Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
MA GLI INTERESSI ECONOMICI E LE LOBBIE DEL TURISMO FARANNNO APRIRE TUTTO IL 3 GIUGNO, PRIMA I QUATTRINI DELLA SALUTE
Nella serata di oggi, 29 maggio, l’Istituto superiore di sanità ha reso noti i risultati del monitoraggio degli indicatori per la fase 2 — tra il 18 e il 24 maggio — esprimendo sostanzialmente parere favorevole dal punto di vista sanitario rispetto all’ipotesi della riapertura dei confini per gli spostamenti tra le regioni a partire dal 3 giugno.
Secondo l’Iss, in Italia non ci sarebbe una situazione critica e il monitoraggio dell’epidemia da Coronavirus nei giorni successivi alla fine del lockdown fornirebbe un quadro tutto sommato incoraggiante.
Ma secondo Giovanni Sebastiani — matematico del Cnr che sta lavorando allo sviluppo di modelli matematici in grado di effettuare previsioni sull’andamento dei contagi — è ancora tempo di cautela.
«Stando ai dati, per alcune Regioni i livelli di incidenza sembrano in realtà essere ancora alti», spiega. «Quello che più mi allarma è che, dopo circa una decina di giorni dalle riaperture del 4 e del 18 maggio noto dei cambiamenti nell’andamento dell’incidenza: la velocità con cui sta calando sembra essere diminuita. Penso ai casi della Lombardia, del Piemonte, della Liguria e della provincia di Trento (dove la curva, almeno in una prima fase, è addirittura risalita). Sono dati che lasciano un po’ in allarme».
«Da quello che possiamo osservare, c’è un’Italia a 3 velocità », insiste Sebastiani.
Tra le Regioni che a oggi risultano ancora a “rischio” alto ci sono appunto la Lombardia (oggi quasi al 70% dei contagi totali), la Liguria, il Piemonte e la provincia di Trento (che ha numeri assoluti bassi ma una curva in risalita).
Le Regioni a medio rischio sono invece Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Toscana e Veneto. Quelle a basso rischio Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia, Sardegna, Puglia, Umbria, Bolzano e Valle D’Aosta.
«Nelle tre Regioni che hanno i valori più alti dell’incidenza ho visto un cambiamento nell’andamento — e non in positivo».
Secondo il matematico, questi risultati suggerirebbero cautela: «Se non ritardare le riaperture, si potrebbe pensare a un’apertura all’interno dei tre gruppi che hanno più o meno le stesse condizioni. Aspettare due o tre settimane e poi decidere se aprire anche tra gruppi diversi».
(da Open)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
“SI NASCONDE COME UN TOPO”… “LA ZONA ROSSA NON L’HA VOLUTA LA CONFINDUSTRIA, LO SANNO TUTTI”
A sentirlo parlare in questo modo dell’amministrazione Fontana e della gestione del coronavrius in Lombardia, non si direbbe mai che sia di centro-destra.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Walter Semperboni, vicesindaco di Valbondione, un comune della val Seriana — tra le zone in assoluto più colpite dall’emergenza coronavirus nel bergamasco — per farci raccontare di quanto è accaduto ieri, fuori dalla procura di Bergamo.
Gallera nel pomeriggio è stato sentito come teste dai pm e il vicesindaco lo ha atteso all’uscita per potergli parlare. L’assessore alla sanità e il welfare non ha voluto parlare con Semperboni, che ha perso suo padre a causa del coronavirus e ha rischiato anche di perdere la madre.
Cosa ha provato ieri, davanti alla procura di Bergamo, quando Gallera si è rifiutato di parlare con lei?
«Ieri è stata una giornata che dire pessima è un eufemismo perchè vedere politici che, quando hanno bisogno di voti, cercano i giornalisti e cercano il contatto umano e quando invece sbagliano, pur dicendo di non averlo fatto, si nascondono come topi è veramente una cosa che non dà una bella rappresentazione della politica.»
Cosa avrebbe voluto dire ieri a Gallera?
«Da amministratore di centro-destra e vicesindaco del comune di Valbondione, tra le zone più colpite perchè siamo comunque nella val Seriana, avrei voluto chiedergli perchè, dopo mille telefonate, non avesse risposto nemmeno una volta. Ho continuato a chiamarlo e richiamarlo quando il comune di Valbondione era in piena crisi. A Valbondione, un piccolo paese di mille abitanti, abbiamo avuto 17 morti per coronavirus mentre negli stessi due mesi dell’anno passato ne abbiamo avuto 1. Noi a Valbondione avevamo gente che non aveva bombole di ossigeno, non avevamo mascherine, non avevamo nulla. Un amministratore come sono io, come è la mia sindaca, che comunque doveva guardare tutti i vari decreti da Roma e dalla regione perchè non andavano d’accordo, siamo rimasti in balia degli eventi. Fortunatamente abbiamo avuto — come ormai noto a tutti in bergamasca — quel volontariato che ci ha tolto dall’impasse.»
È stato in qualche modo contattato da Gallera dopo ieri o da Fontana per avere conforto in qualche modo?
