Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
LO STUDIO SCIENTIFICO DI 5 UNIVERSITA’…IMMAGINATE SE FOSSE STATA UNA CHIUSURA “VERA” PER TRE SETTIMANE, NON UNA FARSA CON IL 69% DELLE AZIENDE APERTE: AVREMMO EVITATO LA MORTE DI MIGLIAIA DI PERSONE E OGGI IL VIRUS SAREBBE QUASI SCONFITTO
La pandemia a cui siamo sottoposti è stata una sfida. Il suo arrivo ha portato all’introduzione di misure di contenimento che hanno cambiato la nostra vita drasticamente, e hanno influito sulle nostre economie. Ma tutto questo è servito.
Se l’8 marzo non ci fosse stata quiella chiusura molto parziale del Paese, sarebbe stato necessario il ricovero ospedaliero per almeno 200.000 persone in più, col risultato di un collasso del sistema sanitario, che era stato annunciato, ma poi non c’è stato.
Non solo: la capacità di contagio è stata in questo modo progressivamente ridotta del 45 per cento.
Questi sono i risultati di uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori italiani che appartengono a Politecnico di Milano, Università Ca Foscari di Venezia, Università di Padova, Università di Zurigo, Scuola Politecnica di Losanna.
E’ stata effettuata una modellazione nello spazio e nel tempo dell’andamento del Covid -19 in Italia, sulla base dell’aggiornamento continuo dei dati resi pubblici dalla Protezione civile, e basata sul tempo dell’evoluzione dell’infezione nelle varie comunità locali e della mobilità degli individui tra i luoghi di lavoro.
Il calcolo è stato fatto fino al 25 marzo.
Analizzando la mappa del contagio si è scoperto che il virus si è espanso rapidamente attraverso le reti di trasporto, una informazione da tenere conto nell’ambito della riapertura.
Gli studiosi hanno infatti analizzato i dati dell’Istat relativi alla mobilità pre Covid, e li hanno confrontati con il rallentamento successivo provato da uno studio indipendente basato sulla geolocalizzazione dei telefoni.
Le società globalizzate, come la nostra, sono perfette per la diffusione delle zoonosi, le malattie derivate dagli animali, facilitate dal cambiamento climatico.
Il Covid è un esempio: ha approfittato dei viaggi per diffondersi in pochi mesi in tutto il mondo, colpendo oltre 3milioni di persone. Solo un comportamento contrario a quello che eravamo prima, vale a dire l’isolamento, poteva dunque rallentarlo.
Proprio studiando i movimenti nello spazio, ovvero la mobilità regionale e la progressione della distanza sociale, è stato possibile seguire l’onda che dal primo focolaio ha raggiunto poi tutte le regioni. Per poi calcolare l’effetto delle misure di contenimento.
Gli studiosi hanno anche stimato una media di circa 600 mila contagi, mentre i dati ufficiali, al 25 marzo, ne calcolavano 74.386.
I provvedimenti presi dal Governo hanno effettivamente ridotto il tasso di trasmissione. I risultati sono stati confermati dall’andamento reale dell’epidemia e potrebbero quindi essere impiegati nello studio dei prossimi interventi, in particolare quelli previsti per la riapertura. Sempre che sufficienti misure di contenimento vengano mantenute.
Resta la domanda: se l’8 marzo si fosse proceduto a una chiusura “vera” del Paese per tre settimane (non quella farsa con il 69% delle aziende aperte) quante migliaia di persone avremmo salvato dalla morte?
(da Business Insider)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
E’ COME DOVER SCEGLIERE TRA MAMMA E PAPA’, VISTO IL SEGUITO CHE DI MATTEO HA TRA GLI ELETTORI GRILLINI
La novità è che tra i 5 stelle c’è chi gongola per i guai del capo delegazione Alfonso Bonafede. Prende corpo una sorta di fronda dentro il Movimento di coloro che chiedono al Guardasigilli di chiarire le accuse di Nino Di Matteo.
Non uno qualunque. Non un magistrato qualunque. Per M5S Di Matteo è un simbolo non solo dell’antimafia, ma dell’idea di giustizia a 5 stelle, l’eterno candidato a qualunque alta carica dello Stato, solo da pochi mesi entrato nel Csm.
