Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
SE HA MOTIVO DI RICUSARE QUALCHE GIUDICE HA TUTTI GLI STRUMENTI PER FARLO, MA CONDIZIONARE I GIUDICI APPELLANDOSI AL CAPO DELLO STATO E’ UNA PRASSI DA REGIME… SALVINI HA AVUTO UN TRATTMENTO DI FAVORE, DOPO IL CASO “GREGORETTI” ANDAVA ARRESTATO PER IL PERICOLO DI REITERAZIONE DEL REATO (PUNTALMENTE AVVENUTO CON LA OPEN ARMS)
Il Tribunale dei ministri di Catania aveva contestato all’ex ministro dell’Interno di aver bloccato a bordo della nave Gregoretti della Guardia costiera italiana 131 migranti. “Nella sua qualità di ministro dell’Interno ha abusato dei suoi poteri”: è questa la motivazione con la quale i giudici catanesi hanno chiesto per due volte, al Senato di autorizzare il processo all’ex ministro dell’Interno contestandogli il reato di sequestro di persona. Autorizzazione concessa e quindi a ottobre inizierà il processo, mentre martedi’ prossimo la Giunta per le autorizzazioni a procedere dovrà esprimersi sulla richiesta del Tribunale dei ministri di Palermo per la vicenda Opne Arms, dove Salvini è indagato per “plurimo sequestro di persona aggravato”. Poi deciderà l’aula del Senato anche in questo secondo caso.
Salvini invece che pensare a difendersi nel processo, oggi pensa bene di condizionare il giudizio dei magistrati scrivendo a Mattarella:
“Come noto, a ottobre inizierà l’udienza preliminare innanzi al Gup presso il Tribunale di Catania ove sono chiamato a rispondere dell’ipotesi di sequestro di persona per fatti compiuti nell’esercizio delle mie funzioni di Ministro dell’Interno. Mi appello al Suo ruolo istituzionale, quale Presidente della Repubblica e del Csm, affinchè mi venga garantito, come deve essere garantito a tutti i cittadini, il diritto ad un processo giusto, davanti a un giudice terzo e imparziale”.
Il diritto garantisce “il giusto processo” a tutti i cittadini, non esistono privilegi, e si esprime attraverso tre gradi di giudizio. Nessun cittadino o politico ha mai pensato di scrivere al Presidente della Repubblica perchè gli venga garantito “un giusto processo”, è già sancito nella Costituzione.
Salvini ha già avuto un trattamento di favore (che nessuno cita) quando in presenza del primo reato di sequestro di persona per la Gregoretti si sarebbe dovuto richiedere alle Camera il suo arresto per una delle tre causali previste, ovvero la possibilità che “reiterasse il reato”. Cosa puntualmente avvenuta nel caso della Open Arms.
Oggi con quella nota al Quirinale inzia il condizionamento dei giudici che verranno ovviamente massacrati sui social sovranisti andando a spulciare nella loro vita privata magari “scoprendo” che al supermercato indossavano solo uno e non due guanti in fase di acquisto.
Conosciamo i metodi della macchina del fango dei nipitini di Mubarak.
Salvini non faccia il martire o la vittima del sistema, non ne ha le caratteristiche, non sempre si può scappare nella vita.
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
LA LEGA HA SCATENATO LA BAGARRE ALLA CAMERA SOLO PERCHE’ IL DEPUTATO GRILLINO HA RICORDATO LA VERITA’ ALLE CODE DI PAGLIA… CI PENSERA’ LA MAGISTRATURA A VERIFICARE LE RESPONSABILITA’
Forti tensioni oggi alla Camera, tra cori e pugni sui banchi da parte dei deputati del centrodestra
che si sono scagliati contro l’intervento del grillino Riccardo Ricciardi. Prendendo la parola dopo l’informativa di Giuseppe Conte, l’esponente del Movimento Cinque Stelle ha difeso l’operato del governo, e in particolare del presidente del Consiglio, nella gestione dell’emergenza coronavirus, puntando allo stesso tempo il dito contro quanto fatto (e non fatto) in Lombardia per contenere la pandemia.
La Regione, guidata dal leghista Attilio Fontana, è stato il territorio più colpito dall’infezione nel nostro Paese: Ricciardi ha condannato il modello sanitario lombardo chiamando in causa il governatore, ma anche l’ex presidente della Regione Roberto Formigoni e l’assessore al Welfare Giulio Gallera, ricordando anni di tagli alla sanità pubblica ed episodi di mala gestione.
