Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
“LA VERITA’ E LA GIUSTIZIA NON HANNO PREZZO, QUALCUNO E’ FINITO SULLA CROCE PER QUESTO E NON AVUTO APPLAUSI”… “I SEDICENTI CATTOLICI CHE ISTIGANO ALL’ODIO NE RISPONDERANNO DAVANTI A DIO E ALLA LORO COSCIENZA”
“C’è un uomo che soffre. Potrebbe essere mio fratello, potrei essere io, laddove c’è sofferenza non posso voltare le spalle”: a parlare al Sir è il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. La cosa “più logica” sarebbe far sbarcare le 42 persone ancora bloccate in acque internazionali sulla nave Sea-Watch 3 e poi decidere dove accoglierli: “L’Europa è così grande, non credo che così poca gente possa mettere in crisi un continente”.
Per il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, le leggi “dovrebbero essere fatte per rispettare gli uomini, invece a quanto pare ci dimentichiamo di avere davanti a noi degli esseri umani”.
E’ il suo commento alla vicenda della nave Sea-Watch 3 bloccata da dodici giorni in acque internazionali, al largo delle coste di Lampedusa, con 42 persone a bordo, alcuni dei quali in condizioni fisiche molto precarie a causa delle torture subite nei centri libici.
“Che esseri umani debbano vivere così, in attesa chissà di chi o cosa, soltanto perchè ci sono dei “no” mi sembra incomprensibile. Perchè va contro ogni logica: della sicurezza, della difesa… Si resta proprio senza parole.
E’ una società incattivita? Non riesce più a considerare l’altro, il diverso da sè, un essere umano?
Oramai stiamo cavalcando il cavallo dell’odio. La cosa più triste è che se una persona ha un’idea tutti possono permettersi il lusso di insultare, invece di avere un sereno confronto delle idee su qualsiasi argomento. Oggi ti intimoriscono perchè tu non parli però loro possono gridare. Ma questa è convivenza, società civile, cercare il bene comune? Ci stiamo incamminando verso la via della prepotenza e del far west. Quello che ha la pistola più veloce spara per primo.
Inoltre sui migranti vengono diffuse fake news a scopo di consenso.
Mi sembra assurdo dover massificare così la gente, le categorie di persone, gli esseri umani. La mia terra ha 155.000 migranti all’estero. Se avessero trovato porte chiuse cosa avrebbe significato per questa gente? Se dovessero rimandarli tutti indietro — qui non c’è lavoro, non ci sono industrie — come farebbero?
Intanto nella sua diocesi, il parroco di Lampedusa dorme da diverse notti sul sagrato per dimostrare solidarietà ai migranti della Sea-Watch e chiedere lo sbarco.
Ho mandato un messaggio, sono con loro. E’ una protesta silenziosa che non insulta nessuno. Ci si mette accanto a chi soffre. Il Vangelo ci insegna questo.
Il gesto del parroco ha colpito molto ed è stato imitato anche in altre località .
E’ chiaro. Il problema non è la critica, mi meraviglierei se non ci fosse. Noi abbiamo il dovere di vivere le beatitudini. Il Vangelo o lo prendo tutto o lo lascio tutto. Non posso scegliere solo le pagine che mi piacciono.
Però la comunità cattolica sul tema migranti è divisa: c’è chi non accetta proprio le pagine che invitano all’accoglienza dello straniero.
Ognuno dovrà vedersela con la propria coscienza. Escludere l’altro, che sia un profugo o il disabile o il povero o l’anziano, vuol dire costruire una società dell’esclusione.
Pochi fortunati che decidono mentre la maggioranza deve sottostare alle decisioni di pochi. Dove c’è un uomo che soffre là ci dobbiamo tutti fermare. Il Signore ha fatto scrivere la pagina del Buon Samaritano e davanti a quella dobbiamo interrogarci: e io?
Qual è il dunque il suo appello oggi?
C’è un uomo che soffre. Potrebbe essere mio fratello, potrei essere io, laddove c’è sofferenza non posso voltare le spalle.
Nemmeno altri Paesi europei hanno dimostrato disponibilità all’accoglienza.