Tutto nasce dalle parole deflagranti del magistrato antimafia, nel corso di una telefonata alla trasmissione “Non è l’arena” su La7, condotta da Massimo Giletti. Di Matteo ha rivelato che era in procinto di diventare capo del Dap, il Dipartimento amministrazione penitenziaria. A chiederlo era stato lo stesso ministro di via Arenula in un colloquio informale in cui sondava la sua disponibilità .
Non se ne fece nulla perchè dopo 48 ore, stando alla versione di Di Matteo, il ministro ci ripensò, preferendo Francesco Basentini. Quello stesso Basentini che ha lasciato l’incarico dopo essere stato investito dalle polemiche sulla scarcerazione dei boss.
Apriti cielo. Dopo le parole di Di Matteo per le opposizioni è gioco facile invocare all’unisono un chiarimento a Bonafede. Ma c’è fermento anche nella maggioranza, anche in aree insospettabili.
Dentro al Movimento 5 stelle scatta un “processo” a carico di Bonafede, il capo delegazione, nonchè ministro di alcune delle riforme più emblematiche del programma di Grillo&Co (Spazzacorrotti, blocco della prescrizione, indurimento delle misure carcerarie).
Nella narrazione a 5 stelle Di Matteo pesa molto e le sue parole sono “una ferita” che ha portato un clima “pesante” all’interno della galassia pentastellata.
Ed è un clima che viene scolpito dalle parole del grillino Andrea Colletti: “Molti di noi — dice all’HuffPost – pensiamo che Bonafede dovrebbe spiegare cosa gli avrebbe fatto cambiare idea. Non serve venire alla Camera. Basterebbe invece un comunicato o un video sulla sua pagina Facebook. Chiarisca se la scelta sia dipesa da lui o da altri fattori, penso ad accordi con la Lega di Salvini”.
L’atmosfera è tesa. “Non basta dire: sono esterrefatto”, è il refrain di alcuni parlamentari. Le chat ribollono. L’imbarazzo è alle stelle.
“Noi non possiamo non schierarci dalle parte di un giudice che ha combattuto e combatte la mafia”, si lascia andare un deputato che preferisce restare anonimo. In tanti manifestano dubbi e perplessità . Al solo sentire il nome di Di Matteo fuggono dalla risposta: “Adesso sono in audizione”. “No, guardi, sentiamoci più tardi”.
Ora non è dato sapere se e quando proferirà parola il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra. Qualcuno sostiene che in giornata arriverà la sua posizione. Di certo c’è che si tratta dell’ennesima scossa che si manifesta in un contesto non facile per il Movimento e per una maggioranza pericolante.
Già , la maggioranza. C’è chi, come Matteo Renzi, rumoreggia e definisce quello di ieri “un regolamento di conti tra giustizialisti” e pretende che Bonafede si presenti alle Camere. “E’ un gravissimo scontro istituzionale” afferma il leader di Italia Viva, “prima di parlare di mozioni di sfiducia, che fa la destra, vogliamo sapere la verità : c’è qualcosa sotto? Si faccia trasparenza. Spero che il Csm chiarisca questa posizione di Di Matteo. E’ evidente che se Di Matteo dice queste cose deve avere degli argomenti. Siamo in presenza di una clamorosa vicenda giudiziaria che rischia di essere il più grande scandalo della giustizia degli ultimi anni”.
Nel Pd il primo ad intervenire è Andrea Orlando. Parole di difesa. “Gravissimo se un ministro si dimettesse per sospetto di un magistrato” dice il vice segretario, ex ministro della Giustizia.
Ma quella di Orlando, come spiegano dal Nazareno, è una dichiarazione di grammatica istituzionale. Un attimo dopo scendono in campo il responsabile giustizia Walter Verini e il capogruppo in Commissione Antimafia Franco Mirabelli: “Siamo certi che il ministro al più presto verrà a riferire in Commissione e in Parlamento sull’impegno del governo contro le mafie”.
Tuttavia all’interno dei democratici più di uno, come ad esempio Alfredo Bazoli, si pone domande che vanno in questa direzione: “Per quale motivo Di Matteo denuncia questo fatto a due anni di distanza? E ancora: perchè tutto questo avviene all’indomani di due nomine al Dap con forte connotazione antimafiosa? Sono nomine, quelle di Petralia e Tartaglia, che non presentano alcun tipo di critica”.
