Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
I DATI CERTIFICANO CHE SALVINI HA FATTO PEGGIO DI MINNITI: 15 RIMPATRI AL GIORNO CONTRO 18 DI MINNITI… “IL DECRETO SICUREZZA BIS NON PASSERA’ MAI, PER NOI NON ESISTE”
Per uscire dall’angolo Matteo Salvini piazza, nel campo minato delle prossime due settimane, il decreto Sicurezza bis. E l’alleato di governo Luigi Di Maio, che non molla la presa, forte della risalita nei sondaggi, lo provoca sul conflitto di interessi e lo attacca sulla questione rimpatri: il vero nervo scoperto del ministro dell’Interno che aveva messo questo punto in cima alla sua agenda.
“Se Salvini al Viminale non c’è mai, come può risolvere il problema dei rimpatri? Sono 500mila gli irregolari, come ha fatto scrivere nel contratto di governo, o 90mila come va dicendo adesso?”, è la stilettata lanciata dai pentastellati mentre il leader leghista tenta il colpo di coda mandando una doppia missiva al premier Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi in cui chiede “un salto di qualità ” nel contrasto all’immigrazione.
Parole che suonano alle orecchie di Di Maio come le scuse di uno scolaro che non ha fatto i compiti a casa.
Poco dopo, fonti del Viminale fanno sapere che sia Conte e sia Moavero Milanesi hanno risposto alla lettera di Salvini parlando di “piena sintonia e condivisione degli obiettivi”. Tutto vero ma da ambienti vicini a palazzo Chigi viene precisato che il premier avrebbe fatto notare a Salvini che un tavolo permanente alla Farnesina con il ministro della Difesa e supervisionato dallo stesso presidente del Consiglio c’è già e si occupa proprio dell’emergenza in Nord Africa e in Africa.
“Tuttavia Salvini non ha mai partecipato. È il benvenuto”, dicono le stesse fonti mentre i leghisti fanno trapelare che a breve ci sarà un incontro al ministero degli Esteri sui rimpatri e a questo proposito il leader legista cita i dati: 2.301 nel 2019. I pentastellati fanno notare come questo sia l’unico dato che Salvini non mette a confronto con quello del 2018: “Minniti ne rimpatriava 18 al giorno, Salvini 15”.
Il clima è tutt’altro che sereno e il cortocircuito a due settimane dal voto delle Europee è totale. Dal Movimento 5 Stelle garantiscono che il decreto Sicurezza bis così com’è non vedrà mai luce: “Anzi, neanche esiste. Nessuno lo ha visto nessuno”.
Stando però a quanto trapelato fino ad ora, i dubbi sarebbero molti, sia politici sia tecnici.
Di Maio si spinge oltre il metodo e andando a guardare i contenuti di quello schema ne sottolinea la vacuità , avanzando il sospetto che si tratti di un’arma di distrazione di massa usata da Salvini per nascondere mediaticamente il caso Siri: “Non vorrei che il decreto sicurezza fosse l’ennesima iniziativa per coprire il caso Siri e per coprire quello che è successo sulla corruzione in queste tre settimane, perchè all’interno non vedo grandissime novità sui rimpatri, che sono oggi il tema centrale per l’immigrazione”, sottolinea il capo del Movimento 5 Stelle.
Il tema dei rimpatri non potrà essere contenuto nel decreto Sicurezza bis, piuttosto si tratta di avviare una serie di tavoli bilaterali con i Paesi stranieri affinchè ci sia una stretta collaborazione che, per adesso, vi è solo con la Tunisia e con non poche polemiche: “Noi siamo pronti a dare una mano al ministero dell’Interno se serve. Io non faccio il ministro dell’Interno, ma non può essere sempre colpa degli altri”, scrive Di Maio.