Con queste vicende abbiamo avuto la prova di cosa è l’Europa. L’Europa non esiste. Se serve solo come banca è una cosa. Se invece deve unire delle nazioni allora può dichiarare fallimento, perchè non sta affrontando i problemi. Se ognuno pensa per sè perchè insistono tanto sull’Europa unita? La somma di tutti egoismi non fa mai una comunità .
Una soluzione potrebbe essere farli sbarcare a Lampedusa e poi decidere dove accoglierli?
Sarebbe la cosa più logica. L’Europa è così grande, non credo così poca gente possa mettere in crisi un continente. Saperli ripartire, magari non tutti vogliono stare in Italia perchè hanno parenti altrove. E’ possibile che non ci si riesce ad organizzare? Oramai il tema immigrazione è diventato un modo per non parlare di altri problemi. Ma questo non è costruire il futuro.
Il paradosso è che, in questo caso, stiamo parlando di 42 persone a fronte di 500 milioni di abitanti. Invece si usa sempre il termine invasione.
In Europa siamo stati tutti invasori e invasi. Mi chiedo se, a furia di stare solo tra noi, ce la faremo a sopravvivere? Se le statistiche sono vere ci dicono che nel 2050 saremo dai 7 ai 10 milioni in meno di italiani. Allora dovremo telefonare a questa gente e dire: venite, vi paghiamo il viaggio? Possibile che non vogliamo cominciare a costruire il futuro già da adesso?
Il problema è che, per effetto del decreto sicurezza bis, la nave rischia il sequestro e una multa molto salata.
Poi ci sarà il decreto ter e quater… faremo una somma di decreti, tutte forme più o meno pulite. Sono leggi che dicono: qui non devi mettere piede. Quando diciamo “aiutiamoli nella loro terra” chiediamoci cosa ha fatto l’Occidente per aiutarli.
Questo per dire che la legalità non sempre va di pari passo con la giustizia?
C’è stato qualcuno che per la verità è finito sulla Croce, non ha avuto applausi. Perchè la verità e la giustizia hanno sempre un prezzo alto. Anche la misericordia ha un prezzo alto.
Qual è il suo auspicio?
C’è da augurarsi che certe cose non succedano più.Io amo gli animali e li rispetto. Ma ho davanti agli occhi un poster con il volto di un cane e la scritta “Non mi abbandonare”. Perchè un uomo questa frase non può scriverla?
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
SI CHIUDE LA STALLA QUANDO I BUOI SONO SCAPPATI, MAI PRIMA
“Finchè non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può
essere più membro di Fratelli d’Italia“: così Giorgia Meloni in una nota annuncia la sospensione del presidente del Consiglio comunale di Piacenza oggi arrestato per ‘ndrangheta perchè, secondo gli inquirenti, faceva parte dell’organizzazione criminale che operava tra le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza e che aveva ai vertici soggetti considerati di primo piano come Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri.
Dopo la notizia degli arresti la Meloni e Fratelli d’Italia sono stati in silenzio fino all’uscita della nota, dove però si fa sapere che “Il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, anche se non legato alla attività politica ma al suo ruolo di funzionario dell’Agenzia delle Dogane che fa capo al Ministero dell’Economia, ci lascia sconcertati”, senza peraltro precisare se invece il ruolo di funzionario dell’Agenzia delle Dogane non abbia per caso contribuito al suo approdo in politica.
Di certo il presidente del consiglio comunale di Piacenza aveva le idee chiare su come aiutare la ‘ndrangheta.
A un altro indagato, secondo un’intercettazione dell’8 settembre 2015 agli atti dell’inchiesta Grimilde diceva “Perchè io ho mille amicizie, da tutte le parti, bancari… oleifici… industriali, tutto quello che vuoi… quindi io so dove bussare… quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi… dopo che mi hai immischiato e mi hai bruciato… è finita”.