Dilemmi che restano senza risposta. E che fanno il paio con la nota del partito radicale, a firma Maurizio Turco e Irene Testa: “Ci auguriamo che questa sia l’occasione per il ministro Bonafede di rivedere le sue politiche sulla giustizia e sul carcere con l’occhio antimafista, e si faccia guidare dalla Costituzione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
L’ACCOUNT SALLVINIMI_ E’ STATO CHIUSO
Un account parodia di Matteo Salvini, @Salvinimi_, è stato chiuso e denunciato.
Non si sa chi l’abbia segnalato alla polizia, ma si sa soltanto che l’autore è stato denunciato per ‘sostituzione di persona, diffamazione e sostituzione di corrispondenza’. Il suo reato? Aver messo in ridicolo il leader della Lega.
È davvero sorprendente lo sforzo messo in piedi dalla Lega per identificare, denunciare e far chiudere un account parodia che mai ha rappresentato una minaccia per Salvini.
Era assolutamente dichiarato che l’account fosse una parodia (nell’indirizzo dell’account era scritto ‘Fan parody’) e quindi la denuncia per sostituzione di persona appare quantomeno pretestuosa.
Secondo la denuncia sono state però molto numerose le persone a non aver compreso che si trattava di un falso account. Il profilo era attivo dall’ottobre 2019 e, oltre a Matteo Salvini, prendeva di mira anche Giancarlo Giorgetti, Giulio Centemero e Lucia Borgonzoni.
Utilizzando il medesimo profilo e cambiando solamente il nome, le stesse frasi attribuite recentemente a Giulio Centemero erano state attribuite in precedenza anche a Salvini e a Giorgetti. Bisognava essere veramente distratti (per non dire altro) per non accorgersi della parodia.
(da Globalist)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
FEDELI DISTANZATI, NIENTE SCAMBIO DI PACE, ACQUASANTIERE VUOTE… SARA’ IL SACERDOTE A DISTRIBUIRE L’EUCARESTIA TRA I BANCHI
Conferenza episcopale italiana e Viminale hanno trovato un accordo di massima sulle messe in presenza di popolo, confluito in un vademecum redatto da ambo le parti. Ma ciò non significa che da subito la Chiesa apra alle celebrazioni. Anzi, una data che sembra probabile per l’apertura è il 24 maggio, fra circa due settimane.
Da questa mattina nelle parrocchie italiane è possibile celebrare i funerali con non più di quindici persone presenti. Queste celebrazioni saranno “usate” come banco di prova per l’apertura di fine maggio.
La sensazione è che la presidenza della Cei, Gualtiero Bassetti in testa, non voglia far correre rischi ai fedeli e anche ai sacerdoti i quali, fra l’altro, nel caso i contagi riprendessero a circolare proprio a causa delle messe, verrebbero accusati di aver fatto ricadere il Paese nella pandemia.
Il vademecum dettaglia alcune regole imprescindibili, frutto di giorni di lavoro fra il Viminale e i collaboratori di Bassetti.
Nella sostanza, ai fedeli che in futuro parteciperanno alle celebrazioni eucaristiche verrà chiesto di indossare guanti e mascherina, verranno fatti sedere a distanza e saranno accolti all’entrata della chiesa da un parrocchiano incaricato della sicurezza.
Inizialmente era stato pensato di dotare ogni chiesa di un termoscanner per rilevare la temperatura ai fedeli ma sembra che questa ipotesi sia poi stata giudicata non percorribile. Nel piano, è previsto anche che la distribuzione dell’eucaristia venga fatta dal sacerdote che si avvicina a ogni fedele, mentre non avviene lo scambio della pace e all’entrata delle chiese l’acquasantiera rimangono vuote
“Sarebbe inopportuno fare corse in avanti, perchè il bene comune, che è il bene di tutti, ci invita a camminare insieme a tutte le Chiese sorelle d’Italia, che vivono la pandemia in condizioni differenti”, ha detto non a caso Bassetti celebrando domenica la messa nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia.
(da agenzie)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
SI DELINEA L’ORGANIGRAMMA DEL NUOVO QUOTIDIANO DI DE BENEDETTI
Il senatore Luigi Zanda ha rassegnato oggi le dimissioni da tesoriere del Partito Democratico.