«Assolutamente no. Ho dovuto arrangiarmi con le mie forze. Avevo anche mia mamma che, nei giorni dopo la perdita di mio papà , stava male. Ho dovuto fare il prepotente e per fortuna ho potuto farlo, anche se me ne dispiaccio, perchè qualcuno non ha potuto. Essendo un amministratore ho potuto farlo e mi sono rivolto ad Ats dicendogli che se nella sera che è morto mio papà e che mia mamma era veramente messa male non fosse salito un dottore a visitarla, avrei denunciato tutti. Dopo di questo la sera, a casa mia, avevo il dottore. Nei giorni poi dopo mi sono rammaricato e mi sono detto che io ho salvato mia mamma perchè ho avuto la possibilità di salvarla, qualcuno invece non ha potuto salvarla. Una regione Lombardia che dice di avere la sanità migliore e uno stato democratico dove bisogna essere prepotenti per ottenere cose che andrebbero ottenute con il semplice richiamo…è veramente stata dura. Un privato cittadino che avesse fatto quello che ho fatto io non avrebbe ottenuto nulla ed è proprio quello che mi ha dato più fastidio, perchè veramente nelle nostre vallate è morta gente che non aveva una bombola di ossigeno, è morta gente che chiedeva aiuto e non abbiamo potuto darlo. Ho ovviamente il mio dispiacere per mio padre, ma da amministratore ce l’ho per quelle persone che sono morte. Noi nei nostri piccoli paesi conosciamo tutti, quindi se muore un padre o muore un amico, viviamo lo stesso lutto.»
Secondo lei, dato il suo ruolo nell’amministrazione di centro-destra, dove è stato l’inghippo nella gestione dell’epidemia della sanità in Lombardia? Perchè non si è ammessa la situazione per quel che era?
«La situazione è stata indicibile e sentire Gallera fare dichiarazioni stupide, sentire il presidente della regione che dice che dorme sonni tranquilli, come ho scritto nella mia pagina Facebook: sicuramente lui dorme sonni tranquilli, anche mio papà e le nostre vittime. Peccato che però non si possano risvegliare per l’incapacità loro, non per il virus. Perchè 15 mila vittime, 4 mila vittime a Bergamo, non sono solo colpa del virus. Sono colpa dell’incapacità e della spocchiosità che regione Lombardia continua ad avere nonostante le vittime perchè io, da amministratore di centro-destra, sentendo voi dico: ho sbagliato, purtroppo. La prendo in un altro modo. Ma sentire Gallera e sentire il presidente Fontana che continuano a dire che non avrebbero cambiato nulla di quello che hanno fatto dà veramente fastidio. Poi vediamo che, comunque, la gente può anche impazzire e devono dare la scorta al presidente. Ritengo che Fontana non sia una persona stupida, ma penso che non abbia avuto la capacità di prendere una decisione dicendo a Gallera: “I morti ci sono, io non so se hai colpa o non hai colpa, però non ritengo di confermarti la nomina”. Facendo così le cose sarebbero risultate un po’ più serene per tutta la gente. E poi continuano a dire sul problema della sanità lombarda: sappiamo comunque che la sanità privata viaggia bene, perchè il privato mette a dirigere persone capaci. La sanità pubblica non va bene perchè abbiamo direttori generali nominati, questa è la verità . È inutile nascondere le cose. Abbiamo un direttore sanitario che è stato spostato da Varese, il dottor Cosentina, perchè è stato condannato in primo grado a due anni e sei mesi e ce lo siamo ritrovati a Bergamo con lo stesso identico incarico. Io mi chiedo: se io, che faccio il manovale, dovessi combinare qualcosa, il giorno dopo nella mia impresa non mi vogliono più.»
Quindi il problema è che la sanità privata funziona per merito e quella pubblica no.
Assolutamente. Io ritengo che tutte le nomine sui direttori generali vadano azzerate e, se fossi stato il presidente Fontana, avrei tolto la nomina a Gallera, avrei tolto la nomina al dottor Cajazzo — che è il direttore del welfare di regione Lombardia — e avrei rinominato altre persone nei vari direttorati generali facendo dei bandi dove avrei selezionato per meritocrazia, non cercando la bandiera di partito. Io purtroppo, pur essendo un amministratore di questa fazione, ritengo — ed è così — che queste nomine siano state fatte dal centro-destra e dalla Lega in particolare non per meritocrazia. Come non hanno fatto nemmeno prima. E poi i risultatati sono questi, purtroppo.
Codogno, Alzano, Nembro: perchè non è stata fatta una zona rossa prima?
Abbiamo visto dove sono i problemi. A Codogno e ad Alzano sono stati chiusi i pronto soccorsi perchè i responsabili avevano capito che c’era un problema. Poi si è subito riaperto perchè c’erano le forze dell’ordine mandate dallo stato e si doveva fare la zona rossa, ma poi dopo tre giorni non si è fatto nulla. Perchè? Il perchè è chiaro: la Confindustria, sotto pressione dei vari imprenditori che ci sono in val Seriana — e io ho scritto a uno degli imprenditori più grossi, Persico — hanno fatto pressioni affinchè non si facesse la zona rossa. Queste qua sono verità che se le conosce un piccolo amministratore che fa il manovale, tutti dovrebbero conoscerle.