Nel dialogo intercettato Caruso, che secondo il Gip ha un ruolo “non secondario nella consorteria”, spiegava a Giuseppe Strangio che, in relazione alla funzione che all’epoca rivestiva all’ufficio delle Dogane di Piacenza, avrebbe dovuto cercare di mantenere un certo distacco da Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri) perchè questi, come il padre Francesco, era controllato dalle forze dell’ordine.
Sarebbe quindi stato più utile per la consorteria, ricapitola il Gip, che Caruso non apparisse all’esterno come un associato, “al fine di poter agire nell’interesse del sodalizio con più efficacia”.
“Ultimamente — si legge nella conversazione di Caruso, intercettata — Salvatore stesso (sottinteso: mi dice) ‘stai a casa, lasciami stare, vediamoci poco’. Perchè? Perchè è giusto che sia così… nel senso che io dal di fuori se ti posso dare una mano te la do, compà , perchè al di fuori mi posso muovere… guardo, dico, se c’è un problema, dico: ‘stai attento’. Altrimenti, dopo che si viene ‘bruciati’, “la gente ti chiude le porte, la gente mi chiude le porte… che vuoi da me… se tu sei bruciato non ti vuole… hai capito quello è il problema… quindi allora se tu ci sai stare è così… loro invece a tutti i cani e i porci è andato a dire che io riuscivo… che a Piacenza io riuscivo a fare i libretti, le cose”.
E c’è anche altro. Mentre parlava con il fratello Albino, anche lui arrestato, era ancora più esplicito: “Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico… Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?”. Secondo il Gip Alberto Ziroldi, che ha per lui disposto la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, Caruso con quelle parole stava “illustrando in modo assolutamente genuino quale fosse il reale intento e scopo dell’organizzazione criminale nell’aiutare la società Riso Roncaia Spa”.
In un altro passaggio dell’ordinanza, il giudice sottolinea come i fratelli Caruso abbiano fornito “in più occasioni la confessione stragiudiziale della loro appartenenza al sodalizio criminoso, comportandosi di conseguenza”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
LA CASSA E’ NATA E HA SENSO SE RIMANE FUORI DAL PERIMETRO PUBBLICO, COSI’ LA SI INDEBOLISCE
La decisione del ministero dell’Economia, guidato da Giovanni Tria, di chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), controllata all’82,7%, la distribuzione di un dividendo aggiuntivo di 952 milioni di euro, è legittima ma allo stesso tempo pone una serie di problemi da non sottovalutare, tra cui la permanenza della stessa Cdp al di fuori del perimetro dell’amministrazione pubblica.
Vediamo perchè.
Essendo la richiesta del dividendo arrivata esplicitamente dal Tesoro — come tra l’altro recita il comunicato stampa della Cdp — ed essendo il miliardo destinato esplicitamente a contenere il deficit pubblico, insieme ad altre risorse che il ministero di Tria sta cercando di raggranellare in questi giorni, implicitamente si sta mettendo a rischio una delle caratteristiche che ha contraddistinto la Cassa da metà degli anni Duemila fino a oggi: la sua permanenza al di fuori dal recinto del bilancio pubblico.
Una connotazione che permette alle sue attività e passività di non essere incluse nel conteggio del debito pubblico e che ha consentito, in più di un’occasione, di trasferire partecipazioni importanti dal Mef alla Cassa destinando il corrispettivo all’abbattimento del debito pubblico.
L’attuale architettura della Cdp era stata pensata dal ministro Tremonti agli inizi degli anni Duemila: una Spa controllata dallo Stato (Mef ha l’82,7%), con la presenza nell’azionariato delle fondazioni bancarie a segnalare un baluardo di mercato alla sua gestione, il tutto posto al di fuori dell’amministrazione pubblica.
Applicando anche all’Italia l’esempio della francese Caisse des Dèpot et Consignations e della tedesca Kfw che, benchè controllate al 100% dallo Stato venivano considerate entità esterne all’amministrazione pubblica e quindi non contribuivano a peggiorare i parametri del debito pubblico.
Un beneficio molto utile per due paesi che si apprestavano a sforare il 3% di rapporto deficit/pil senza però incorrere nelle procedure di infrazione che al contrario oggi si stanno abbattendo sull’Italia.