“Non daremo a Salvini competenze che non sono sue come il controllo delle acquee”, i 5Stelle non hanno dubbi e smontando il decreto Sicurezza bis spostano l’attenzione sul conflitto di interessi.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
MUSUMECI (QUELLO CHE CITAVA SEMPRE BORSELLINO E CHE NON SI POTEVA CRITICARE A DETTA DI TANTI EX AMICI DI SEDICENTE DESTRA) INDOVINATE CHE FA: SI ACCODA AL CARRO DELL’INDAGATO PER VOTO DI SCAMBIO
La questione è presto detta. Ventimila voti, forse qualcuno in meno, si stanno spostando a Messina e dintorni da Forza Italia alla Lega.
Sono i voti posseduti da Francantonio Genovese, già segretario regionale del Pd, già deputato, già condannato (undici anni in primo grado) e già incarcerato per voto del Parlamento e perciò trapassato, come puntigliosa reazione, da sinistra a destra.
Ma Francantonio, il cui corpo esile nasconde un tesoro in pancia che nessuno nell’isola può vantare, è papà di Luigi che soltanto ventenne e soltanto universitario, mingherlino e ignoto alla passione politica è stato appena eletto, come conseguenza dell’affronto al babbo, all’Assemblea regionale siciliana come rappresentante neoberlusconiano (17mila preferenze, urca!), e ora però e purtroppo già dato come transfuga.
I Genovese sono i Caronte di Sicilia. Hanno avuto per anni il business del trasporto marittimo nello Stretto, e gli investimenti nell’industria alberghiera e nell’immobiliare, hanno procurato un dominio economico che nella politica ha trovato la stanza di compensazione.
Il giovane Luigi ha il papà fortissimo, ma anche il nonno, da cui ha preso il nome, era super ferrato in fatto di preferenze (fu senatore Dc dal ’72 al ’94). Per non parlare del prozio Nino Gullotti (otto legislature al Parlamento) e nume democristiano dell’isola.
Tutta una famiglia, tecnicamente una Spa, che coniuga felicemente imprenditoria e politica, affari e comizi, commesse e promesse. E allunga il passo sebbene sempre inseguita dalla magistratura che nella famiglia trova gli indizi e le basi delle sue accuse. Ma i Genovese per un popolo largo di fedelissimi (appunto il popolo dei ventimila voti) sono speranza e mito. “Non c’è giorno — disse Francantonio con un sussulto — che nel mio studio non entri un messinese in cerca di una parola di conforto, di un aiuto o solo di un consiglio”.
Ora i Genovese sono amicissimi di Angelo Attaguile, eurodeputato ai tempi di Raffaele Lombardo, indagato per voto di scambio e oggi ricandidato a Strasburgo per opera della Lega.
Angelo a sua volta è figlio di Gioacchino (ex senatore e ministro democristiano) e cugino di Francesco (ex sindaco di Catania).
Già in splendida forma per fatti suoi, Attaguile si ritrova sul groppone i voti potenziali della dinasty messinese. E il colpo è miracoloso perchè finalmente eleva Matteo Salvini, l’ex padano, a uomo di potere anche siciliano, da causare questo primo e straordinario caso di overbooking politico.
Perchè nella Lega, già ingrassata da parecchi trasferimenti nella recentissima campagna acquisti siciliana, qualcuno ha persino temuto di ingozzarsi troppo.
Un assessore di Catania, Fabio Cantarella, tentando di arginare l’esodo, ha urlato: “Non vogliamo i transfughi”. Da incorniciare la risposta della maggioranza silenziosa leghista, a opera di Antonino Rizzotto, detto Tony, già fedelissimo di Raffaele Lombardo (ricordate? l’ex governatore sotto processo per concorso esterno alla mafia e voto di scambio aggravato) e oggi rappresentante leghista all’assemblea regionale: “Non togliamo ai siciliani la voglia di votare”.
E infatti, la voglia sembra esserci. I Genovese hanno smentito il trapasso nella Lega ma hanno confermato l’amicizia con Attaguile, il traghettatore.