“Auguri a Luigi Zanda — scrive il segretario Nicola Zingaretti — che ringrazio per il lavoro di questi mesi da Tesoriere del Partito. Gli avevo chiesto, per la sua autorevolezza e per le sue indiscutibili capacità , di ricoprire questo delicato e fondamentale incarico, anche a fronte di una situazione molto difficile per le finanze del partito e per i dipendenti, che Luigi ha saputo esprimere al meglio affrontando diverse sfide elettorali e organizzative”.
E proprio oggi è stata costituita oggi a Torino, presso il notaio Silvia Lazzaroni, con un capitale di 10 milioni di euro, la società Editoriale DOMANI S.p.A, posseduta da due società il cui azionista unico è l’ingegner Carlo De Benedetti. Presidente è proprio Luigi Zanda. Il Consiglio di amministrazione è formato, oltre che da Zanda, da Giovanni Canetta, Federica Mariani, Virginia Ripa di Meana, Massimo Segre e Grazia Volo. Secondo quanto si è appreso, è iniziato l’iter per costituire la Fondazione Domani, presieduta dall’ingegner De Benedetti, alla quale, dopo la fase di avvio, andrà la proprietà dell’Editoriale Domani
(da agenzie)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
SI RIAPRE IL DIBATTITO SU UNA SUA RICANDIDATURA NEL 2021, PURE AI VERDI ANDREBBE BENE… E LA CDU VOLA DI NUOVO NEI SONDAGGI OLTRE IL 38%
Era sparito dai media da settimane, non una dichiarazione sulla crisi pandemica in corso. Eppure stiamo parlando del ministro degli Interni tedesco, Horst Seehofer, bavarese, esponente della Csu, alleati della Cdu nel governo di grande coalizione guidato da Angela Merkel. Ebbene Seehofer finalmente riemerge dal suo silenzio con un’intervista alla Bild nella quale parla esplicitamente della possibilità di un quinto mandato della cancelliera al timone del paese più ‘forte’ d’Europa.
In vista delle elezioni dell’anno prossimo, nel bel mezzo di una crisi inedita come quella da Covid-19, in Germania si apre il dibattito su una nuova candidatura di Merkel, nonostante lei abbia deciso di fermarsi dopo ben tre lustri al potere.
Il punto è che lei, molto apprezzata per la gestione della crisi a livello tedesco e anche europeo, andrebbe bene anche ai Verdi, partito che potrebbe sostituire i socialisti in una futura grande coalizione con la Cdu.
“Io non uso gli studi televisivi come il mio soggiorno. Li frequento solo quando ho qualcosa da dire”, premette Seehofer.
Una premessa che evidentemente rafforza ulteriormente il messaggio che segue. “Non posso negare di averne sentito parlare”, dice a proposito della possibilità che sia ancora Merkel la candidata della Cdu alle elezioni dell’autunno 2021. La cancelliera, aggiunge il ministro, ha guidato la Germania “in maniera ancora più efficace in questa crisi. Possiamo essere grati del fatto che in questa situazione abbiamo avuto lei alla guida del paese”.
Va detto che finora Merkel non ha mai lasciato intendere di voler correre di nuovo. Ma la pandemia è un evento straordinario che dà luogo a eventi straordinari. Intanto la gestione Merkel della crisi ha riportato la Cdu in testa ai sondaggi, oltre il 38 per cento. Un miracolo, visto il trend degli ultimi tempi.
Va da sè, che un possibile nuovo round per Merkel come cancelliera è notizia non solo tedesca, ma europea. Con tutti i nodi da sciogliere ancora sul tappeto, comunque l’Ue è arrivata a discutere della creazione di un nuovo strumento economico – il piano di ripresa inserito nel bilancio europeo e finanziato da bond emessi dalla Commissione — grazie alla decisione di Merkel di mediare tra gli Stati membri e lavorare per scongelare i rapporti tra nord e sud Europa, tensioni che per settimane hanno messo a rischio la tenuta dell’Unione. E’ certo che con lei ancora al comando nei prossimi anni, l’Ue avrebbe la garanzia o almeno una solida possibilità per provare a restare unita malgrado le crescenti divisioni interne e le incursioni esterne di Russia e Cina, volte a disgregare l’Unione.