Dunque con la Cdp incastonata in un delicato equilibrio fatto di controllo pubblico e comportamenti privati e di ‘mercato’, anche per non incorrere negli strali degli aiuti di stato, bassa patrimonializzazione ma rispetto volontario delle regole di Basilea per le banche, il Tesoro nel corso degli ultimi 15 anni ha condotto una serie di operazioni che hanno portato al trasferimento di asset fuori dal suo perimetro ricevendo in contropartita dalla Cassa risorse finanziarie che sono andate ad alleviare la montagna del debito pubblico.
Così fu per le dotazioni iniziali di azioni di Eni, Enel, Stm, Terna che uscirono dal recinto del Tesoro e così fu anche nel 2012, sotto il governo Monti e con Vittorio Grilli ministro dell’Economia, quando il Tesoro trasferì a Cdp un pacchetto di attività formato da Sace, Simest e immobili del valore di 10 miliardi.
Tornando a oggi, il blitz del Tesoro volto a convocare in fretta e furia un’assemblea di Cdp per deliberare un dividendo aggiuntivo da circa un miliardo rispetto a quello già importante di 1,55 miliardi distribuito a maggio, rischia di mettere a rischio il fragile castello costruito negli anni intorno alla Cassa e offrendo un’arma di potenziale revisione a Eurostat che aveva certificato la bontà dell’architettura ai tempi di Tremonti.
La destinazione delle risorse a riduzione del deficit, infatti, su richiesta diretta del Mef, può rappresentare la prova che Cdp non è effettivamente estranea ai conti dell’amministrazione pubblica.
E anche la tempistica molto stretta tra la richiesta e la necessità di far quadrare i conti della prossima manovra di bilancio mette in stretta correlazione il bilancio della Cdp con i conti pubblici.
A ben vedere il Tesoro poteva anche battere un’altra strada se voleva ‘estrarre’ benefici finanziari dalla partecipata Cdp. Come è noto, infatti, la Cassa deposita circa 160 miliardi di risparmio postale presso il conto corrente di tesoreria, ai fini di stabilizzazione del debito pubblico.
Il rendimento di questo conto corrente è stato innalzato durante il governo Renzi e con Padoan ministro del Tesoro, pur in un periodo di tassi calanti, per consentire alla Cdp di avere munizioni adeguate a gestire partite importanti, dalla Saipem, al fondo Atlante per il salvataggio delle banche a Open Fiber.
La remunerazione del c/c tesoreria è il vero bazooka nel bilancio della Cassa la quale da una parte deve pagare alle Poste una commissione di collocamento dei propri strumenti finanziari ai risparmiatori postali, pari a circa lo 0,6%; dall’altro lucra il rendimento garantito dal Tesoro frutto di un tratto di penna del ministro.
Poichè i tassi di interesse sono ancora ai minimi e rimarranno bassi ancora per molto, come annunciato da Draghi, il ministro Tria poteva ridimensionare il proprio esborso per interessi abbassando la remunerazione del conto corrente di tesoreria.
Ma evidentemente questa mossa avrebbe mostrato i suoi benefici a partire dall’anno prossimo mentre il ministro ha bisogno di soldi subito per far quadrare i conti della prossima legge di Bilancio. Di qui l’incursione diretta sul dividendo che però lascia le impronte digitali del Tesoro sparse ovunque.
Vi è poi una seconda questione da segnalare: è noto che i rapporti personali tra il vertice della Cassa, formato dal presidente Massimo Tononi (indicato dalle Fondazioni bancarie azioniste con il 15,9%) e dall’amministratore delegato Francesco Palermo (indicato, dopo un duro braccio di ferro con la Lega, dal Movimento 5 Stelle) e la struttura del Mef capitanata dal ministro Tria, non siano tra i più fluidi.
Anzi, le occasioni di scontro si sono susseguite nei mesi scorsi, tanto che più volte sono state ipotizzate dimissioni in segno di protesta, come dimostrano anche gli svariati tentativi (almeno quattro) di nominare il nuovo vertice della Sace, al momento ancora senza esito positivo.