Le parole di Ricciardi hanno scatenato l’ira dei parlamentari del Carroccio, che l’hanno definito uno “sciacallo che infanga una Regione e le sue vittime”. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha sospeso la seduta.
Fanpage.it ha fatto il punto su quanto successo questa mattina a Montecitorio, ma anche su quello che è accaduto negli ultimi due mesi in Lombardia, con il deputato a Cinque Stelle.
Lei ha attaccato duramente la gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia nel suo intervento di oggi alla Camera. Cosa è andato storto nella Regione?
Tutti i presidenti di Regione, così come il governo, sono stati scioccati da un’emergenza incredibile e infatti il presidente Conte si è scusato per i ritardi. Noi non critichiamo i presidenti di Regione, che sicuramente presi dal problema enorme che ha investito questo Paese, come tutto il mondo, hanno fatto valutazioni più o meno giusto, ma sicuramente della norma di una situazione del genere. Ma in Regione Lombardia è successo qualcosa di diverso, e non possiamo non dire che ci sia stata una gestione disastrosa. Anzi, lo diciamo proprio per parlare delle responsabilità politiche che ci sono. I medici lombardi hanno fatto un lavoro incredibile, ci mancherebbe altro. La popolazione ha vissuto una catastrofe. Ma non si può non dire che il presidente di un’associazione che racchiude 400 case di riposo in Lombardia ha detto che la delibera dell’8 marzo, che invitava a mandare pazienti Covid non gravi nelle Rsa, l’hanno dovuta leggere due volte perchè era una follia, testuali parole.
Lei ha parlato anche dei tagli alla sanità pubblica…
La medicina territoriale in Lombardia è molto lacunosa. Il 40% dei fondi destinati alla sanità privata sono un fatto. Così come lo è il fatto che sono siano tagliati 25mila posti letto pubblici negli ultimi vent’anni. Se mi avessero fatto andare avanti con il mio intervento avrei anche detto che Luca Zaia in Veneto, che non è certo amico nostro visto che anche lui è della Lega, ha gestito con razionalità e attenzione un modello sanitario che è diverso da quello lombardo e che ha retto un urto in maniera molto migliore.
Nel suo intervento ha anche menzionato l’ospedale in Fiera a Milano. Quali sono stati i problemi in quel caso?
Nella Regione, che molte volte ha anche scaricato responsabilità sul governo, un assessore in pompa magna ha inaugurato questo ospedale che è costato 21 milioni di euro di donazioni di persone e in cui alla fine sono finiti solo 25 pazienti. Oggi è stato aperto anche un fascicolo dai pm di Milano sull’ospedale in Fiera. Insomma, tutte queste cose sono accadute o no? È una critica al sistema che è governato dal centrodestra e che negli anni ha scelto di fare una politica che sicuramente ha dato dei risultati per altri tipi di servizi, però nel campo della medicina territoriale quando si è dovuto affrontare una cosa di questo tipo, la risposta è stata quella che è stata. Sono numeri e fatti facilmente riscontrabili.
Il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, l’ha accusata di speculare sui migliaia di morti che ci sono stati in Lombardia. Che cosa risponde?
Io ho ricevuto messaggi di parenti delle vittime che dicono che finalmente qualcuno dice come sono andate le cose. Non è uno speculare sulle vittime, ma è un dire che ci sono stati dei problemi gestiti in maniera assolutamente negativa e sicuramente queste cose hanno aumentato l’impatto del virus. Se uno unisce lo smantellamento della sanità pubblica a casi come quello emblematico della delibera dell’8 marzo, vedrà come il problema è stato amplificato.
Il governo sarebbe dovuto quindi intervenire di più, ad esempio commissariando la Regione?
Il governo ovviamente, come ha detto anche Conte qualche tempo fa, è stato travolto da una situazione che da un giorno all’altro mutava, e non era immaginabile proprio da un punto di vista concreto poter fare un’azione così forte come commissariare una Regione, nel momento in cui queste dovevano ovviamente lavorare. Non potevi in quel momento lì pensare di fare un atto del genere, perchè sarebbe stato più il danno che il vantaggio. Quando aumentavano i contagi fino 400 al giorno ovviamente si devono allestire i reparti e pensare a tutte quelle cose che sappiamo essere successe tra febbraio e marzo: questa cosa è di competenza regionale da anni, in quei momenti lì non si poteva andare a intervenire in quel modo.