«Io sono sereno, lo dico a tutti: mio papà aveva 80 anni, è andato in pensione a 50. La sua vita l’ha fatta. Però io avrei voluto ancora sfogliare le pagine della vita di mio padre. Come altri avrebbero voluto sfogliare quelle dei suoi genitori, magari morti anche più giovani di mio papà . Io ho in mente il funerale di papa Wojtyla, che c’era il Vangelo sopra la bara e una leggera brezza girava le pagine. Purtroppo per l’incapacità di qualcuno — che se lo ammettesse non sarei così rabbioso — e di questa politica io non ho più potuto rileggere le pagine di mio papà . Questo è un dispiacere enorme, ma comunque mi ritengo fortunato. Lui non era un vecchio — tutti sottolineano che muoiono i vecchi -, era sanissimo e stava benissimo. In quindici giorni me l’hanno ucciso e questo non va bene. Io il 1° marzo ero all’ospedale di Piario, perchè tutti parlano dell’ospedale di Alzano o di Nembro, e sono stato sedici ore al pronto soccorso. Gli infermieri e di dottori giravano senza mascherina; entrava gente la mattina del 2 marzo con il pronto soccorso strapieno di gente che tossiva e gente che starnutiva. È stata un’ecatombe e mio padre quel lunedì in cui gli ho portato le cose mi ha detto: “Mi stanno lasciando morire”. Non pretendevo che mio padre uscisse vivo dall’ospedale, ma almeno che morisse dignitosamente. Così non è stato per chi era in ospedale, pensi per chi era a casa in cerca di una bombola di ossigeno. Qualcuno deve pagare e io ritengo sia Gallera, non il commissariamento della regione perchè è l’unica istituzione votata dai cittadini. Lui e tutto il giro di direttori generali che sono nominati. Se non impareremo in tutti i ruoli pubblici (non nel privato, perchè quando il privato spende vuole gente capace) a mettere gente in maniera meritocratica, avremo sempre questi problemi. Quello che racconto l’ho vissuto, non sono stupidaggini e non ho bisogno di visibilità . Son anche membro della comunità montana della Val Seriana e mi sono tolto dal gruppo della Lega perchè ho visto troppa incapacità e troppa politica. Quando ci sono si mezzo 19 mila vittime credo che la politica debba essere unita e questa cosa non è successa, come abbiamo visto anche dalla presidenza della commissione istituita in regione, dove hanno fatto vari giochetti che fanno rabbrividire la gente. Io ho vissuto personalmente una storia tragica, da amministratore ho assistito ad altre storie tragiche e questa tragicità è data dal cincischiare di Conte e, non meno, del presidente Fontana.»
(da Giornalettismo)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
LA LISTA VERRA’ AMPLIATA A LUGLIO SE MUTERANNO LE SITUAZIONI SANITARIE… PER LA MELONI E’ “INACCETTABILE”, PER ZAIA “NON SIAMO UN LEBBROSARIO”, MA CON 100 MORTI AL GIORNO E 600 NUOVI CONTAGI (QUELLI DICHIARATI) UN PAESE NORMALE SI COMPORTA COSI’, NON APRE TUTTO E A TUTTI
La Grecia accoglierà , a partire dal prossimo 15 giugno, i turisti provenienti da 29 Paesi, ma non dall’Italia.
Il provvedimento, preso anche per mitigare gli effetti finanziari della crisi da coronavirus, in un Paese dove la voce vacanze contribuisce per il 20 per cento al Pil, è stato annunciato dal ministero del Turismo di Atene.
La lista verrà aggornata il 1° luglio, quando verosimilmente verranno aggiunti altri Paesi alla lista. Secondo il ministero, i turisti internazionali potranno entrare in Grecia dagli aeroporti di Atene e di Salonicco
L’apertura ha come target i cittadini di una buona parte dei Paesi Ue – ma restano escluse anche Svezia e Spagna – e quelli dei vicini stati balcanici; tra le nazioni extra Europa, Israele, Cina e Giappone.
Confini aperti, quindi, per turisti provenienti da Albania, Australia, Austria, Nord Macedonia, Bulgaria, Germania, Danimarca, Svizzera, Estonia, Giappone, Israele, Cina, Croazia, Cipro, Lettonia, Libano, Lituania, Malta, Montenegro, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, Ungheria, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca e Finlandia.
“Il nostro fine è riuscire a dare accoglienza a qualunqu turista abbia superato le sue stesse paure e sia in grado di viaggiare attraverso il Paese” – ha spiegato il ministro Harry Theoharis. Gli ospiti potrebbero essere sottoposti a tampone.
Tra le misure di prevenzione e sicurezza, limitazioni della capacità di hotel e resort. Ogni struttura si avvarrà di un medico designato, e dovrà interagire con il ministero della sanità , che ha potenziato strutture sanitarie dedicate negli ospedali regionali, inclusi quelli di numerose isole.
La Grecia ha imposto il lockdown sin dalle prime avvisaglie della pandemia, riuscendone a limitare gli effetti. Al momento, il Paese ha registrato poco meno di 3mila casi di Covid-19 con 175 decessi.
Complice sicuramente anche la bassa stagione, la stragrande maggioranza delle isole – incluse quelle più conosciute nella mappa del turismo globale, sono Covid-free.
“Ci stiamo aprendo, ma allo stesso tempo monitoriamo da vicino la situazione. Protocolli sanitari molto rigidi proteggeranno sia i turisti che gli addetti delle località che li ospiteranno”, ha detto Theoharis.
Le recenti aperture “differenziate” in seno alla Ue hanno ancora una volta scatenato polemiche in Italia. Il presidente della regioene Veneto, Luca Zaia è molto duro con il ministero degli esteri. “Si deve dare da fare – ha detto Zaia -, perchè non può passare l’idea che siamo un lebbrosario”
Sulla stessa lunghezza d’onda la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “I corridoi turistici europei sono inaccettabili e devono essere contrastati in ogni modo . dice Meloni –
Nel pomeriggio arrivano i segnali di una possibile apertura verso sud da Sebastian Kurz a stemperare – forse – gli umori. – L’Austria, che il 15 giugno aprirà definitivamente i confini con Germania, Liechtenstein e Svizzera, cerca anche accordi con altri Stati per consentire agli austriaci il rientro senza i 14 giorni di quarantena. “La situazione in Italia è quella più difficile. Cerchiamo comunque a breve una soluzione. I dettagli non saranno presentati prima di mercoledì”, ha precisato il cancelliere.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
NESSUNO L’HA AVVISATA CHE ELSEVIER E’ IL PUNTO DI RIFERIMENTO CULTURALE DELLA DESTRA CONSERVATRICE OLANDESE (QUELLA A CUI LA MELONI APPARTIENE A LIVELLO EUROPEO)
L’avete vista la copertina di Elsevier Weekblad? Si tratta di un settimanale olandese che, solitamente, esprime le opinioni e le voci più illustri in patria della destra conservatrice. Giorgia Meloni — che, per sua stessa definizione rappresenta LA destra in Italia — si è indignata perchè nell’ultimo numero, per trattare l’argomento del Recovery Fund, ha utilizzato una doppia immagine, farcita di luoghi comuni sull’Italia e sugli italiani, ma non solo. In realtà la presa in giro era nei confronti di tutti i Paesi del sud dell’Europa.