Merkel insomma potrebbe essere un altro bonus per l’Ue, ferme restando tutte le incognite legate alla diffusione del virus e alla crisi economica che seguirà . Ma sono proprio queste incertezze ad aver ispirato in Germania il dibattito su una nuova corsa dell’attuale cancelliera, punto fermo soprattutto in tempi di pandemia.
Di certo, per ora, pare che il virus abbia ‘steso’ i tre candidati al congresso della Cdu, che doveva tenersi ad aprile ed è stato rimandato a fine anno a causa del Covid-19.
Il liberal filo-Atlantico Armin Laschet, premier del Reno-Westphalia, il ‘land’ più colpito dall’epidemia, si è lanciato in critiche sulle ricette dei virologi e la sua popolarità ne ha risentito.
Norbert Rà¶ttgen, parlamentare a capo della Commissione esteri del Bundestag, pure non brilla nei sondaggi. E su Friedrich Merz, parlamentare e dirigente storico del partito, pesa sempre l’ombra dell’ultradestra che lo apprezza molto.
Dopo lo ‘scandalo’ dell’accordo tra Cdu e Afd in Turingia, ‘riparato’ da una furiosa Merkel, questo argomento è tornato tabù in Germania: è stato questo ‘incidente’ a determinare il passo indietro della candidata alla Cancelleria Annegret Kramp-Karrenbauer, ministro della Difesa, e a lasciare la Cdu senza un candidato per l’anno prossimo.
Ecco perchè si riparla di Merkel, malgrado la pandemia abbia fatto emergere altre figure. Come il ministro alla Sanità Jens Spahn, molto apprezzato per la gestione della crisi. Oppure il governatore della Baviera Markus Sà¶der, che però è leader del partito di Seehofer, la Csu. Il partito di Merkel cede il candidato alla cancelleria agli alleati solo quando davvero non ha altre carte da spendere e, soprattutto, se va male nei sondaggi.
Ma con Merkel questo non sta succedendo: da quando è scoppiata la pandemia, la Cdu vola oltre il 38 per cento, staccando tutti gli altri partiti, compresi i Verdi che a febbraio la insidiavano quando il partito della cancelliera era sceso sotto il 30 per cento.
Ora i Grunen sono ritornati sotto il 20 per cento, esattamente al 16 per cento, hanno perso 5 punti, un calo forse dovuto alla loro iniziale battaglia sugli eurobond, argomento non proprio popolare tra i tedeschi.
E infatti un eventuale nuovo mandato di Merkel oggi è particolarmente apprezzato anche dai Verdi, che ambiscono a sostituirsi ai socialisti nella ‘Grande coalizione’: al momento anche la Spd è al 16 per cento nei sondaggi.
Di certo, con le sue doti di mediazione, la cancelliera convince i suoi potenziali alleati molto più degli altri nomi in corsa per la guida della Cdu.
“Abbiamo apprezzato la gestione saggia della crisi da parte di Merkel. Quanto a un quinto mandato, si vedrà . Ora siamo in un fase d’emergenza molto particolare, ma dopo dovremo tornare ad affrontare l’emergenza che rimane, quella climatica, con una trasformazione profonda. Si vedrà chi sarà pronto a rilevare questa sfida”, dice l’eurodeputata dei Verdi Alexandra Geese.
E pensare che a febbraio, quando i Grunen erano quasi testa a testa nei sondaggi con la Cdu, era spuntato anche il nome della loro candidata cancelliera: Annalena Baerbock, co-presidente del partito insieme al popolare Robert Habeck, nata in Bassa Sassonia, studi alla London School of Economics, 38 anni, sposata con due bambini, ambientalista che coniuga l’ecologia alle tematiche sociali. Ma anche lei potrebbe fare il passo indietro, rispetto alla sempiterna Merkel.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
“LE AUTORITA’ MENTONO” DICE ANASTASIA VASILEVNA, A CAPO DELLA PROTESTA DEI MEDICI PER ESSERE STATI LASCIATI SENZA PROTEZIONI… E ALCUNI DI LORO “CADONO” DALLA FINESTRA NEL PURO STILE DEL KGB
Russia codice rosso. Oltre diecimila nuovi casi al giorno, oltre mille morti, quasi 150mila contagiati: sono i numeri tristi che le istituzioni aggiornano quotidianamente al rialzo. La Federazione affronta una tragedia: ha ufficialmente superato per numero di contagi Cina, Iran, Turchia, divenendo il settimo Paese al mondo più colpito dal Covid-19.