“Sì, è così, i voti di Genovese potrebbero prendere la direzione di Salvini”, dice addolorata Stefania Prestigiacomo, berlusconiana della prima ora e oggi testimone del declino forzista. Aggiunge, un po’ sdegnata: “Non so cosa voglia fare Nello Musumeci, il presidente della Regione. So che in queste ore è impegnato, con tutti i suoi uffici, a organizzare una corsa di cavalli nella sua città , Catania. Mi hanno spiegato che i quadrupedi sarebbero di una razza autoctona, quindi una risorsa da valorizzare”.
Anche Musumeci, che guida un suo movimento a cui ha dato come nome una frase di Paolo Borsellino (“Diventerà bellissima”) contribuirà certamente all’annunciato, fantastico risultato salviniano, essendosi impegnato in un patto stretto insieme al governatore ligure Giovanni Toti, a sostenere le ragioni di una rifondazione del centrodestra immaginata come fronte sovranista a guida padana.
Se la Lega succhia al centro e svuota Forza Italia (nelle mani dell’eterno ma un po’ affaticato Gianfranco Miccichè) nelle sue postazioni più prestigiose, Fratelli d’Italia, l’altro alleato, morde alle caviglie Berlusconi.
Che tra i continui rovesci ha dovuto annoverare anche la dipartita di alcuni big territoriali, come il deputato Nino Minardo e il sindaco di Catania Salvo Pogliese che devono ora decidere dove andare: meglio Meloni o Salvini?
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
A CALTANISSETTA LA LEGA FA VOTARE IL CANDIDATO M5S CONTRO QUELLO DEL CENTRODESTRA, A GELA E MAZARA DEL VALLO I CINQUESTELLE CONTRACCAMBIANO
Nessun apparentamento, nessun endorsement, neppure un comunicato ufficiale. Ma neanche dichiarazioni di guerra: tutt’altro. La vigilia dei ballottaggi in Sicilia è fatta soprattutto di mezze frasi. Anche domenica, che a votare andranno solo cinque città , l’isola riuscirà a diventare laboratorio politico per sperimentare nuove intese e vecchie guerre intestine. In vista delle Europee, i riflettori sono ovviamente puntati sulla Lega e sul Movimento 5 stelle. Sarà una sorta di derby di governo incrociato: dove al ballottaggio sono andati i candidati di Luigi Di Maio, non ci sono quelli di Matteo Salvini. E viceversa.
La domanda è scontata: non è che grillini e salviniani si scambieranno i voti? Nessuno smentisce apertamente, anzi.
Soprattutto a Caltanissetta, la città del caso Montante, l’ex paladino dell’Antimafia appena condannato per associazione a delinquere. Nell’unico capoluogo al voto, al primo turno la Lega ha preso il 12% correndo da sola. Tutti voti che ora tornerebbero utili all’aspirante primo cittadino dei 5 stelle, Roberto Gambino. “I nostri voti ai grillini? È inevitabile che ciò accada anche se non c’è nessun accordo o apparentamento”, dice Alessandro Pagano. Il deputato e uomo forte del Carroccio in provincia non vuole sentire parlare del candidato della destra, Michele Giarratana. “Noi ci siamo presentati da soli e abbiamo detto agli elettori che 100 motivi ci separavano da Giarratana. Dopo la campagna elettorale quei motivi sono diventati 110. Come si fa a farlo votare?”, dice sdegnato il leghista. Che era addirittura pronto a fare un comunicato ufficiale per invitare i suoi a votare per i grillini: “Ma erano i giorni del caso Siri. Ho preferito evitare”.
Già berlusconiano di lungo corso, poi migrato con Angelino Alfano, Pagano è quindi saltato sul carro di Salvini. Un parabola che fa storcere il naso ai 5 stelle: in tanti lo considerano un cambiacasacca dal quale stare lontani.