Quindi la scelta di far pagare quasi un miliardo di dividendo straordinario dalla Cdp al Tesoro può anche essere interpretato come un segnale della volontà di togliere munizioni importanti dal tavolo di Palermo e per via indiretta al M5s i quali vorrebbero invece la Cassa sempre più impegnata, anche finanziariamente, a risolvere alcune importanti partite industriali, da Tim ad Alitalia.
Nelle prossime settimane si potranno misurare meglio le conseguenze di questa scelta e se vi saranno interventi di qualche tipo da parte di Eurostat o Bruxelles.
(da “Business Insider“)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
PRIMA PROVOCA E MINACCIA LE DONNE, POI SCAPPA
Un giovane e “coraggioso” omofobo ha tentato di intrufolarsi nel corteo del Pride di Bologna di
sabato scorso. Le cose però non sono andate come sperava (in realtà non è nemmeno chiaro cosa sperasse di ottenere) perchè è stato allontanato senza che nessuno si facesse del male.
O meglio, è stato messo in fuga da un gruppo di manifestanti che non ha dovuto nemmeno sfiorarlo.
Eppure il nostro eroe era lì per fargliela vedere a quegli invertiti e a quelle pervertite del Pride. Una volta individuato e costretto a rifugiarsi sotto i portici il prode difensore della famiglia naturale non ha certo smesso di minacciare e insultare i presenti prendendosela in particolare con le donne.
Il tutto mentre una piccola folla di persone gli urlava “scemo, scemo”.
Ad un certo punto ha anche puntato contro una delle ragazze che lo fronteggiavano invitandola a fare a pugni. Perchè naturalmente picchiare una donna è il massimo del machismo.
Quando però gli si sono fatti sotto due uomini barbuti il simpatico omofobo prima ha rifilato un buffetto sulla guancia, uno di quelli che non fanno nulla e poi se l’è data a gambe levate lungo i portici, rincorso da un tale che brandiva come unica arma un ombrello arcobaleno (quel giorno a Bologna ha piovuto molto).
Non una ritirata virile e maschia, ma una fuga precipitosa perchè dopo aver preso di mira una ragazza un uomo si è fatto avanti dicendo “ma che cazzo fai”.
È possibile che l’anonimo omofobo non si fosse reso davvero conto di essere circondato da una folla di persone e che pensasse di poterne uscire con onore.
Quando si è messo a scappare sotto i portici però non sembrava molto preoccupato di uscirne in maniera onorevole quanto di non prenderle.
Forse la prossima volta imparerà che è molto più semplice rispettare le preferenze sessuali altrui. Molti poi hanno notato che quando sono da soli e non assieme al branco generalmente questi sgradevoli personaggi sono poco propensi a sfoggiare tutte le loro abilità belliche.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
IL MUTUO DA 600 MILIONI CONCESSO DALLA BANCA DI SAN MARINO CON GARANZIE ZERO
Prima che la tempesta giudiziaria li levasse di torno, Armando Siri ed Edoardo Rixi erano i gemelli del goal del Capitano Matteo Salvini.
Poi uno dei due è stato acquistato dalla procura di Roma e l’altro dal tribunale di Genova e così la coppia di governo è scoppiata.
Ma rimane l’amore, direbbero i sentimentali.
E infatti il Fatto Quotidiano ci fa oggi sapere qualcosa sulla strana storia del mutuo di Siri a San Marino — perchè ci venne finanziato il 100% dell’immobile e perchè non c’erano le garanzie — sulla quale adesso c’è l’ipotesi di autoriciclaggio:
È autoriciclaggio l’ipotesi di reato contestata nell’indagine della Procura di Milano sul caso dell’acquisto da parte dell’ex sottosegretario leghista Armando Siri di una palazzina a Bresso, nel Milanese, attraverso un mutuo di 585 mila euro acceso con una banca di San Marino. L’inchiesta è ancora agli inizi e sarebbe a carico di ignoti, quindi senza indagati.
Al centro della vicenda c’è la compravendita da parte di Siri di una palazzina per la figlia a Bresso grazie a un mutuo di circa 600 mila euro concesso “senza garanzie” dalla Banca Agricola Commerciale di San Marino.
