Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
NON DOVEVA ESSERE LA SOLUZIONE RUSSA AL CONTAGIO?
Per il quarto giorno consecutivo oggi ci sono oltre 10 mila nuovi casi da Coronavirus SARS-
COV-2 e COVID-19 in appena 24 ore in Russia dove l’epidemia non si ferma.
Il bilancio adesso è di 165.929 contagi ufficiali su scala nazionale; e con 86 nuovi decessi, il numero totale delle vittime è arrivato a 1.537.
E la situazione, mentre comunque si sta pensando di allentare le misure del lockdown, fa sì che l’anno del ventesimo anniversario della salita al potere di Vladimir Putin in Russia stia coincidendo con la più grande crisi che il sistema politico messo in piedi dall’ex agente del Kgb, diventato presidente nel 2000, sia stato mai chiamato ad affrontare.
Repubblica scrive oggi che dopo aver contagiato il premier Mikhail Mishustin – rimpiazzato ad interim dal vice Andrej Belousov – e il ministro delle Costruzioni Vladimir Jakushev, ieri si è portato via Evgenij Mikrin, alto dirigente del programma spaziale russo che un mese fa aveva guidato l’ultima missione verso la Stazione spaziale internazionale.
Ed è di pochi minuti fa la notizia che anche la ministra della Cultura Olga Lyiubimova è positiva a SARS-COV-2. E il tutto non può non ripercuotersi sulla popolarità di Putin: secondo l’istituto indipendente di sondaggi Levada Tsentr, il suo tasso è slittato al 58%, mentre quello di fiducia è precipitato al 28%, il minimo storico dal 2006.
In tutto ciò, è un vero peccato che non si abbiano più notizie del tizio che il 17 marzo scorso pubblicava un video su Facebook in cui affermava che in Russia, ovvero all’aeroporto di Mosca, fosse possibile comprare l’Abidol che era “la cura contro il Coronavirus” e il motivo secondo cui in Russia non c’erano casi di Coronavirus (il che era falso già all’epoca): “Voi mi potete dire in Italia come mai sono morte tante persone per questo farmaco che noi non abbiamo e loro ce l’hanno?”, diceva il tizio nel video, prima di concludere: “Un bacione da Mosca”. E magnificavano il “super medicinale” che guariva tutto, anche la gotta volendo
Purtroppo alla fine non è andata così.
Intanto però c’è anche un’altra notizia interessante che arriva da Mosca: la Procura generale in Russia ha chiesto la rimozione di un video, diffuso su youtube e VKontakte, in cui si parla del Coronavirus come di un agente patogeno creato artificialmente a scopo bellico. Si tratta di materiale con informazioni di rilevante natura sociale “inaccurate” che pongono una minaccia alla salute e alla vita delle persone, precisa il comunicato della procura.
Che ha anche bollato come false le tante pubblicità che vendono cure per COVID-19 online. La Russia il mese scorso ha persino approvato una legge che punisce coloro che diffondono informazioni “intenzionalmente false” sul Coronavirus con un massimo di cinque anni di carcere. Numerosi utenti russi di social media sono stati multati in base alla nuova legge. La fortuna di certuni è di essere italiani.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
LA FOLLE POLITICA IN UN PAESE CHE HA RAGGIUNTO QUOTA 72.000 VITTIME E 1,2 MILIONI DI CONTAGIATI
Nella sua visita in Arizona, Donald Trump ha sollecitato la riapertura del Paese anche se il bilancio delle vittime di coronavirus sarà pesante.
“Non possiamo tener chiuso il nostro Paese per i prossimi cinque anni”, ha detto. “Alcuni saranno colpiti duramente? Sì. Ma dobbiamo aprire il nostro Paese e dobbiamo farlo presto”, ha incalzato. Saranno perdute vite umane? “Sì, non resteremo confinati nelle nostre case”, ha ribadito alla Abc News.
Trump ha confermato che la task force contro il coronavirus sarà sostituita forse da un gruppo diverso ma ha assicurato che i due massimi esperti sanitari, Anthony Fauci e Deborah Birx, continueranno a essere consultati.