Quali? I soliti. Il vino, le vacanze, le donne avvenenti, i baffi alla super Mario, l’atteggiamento scanzonato e menefreghista rispetto al lavoro.
L’immagine degli italiani è stata contrapposta, invece, a quella più schematica dell’operosità dei paesi dell’Europa del nord.
Secondo Elsevier, sarebbe questa la sintesi del Recovery Fund: il lavoro dei cittadini olandesi pagherà gli aiuti ai cittadini italiani in questa emergenza economica post coronavirus.
La prima a scattare sull’attenti è Giorgia Meloni che si indigna e che chiede spiegazioni, sollecitando — ancora una volta — il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad alzare la voce contro una testata giornalistica europea (un po’ come era successo con il video satirico della Pizza Corona, vi ricordate?): «Ripugnante copertina del settimanale olandese Elsevier Weekblad con italiani raffigurati come parassiti nullafacenti. Non accettiamo lezioni da chi ha creato un paradiso fiscale in Europa e drena risorse ad altri Stati. Di Maio pretenda scuse immediate».
Ora. Il cortocircuito avviene per due motivi.
Uno: non è che il ministro degli Esteri italiani può avere come sua attività principale quella di chiedere scuse immediate a ogni testata che proponga un articolo pieno di luoghi comuni sull’Italia (l’elenco sarebbe sin troppo lungo anche per lo stesso Di Maio).
Due: la testata è il punto di riferimento culturale della destra olandese, quella che — in più di un’occasione — ha trovato convergenze anche con Fratelli d’Italia in sede europea.
Poi, potremmo aggiungere anche una terza opzione: ma se non era d’accordo con lo strumento del Recovery Fund, perchè Giorgia Meloni si indigna così tanto?
Saperlo…
(da Giornalettismo)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
RACCOGLIE L’INVITO DI UN ASCOLTATORE E SALUTA PURE IL COMUNE INVENTATO CHE E’ UNA DELLA PARODIE PIU’ FAMOSE DI TWITTER
Chissà come si starà esaltando Matteo Doroteo, il consigliere di minoranza leghista del comune di Bugliano, visto che Matteo Salvini — nel corso di una diretta Instagram— ha rivolto un saluto caloroso al comune inventato in provincia di Pisa.
Inventato, avete capito bene.
Perchè il Comune di Bugliano è uno degli account parodici più famosi di Twitter, che ha costruito una vera e propria realtà parallela al suo interno, fatta di bizzarri consigli comunali, di ordinanze strampalate e di iniziative al confine della realtà .
L’azione di trolling è una delle più incisive dell’intera bolla di Twitter in Italia. Molto spesso, diverse testate giornalistiche o diversi politici prendono molto sul serio i tweet del comune inventato in provincia di Pisa, amministrato dall’infallibile sindaco Fabio Buggiani, sempre attento a bilanciare le iniziative della parrocchia con quelle del locale circolo Arci. Lo ha fatto anche Matteo Salvini, quando un followers della sua diretta su Instagram, lo ha invitato a salutare Bugliano (Pisa).
Il leader della Lega, che con il territorio ha un rapporto viscerale, che conosce benissimo l’Italia per averla girata in lungo e in largo nel corso della sua campagna elettorale permanente, non se l’è fatto ripetere due volte: «Saluto gli amici del comune di Bugliano, in provincia di Pisa».
Ovviamente, l’account parodico del comune non aspettava altro e ha risposto con la solita ironia, proponendo il video dei saluti di Matteo Salvini: «Anche se in ritardo e se siamo di diversa visione politica — scrivono dalla fantomatica Sala consiliare Romeo Anconetani — salutiamo anche lei, sig. Salvini e le auguriamo ogni bene». Sipario.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
CON I SOLDI SPORCHI DEPOSITATI OLTRE CONFINE AVREMMMO POTUTO PAGARE TUTTE LE SPESE DELL’EMERGENZA CORONAVIRUS IN ITALIA… E ORA GLI EVASORI SCELGONO DUBAI, PANAMA E DELAWARE
Il segreto bancario, per i clienti italiani, non esiste più: “la Svizzera ha firmato una serie di accordi internazionali e si è impegnata a collaborare con le autorità fiscali”. In pratica, basta con l’evasione fiscale.
Queste le parole di Davide Corti, un avvocato di Lugano, specializzato in fisco e banche. Da anni, in Italia, si tenta di lottare con le unghie e coi denti contro l’evasione fiscale. Gli irriducibili evasori, ricchissimi e anonimi, che hanno nascosto miliardi in banche oltreconfine, sono nel panico: le banche Svizzere hanno inviato lettere particolarmente loquaci ai propri clienti, avvisandoli dell’imminente collaborazione col fisco italiano.
“Gentile cliente, l’agenzia delle entrate ha inviato alla competente autorità elvetica una formale richiesta di assistenza fiscale. In tale contesto, l’amministrazione federale ha richiesto al nostro istituto una serie di dati sulla sua relazione bancaria”.
Questo lo stralcio di una lettera inviata dalla Bsi (Banca della Svizzera Italiana) a un presunto evasore lombardo. Tradotto in parole povere: caro evasore, il fisco ti ha scoperto e noi siamo costretti a collaborare.
Molte altre banche Svizzere hanno inviato ai propri clienti delle lettere simili, tra cui il colosso Ubs. L’evasione fiscale, forse, può essere davvero bloccata.