Caltanissetta, infatti, è la capitale di Giancarlo Cancelleri, pupillo di Di Maio e storico leader del M5s sull’isola. Che nella sua città ha allestito un laboratorio nel laboratorio: i 5 stelle, infatti, erano pronti a ufficializzare l’alleanza con una lista civica, il movimento Più città . “Il post sul blog di Di Maio dopo le elezioni di Abruzzo apre chiaramente alle civiche. Noi eravamo pronti a fare tre liste, poi però quel procedimento si è bloccato”, dice il leader dei 5 stelle siculi. Nessuna apertura esplicita ai leghisti: “Io dico solo che in città c’è grande voglia di rinnovamento e quel rinnovamento è Gambino”.
Ma che fine faranno i voti dei grillini nella città dove non sono andati al ballottaggio? “Noi abbiamo lasciato liberi i nostri elettori, votino per chi vogliono ma studino i programmi”.
È quello che dovranno fare a Gela, dove la Lega è arrivata al secondo turno con Giuseppe Spata, un passato da attivista di Libera. Che ci fa uno che viene dall’antimafia sociale di don Luigi Ciotti con Salvini? “Io sono cattolico, non potevo certo andare con chi ha fatto le unioni civili”, ha ripetuto più volte il diretto interessato. Dovrà vedersela con Lucio Greco, candidato del Pd e di un pezzo di Forza Italia: praticamente un Nazareno con vista sul Petrolchimico.
La Lega spera di incassare i voti dei 5 stelle anche a Mazara, la città più araba d’Italia, dove Giorgio Randazzo sfida il civico di Salvatore Quinci.
A Castelvetrano, invece, sono i 5 stelle che potrebbero conquistare il municipio con Enzo Aiello. Quello in provincia di Trapani, è l’unico comune dove il Pd ha presentato il simbolo, con tanto di comizio di Nicola Zingaretti. Risultato: fuori al primo turno il candidato Pasquale Calamia. Adesso molti dem sembrano preferire il candidato grillino a quello della destra Calogero Martire. Per i 5stelle sarebbe una vittoria ad alto valore simbolico: Castelvetrano è pur sempre la città di Matteo Messina Denaro.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
“IL M5S FERMI SALVINI O CI PORTERA’ ALL’AUTORITARISMO, LA BOZZA DI DECRETO DI SALVINI E’ UNA FOLLIA GIURIDICA”
“Sono state salvate vite umane, non si può parlare di favoreggiamento di immigrazione clandestina”. L’ex senatore del Movimento 5 Stelle Gregorio De Falco è pronto a imbarcarsi sulla nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans, per il momento ferma nel porto di Lampedusa.
“Confido nel fatto – dice il comandante della Marina militare – che la nave possa riprendere la navigazione. Non è stato commesso alcun reato bensì è stato rispettato l’ordinamento vigente. Invece Matteo Salvini, quando parla di multe per chi salva vite umane in mare, pretende che si infranga la legge. E la legge prevede la galera se si lasciano morire le persone in acqua”.
Senatore De Falco, procediamo con ordine. La mare Jonio al momento è sotto sequestro. Ritiene che nelle prossime ore questo sequestro sarà convalidato?
“Non credo ci siano motivazioni per il sequestro perchè la nave è un oggetto, è una nave commerciale, l’esercizio che ha svolto non è illecito. Le persone salvate sono naufraghi sottratti alla morte. L’immigrazione è un fenomeno che si sviluppa su due punti della terra ferma, il punto di partenza e quello di arrivo. Invece la mare Jonio ha effettuato un soccorso in mare, sottraendo queste persone alla morte. Le he prese in mare, salvate e portate a terra. Tutto il resto è propaganda”.
Si sta riferendo alla campagna elettorale di queste settimane con al centro anche l’immigrazione?
“Sono state giornate abbastanza convulse. Nei giorni scorsi abbiamo avuto 70 persone che sono arrivate a Lampedusa in maniera autonoma, altre 40 sono state salvate dalla marina militare e 30 dalla Mare Jonio. Ciò significa che le partenze non sono diminuite, quel sillogismo propagandato da Salvini, secondo il quale ci sono meno sbarchi, è falso e fuorviante. Così come l’annuncio del sequestro della mare Jonio prima ancora che venga convalidato”.