Una compravendita alla quale la trasmissione Report oltre un mese fa ha dedicato una puntata e che la Banca d’Italia ha incasellato come operazione sospetta e “girato” alla Guardia di Finanza che ha redatto un’informativa.
L’ex sottosegretario della Lega non è indagato per questa vicenda, mentre è sotto inchiesta a Roma per corruzione per aver tentato di promuovere provvedimenti per favorire l’imprenditore Paolo Arata in cambio di 30 mila euro, dati o promessi.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
TRIFOLI NON AVEVA NEANCHE DIRITTO ALL’ASPETTATIVA
Il nuovo sindaco di Riace, Antonio Trifoli, non poteva essere eletto. Il borgo in provincia di Reggio
Calabria, noto in tutto il mondo per il suo sistema di accoglienza dei migranti quando il primo cittadino era Mimmo Lucano, poi coinvolto in diverse vicende giudiziarie, obbligato a vivere fuori dal paese e non eletto come consigliere comunale, sembra non trovare pace.
Trifoli, eletto con il 41% con una lista civica vicina alla Lega, tra cui figurava anche Claudio Falchi, il segretario della locale sezione di Noi con Salvini non avrebbe avuto i requisiti per diventare sindaco.
L’attuale primo cittadino, infatti, durante la campagna elettorale per le amministrative, era impiegato come dipendente comunale con il ruolo di ispettore della sicurezza del comune, cioè un agente di polizia municipale ovvero un vigile.
L’articolo 60 della D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, il Testo Unico degli Enti Locali, stabilisce infatti che non sono eleggibili alla carica di sindaco tutta una serie di figure che hanno rapporti di collaborazione subordinata con le amministrazioni pubbliche fra cui, appunto, «i dipendenti del comune e della provincia».
Trifoli, come riporta La Repubblica, aveva un contratto a tempo determinato, ma ciò complicherebbe ulteriormente la questione.
La giunta comunale di Riace, con delibera n. 28 del 26 aprile 2019, aveva concesso a Trifoli l’aspettativa, non retribuita, per il periodo che andava dal 27 aprile al 31 maggio 2019, al fine di consentirgli la candidatura a Sindaco della cittadina.
Ma il neo sindaco, a questo punto sub iudice non avrebbe potuto avvalersi dell’istituto dell’aspettativa in quanto questo è previsto soltanto per i dipendenti pubblici a tempo indeterminato.
Trifoli, uscito vittorioso dalle urne, ora rischia di dover rinunciare alla carica: e Riace, dopo l’allontanamento e la sospensione di Lucano, di trovarsi, nuovamente, senza sindaco.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
LA MOSSA PER CONTRASTARE AL NORD IL MAGGIORDOMO LEGHISTA
Mariastella Gelmini è stata la prima a parlare del congresso di Forza Italia e ora, con il treno delle primarie azzurre instradato su un binario libero da Silvio Berlusconi, ha deciso di rompere gli indugi: «Io mi candido…».
La cornice di questa scelta – che prescinde dal passo in avanti già fatto da Giovanni Toti e da Mara Carfagna per scalare la leadership del partito – ha solidi appigli nell’asse geografico Milano-Brescia, tra i sindaci e i consiglieri regionali in Lombardia e nel Nord, nell’associazionismo non solo cattolico, nei ceti professionali e produttivi. Tanto da far dire a Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia, che la sua «candidatura sarà rappresentata da una fotografia di gruppo e non dall’immagine di una sola persona». Di tutto questo il presidente Berlusconi è al corrente.
Presidente, alle primarie, dunque sarete almeno in tre: Toti, Carfagna e lei…
«Mi permetta però di inquadrare bene questa nuova fase che sta attraversando il partito. Il presidente Berlusconi ha inaugurato un nuovo corso e, con un grande gesto di generosità , ha reso contendibile il partito. Però, ora dobbiamo essera all’altezza della sfida lanciata da Berlusconi: il dibattito non deve essere autoreferenziale e incentrato sulla selezione della classe dirigente ma deve catturare l’attenzione degli elettori».