Nonostante numerose leggi e condoni, tra cui gli scudi approvati dal 2002 al 2010 dal governo Berlusconi-Tremonti, che offrivano vantaggi favolosi in cambio del 5%, in Italia non si è visto neanche un soldo.
Di pagare le tesse onestamente proprio non se ne parla. Ovviamente, non hanno aderito nemmeno alle “voluntary disclousure” del 2016, che prevedeva sanzioni più severe.
Da qualche anno, però, tutto e cambiato e dal 2017 la Svizzera è costretta a scambiare informazioni fiscali con le agenzie italiane, che ricevono ogni anni dei report sui dati bancari e ricchezze conservate gelosamente nelle banche elvetiche.
Come hanno risposto gli evasori?
La contromossa degli evasori italiani, ovviamente non s’è fatta attendere. Se la Svizzera collabora col fisco, allora meglio nascondere i tesori in paradisi fiscali offshore prima dell’entrata in vigore delle nuove norme.
Via a Dubai, Panama e Delaware (il favorito anche di Trump), dove le leggi europee di certo non possono raggiungerli. Si paga un prestanome italiano per il proprio conto, si chiede una residenza fiscale svizzera (o comunque estera) e il gioco è fatto.
Tuttavia, in questo giochetto c’è un comunque un rischio. I soldi devono essere portati contati, fisicamente. La banca elvetica, infatti, registra i prelievi in contanti e i bonifici verso i paradisi offshore. Dunque, perchè rischiare galera e sanzioni per un cliente perduto? La Svizzera non copre più nessuno.
E allora gli irriducibili spostano la propria residenza in Svizzera, che deve essere “effettiva” , cioè comprovata. Basta un regolare contratto di locazione o, addirittura, basta presentare le bollette del gas o dell’acqua.
Dunque, per i bravi italiani basta pagare un custode che vada a sperperare acqua luce e gas in una casa vuota. In più, le banche elvetiche hanno rifiutato le “indagini indiscriminate” (cioè si pesca gente a caso) sui propri clienti, approvando però quelle di “gruppo”, anche su milioni di individui che però devono essere specificati e segnalati.
Dunque, la lettera inviata dalle banche Svizzere ai propri clienti ha fornito l’espediente adatto e il fisco italiano, il 6 dicembre 2018, ha potuto richiedere i dati di tutti coloro che non avevano risposto alla richiesta di dimostrare la loro “regolarità fiscale”.
Anche se gli evasori ricorressero ad appelli e proroghe, fortunatamente non c’è la possibilità di scampare alle indagini. Dato che noi siamo un paese cordiale e ben disposto, le leggi approvate nel 2019 garantiscono l’immunità penale a chi si ravvede prima delle indagini. Il sistema delle lettere elvetiche e le successive indagini hanno fatto incassare allo stato italiano 5,6 miliardi in tre anni. Si spera che la lotta all’evasione fiscale continui con durezza, senza più condoni.
Questi irriducibili evasori continuano a usufruire dei servizi del paese, non versando neanche un centesimo. Sono gli italiani onesti che pagano l’assistenza sanitaria, l’istruzione, e ogni tipo di servizio anche per loro. Non è più tollerabile.
I dati mostrano che sono circa 13 mila italiani a evadere le tasse con 14 miliardi oltre confine. Solo il loro contributo avrebbe potuto coprire tutte le spese dell’emergenza coronavirus.
Se gli italiani onesti lavorano e pagano tasse su tasse, chi si ostina a evadere deve essere sottoposto a sanzioni molto più severe: la confisca dell’intero patrimonio.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
LO AVESSERO FATTO SUBITO CI SAREMMO RISPARMIATI LA RIVOLTA
“I can’t breathe”. Risuonano in tutta l’America le ultime parole di George Floyd, il 46enne afroamericano morto soffocato dopo che un agente di polizia, che l’aveva fermato, ha fatto pressione col ginocchio sulla sua nuca. Provocando il soffocamento.
E quel “non riesco a respirare” risuona a Minneapolis, la città dove il fatto è successo e dove da tre giorni ci sono manifestazioni, ma si allarga in tutti gli Stati Uniti.
Derek Chauvin, l’ex poliziotto accusato di aver provocato la morte, è stato arrestato e messo sotto custodia dagli investigatori che seguono il caso.
L’arresto arriva dopo che per tutto il giorno in molti – dai manifestanti al sindaco di Minneapolis – si chiedevano perchè fosse ancora a piede libero. Il magistrato competente aveva spiegato che erano in corso valutazioni. Ma che l’incriminazione sarebbe arrivata. E l’accusa è di omicidio colposo.
Inoltre è emerso che i due si conoscevano ed hanno lavorato insieme per molto tempo come addetti alla sicurezza di un night club. Lo afferma Andrea Jenkins, vicepresidente del consiglio comunale della città , in un tweet ripreso dai media Usa. Una conferma – secondo alcuni media locali – è arrivata anche dal proprietario del locale.
Nella città del Minnesota è stato dato alle fiamme nella notte il commissariato dove gli ex agenti, quattro, che hanno fermato Floyd lavoravano. La protesta però dilaga anche a Louisville, a Denver, a New York e in altre città . In nome di George ma anche di tutti gli altri afroamericani uccisi. E contro il razzismo, che puntualmente riemerge e che gli Stati Uniti non riescono a lasciarsi alle spalle.
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
PREMESSO CHE AVREBBE FATTO BENE A NON ANTICIPARE ALCUNA CONCLUSIONE E CHE LO STESSO GALLERA HA AMMESSO CHE LA DECISIONE POTEVA ASSUMERLA ANCHE LA REGIONE LOMBARDIA, VI IMMAGINATE SE AVESSE DETTO L’OPPOSTO? AVREBBERO SUBITO DETTO A CHE CORRENTE DELLA MAGISTRATURA APPARTIENE
“Da quello che ci risulta è una decisione governativa”. Ha risposto così, ai microfoni Rai, il procuratore facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota alla domanda su chi poteva istituire la zona rossa nella Bergamasca per l’emergenza Covid-19.