“Mike Pence e la task force hanno fatto un gran lavoro ma ora stiamo guardando ad una forma un po’ diversa, che riguardi la sicurezza e la riapertura, e avremo probabilmente un gruppo differente preparato per questo”, ha detto. “Missione compiuta? No, per nulla, solo quando sarà finita”, ha aggiunto.
Sono tornati a correre i dati negativi sulla diffusione del Covid-19 negli Stati Uniti. E’ in forte aumento il bilancio dei decessi giornalieri provocati dal coronavirus: nelle ultime 24 ore sono morte 2.333 persone, più del doppio rispetto alle 1.015 persone decedute il giorno precedente. E’ quanto emerge dal conteggio aggiornato della Johns Hopkins University. Il totale dei morti si attesta così a quota 71.982 a fronte di 1.214.572 casi.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
NELLA FABBRICA DOVE I DIPENDENTI HANNO L’OBBLIGO DI INDOSSARLE TRUMP E IL SUO STAFF NON LE USANO DURANTE LA VISITA
La visita del numero uno della Casa Bianca all’interno degli stabilimenti di una fabbrica in
Arizona non è passata inosservata. Il presidente degli Stati Uniti si è recato all’interno di un impianto Honeywell che, da alcune settimane, sta preparando le mascherine N95, utili per evitare la diffusione del Coronavirus.
L’attenzione, però, non è stata sulla visita in sè, ma su Donald Trump senza mascherina all’interno di una fabbrica di mascherine.
L’Arizona è uno degli Stati più contesi e in bilico in vista delle elezioni presidenziali di Novembre. L’azienda a cu ha fatto visita Donald Trump si è assicurata un contratto da oltre 27 milioni di dollari per la produzione di dispositivi di protezione N95. All’interno degli stabilimenti, come ovvio visto che si tratta di un luogo ampio ma chiuso, tutti i lavoratori e i dipendenti hanno l’obbligo di indossare la mascherina.
Ma questa imposizione è stata scongiurata sia per il presidente Usa che per lo staff che lo ha accompagnato.
Le immagini immortalano Donald Trump senza mascherine, così come i membri del suo staff che lo hanno accompagnato all’interno della fabbrica dell’Arizona.
Dopo le prime polemiche, la Casa Bianca ha fatto sapere che, nonostante per i dipendenti ci fosse l’obbligo di indossare dispositivi di protezione per accedere alla struttura, il presidente degli Stati Uniti era stato esentato da quella disposizione. Insomma, il tycoon ha potuto liberamente vagare all’interno degli stabilimenti senza indossare la mascherina.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
NON RISOLVE CERTO IL PROBLEMA CREATO DA SALVINI CHE HA RESO IRREGOLARI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI RICHIEDENTI ASILO CHE GODEVANO DELLA PROTEZIONE UMANITARIA… CI SARA’ MAI UN GOVERNO CAPACE DI METTERE IN GALERA MIGLIAIA DI IMPRENDITORI AGRICOLI ITALIANI CHE SFRUTTANO IN NERO QUESTI EMARGINATI? PERCHE’ NON LO HA FATTO IL M5S CHE STA DA TRE ANNI AL GOVERNO, VERO CRIMI?
Nelle ultime ore la maggioranza si è spaccata su un nuovo tema: quello della regolarizzazione provvisoria dei lavoratori agricoli e del caregiving. Ma in cosa consiste esattamente la proposta e a chi si rivolge?
Lavoro di cura, lavoro domestico e lavoro agricolo. Ci voleva una pandemia per far riconoscere a questi impieghi la qualifica di essenziali. Oscurate per anni da «altre urgenti priorità », le criticità di questi settori tornano ora a farsi strada nel dibattito pubblico e politico, diventando il più fresco terreno di scontro della maggioranza. Oggi, nel pieno della crisi da Coronavirus che ha messo a nudo la vulnerabilità dei lavoratori in quei settori, la politica ricomincia a parlarne. E lo fa tramite una proposta della ministra per l’Agricoltura Teresa Bellanova.
