di sgombero.
Oggi, spiega Lorenzo D’Albergo, è il momento della resa dei conti e della conta delle rese: il blitz è costato tra i due e i tre milioni di euro che potrebbero essere chiesti ai dirigenti del Demanio e del Miur:
Il ministero dell’Istruzione è stato l’ultimo ad aver avuto in gestione il bene.
Peraltro con la responsabilità di non aver denunciato per tempo l’occupazione, lasciando così naufragare un possibile processo ai danni dei militanti della formazione di ultradestra che ancora oggi abitano senza titolo in un immobile di proprietà dello Stato.
A un passo dalla chiusura dell’indagine contabile, con Demanio e Miur a cercare di scaricare l’uno sull’altro un fardello milionario, è saltato fuori anche l’impronosticabile: al civico 8 di via Napoleone, dove il logo in pietra di CasaPound si staglia a caratteri romani, vivono una maestra che lavora in un asilo comunale al municipio VIII e una dipendente del Cotral con il marito.
Con loro anche un impiegato del policlinico Umberto I.
Occupanti che in alcuni casi guadagnano abbastanza (dai 23 ai 27 mila euro l’anno) da potersi permettere un appartamento in affitto, pur con tutte le difficoltà che comporta cercarsi una casa a Roma, sul mercato immobiliare capitolino.
L’accertamento del danno erariale potrebbe portare l’edificio nella top 20 degli stabili da sgomberare, dopo 15 anni e mezzo di occupazione. Ma c’è di più:
Anche perchè l’occupazione va avanti da ormai 15 anni e mezzo. E non è detto che alla ventesima candelina non scatti la massima delle beffe: l’usucapione.
Chi ha utilizzato per 20 anni un bene altrui come se fosse proprio, alla luce del sole e senza subire azioni giudiziarie da parte del legittimo propriretario può tranquillamente dichiarare di essere il nuovo titolare dell’immobile. Un colpo che, senza l’intervento della Corte dei Conti e considerando i bisticci e le distrazioni quotidiane della politica, non sarebbe stato neanche poi tanto impensabile.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
A FORDONGIANUS, IN SARDEGNA, UN CASO DI SOVRANISMO DEGLI SPORCACCIONI
In uno scontro culturale che, a dirla tutta, avrebbe potuto essere facilmente vinto, gli italiani hanno fatto come sempre la figura dei vandali davanti a un gruppo di turisti cinesi che aveva deciso di passare un giorno alla terme romane di Fordongianus, in Sardegna, un luogo incredibile in cui le antiche acque sulfuree regalano la possibilità di fare un bagno termale nel bel mezzo delle rovine dell’antico insediamento sorto nel I secolo avanti Cristo.
Ma proprio in questo paradiso di natura e storia, alcuni residenti sardi hanno scelto proprio le acque termali per lavare i piatti e le pentole sporchi del loro pic-nic, inondando di schiuma le acque termali e constringendo i turisti a uscire dalla vasca
I cinesi – che pure vivono in uno dei paesi più inquinati al mondo – si sono detti ‘scandalizzati’ dal comportamento degli italiani, che per tutta risposta hanno fatto spallucce e risposto “lo abbiamo sempre fatto, questa è casa nostra e possiamo fare quello che vogliamo”.
Molto maturo, molto patriottico verrebbe da dire, in questo periodo in cui ci si riempie la bocca di italianità . Per qualcuno, sembra, prima gli italiani significa che solo a noi è concesso di deturpare quel che resta del nostro paese.
I turisti, comunque, non si sono arresi e hanno chiamato i carabinieri, che hanno dovuto sedare quella che stava diventando una vera e propria rissa. Nessuno, alla fine, è stato sanzionato.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2019 Riccardo Fucile
CALA DELLO’ 0,9% AZZERANDO IL TRIMESTRE PRECEDENTE, ADDIRITTURA DELL’1,4% RISPETTO A MARZO 2018
Poco meno di un mese fa il vicepremier e bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ci faceva sapere che «l’Italia spicca ancora una volta» perchè il nostro Paese era «la locomotiva nella produzione industriale di tutta Europa in questo momento».
Era quello che ci voleva dopo le battute di Conte sull’anno bellissimo e straordinario che ci si prospetta dinnanzi, tant’è che per settimane i 5 Stelle hanno ripetuto ovunque la storiella dell’Italia capofila in Europa per la produzione industriale.
Di Maio poi ci aveva spiegato che l’export italiano aveva segnato un record assoluto, un altro segnale secondo il vicepremier che il governo del Cambiamento stava davvero rimettendo in moto il Paese. Oggi sono usciti i dati ISTAT sulla produzione industriale di marzo e la locomotiva non c’è più.
Perchè l’Istat dice che a marzo 2019 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,9% rispetto a febbraio.
Non solo perchè — scrive l’Istituto di statistica — a marzo 2019 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali dell’1,4% rispetto a marzo 2018 (pari al -3,1% dei dati grezzi).
Si tratta del calo congiunturale più importante dal novembre 2018. L’indice destagionalizzato mensile mostra un modesto aumento congiunturale solo per i beni strumentali (+0,1%); diminuzioni si registrano invece per i beni di consumo (-2,3%) e, in misura più lieve, per l’energia (-0,4%) e per i beni intermedi (-0,3%).
Cosa farà ora il governo? Dirà che in ogni caso le stime sulla produzione industriale del primo trimestre sono confortanti perchè l’Istat scrive che la produzione aumenta dell’1,0% rispetto al trimestre precedente.
Il problema è che questo dato (relativo alla produzione industriale di gennaio e febbraio) è praticamente azzerato dalla performance di marzo.
Questo significa che il M5S e Di Maio hanno cantato vittoria troppo presto, perchè la locomotiva italiana non sembra essere così lanciata e la performance del primo bimestre dell’anno è stata probabilmente frutto anche dell’effetto scorte dovuto alla ricostituzione dei magazzini.
Gli analisti inoltre ritengono che «effetti di calendario abbiano contribuito a “spostare crescita” dal 2° al 1° trimestre, con un trend di sostanziale stagnazione al netto della volatilità su base trimestrale». Insomma forse Di Maio dovrebbe mettersi a spingere la locomotiva invece che fare propaganda.
(da “NextQuotidiano”)
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