“La situazione rimane molto difficile e il picco non è ancora arrivato” ha detto ai cittadini lo stesso Vladimir Putin che a marzo scorso aveva rassicurato, facendo eco alle dichiarazioni del suo Governo, che tutto era “sotto controllo”.
“Caro Vladimir Vladimirovich, ho appena scoperto che il test è risultato positivo. Mi autoisolerò, seguendo gli ordini dei medici per proteggere i miei colleghi”. In videoconferenza il premier Mikhail Mishustin ha comunicato al presidente – e al resto del Russia che li ha osservati sul canale statale Rossya24 — di aver contratto il Covid-19.
È la nuova Duma degli schermi: gli uomini più potenti di Mosca si guardano negli occhi, ma senza incontrarsi da settimane, specchiandosi solo da un monitor all’altro. Una situazione senza precedenti in un’irriconoscibile e deserta Federazione in quarantena, dallo scontento sempre meno silenzioso.
Tra mura e corridoi del Cremlino sfugge ai controlli il virus, che ha colpito anche il ministro delle Costruzioni, Vladimir Yakushev, e il suo vice.
Nei dintorni dei palazzi del potere è muta la città dove “il 2% della popolazione ha contratto il Covid-19”, ha riferito il sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin, a capo della task force contro l’emergenza, costretto ad ammettere anche che “la minaccia sta aumentato”.
Epicentro della pandemia rimane la Capitale, ma se la crisi peggiore si registra nelle grandi città , nel resto delle Regioni la diffusione dell’infezione è solo all’inizio ed esploderà — secondo alcune stime – ad agosto.
Non sono state però rinviate – come il referendum costituzionale che doveva aver luogo lo scorso aprile – le elezioni per eleggere governatori di 18 delle 85 Regioni russe, previste il prossimo 13 settembre. Il Cremlino scricchiola dinanzi a una matrioska di catastrofi, una incastrata nell’altra: la guerra epidemiologica e la crisi economica, entrambe congelate nel silenzio di un lockdown che durerà ufficialmente fino al prossimo 11 maggio.
“Le stime che leggete comunque non sono affidabili, le autorità mentono” dice al telefono Anastasia Vasilevna, 36 anni, due figli piccoli e una madre oftalmologa di formazione sovietica.
Ha fondato nel 2018 il sindacato Aljanz Vracej, alleanza dei medici, ed ha cominciato già mesi fa ad avvertire i concittadini della gravità della situazione. Cresta bionda, occhi piccoli e neri, mascella pronunciata: la Vasylevna si batte quotidianamente per i suoi colleghi in corsia, ma quasi mai si è lasciata immortalare sorridendo, ribadendo spesso che fare politica non era il suo scopo. Mantiene sempre un occhio sui termometri nelle corsie, un altro sulla telecamera dove centinaia di migliaia la ascoltano sui social.
È stata arrestata ed inquisita lo scorso aprile per aver sfidato la propaganda in variazione cromatica giallo canarino: il colore dello scafandro che si è infilato Putin due mesi fa, quando ha deciso di farsi riprendere mentre passeggiava tra i letti dei malati di Covid-19 all’ospedale Kommunarka.
Sempre di color giallo, ma quello di Amnesty International, è stata la solidarietà internazionale che la Vasylevna ha ricevuto quando è finita con le manette ai polsi nella regione di Novgorod dopo aver consegnato strumenti protettivi, mascherine e respiratori, ai suoi colleghi “che combattono col fuoco a mani nude” nella trincea sanitaria russa “mentre il Cremlino invia aiuti all’estero, in Italia e in America.
Quello che sta accadendo in Russia è un crimine contro il popolo, le persone semplicemente muoiono nei corridoi” di ospedali saturi, riferisce.
Più spaventata dal Covid-19 che dalla comunque invincibile Mosca delle autorità , ribadisce: “continuerò a difendere i miei colleghi, non rimarrò seduta e zitta a guardare. Siamo sull’orlo della catastrofe. Possono anche ammazzarmi: qualcun altro prenderà il mio posto, la verità non la nascondi”.