Insieme all’annuncio del sequestro della nave mare Jonio, Salvini ha parlato del decreto Sicurezza bis. Da comandante della Marina militare, prima che da senatore, cosa ne pensa?
“Ho letto che ci sarà una multa di 5000 euro per ogni vita umana salvata in mare. Questa norma contraddice l’ordinamento. Significa che chi salva paga, ma bisogna tener presente che chi non salva le persone va in galera perchè noi abbiamo l’obbligo di salvare i naufraghi in difficoltà ”.
Un altro passaggio della bozza del decreto prevede di “attribuire al ministro dell’Interno la competenza a limitare o vietare il transito e/o la sosta nel mare territoriale qualora sussistano ragioni di ordine e sicurezza pubblica”. Ritiene ci sia un conflitto di competenza?
“Il Ministero dell’Interno per definizione lessicale si deve occupare dei fatti interni al territorio e il mare non è totalmente territorio dello Stato. Perchè fa capo all’amministrazione dei Trasporti o come si diceva una volta alla Marina mercantile. La decisione di Salvini ha solo un motivo di carattere personalistico, cioè attribuire a se stesso un potere che gli consente di continuare a fare campagna elettorale ma non ha alcun senso istituzionale. I ministri del Movimento 5 Stelle non possano approvare una follia di questo genere”.
I 5Stelle però in questi giorni stanno tenendo il punto sul tema dell’immigrazione.
“Bisogna vedere cosa faranno tra due settimane quando la campagna elettorale sarà finita. Questo decreto bis è l’anticamera dell’autoritarismo. Salvini lo ha presentato per forzare la mano così l’opinione pubblica può vedere in lui ancora lo sceriffo nonostante la debacle della questione che ha riguardato il sottosegretario Siri e le sue dimissioni. Se i ministri M5s non si oppongono, il loro giuramento viene meno. Il fatto che il premier Giuseppe Conte, ieri nella circostanza del soccorso, abbia risposto immediatamente, mi lascia ben sperare che forse qualche anticorpo, in Italia, ancora potrebbe esserci”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
E IL PRESIDENTE LEGHISTA FONTANA E’ FINITO DRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI
In Lombardia è impossibile fare affari con la pubblica amministrazione senza “accordarsi” con imprenditori concorrenti, foraggiare amministratori prezzolati e oliare politici disonesti.
Non solo, gli eletti sono, in larga parte, semplici “yes man” con un dominus nascosto — spesso un relitto di Tangentopoli -, al quale obbediscono a bacchetta.
Sono alcune delle tristi verità che si evincono dall’inchiesta sulle tangenti che in questi giorni sta falcidiando i vertici di Forza Italia in Lombardia e che ha portato il presidente leghista della regione, Attilio Fontana, dritto nel registro degli indagati.
Un’indagine che appare ben lungi dall’essere conclusa. Una storia già vista, si potrebbe pensare — anche perchè era dai tempi di Tangentopoli che dalle parti del Palazzo di giustizia di Milano non si vedevano imprenditori con l’avvocato al seguito presentarsi spontaneamente dai magistrati per autoincolparsi di corruzione -, ma non è così.
Le 712 pagine dell’ordinanza predisposta dalla Dia (cioè dall’antimafia, perchè oltre alla corruzione nella regione più industrializzata d’Europa c’è anche tanta ‘ndrangheta), che hanno portato a 23 arresti e a 90 indagati, al di là dei singoli reati tutti da dimostrare, raccontano molto.
Per esempio, dicono che chi decide candidature, giunte comunali e provinciali, governi regionali, presidenti di commissioni, direttori generali di ospedali, partecipate e enti vari, non sono i vertici politici “ufficiali”, quelli visibili, ma oscuri personaggi “attovagliati” in un costoso ristorante nei pressi del Pirellone.