Abbandono, irregolarità , sfruttamento della manodopera: tutte caratteristiche di cui per anni si è nutrita l’economia sommersa di questi settori.
Stando ai dati Istat pubblicati a fine 2019, tra il 2014 e il 2019 nel settore dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca il lavoro irregolare ha rappresentato il 16,9% del totale. Secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, invece, in Italia il tasso stimato di irregolarità nei rapporti di lavoro in agricoltura è pari al 39%. Le cose vanno ancora peggio se si guarda al settore domestico e di cura: su circa 2 milioni di lavoratori, almeno 865mila sono irregolari.
In entrambi i casi, la maggior parte della manodopera (sottopagata) è fornita da stranieri: il 73,1% di colf e badanti non è italiano, così come il 26,2% dei braccianti (dati Coldiretti).
Ecco perchè è praticamente impossibile tenere separato la messa in regola contrattuale e la messa in regola dei documenti. E proprio sul nodo tra lavoro nero e lavoro straniero si gioca la partita nella maggioranza.
Vediamo più da vicino in cosa consiste la proposta della ministra Bellanova.
Quella al governo non è certo una discussione sui diritti umani. La proposta di Bellanova non è a lungo termine ma, come troppo spesso accade in questi anni, si tratta di una misura tampone pensata per venire incontro a una crisi di mercato.
La pandemia da Coronavirus ha creato un’emergenza di manodopera tale da far aprire alla Coldiretti una piattaforma per “agricoltori occasionali” che vogliono dare il loro contributo nelle campagne per evitare che gran parte del raccolto vada buttato.
Parallelamente c’è anche la questione sanitaria. Le condizioni di vita dei migranti irregolari, in larga parte costretti ad abitare in baracche e tendopoli di fortuna, preoccupano il governo dal punto di vista della catena dei contagi. Non è certo una novità che i braccianti agricoli (non solo stranieri) vivano in condizioni disumane.
Lo stesso Aboubakar Soumahoro, sindacalista dell’Usb e a capo del movimento dei lavoratori della terra, aveva spiegato a Open che «nelle baraccopoli fatte di lamiere si vive senza acqua corrente, senza mascherine e senza guanti». Oggi, con i numeri dei morti tracciati a livello internazionale, per la politica è certo più rischioso far finta di non aver previsto il rischio.
Lo scontro si gioca proprio su questo punto.
La parola “irregolari” ha una doppia valenza: da una parte si riferisce alla mancanza di contratto che regola i rapporti di lavoro; dall’altra si riferisce alla mancanza di permesso di soggiorno che riguarda gran parte della manodopera agricola. Se dal punto di vista del lavoro nero le opinioni della maggioranza e delle opposizioni sono allineate («va fatto emergere», dicono in coro), sul secondo punto il terreno si fa scivoloso.
Per Matteo Salvini, autore dei decreti sicurezza che hanno reso ancora più difficile per un migrante fare la richiesta di asilo e per un immigrato richiedere il permesso, si tratta di una «maxisanatoria gravissima».
L’opposizione a Bellanova ha fatto ritrovare la concordia (almeno su questo punto) tra vecchi alleati di governo — anche se Vito Crimi non ha mancato di sottolineare che è stata la Bossi-Fini la più grande «sanatoria» della seconda Repubblica.
Secondo il Movimento 5 Stelle, la «sanatoria» (vale a dire la messa in regola dei lavoratori) servirebbe solo a favorire ulteriore illegalità .
Ma quello su cui sta lavorando Bellanova con il sostegno della ministra dell’interno Luciana Lamorgese — alla quale spetta la prima e l’ultima parola sul tema — non è certo una messa in regola definitiva.
Proprio perchè si tratta di una riflessione unicamente economico-sanitaria, appunto, la proposta di Bellanova è quella di «concedere un permesso di soggiorno temporaneo per sei mesi, rinnovabile per altri sei».