Da Mosca a Pietroburgo sempre più dottori ed infermieri russi si dimettono in piena emergenza per protestare contro la carenza di strumenti protettivi. Poichè nessuno lo fa, i medici della Federazione hanno cominciato a contare da soli in una spisok pamjati, una “lista della memoria”, tutti gli operatori sanitari — medici, infermieri, addetti alle pulizie in laboratori ed ospedali — rimasti vittime del Covid-19: ad oggi 91.
Alcuni muoiono per aver contratto la malattia, altri solo per averla nominata ad alta voce: rimane in condizioni critiche Aleksandr Shulepov, il terzo medico misteriosamente “caduto” dalla finestra dell’ospedale dove lavorava, dopo aver denunciato in un video sui social le condizioni in cui era costretto a lavorare.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
LE ACCUSE SENZA PROVE A PECHINO, LA PROMESSA DI UN VACCINO, IL SOSTEGNO ALLE PROTESTE ANTI-LOCKDOWN: LA CAMPAGNA DISPERATA PER NON ESSERE SCONFITTO
Le accuse frontali a Pechino per il “terribile errore” commesso in laboratorio; la tentazione di applicare il motto America First anche al vaccino; il sostegno alle proteste anti-lockdown, per provare a scaricare sui governatori il malcontento della crisi: è su queste tre direttrici che si muove il contrattacco di Trump alla minaccia elettorale scatenatagli contro da Covid-19.
Per The Donald, infatti, la pandemia non è “solo” emergenza sanitaria ed economica, ma anche emergenza elettorale.
A sei mesi dal voto, i sondaggi fotografano un’emorragia costante dei suoi consensi. Secondo un sondaggio CBS News/YouGov, condotto tra il 28 aprile e il primo maggio, l’ex vicepresidente Joe Biden — che pure ha i suoi notevoli problemi — guida la corsa per la Casa Bianca di 6 punti, con il 49% contro il 43% del presidente. Nella media dei sondaggi realizzata da RealClearPolitics il distacco è lievemente inferiore, ma comunque netto: Biden è avanti con il 47,6%, Trump lo insegue al 42,3.
La maggior parte degli americani — dicono le ultime rilevazioni – disapprova la gestione di Trump dell’emergenza, e molti esprimono insofferenza per la sua sovraesposizione mediatica: il 53% degli intervistati afferma di aver sentito fin troppo dal presidente sulla pandemia, mentre solo l’11% ne avrebbe voluto sentire di più.
Quello della sovraesposizione, del resto, è un problema difficilmente risolvibile, e non solo per il suo ruolo di commander-in-chief: malgrado gli sforzi dei suoi consiglieri e i suggerimenti del partito, è semplicemente impossibile per uno come Trump vestire i panni del moderato e non giocare d’attacco.
Lo schema è dei più classici: attaccare per difendersi, e farlo su più fronti possibili. È così che il nemico cinese — storicamente centrale nella retorica trumpiana — diventa il bersaglio da incolpare per tutti i mali possibili, dall’aver creato il virus in laboratorio all’aver nascosto informazioni cruciali, fino all’aver tagliato le sue esportazioni di forniture mediche “prima di notificare all’Oms che il Covid-19 era contagioso”.
È questa l’ultima accusa contenuta in un report del governo Usa su Pechino e il coronavirus di cui la Cnn ha rivelato qualche stralcio e che ieri notte il presidente Trump ha dichiarato che sarà diffuso a breve.
Se sul piano geopolitico l’attacco — facile – è rivolto a Pechino, sul piano sanitario la campagna elettorale di Trump è più in difficoltà .
Ieri il presidente ha dovuto rivedere al rialzo la stima delle vittime di Covid in America, parlando per la prima volta di un bilancio a sei cifre. Per le falle del sistema sanitario non può incolpare altri, vista la guerra fatta alla riforma di Barack Obama e a qualsiasi proposta di riforma del settore.
Così Trump punta sulla promessa di un vaccino “entro la fine dell’anno”, un traguardo da rivendicare come un successo americano.