Attilio Fontana, leghista doc, segue tutti i “consigli” suggeritigli da Nino Caianiello, il Burattinaio, il “Mullah” già condannato per concussione, uno che ha appena tentato di corromperlo. E non sembra importargli il fatto che Caianiello sia il dominus occulto di Forza Italia, in teoria un competitor politico. È quel Caianiello che incassa il primo stipendio da consigliere regionale di Angelo Palumbo, planato al Pirellone solo grazie ai voti veicolati da “Nino”.
È quel Caianiello che dà della “cretina” a Laura Comi, ufficialmente un pezzo grosso del partito di Silvio Berlusconi (eurodeputata, vice presidente del Parlamento europeo, coordinatrice provinciale di Forza Italia di Varese), la quale invece viene trattata come una scolaretta alla quale fare “uno shampoo”, perchè non ha ancora ridato parte dei soldi giunti grazie alle consulenze conferitele dall’ente pubblico Afol…
E al tavolo di quel costoso ristorante, trovano spazio anche relitti (pluricondannati) di Mani pulite come il craxiano Loris Zaffra, già presidente di Aler (un altro buco oscuro della regione), che maneggiano il potere usando gli stessi metodi del 1992, piazzando le persone lì dove possono poi ricevere appalti, dare consulenze, elargire posti di lavoro ad altri amici, i quali saranno a loro volta in debito. In un gioco di specchi infinito. L’unica differenza col 1992 è che ora i soldi questi non li danno più al partito, ma se li tengono per sè.
Ma quell’inchiesta dimostra anche come gran parte degli affidamenti pubblici sia frutto di accordi spartitori tra imprenditori, che ritengono la “decima” ai politici di cui sopra un fatto scontato e che si rifanno dell’investimento concertando irrisori ribassi d’asta, depredando le casse pubbliche.
Così lo Stato si ritrova a pagare le tangenti necessarie per fregare lo Stato.
(da “Business Insider”)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
PERCHE’ SI FA MARCIA INDIETRO
Le numerose richieste di reddito dal diritto di cittadinanza stanno spingendo il governo a redigere un apposito formulario per avviare la procedura di rinuncia auspicata, secondo una prima stima, da un numero di persone variabile tra le 60mila e le 130mila unità , ma si tratta di numeri da prendere con le pinze perchè ancora, come ci ha confermato l’Inps, il fenomeno non è misurabile.
Le domande di reddito di cittadinanza presentate al 30 aprile sono state 1.016.977, la Campania è la regione che più ha sollecitato questa misura (172.175 richieste), seguita dalla Sicilia (161.383) e dal Lazio (93.048). Queste 3 regioni, da sole, compongono oltre il 40% delle richieste.
Molise (6.388), Trentino-Alto Adige (3.695) e Valle d’Aosta (1.333) sono le regioni che meno confidano nell’aiuto di stato.
L’Inps ha potuto analizzare poco meno della metà delle richieste (472.970), 335mila delle quali (il 71%) hanno decretato l’erogazione di un importo superiore ai 300 euro, il 21% delle quali persino al di sopra dei 750 euro mensili. Il vituperato assegno da 40 a 50 euro è toccato al 7% dei percipienti.
A fare richiesta sono soprattutto gli over 40 (circa il 60% delle domande), il 22,4% delle domande è stato avanzato da persone nella fascia d’età che va dai 25 ai 40 anni e il 14,5% da persone che hanno più di 67 anni. Il 3% circa delle domande è stato formulato dagli under 25.
I motivi della rinuncia
Da noi contattato, l’Inps ha confermato che è al vaglio l’allestimento di una procedura per la rinuncia al reddito di cittadinanza, non prevista fino a oggi e richiesta con insistenza dai cittadini i quali, mediante i Caf, stanno cercando le informazioni utili per recedere dalle domande presentate. Un comportamento troppo fresco per avere numeri precisi ma reale.
Al momento attuale possiamo però abbozzare alcuni motivi per i quali, tra i richiedenti, c’è chi ha ingranato la retromarcia.
Troppi controlli e denaro al di sotto delle attese.