I dettagli sono ancora in studio, ma, a quanto si apprende, per individuare gli irregolari bisognerà fare affidamento sui datori di lavoro: saranno loro a dichiarare di voler regolarizzare i dipendenti e, in cambio, riceveranno degli aiuti economici dallo Stato («ma senza esagerare», ha detto la ministra).
Quanti?
Proprio questa clausola potrebbe far rivedere le stime di Bellanova sul numero delle regolamentazioni. Secondo fonti vicine al dossier, le cifre saranno più basse di quelle annunciate dalla ministra, perchè non tutti i datori di lavoro faranno richiesta di regolarizzazione. D’altronde, perchè cambiare rotta per una “sanatoria” che dura solo per 6, forse 12, mesi?
Bellanova ha parlato di un totale di circa 600mila lavoratori, ma ha anche detto di non «essere in grado di dirlo con certezza».
Secondo gli ultimi numeri forniti dall’Onu, in Italia ci sono circa 680mila persone migranti senza documenti.
Secondo la Relatrice Speciale ONU per il diritto all’alimentazione, Hilal Elver, il numero corrisponde a due volte la cifra rilevata 5 anni fa. Di questi, circa 500mila sono impiegati come manodopera nel settore agricolo. «In agricoltura lavora la più elevata quota di lavoratori irregolari in relazione al numero totale di impiegati nel settore», ha scritto Elver nel rapporto.
Secondo l’Onu, a peggiorare le cose sono arrivati anche i Decreti Sicurezza di Salvini, che hanno contribuito «alla crescita dei migranti senza documenti e la ‘illegalizzazione’ dei richiedenti asilo e spinto sempre più persone nel lavoro irregolare».
Una tesi che, di fatto, è all’esatto opposto di quella di Crimi. Ma non è una cosa che deve stupire: anche il Movimento 5 Stelle era al governo quando quei decreti sono stati approvati.
Le pariole della Bellanova
«Questo tema è ragione di permanenza nel Governo», ha detto. «Significa decidere da che parte stare: se con la legalità e la tutela del lavoro, in agricoltura e dovunque, o con i caporali, la criminalità , la concorrenza sleale che danneggia le migliaia di aziende che scelgono la competitività sana e difendono ogni giorno il valore della responsabilità sociale dell’impresa».
(da Open)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
A FINE MARZO AVEVA AVALLATO LA SCARCERAZIONE DI DETENUTI CON PATOLOGIE GRAVI E OVER 70 PER ALLENTARE LA PRESSIONE SULLE CARCERI… ORA SULL’ONDA DELLE PAROLE DI DI MATTEO RINNEGA LE SUE STESSE DECISIONI
La motivazione ufficiale è il cambiamento dell’attuale situazione socio-sanitaria. 
In realtà , hanno pesato molto di più le polemiche che hanno riguardato la scarcerazione, nel corso dell’emergenza coronavirus, di alcuni detenuti tra cui 376 persone legate alla criminalità organizzata e che erano sottoposte al regime del 41 bis, ritenuto non adatto a soddisfare le condizioni minime di sicurezza in questo particolare momento della storia italiana.
Il ministro Alfonso Bonafede, stando a quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, avrebbe in mente una rapida mossa all’indietro che possa riportare in carcere tutte quelle persone che erano uscite di cella.
Nel corso dell’emergenza coronavirus, la decisione di allentare alcune misure carcerarie viene analizzata sotto un aspetto prettamente burocratico: per diminuire il sovraffollamento delle carceri, uno dei problemi che più erano stati pressanti all’inizio della pandemia e che aveva provocato numerose rivolte, si era deciso, con la circolare del 21 marzo, di dare mandato ai direttori delle carceri di inviare ai magistrati l’elenco dei detenuti con patologie gravi e quelli over 70.
È di oggi la pubblicazione — sulle pagine del quotidiano diretto da Molinari — della lista dei 376 scarcerati tra mafiosi e trafficanti di droga. Di questi, tre erano al 41 bis, gli altri erano inseriti nei reparti di «Alta sicurezza 3» che ospita carcerati per droga e mafia. Tutti i 376 sono stati mandati ai domiciliari perchè ritenuti a rischio Coronavirus o per motivi di salute.