Dentro Forza Italia si parla poco di programmi?
«Dobbiamo ripartire dall’Italia che produce non da quella che aspetta il reddito di cittadinanza. Puntare sul ceto medio indebolito dalla crisi: no al salario minimo, sì al taglio del cuneo fiscale perchè Forza Italia rappresenta il paese che lavora e che fa impresa. Gli imprenditori, non solo al nord,sono stanchi di Di Maio che li chiama prenditori».
A proposito, è orgogliosa della squadra Fontana-Malagò-Sala-Zaia che ha strappato alla Svezia le olimpiadi invernali del 2026?
«Va dato atto che ha agito una grande squadra. Ha vinto la buona amministrazione: poche chiacchiere e fatti concreti».
Forza Italia, che sul territorio governa con la Lega, sarà sempre collocata nel centro destra?
«Sì perchè Berlusconi è il fondatore del centro destra. Ma non saremo la stampella della Lega, alla quale chiediamo pari dignità , nè strizzeremo l’occhio alla sinistra come facevano i vecchi partitini di centro. Tra la destra di Salvini e la sinistra di Zingaretti c’è uno spazio enorme e Forza Italia si deve attrezzare per una grande campagna di ascolto soprattutto per intercettare quei milioni di italiani che non vanno più a votare. E penso anche al mondo cattolico, ai valori della famiglia, alla crisi della natalità , al welfare per l’infanzia e le mamme…».
Però Forza Italia sembra presa più dalle beghe interne che dai programmi. Come è partito il nuovo board di cui anche lei fa parte, con Antonio Tajani e Anna Maria Bernini, insieme ai coordinatori Toti e Carfagna?
«Toti è partito con il piede sbagliato. Il board non è ancora stato convocato dal presidente Berlusconi e lui già si è mosso comportandosi da leader dimenticando che è un nominato, come tutti noi. Anche lui è un commissario a tempo e sarebbe surreale se Forza Italia passasse dai nominati di Berlusconi ai nominati da Toti».
Toti ha evitato una scissione,rimane nel partito.
«La scissione non avrebbe fatto bene al partito. Sono contenta del suo ritorno dopo averlo visto ai comizi della Meloni e di Salvini più che a quelli di Forza Italia».
Reggerà lo schema Giovanni Toti al Nord e Mara Carfagna al Sud?
«È corretto pensare di rappresentare tutti i territori ma non siamo nè Forza Nord nè Forza Sud. Siamo Forza Italia, un partito autenticamente nazionale».
Ora lei non rischia di apparire come terzo incomodo tra i due coordinatori indicati da Berlusconi?
«Il primo a chiedere primarie aperte è stato Toti. Magari alla fine saremo anche in 4 in 5: dobbiamo tornare ad essere inclusivi – riflettendo molto sugli elettori che hanno abbandonato Forza Italia – altrimenti non saremo mai più un partito del 15-20%».
Il tavolo delle regole di cui lei fa parte deve stabilire un percorso: congressi territoriali o primarie nazionali?
«Il percorso si vedrà , non entro nei tecnicismi. È sicuro però che la sfida dovrà essere collegiale: coinvolgendo sindaci, amministratori locali e parlamentari. Poi chi si vuole candidare alle primarie lo farà liberamente. E sarà un bene: più candidati vogliono dire più opzioni politiche».
Lei ci sarà , dunque.
«Il mio curriculum – consigliera comunale e regionale, coordinatrice in Lombardia, parlamentare – mi consente di farlo».
Che succede a Forza Italia in caso di voto anticipato?
«La nuova fase è partita. Non potevamo restare fermi dopo una prova elettorale non esaltante nonostante il grande successo personale del presidente Berlusconi».
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
“GENTE CHE ASPETTA UNA CASA E UN LAVORO DA ANNI E RENZI PENSA DI FARE LE OLIMPIADI, RICOVERATELOOOOO”
Il Capitano fa l’ennesima giravolta social. “Vince l’ITALIA, vince lo sport! Viva i giochi olimpici e
paralimpici invernali del 2026”.