“Noi — ha aggiunto Rota — vogliamo lavorare serenamente, abbiamo bisogno proprio di pace. C’è un dovere da parte nostra di rendere questa giustizia e in questo momento siamo al primo gradino: ricostruzione dei fatti”. Il procuratore poi non ha voluto rispondere alla domanda se ci fossero indagati per la vicenda della Valseriana.
Prendiamo atto con sorpresa di quanto segue:
1) Dopo aver detto che “siamo al primo gradino dell’indagine” il magistrato ha ritenuto di trarre “da quel che ci risulta” una conclusione, esternandola ai microfoni della Rai, forma poco consona alla riservatezza che il momento avrebbe richiesto
2) La dichiarazione appare in ogni caso in contrasto con l’ammissione dell’assessore Gallera sul fatto che “ho scoperto successivamente che anche la Regione Lombardia poteva dichiarare la zona rossa” ad Alzano e Nembro. Ma di questa opzione nulla trapela dalla dichiarazione della Procura di Bergamo
3) Secondo diversi media la zona rossa non si aprì per pressione del mondo imprenditoriale bergamasco che temeva ripercussioni negative sui propri affari. Domani dovrebbe essere sentito proprio il presidente di Confindustria Bergamo. Forse non era opportuno attendere la sua testimonianza prima di trarre conclusioni?
4) Non è forse opportuno ascoltare anche la versione dei rappresentanti dello Stato e del governo sulla mancata chiusura della zona rossa prima di fare dichiarazioni?
5) Immaginate se la procuratrice di Bergamo avesse detto che la responsbilita era della Regione e non del governo. Domani i media sovranisti avrebbero già vivisezionato la carriera del giudice, con tanto di appartenenza alla corrente giudiziaria di riferimento per poter sostenere la tesi del complotto.
Meglio così, lasciamo lavorare la Procura in pace, confidando di leggere quanto prima i risultati reali delle indagini e meno dichiarazioni ai microfoni su “quel che risulta finora”
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Maggio 29th, 2020 Riccardo Fucile
UN IMMOBILE PAGATO IL DOPPIO DEL SUO VALORE, DENARO PUBBLICO FINITO A SOCIETA’ RICONDUCIBILI AI COMMERCIALISTI DEL PARTITO, L’OMBRA DI UN PRESTANOME DEI CLAN FUGGITO IN BRASILE
Dal Russiagate sovranista al Lombardiagate padano. Cambiano i personaggi e le date, ma non il partito in questa storia di soldi trasferiti dalle casse pubbliche della Lombardia Film Commission a società private vicine alla Lega di Matteo Salvini.
Soldi della Regione Lombardia passati di mano quando a capo del Pirellone c’erano proprio uomini del Carroccio: prima l’ex segretario federale Roberto Maroni, poi l’attuale governatore Attilio Fontana, fedelissimo di Salvini.
E a capo della film commission c’era Alberto Di Rubba, uno dei commercialisti bergamaschi scelti da Matteo per gestire le finanze del nuovo partito dopo gli scandali giudiziari dell’era Bossi-Belsito.
L’intrigo padano inizia dieci mesi prima della trattativa condotta al Metropol da Gianluca Savoini per finanziare il partito con soldi russi.
In Lombardia, a trattare, ci sono idraulici, baristi, molti commercialisti vicini al partito. Sullo sfondo, al principio di tutto c’è anche una comparsa che dice di essere fuggita in Brasile per paura, citata in inchieste giudiziarie come prestanome usato della ‘ndrangheta.
Gli ingredienti del thriller movie sono scritti in alcuni documenti della Uif, l’unità finanziaria della Banca d’Italia, analizzati da L’Espresso.
Documenti che parlano di un’inchiesta giudiziaria in corso da parte della Procura di Milano. «L’operatività posta in essere da Lombardia Film Commission parrebbe configurare il trasferimento di fondi pubblici a soggetti vicini agli ambienti politici di riferimento del cliente», si legge nelle carte della Uif.
E ancora: «Anomala operatività posta in essere da nominativi in vario modo riconducibili alla Lega, oggetto di indagini da parte della Procura della Repubblica di Milano. Si ipotizzano in particolare illeciti trasferimenti di fondi pubblici a soggetti privati, per lo più “orchestrati” dal commercialista Alberto Di Rubba».
Per capire cosa significano queste poche righe scritte in linguaggio tecnico, bisogna partire dalla Lombardia Film Commission e da una storia che avevamo rivelato su queste pagine nell’aprile dell’anno scorso .
La Lombardia Film Commission è una fondazione a partecipazione pubblica che si occupa della promozione e dello sviluppo di progetti cinematografici sul territorio (ogni regione ne ha una). Un ente pubblico.
Gran parte del capitale arriva dalla Regione, mentre il resto lo mette il Comune di Milano, la Fondazione Cariplo e l’Unioncamere regionale. La sede operativa di Lombardia Film Commission è a Cormano, ex cuore industriale della provincia milanese, in un fabbricato basso e grigio di quasi mille metri quadrati.
Ed è proprio questo edificio l’epicentro di una complessa girandola di bonifici che avrebbe permesso ad alcune persone vicine alla Lega di arricchirsi con i soldi dei cittadini lombardi, dicono i detective di Banca d’Italia.
Acquistato a febbraio del 2017 per 400 mila euro dalla Immobiliare Andromeda Srl, undici mesi dopo è stato venduto all’ente pubblico per 800 mila euro. Il pagamento ad Andromeda è avvenuto tramite due bonifici accreditati il 5 dicembre 2017, quando a capo della Film Commission c’era il commercialista della Lega Alberto Di Rubba.