A quel punto il Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, aveva evidenziato che in questa categoria sarebbero rientrati anche 376 persone legate alla criminalità organizzata.
Un elenco imbarazzante che, di fatto, ha messo per la prima volta il ministro Bonafede di fronte al dilemma: cercare di mantenere la sicurezza nelle carceri o favorire la scarcerazione anche di 367 boss della malavita organizzata, con il paracadute della pandemia da coronavirus.
Nell’ambito di questa situazione spinosa si è venuto a inserire anche il caso del pm Nino Di Matteo, che ha rivolto — nelle stesse ore in cui usciva la lista delle scarcerazioni — al ministro Bonafede accuse sulla gestione della sua eventuale nomina al Dap con il cambio d’idea improvviso sul ruolo da affidare al magistrato.
Per questo motivo, partendo dal dato di fatto dell’inizio della fase 2, Bonafede torna indietro sulla propria decisione, allentando una pressione sulla sua figura che, in queste ore, sta diventando insostenibile.
(da agenzie)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
IL M5S NEL 2018 GOVERNAVA CON LA LEGA: FUORI I NOMI DI CHI NON HA VOLUTO DI MATTEO AL DAP, FACENDO UN FAVORE AI MAFIOSI
Quando Nino Di Matteo dice ad Alfonso Bonafede di non tenerlo presente per alcun incarico, dopo che ha praticamente ritirato la proposta di andare a dirigere il Dipartimento amministrazione penitenziaria, il guardasigilli ribatte e insiste: per il posto agli Affari penali del ministero “non c’è dissenso o mancato gradimento che tenga”. “Una frase che, se riferita al Dap, ovviamente mi ha fatto pensare“, dice oggi il magistrato in un’intervista a Repubblica.
E quindi c’è stato un dissenso o un mancato gradimento che ha convinto Bonafede a non nominare Di Matteo al vertice dell’Amministrazione penitenziaria?
Una domanda che, dopo l’intervista dell’ex pm di Palermo, rimane più sospesa che mai.
Ma cosa è successo nel dettaglio nel giugno del 2018?
Di Matteo ha ripercorso il suo racconto a Repubblica. “Era lunedì, il 18 giugno. Ero a Palermo, a casa, il giorno dopo sarei tornato a Roma, nel mio ufficio alla procura nazionale antimafia. Squillò il telefono una prima volta, con un chiamante sconosciuto. Non risposi. Suonò di nuovo. Era Bonafede. Con lui non avevo mai scambiato una parola. C’era stato solo un incontro alla Camera nel corso di un convegno sulla giustizia e poi un altro alla convention di M5S a Ivrea. La telefonata durò 10 o 15 minuti”, è la sequenza dei fatti del magistrato.
Il ministro, continua Di Matteo, “mi pose l’alternativa, andare a dirigere il Dap oppure prendere il posto di capo degli Affari penali. Aggiunse che dovevo decidere subito perchè mercoledì ci sarebbe stato l’ultimo plenum utile del Csm per presentare la richiesta di fuori ruolo. Richiesta che era urgente per il Dap, ma non lo era per la direzione degli Affari penali”.
“Stop da alleati o da altri sul mio nome? Io non posso saperlo” —
Il martedì, a Roma, al ministero della Giustizia “mi sedetti davanti a Bonafede e gli dissi che accettavo il posto di capo del Dap. Lui però, a quel punto, replicò che aveva già scelto Basentini, mi chiese se lo conoscessi e lo apprezzassi. Risposi di no, che non lo avevo mai incontrato”.
E ancora: “Bonafede insistette sugli Affari penali, parlò di moral suasion con la collega Donati perchè accettasse un trasferimento. Non dissi subito no, ma manifestai perplessità . Siamo a giugno, disse Bonafede, lei mi manda il curriculum, a settembre sblocchiamo la situazione“.