Finora — fa notare Politico.com — il presidente non ha mostrato il benchè minimo interesse per le iniziative globali volte alla ricerca e allo sviluppo di un vaccino. Quando i leader globali si sono riuniti il mese scorso per volere dell’Oms per impegnarsi a distribuire un futuro vaccino contro il coronavirus in modo equo a livello internazionale, gli Stati Uniti non hanno aderito.
Stesso discorso per la conferenza dei donatori convocata oggi dall’Ue: una maratona che vede coinvolti — oltre all’Ue — i governi di Gran Bretagna, Norvegia, Giappone, Canada e Arabia Saudita, ma non vistosamente gli Stati Uniti.
Il timore è che anche la corsa al vaccino si trasformi in una competizione globale con la Cina, che nel frattempo sta investendo tutto il possibile per passare alla storia come il Paese che ha trovato una soluzione per fermare la pandemia, dopo esserne stata — almeno geograficamente – l’origine.
Sul fronte interno, infine, la campagna di Trump punta a solidarizzare il più possibile con gli americani colpiti da una crisi da record, che in sei settimane ha colpito oltre 30 milioni di americani.
Ieri, durante la town hall virtuale trasmessa da Fox News dal Lincoln Memorial, si è presentato come mediatore tra i dimostranti anti lockdown e i governatori degli stati più colpiti dall’epidemia. “Penso che veramente si possa andare al parco e in spiaggia, se si mantiene una certa distanza”, ha detto Trump, sostenendo che è possibile “soddisfare entrambi”, cittadini ansiosi di ripartire e governatori preoccupati dalla curva epidemica.
Le dichiarazioni di Trump sono arrivate dopo un weekend di nuove proteste in diversi stati da parte del movimento antilockdown, animato da una coalizione di gruppi pro armi, vere e proprie milizie dell’estrema destra, gruppi no vax, con il sostegno, finanziario e logistico, di esponenti del mondo del business che premono per la riapertura dell’economia.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 4th, 2020 Riccardo Fucile
SUPERMERCATI, FARMACIE E TABACCAI PER GARANTIRE “IL DIRITTO DEI CITTADINI A TUTELARE LA LORO SALUTE A UN PREZZO EQUO”… SARANNO 100.000 I PUNTI VENDITA IN ITALIA
Dove comprare le mascherine a 50 centesimi? Viste le numerose polemiche sorte dopo il calmieramento dei prezzi voluto da Conte — che hanno portato Crai a rifiutarsi di vendere la merce a così poco -, non è così scontato riuscire a capire in quali supermercati le mascherine saranno vendute a quel prezzo.
E le farmacie? Saranno disponibili in altri punti vendita? Proviamo a fare chiarezza in questo senso.
Sono 100 mila in tutto i punti vendita dove è possibile comprare mascherine a 50 centesimi. 20 mila di questi sono luoghi della grande distribuzione.
Le mascherine al netto dell’Iva, secondo l’accordo siglato da Arcuri con le associazioni dei commercianti Confcommercio, Federdistribuzione e la catena di supermercati Conad, saranno vendute a partire da oggi — 4 maggio — in oltre 1.200 supermercati Coop e da Carrefour «nei propri punti diretti, progressivamente in ogni regione in base alle disponibilità ».
Entrambe le aziende hanno scelto di agire non pensando ai profitti, con la Coop che ha rinunciato a chiedere al governo il ristoro per le mascherine precedentemente acquistate a costo più alto e Carrefour che conferma l’impegno per il Paese e per la comunità facendosi carico dell’Iva
.«Una bella pagina nella gestione di questa drammatica emergenza» Così Arcuri ha definito l’accordo siglato con le associazioni dei commercianti e le catene di supermercati.
A questi punti vendita si aggiungono le farmacie e parafarmacie (30 mila punti vendita) e i tabaccai.
Così facendo il totale dei punti vendita che distribuiscono mascherine a prezzo «imposto» arriva a 100 mila, circa uno ogni 600 abitanti.
«Il diritto dei cittadini di tutelare la loro salute acquistando mascherine a un prezzo equo è un diritto essenziale che lo Stato deve garantire», ha affermato Arcuri, e «l’intesa consentirà alle imprese di non subire alcuna perdita, e contemporaneamente confermerà la loro fondamentale utilità sociale».
(da agenzie)
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