Il primo mistero dipende dalla proprietà dell’Immobiliare Andromeda, la fortunata società che nel giro di 10 mesi ha incassato una plusvalenza di 400 mila euro.
Al momento della vendita dell’immobile di Cormano all’ente pubblico lombardo, le quote dell’Andromeda erano intestate alla Futuro Partecipazioni Srl, a sua volta controllata dalla Fidirev Srl, una società fiduciaria. Insomma, non si sa chi ha davvero beneficiato di quella lauta plusvalenza.
Di certo l’amministratore della Futuro Partecipazioni era il commercialista Michele Scillieri. Un nome che s’incrocia spesso con quello della Lega. Nello studio privato di Scillieri è stata infatti registrata la Lega Per Salvini Premier.
Non solo. Come avevamo già scritto, Scillieri è stato componente del collegio sindacale della Lombardia Film Commission, consulente della fondazione con il ruolo di contabile amministrativo. E, dopo la vendita del fabbricato di Cormano, anche liquidatore dell’Andromeda, società che dopo aver incassato i denari dei contribuenti lombardi ha chiuso i battenti.
Che la posizione di Scillieri fosse in conflitto di interessi lo scrivono gli stessi investigatori della Uif nei documenti consultati dall’Espresso. Ma c’è di più.
Nel luglio del 2018 Scillieri ha rilasciato un’intervista spiegando perchè fosse stato scelto proprio il suo studio come domicilio della Lega per Salvini Premier. «È stato solo per un piacere personale a un collega. L’accordo era chiaro: ho accettato la domiciliazione ma volevo tenermi totalmente fuori a livello politico, finanziario e operativo», sono le parole riportate nell’articolo.
I documenti però raccontano una versione diversa: il commercialista milanese ha incassato soldi dal partito guidato da Salvini. E non pochi: 89mila euro in due bonifici, uno del dicembre del 2016 e l’altro del giugno del 2018, versatigli direttamente dalla Lega Nord. A cavallo dell’operazione immobiliare e della fondazione della nuova Lega.
Seguendo il flusso di denaro partito dai conti della Lombardia Film Commission si scoprono altri fatti inediti. Un filo che conduce dal Pirellone e dalla storica sede di via Bellerio, legata ai fasti autonomisti del Carroccio, alla vicina Bergamo.
A un indirizzo della città orobica, via Angelo Maj 24. Qui a partire dal 2015 è stato spostato il baricentro finanziario della nuova Lega di Matteo Salvini. Le chiavi della cassaforte sono state consegnate al tesoriere, Giulio Centemero, e ad altri due commercialisti della Val Seriana: Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. Rispettivamente revisori contabili del gruppo parlamentare alla Camera e di quello al Senato. Ma i due sono anche stati ingaggiati nei consigli di amministrazione di società del Carroccio per traghettare la Lega dagli scandali del passato all’oggi sovranista. Manzoni e Di Rubba, tuttavia, sono anche professionisti che gestiscono una galassia di società con la testa in Lussemburgo, come avevamo svelato più di un anno fa.
Una piramide sospetta, tanto da portare la procura di Genova e la Guardia di finanza a a disporre una perqusizione per verificare se alcune di queste aziende con il vertice nel Granducato siano state utilizzate per riciclare parte dei 49 milioni di euro della truffa sui rimborsi.
Un altro fatto messo in luce dagli investigatori della Uif riguarda proprio Di Rubba. Nel maggio del 2019 il revisore contabile del gruppo Lega al Senato, che come abbiamo detto è stato sino ad agosto 2018 presidente della Lombardia Film Commission, ha disposto un bonifico da 6mila euro nei confronti dell’avvocato Alessio Gennari. Un pagamento interessante, secondo i detective di Banca d’Italia, perchè al momento del controverso acquisto dell’immobile di Cormano Gennari era il presidente dell’organo di vigilanza di Lombardia Film Commission.
Era insomma l’uomo incaricato di controllare che i soldi dei cittadini lombardi venissero spesi al meglio. E «nulla ha eccepito sulla compravendita in questione», si legge nei rapporti.
I bonifici ricchi riguardano però altri personaggi.
Pagamenti da centinaia di migliaia di euro ricevuti sopratutto da imprenditori, che beneficiano del denaro pubblico incassato dalla società Andromeda per la vendita dell’immobile di Cormano.
Il primo è Francesco Barachetti, uno dei fornitori preferiti dalla Lega di Salvini, che in tre anni ha gli ha pagato fatture per 1,5 milioni di euro. Ma la “Barachetti Service” di Casnigo, provincia di Bergamo, è anche tra quelle che riceve i soldi versati dalla Film Commission. Il denaro prima di raggiungere le casse dell’impresa di Casnigo compie però un giro tortuoso.
Cinque giorni dopo aver incassato il denaro pubblico per la compravendita dell’immobile di Cormano, l’immobiliare Andromeda versa 488 mila euro alla società Eco srl. La Eco è un’azienda con sede a Milano, costituita un mese prima che Andromeda vendesse alla Lombardia Film Commission.
«Il capitale sociale di 10 mila euro dell’azienda è stato versato dal titolare Pierino Maffeis», scrivono i detective dell’antiriciclaggio, che aggiungono: tuttavia sul suo «conto corrente lo stesso giorno viene accreditato un bonifico di pari importo da parte di Barachetti Service». Il proprietario della Eco è di Gazzaniga, provincia di Bergamo, 5 mila anime in Val Seriana, paese natale di Di Rubba.
Si occupa, recita l’oggetto sociale, di costruire e ristrutturare immobili. Ma i soldi pubblici restano poco sui conti della Eco: «la provvista per oltre il 50 per cento è stata immediatamente bonificata in favore della Barachetti Service S.r.l. e per la differenza in favore dei professionisti sempre riconducibili alla Lega», scrivono gli analisti dell’antiriciclaggio.