Il giorno dopo tornò in via Arenula: “Il nostro ultimo scambio di battute. Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico, lui ribatte che per gli Affari penali non c’è dissenso o mancato gradimento che tenga. Una frase che, se riferita al Dap, ovviamente mi ha fatto pensare”.
Il magistrato sintetizza: “Prima una proposta, poi un’altra. Da allora mi sono sempre chiesto cos’era accaduto nel frattempo. Se, e da dove, fosse giunta un’indicazione negativa, magari uno stop degli alleati o da altri, questo io non posso saperlo”.
Perchè il magistrato non ha parlato fino a oggi di questi fatti? “Per alto senso istituzionale non potevo dire perchè non avete nominato me anche se c’ era chi, accanto a me, faceva le ipotesi più fantasiose, ma io non ho mai voluto dire niente. Se avessi parlato sarebbe apparso fuori luogo, come un’ indebita interferenza”.
E allora perchè ha raccontato adesso questa vicenda? “Dopo le dimissioni di Basentini — spiega — proprio come due anni fa, alcuni giornali hanno di nuovo scritto che mi avrebbero fatto capo del Dap. Quando Roberto Tartaglia è diventato vice direttore eccoli scrivere “arriva il piccolo Di Matteo. Poi domenica sera, quando ho sentito fare il mio nome inserendolo in una presunta trattativa — e sia chiaro che lo rifarei negli stessi termini — ho sentito l’ irrefrenabile bisogno di raccontare i fatti, al di là delle strumentalizzazioni”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“CON DI MATTEO BOSS COME ZAGARIA NON SAREBBERO STATI SCARCERATI”
“I magistrati completamente autonomi, liberi e indipendenti fanno sempre paura al potere. La
ricostruzione che fa Nino Di Matteo della sua mancata nomina al Dap è di estrema sobrietà , la vicenda, invece, è di una gravità inaudita e il ministro Bonafede ha il dovere di chiarirla, cosa che fino ad ora non ha fatto”.
La pensa così l’ex magistrato, oggi sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che chiede al ministro della Giustizia di fare chiarezza e accusa l’ex governo M5S-Lega di non aver messo al centro della sua azione la lotta alla criminalità con la mancata nomina dell’ex pm di Palermo.
Sindaco lei sostiene che con Nino Di Matteo al Dap, i boss non sarebbero stati scarcerati
“Mi sorpresi molto quando seppi che il ministro della Giustizia, allora c’era altra compagine di governo, ma il ministro era sempre Bonafede, che prima si era orientato a nominare Nino Di Matteo, a distanza di poche ore, gli disse che non c’era più questa volontà . Il direttore del Dap deve avere competenze e professionalità . Per come è nitida, cristallina e granitica la professionalità di Di Matteo, pm nel processo sulla ‘trattativaStato-mafia’, oltre che grande conoscitore delle organizzazioni mafiose in generale, sono assolutamente certo che non sarebbe stata scritta una pagina così inquietante: l’uscita dal 41 bis di una serie di personaggi pericolosissimi, come Pasquale Zagaria”.
Nelle carceri alla notizia dell’arrivo al Dap di Di Matteo alcuni detenuti protestarono. È stato un messaggio condizionante secondo lei?
“Non voglio credere che ci sia stato un condizionamento di questo tipo perchè quel tipo di protesta semmai testimoniava la bontà dell’iniziale individuazione di Nino Di Matteo quale responsabile del Dap e a maggior ragione, con quel tipo di notizie che circolavano, un governo che mette al primo posto la lotta alla mafia aveva un elemento in più per dire ‘ho pensato bene a scegliere Nino Di Matteo’. Non voglio credere che sia stato quel motivo e non ho elementi per pensarlo, ma a questo punto è il ministro che ci deve spiegare, cosa che al momento non ha fatto, quello che è accaduto e perchè ha cambiato idea. Di Matteo ha raccontato un fatto chiaro con grande sobrietà e come cittadini italiani, visto che la vicenda è, invece, di una gravità inaudita, dobbiamo saper perchè un governo ha prima pensato a lui e poi no”.