Ora, invece, i tempi sono maturi per esaminare le responsabilità ?
Io le responsabilità politiche che ha la Regione le ho dichiarate. Sul discorso del commissariamento c’è un governo con le sue competenze, ci sono dei ministri con le loro competenze che hanno precisamente chiari tutti gli iter e le interlocuzioni che ci sono state tra governo e Regione. Hanno loro gli elementi per eventualmente pensare se si possa fare una cosa del genere. Io rilevo politicamente dei problemi che sono evidenti. Rilevo cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma in questa dialettica non entro.
(da “Fanpage”)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
PER DIFENDERE I LORO INTERESSI CERCANO UN PARTITO CHE NON C’E’
Il Covid-19 riapre la questione del nord. Ed è un tema politico che coinvolge il ceto dirigente, quell’èlite che trova in questo pezzo di Paese travolto dal virus dei virus il fulcro di un intero sistema.
Il nord appunto è in ansia, ribolle, è in difficoltà perchè teme di non riemergere dal Coronavirus. Non a caso proprio ieri Carlo Bonomi, nella sua prima relazione da numero uno di Confindustria, ha inviato un messaggio forte e chiaro al governo di Giuseppe Conte: basta con la burocrazia, con la moltiplicazione di nuovi istituti e di procedure, con i bonus a tempo, qui il Paese riparte se si mette mano agli investimenti, se si snellisce il sistema e si gettano le basi per riforme strutturali. Con un non detto, forse.
Per ricominciare l’Italia non può non prescindere dal nord. Questo pezzo di Stivale si sente orfano perchè non è rappresentato politicamente. Perchè Matteo Salvini ha rideclinato il leghismo in chiave nazionale.
Eppure, secondo Gabriele Albertini, sindaco di Milano dal 1997 al 2006, che non nasce politico ma imprenditore di una ditta che si occupava di pressofusioni in alluminio, prima di buttarla in politica, di sciorinare scenari, è necessario disvelare un sentimento diffuso.
E qual è? “Quando sono entrato in ditta — racconta – e mi occupavo del personale c’era un mondo che andava dal sindacale alla politica che era antimpresa. Un sentimento che è rimasto intatto. Allora la ricetta vera è: porre al centro della nostra Costituzione sì il lavoro, ma anche l’impresa”.
Ecco Albertini sostiene che si debba rimodulare l’articolo 1 della Carta Costituente: “Sarebbe un gesto simbolico. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma anche sull’impresa”. Può bastare? L’ex primo cittadino di Milano si ferma, riflette, e prova a tratteggiare il passo successivo: “Bisognerebbe poi intervenire sul rapporto di lavoro, sul fisco, sui lacci e lacciuoli, come li chiamava Guido Carli”. In sostanza, sbrurocratizzare. “Oggi per aprire una attività — insiste Albertini — bisogna chiedere permessi a diverse entità . E’ un processo complicatissimo”.
Dello stesso avviso è Paolo Agnelli, presidente di Confimi industria, alla testa di 40 mila piccole e medie imprese del manifatturiero ed erede dell’impero dell’alluminio fondato nel 1907. Il quale parla da Bergamo, epicentro del Covid-19: “Urge – osserva – fare un piano di rilancio del Paese partendo da una struttura di esperti, composta da imprenditori e da qualche economista, da gente insomma che conosce, che ha lavorato per davvero. Penso a una figura come Leonardo Del Vecchio, il patron di di Luxottica. D’altro canto ci siamo resi conto in queste settimane che il governo non è in grado di emettere provvedimenti che hanno un senso logico. Sembra quasi non conoscano la burocrazia italiana. Quando è uscito il decreto liquidità siamo rimasti sbalorditi lo abbiamo detto: si deve agire in deroga. Lo hanno capito che abbiamo perso un trenta per cento di produzione?”.
Gli fa eco Sandro Venzo, altro imprenditore e presidente di Confartigianato a Bassano del Grappa. Venzo sbotta dalla regione guidata da Luca Zaia: “Qual è il progetto industriale del Paese? Mi servo dei dati del Sole 24ore, il Pil dell’Eurozona è -7,7%, quello dell’Italia -9,5. Un Paese che vuole ripartire deve fare scelte diverse, ma radicali, non solo non arrivano i 25 mila euro, ma tenga conto che il decreto appena approvato mette 130 milioni di euro sui monopattini e 200 milioni sulle auto. Ci rendiamo conto?”.