Ricapitolando, fin qui i documenti della Uif dicono che il mezzo milione pubblico, arrivato nelle casse della Eco dalla misteriosa Immobiliare Andromeda, è finito al fornitore della Lega Barachetti e, in parte, a società dei commercialisti del partito. Maffeis – anche lui – con la sua Eco Srl è stato un fornitore ufficiale della Lega di Salvini. Per esempio, il 13 febbraio 2018, Radio Padania e Pontida Fin – la storica società controllata dal partito, amministrata da Di Rubba – versano alla Eco in totale 60 mila euro. Pagamento fatture, recita la causale.
La stessa che ritroviamo in quelli che Barachetti riceve direttamente dalla Lombardia Film Commission tra giugno e luglio 2019: 71 mila euro, un anno dopo la compravendita di Cormano.
Non tutti i soldi della Lombardia Film Commission finiscono però a Barachetti e Maffeis. Una parte, dopo alcuni giri, termina sui conti di società di proprietà o molto vicine ai commercialisti della Lega.
I documenti dell’antiriclaggio mostrano versamenti fatti proprio dalla Eco srl – tre bonifici, per circa 60 mila ero – allo studio Dea Consulting di Di Rubba (all’epoca anche di Andrea Manzoni), allo studio Cld e allo studio Sdc (fondato con capitale della Dea Consulting).
L’immobiliare dal proprietario segreto, sei giorni dopo la chiusura dell’affare Cormano, ordina pagamenti per 178.500 a Sdc. Proprio la società fondata con capitale del duo Di Rubba-Manzoni, la coppia di commercialisti che hanno fatto carriera con Salvini al comando della Lega, i professionisti pagati dal partito, nominati su poltrone pubbliche e private, amici da una vita del tesoriere Giulio Centemero, con cui hanno fondato anche l’associazione Più Voci (al centro di indagini per finanziamento illecito) e suoi soci in affari.
Che fine hanno fatto i soldi pubblici arrivati sui conti della Sdc? I documenti della Uif dicono che tra il 2016 e il 2018 la società versa sistematicamente i soldi incassati al trio di commercialisti della Lega con causale “pagamento fatture”.
Prendiamo Centemero, deputato e tesoriere: in un anno ha incassato da Sdc circa 62 mila euro. Chi ha ricevuto di più da questa azienda nata nel 2016 è certamente Manzoni, il collega di studio di Di Rubba: 211 mila euro in un anno e mezzo fino al gennaio 2018.
Anche dopo, quindi, che Sdc incassa i quasi 200 mila euro girati dalla fortunatissima immobiliare Andromeda.
Anche Di Rubba non è da meno: riceve 198 mila euro da Sdc, sempre a titolo di pagamento fatture, emesse dal giugno 2016 al gennaio 2018. Le date indicano dunque che Di Rubba, durante la presidenza della Film Commission lombarda, ha guadagnato con prestazioni offerte da Sdc, che a sua volta ha beneficiato di parte degli 800 mila euro pubblici spesi dall’ente che lui presiedeva. Insomma, concludono i detective dell’antiriciclaggio, «la Sdc ha veicolato anche una parte dei fondi pubblici trasferiti dalla fondazione Lombardia Film Commission ad Immobiliare Andromeda s.r.l.».
Il finale di questo intrigo sui soldi pubblici dei lombardi è degno di un thriller movie. Torniamo all’origine di tutto.
Ai vecchi proprietari dell’immobile di Cormano, poi strapagato dalla Regione Lombardia. Insomma, da chi lo ha acquistato l’immobiliare Andromeda pagandolo 400 mila euro e incassando il doppio dalla fondazione pubblica a guida leghista?
Dalla società Paloschi Srl, oggi cancellata, di proprietà di Luca Sostegni. Il suo nome coincide con quello che i magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria definiscono “prestanome” di un uomo considerato tra i vertici di un clan della ‘ndrangheta al Nord.
L’inchiesta antimafia risale a qualche anno fa, e Sostegni non fu indagato. Ma nelle carte in possesso dell’Espresso il giudizio dei pm è netto: «Sostegni non presentava dichiarazione dei redditi dall’anno 2007, era stato rappresentante legale, pur non avendo mai percepito redditi, di numerose società … Emergeva dunque come Luca Sostegni fosse un prestanome». Non solo.
Sostegni dopo il primo articolo dell’Espresso sulla vicenda Film Commission ci ha contattato via email: «Le scrivo dal Brasile dove sono dovuto (fuggire) per tale vicenda. Io sono la persona che ha procurato Andromeda e fatto tutta l’operazione in collaborazione e la regia di soggetti a lei conosciuti. Si sono volatilizzati dandomi gli spiccioli».
Abbiamo provato a ricontattarlo più volte, senza ricevere risposta. Di certo Sostegni dovrebbe sapere come sono andate le cose. Avremmo voluto chiedergli se ha conosciuto direttamente i commercialisti della Lega, visto che fino al 2011, uno dei tre professionisti che gestiscono i conti del partito, Andrea Manzoni, è stato amministratore della Elle Esse Consulting di proprietà proprio di Luca Sostegni. Avremmo voluto chiedergli se quando ci ha scritto che gli hanno lasciato solo gli “spiccioli”, si riferiva a quei 34 mila euro che Andromeda versa alla sua Elle Esse due giorni dopo aver ricevuto gli 800 mila euro pubblici dalla Lombardia Film Commission. Ma non ci ha mai più risposto. È in Brasile.
Propaggine esotica di una storia nata tutta in Lombardia, feudo storico leghista. Ieri di Maroni. Oggi di Fontana e del suo protettore Salvini.
(da “l’Espresso”)
argomento: Giustizia | Commenta »