Boss come Zagaria scarcerati poi il clamoroso retroscena della mancata nomina di Di Matteo, ritiene che il ministro Bonafede debba fare un passo indietro?
“Non c’è solo la scarcerazione di Zagaria, ma anche altre che si sono interrotte esclusivamente perchè la vicenda è diventata di dominio pubblico. Considero grave che qualcuno stia cercando di sminuirla. Ricordiamoci che l’affievolimento del 41 bis fu uno dei fondamenti della trattativa Stato-mafia. E in tempi di pandemia le mafie sanno come muoversi. Non voglio entrare nella questione politica, ma da ex magistrato, da cittadino, da sindaco di Napoli e da persona che ha speso una vita nelle istituzioni a lottare il crimine, mi aspetto dal ministro una risposta più chiara e convincente su quanto avvenuto. La responsabilità politica di Bonafede è assolutamente evidente in più profili: perchè non nomina Di Matteo dopo averlo chiamato, perchè è lui che ha scelto il capo del Dap, e perchè è avvenuta la scarcerazione di boss al 41 bis. Se si deve dimettere o meno non sta a me dirlo e non entro nella questione”.
Bonafede ha fatto sapere che i boss scarcerati torneranno in carcere..
“Atto assolutamente doveroso ed è il riscontro che hanno sbagliato”.
La vicenda della mancata nomina al Dap risale al 2018, lei la conosceva? Ne aveva già ha parlato con Di Matteo a suo tempo?
“Sì la conoscevo bene perchè conosco Nino dai tempi in cui fui messo sotto attacco nel 2007. C’è un rapporto di reciproca amicizia e stima personale. Non ho alcun dubbio che la sua ricostruzione sia veritiera: parliamo di un uomo e di un magistrato esemplare”.
Perchè ha spiegato i retroscena della mancata nomina al Dap a distanza di due danni
“Nino ha un grande rispetto delle istituzioni e un assoluto profilo di serietà , ma ha sentito ricostruzioni che non si confacevano con la verità e ha ricostruito con grande sobrietà i passaggi di una vicenda che è esplosiva”.
Ritiene che l’arrivo di Di Matteo al Dap spaventasse qualcuno a Roma?
“I magistrati completamente autonomi, liberi e indipendenti fanno sempre paura al potere e negli ultimi tempi cominciano a essere pochi ad avere il coraggio di affrontare determinate inchieste e non raramente vengono lasciati soli. Con la mancata nomina di Di Matteo è come se il nascente governo avesse lanciato il messaggio di non voler porre al centro della sua azione il contrasto che alle mafie. Perchè Di Matteo è la figura che rappresentava in modo plastico, simbolico ed esemplare chi dall’interno dello Stato ha investigato sulle sue deviazioni. Il segnale politico sarebbe stato importante. La lotta alle mafie si basa su fatti, ma anche sul simbolismo. È chiaro che figure come Di Matteo rompono equilibri, sono ingombranti, danno fastidio, basta vedere il dibattito politico che si è scatenato. Il magistrato autonomo, e questo mi ha fatto tornare alla mia vita pregressa, viene certamente tirato per la giacchetta dalle parti politiche se fa comodo. Quando il magistrato viene attaccato da tutte le forze politiche, e lo dico in modo sarcastico, è un magistrato autonomo”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
SOLO IL 7% SCEGLIE SALVINI… APPENA IL 28% DEGLI ITALIANI E’ PER APRIRE TUTTO… PER IL 43% SI E’ COMPORTATA MEGLIO LA MAGGIORANZA, SOLO IL 29% OPTA PER L’OPPOSIZIONE
Ieri a DiMartedì Nando Pagnoncelli ha illustrato una serie di sondaggi di IPSOS sull’emergenza Coronavirus e sulla politica.
Il primo cartello riguarda la Fase 2, approvata dal 55% degli italiani secondo i quali è stato un passaggio giusto perchè bisogna essere prudenti.
Secondo il 28% invece bisognava ripartire con più coraggio mentre l’11% dice che siamo partiti troppo presto e bisognava aspettare ancora.