Matteo Salvini esulta su Facebook per l’assegnazione all’Italia delle Olimpiadi, che si terranno tra 7 anni a Milano e Cortina. Una vittoria per il Paese, ma soprattutto per la Lega che ha voluto fortemente che i giochi dei cinque cerchi si tenessero in due territori in cui la Lega è fortemente radicata.
Il segretario del Carroccio esulta per il “valore aggiunto” per l’Italia, per i “tanti” investimenti” e per i “20mila posti di lavoro” che verranno creati. Insomma una vittoria su tutta la linea.
Salvini che cinque anni fa, quando al governo c’era un altro Matteo che proponeva di riportare i giochi olimpici in Italia, non era poi così entusiasta dalla prospettiva di farli tenere in Italia. “Gente che in tutta Italia aspetta una casa e un lavoro da anni. E Renzi pensa di fare le OLIMPIADI!! Ricoveratelooooo”, scriveva su Facebook.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 25th, 2019 Riccardo Fucile
ALTRO CHE OSPITARE PERSONE POVERE, QUESTI HANNO UNO STIPENDIO SICURO PAGATO CON SOLDI PUBBLICI… E CI VIVONO PURE I DIRIGENTI DI CASAPOUND
Il Messaggero oggi racconta che l’emergenza abitativa a Roma ha ormai superato i livelli di guardia, visto che ci sono dipendenti del Comune e della Regione che vivono nel palazzo occupato da Casapound a via Napoleone III.
E pazienza se le tartarughe sostenevano che a dormire nello stabile fosse gente che non aveva soldi per un alloggio mentre questi hanno uno stipendio sicuro pagato con soldi pubblici.
Agli atti dell’inchiesta della Corte dei conti sul mancato sgombero del palazzo sede di CasaPound in via Napoleone III, nel quartiere Esquilino di Roma, ci sono i reportage fotografici effettuati dalla Finanza il giorno del sopralluogo all’interno dell’immobile: immagini di 58 locali, 3 magazzini, 3 stanze di uso comune, 2 sale conferenze.
E c’è anche l’elenco degli occupanti — con dichiarazione dei redditi annessa — che evitando di pagare l’affitto per 16 anni hanno provocato un danno erariale alle casse pubbliche da 4,6 milioni di euro.
Dagli atti emerge che in via Napoleone III abita anche uno dei fondatori della formazione di estrema destra, Gianluca Iannone.
È dipendente della Mag Srl,società di cui la moglie ha il 50 per cento di quote e che «gestisce l’attività di ristorazione denominata Osteria Angelino dal 1899, in via Capo d’Africa», si legge nell’informativa delle Fiamme gialle.
Ha la residenza nel palazzo anche Alberto Palladino, detto “Zippo”, che era finito sotto processo per avere aggredito con spranghe e bastoni alcuni militanti del Pd che stavano affiggendo dei manifesti in via dei Prati Fiscali.
Ed ecco i dipendenti pubblici:
La verifica sui redditi — prosegue la Finanza- è stata effettuata «per riscontrare la presenza di situazioni di vulnerabilità , con riferimento agli occupanti che hanno stabilito la residenza anagrafica al civico numero 8 di via Napoleone III».
Dalle indagini è emerso che nella sede di CasaPound abitano il marito di una dipendente della Ragioneria Territoriale dello Stato, un dipendente della Laziocrea Spa, società in house della Regione Lazio, due dipendenti di Zètema Progetto Cultura, società in house del Comune di Roma, due dipendenti della Cotral, l’azienda di trasporto pubblico regionale, e una dipendente del Campidoglio.
«Gli accertamenti — chiosa la Finanza — contrastano con le affermazioni del comunicato diramato da Casa Pound e da Simone Di Stefano-leader del movimento — il 27 ottobre scorso», dopo il sopralluogo degli inquirenti.
Aveva dichiarato che in via Napoleone III erano ospitate 18 famiglie in stato di emergenza abitativa. Circostanza che, per gli investigatori, è smentita «dai redditi dichiarati».
(da “NextQuotidiano”)
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