Percepire il reddito di cittadinanza prevede di sottostare ad alcuni obblighi, a cominciare dalla Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID) e la sottoscrizione di un Patto per il lavoro e l’inclusione sociale. Quest’ultimo, in particolare, prevede che il richiedente si presti a compiti di pubblica utilità , alla riqualifica professionale o al completamento degli studi.
La prima considerazione da fare è che, sotto la voce “povertà ” o “esclusione sociale” il sito Istat dispone di una lunga serie di rapporti e cifre, il cui totale più fresco parla di 5 milioni di italiani interessati da disagi economici di varia intensità .
La risposta popolare al reddito di cittadinanza è stata di gran lunga inferiore alle attese, anche moltiplicando per un coefficiente di 2,5 (persone per nucleo famigliare) il numero di richieste, si arriva a una platea di richiedenti poco superiore ai 2,5 milioni di persone, suppergiù la metà degli italiani in difficoltà .
Qualcosa non quadra, anche mostrando fede cieca nel numero di meno abbienti dichiarato dall’Inps e sventolato con orgoglio a inizio febbraio del 2019 quando il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonchè ministro dello Sviluppo Economico (e vicepremier) Luigi Di Maio, ha mostrato la prima carta per il versamento del reddito di cittadinanza.
La volontà di rinuncia si sta esprimendo proprio in questi giorni, nel pieno della “fase due” dell’iter per la concessione del reddito, quella che prevede i controlli a carico dei richiedenti.
Si può quindi dedurre, per il momento almeno, che permettere all’Inps di setacciare redditi e possedimenti e, nel contempo, prestarsi senza troppe riserve a un impiego, sono deterrenti che spingono alcuni percipienti a non proseguire con la domanda. Il santo non vale la candela
I furbetti dell’aiuto di stato
La legge 26/2019 recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni è stata definitivamente approvata dal Senato lo scorso 27 marzo, per poi essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 29 marzo 2019.
Pochi giorni dopo, durante il primo scorcio di aprile, il legislatore si è trovato confrontato con il fenomeno delle false separazioni, fatte da coniugi in perfetto stato di salute amorosa, nel tentativo di strappare qualche euro in più dallo stato (ovvero dalle tasche dei propri concittadini).
C’è quindi un movimento sotterraneo fatto di sotterfugi e artifici, mediante i quali i cittadini hanno cercato di inserirsi nelle crepe del sistema. Ora, probabilmente anche tra questi, c’è chi ripercorre la crepa a ritroso.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE SUI SIMBOLI DELLO STATO E’ STATO PRESENTATO DAI SOVRANISTI DEL PARTITO NAZIONALE SLOVACCO
Follie del sovranismo e di chi va loro dietro: iIl Parlamento slovacco ha approvato oggi una legge che vieta suonare e cantare inni dei paesi stranieri in Slovacchia in occasioni non ufficiali.
L’emendamento alla legge sui simboli dello Stato è stato promosso dai deputati del Partito nazionale slovacco (Sns) al governo.
Con l’odierna approvazione il Parlamento ha annullato il veto del presidente Andrej Kiska.
La modifica alla legge permette di suonare o cantare inni stranieri in Slovacchia solo nel caso della presenza delle delegazioni ufficiali degli Stati in oggetto.
La nuova normativa entrerà in vigore a meta maggio.
In pratica anche l’inno delle Nazioni di Giuseppe Verdi potrebbe diventare fuorilegge.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL PAPA CONVOCA I GIOVANI ECONOMISTI DEL MONDO: L’IDEA FRANCESCANA DI UN’ECONOMIA AL SERVIZIO DELL’UOMO
Una scelta rivoluzionaria, quella di Papa Francesco, di convocare ad Assisi, per il prossimo marzo, i giovani economisti di tutto il mondo. Una scelta rivoluzionaria come quella di san Francesco, che rifiutò l’economia del tempo per costruire quella improntata al dono, alla fraternità e all’inclusività .