Secondo il sondaggio il 51% degli italiani non ha paura di essere contagiato da SARS-COV-2 e di ammalarsi di COVID-19, ma c’è anche un 44% che invece pensa il contrario.
Il rischio contagio secondo il campione di IPSOS è più alto su un mezzo di trasporto pubblico (57%) mentre tutti gli altri luoghi, a partire dai supermercati e dai piccoli negozi, hanno percentuali più basse.
Per quanto riguarda le paure dettate dall’emergenza, in molti sono terrorizzati dal perdere il lavoro, la pensione, i risparmi o la fonte del proprio reddito.
E per quanto riguarda la politica, il 43% degli italiani pensa che in queste due settimane si sia “comportata meglio” la maggioranza mentre il 29% sta con l’opposizione. Robusta la quota di chi non indica nessuna delle due
Infine, ecco la lista dei politici più apprezzati durante l’emergenza Coronavirus: in testa, come era prevedibile, c’è Giuseppe Conte, seguito da Giorgia Meloni che cresce sempre di più nelle preferenze degli italiani e ormai insidia il primo posto nel cuore dellagggente a Matteo Salvini, che invece è apprezzato soltanto dal 7% del campione: Conte ha preferenze quadruplicati, la leader di Fratelli d’Italia quasi triplicate.
Insomma, sembra davvero che le eterne sceneggiate di Salvini, la sua voglia di correre dietro a qualunque sciocchezza complottista (ieri era la volta della cura del sangue), i suoi show in video e quelli della Lega in Aula (che occupa il parlamento e molla proprio nel momento del ponte del primo maggio) comincino a non essere granchè apprezzati. Chissà perchè, eh?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 6th, 2020 Riccardo Fucile
CRESCE IL MALCONTENTO DELLA BASE VENETA CONTRO SALVINI E LA NOMENKLATURA TUTTA LOMBARDA DEL CARROCCIO
Ieri Matteo Salvini a Cartabianca si è detto felice per la crescita del consenso intorno al
governatore del Veneto Luca Zaia. E anche in altre trasmissioni ha tessuto elogi su elogi, anche se questo non può che offuscare ancora di più la stella di Attilio Fontana, ormai in picchiata dopo la gestione dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 in Lombardia.
Eppure, scrive oggi Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, gli applausi di Salvini e quelli di Maroni il presidente della Regione non li ha presi benissimo:
«Da tocarse i tomasei!», hanno sbuffato gli amici del «Governadòr». Un po’ perchè l’augurio arriva da chi ultimamente non pare così in sintonia con la pancia dell’elettorato leghista.
Un po’ perchè, via via che sentiva crescere intorno i consensi per come il Veneto reagiva all’emergenza, Zaia ha cercato di non dar troppo nell’occhio evitando confronti col disastro lombardo.
Un po’ perchè, conoscendo il caratterino muscolare dell’«amico Matteo», di tutto ha voglia tranne che di una rissa intestina, proprio ora, attizzata da quanti sono tentati dall’idea di sgocciolare dubbi.
Di più: l’omaggio alla Liga Veneta come Madre di tutte le Leghe è un po’ tardivo. C’era anche Maroni al fianco di Bossi, per capirci, negli anni in cui i veneti sono stati progressivamente lasciati in un angolo se non commissariati. E anche oggi lombardo è Matteo Salvini, lombardo il presidente federale «a vita» Umberto Bossi, lombardi i vicesegretari Giancarlo Giorgetti e Andrea Crippa, lombardo lo storico vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, lombardo il «consigliori» economico no- euro e presidente della Commissione bilancio Claudio Borghi, lombardo il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo…
Uniche eccezioni, il piemontese capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e il terzo vicesegretario Lorenzo Fontana, che pur essendo veronese viene però considerato nelle terre di San Marco un semi-lombardo di rito salviniano.
Immaginatevi ora il fastidio, a veder certi sondaggi così generosi verso l’«amico Luca»…
(da “NextQuotidiano”)
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