La scelta di Assisi non è casuale, basti pensare che i francescani hanno dato vita ai monti di pietà , hanno inventato l’economia di mercato come risposta all’imbarazzo della ricchezza. Come ci ha detto il professore Stefano Zamagni:
“L’imbarazzo della ricchezza era stato scoperto dai monaci cistercensi — Bernardo da Chiaravalle — che accumulavano denaro nei loro monasteri, ma non riuscivano a farlo circolare, evidenziando la miseria all’esterno. È cosiÌ€ che San Francesco e i francescani escono dai monasteri e creano i conventi: nel convento eÌ€ un “con venire”, ed i conventi devono essere aperti a tutti, e stare nelle cittaÌ€, non fuori. Un’economia partecipata”.
L’idea francescana di economia è al servizio dell’uomo. Nell’incontro di Assisi ci saranno tantissimi giovani imprenditori che proveranno ad invertire sistemi economici iniqui a favore di sistemi circolari, fraterni e solidali. E se la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale e i governi non hanno mai parlato di san Francesco in relazione all’economia ci penseranno Bergoglio e i giovani ed alcuni dei migliori cultori e cultrici della scienza economica, come anche imprenditori e imprenditrici impegnati a livello mondiale per un’economia coerente con questo quadro ideale.
I giovani sono per Papa Francesco il cuore della società . Più di una volta ha chiesto loro di tirare fuori il coraggio, “di essere rivoluzionari, di andare controcorrente e di ribellarsi a questa cultura del provvisorio. Per favore, non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! […] Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore”.
Ora, nero su bianco, senza mezzi termini, il papa lancia il nuovo percorso: “l’economia di Francesco”. È questo il titolo dell’evento di Assisi, per siglare “un nuovo patto comune, un processo di cambiamento globale che veda in comunione d’intenti non solo quanti hanno il dono della fede, ma tutti gli uomini di buona volontà , al di là delle differenze di credo e di nazionalità , uniti da un ideale di fraternità attento soprattutto ai poveri e agli esclusi”.
È la quarta volta di Bergoglio ad Assisi in soli sei anni. Un record se pensiamo che Giovanni Paolo II in un quarto di secolo ha visitato la città di Francesco sei volte.
“Quando al centro del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro — sono parole ricorrenti del Pontefice -, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E così si ‘scarta’ quello che non serve a questa logica: è quell’atteggiamento che scarta i bambini e gli anziani, e che ora colpisce anche i giovani”.
Ad Assisi nel nome di Francesco, per un’economia diversa, che non uccide, non esclude, ma dà vita e umanizza.
(da agenzie)
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Maggio 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROVOCAZIONE ARTISTICA DELLA STREET ARTIST CRISTINA DONATI MEYER
Matteo Salvini, il ministro dell’Interno, picchia con un manganello Luigi Di Maio, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico: è il nuovo murale comparso a Milano, sui Navigli.
La scena del graffito è violenta e sconcertante. Il vicepremier leghista schiaccia con la violenza il collega grillino e lo prende a manganellate.
Circa un anno fa, marzo 2018, a Roma avevamo visto il leader della Lega e il leader del Movimento 5 Stelle raffigurati mentre si baciavano, con alle spalle un cuore rosso.
Era l’inizio della relazione al governo, tempi gioiosi dopo la vittoria elettorale. Ma con il tempo l’amore tra i Matteo Salvini e i Luigi Di Maio si è consumato e, dopo un anno, li vediamo sempre litigare.
Non vanno più d’accordo su nulla: dai migranti alla cannabis light, Tav, Province, Tap, Trivelle, sgomberi, Roma e la sua sindaca Virgina Raggi. Il governo è spaccato praticamente su tutto. La rottura per molti infatti è vicina.
Chiuso il caso Siri i due si sono messi subito alla ricerca di qualche altro terreno di scontro e propaganda. È sufficiente un qualsiasi tema per rinverdire una contrapposizione.
Il murales feroce apparso su uno dei ponti dei Navigli di Milano è stato intitolato “Stato di Polizia“. L’autore è la street artist Cristina Donati Meyer.
(da agenzie)
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