Ed è a questo punto che Venzo introduce un argomento, un altro tema che divide il nord dal governo, vale a dire l’autonomia: “Il sistema va cambiato, lasciar volare quelli che volano e insegnar a camminare quelli che camminano. Per me l’autonomia significa questo. Il più bravo della classe deve essere visto come modello”.
In questo contesto l’altro tassello che manca è la Lega d’antan, quella di Umberto Bossi che aveva un radicamento vero nel territorio e fungeva da cinghia di trasmissione con il governo.
Una funzione che oggi è interpretata dal duo Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia. Un Carroccio di governo, pragmatico, vicino al tessuto produttivo, che non sposa posizioni anti Ue a colpi di tweet, che si discosta dai Bagnai e dai Borghi, e che soprattutto si ricordi di questo pezzo di Paese.
“La Lega di governo? C’è questa venatura più moderna, meno populista e più vicina agli imprenditori. Su questo tipo di Lega si può fare un investimento, sperando che questa leadership sia maggioritaria”, afferma Albertini.
Insomma più Giorgetti, meno Salvini? Al solo sentire il nome dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio gli imprenditori si mettono sull’attenti. “Salvini – dice Agnelli – ha avuto il merito di portare tanti voti, non so se riuscirà a tenerli. Ho visto che ha messo gli occhiali, mi auguro che voglia seguire Giorgetti. E che soprattutto abbandoni certe posizioni”.
Il nord operoso e realista non digerisce la propaganda della Bestia ed è nostalgico della vecchia Lega. Non a caso sia Venzo che il signore delle pentole condividono l’idea di Giorgetti di un governo di unità nazionale per uscire dall’emergenza. “Sarebbe la soluzione ideale. A giugno ci sarà il precipizio e a settembre si salvi chi può”, avvertono. “I dati dicono che la Lega sta scendendo con Salvini a fare il Capitano”, ricorda Venzo che un attimo evoca il nome di Luca Zaia, il presidente della Regione Veneto che ha fatto la differenza in questa emergenza, che oggi svetta nei sondaggi e addirittura secondo alcuni istituti di ricerca avrebbe superato il premier Giuseppe Conte.
Roberto Papetti, direttore del Gazzettino, il quotidiano principale di Venezia, spiega così le ragioni dell’exploit del doge: “Zaia si è posto come punto di riferimento, ogni giorno una conferenza stampa, ha avuto la forza e il coraggio di prendere alcune decisioni. Ad esempio, è stato lungimirante sui tamponi, sulla chiusura di Vo’ Euganeo. Aveva un consenso alto che poi si è ingigantito. Questa volta però c’è un dettaglio”. Quale? Continua Papetti che dal suo osservatorio intercetta prima di altri i fenomeni politici: “Rispetto al passato è un successo più nazionale. La sua leadership viene riconosciuta nel resto del Paese. Ecco perchè Zaia si trova di fronte a una scelta. Nel momento in cui si tornerà alle urne, e non sappiamo quando, il centrodestra dovrà scegliere un leader. E chi sarà ? Salvini saprà imporsi come candidato o in virtù del mutato clima politico ci si domanderà se non sarà il caso di puntare su una figura come quella di Zaia? Il presidente del Veneto ha un rapporto ottimo con Forza Italia e Berlusconi, non ha mai avuto una frizione con Giorgia Meloni e ha un profilo molto più tranquillizzante”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
MULTE, STEWARD, CHIUSURE STRADE PER EVITARE ASSEMBRAMENTI
Meno controlli, più movida e sindaci sempre più preoccupati. 
È la fotografia dell’Italia alla vigilia del primo fine settimana dopo la riapertura, col tempo bello che incoraggia a uscire di casa, alimentando i timori di nuovi assembramenti e risalita dei contagi da Covid-19.
E proprio per far fronte a questo rischio, domani in molte città si riuniranno i comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica per definire la strategia di intensificazione dei controlli anti assembramento. Sindaci, prefetti e forze dell’ordine uniti per spegnere sul nascere scintille che potrebbero riaccendere nuovi focolai del virus.
Perchè, come dice ad HuffPost il sindaco di Padova, Sergio Giordani, “le forze degli enti locali non bastano a fronteggiare elementi complessi e di massa” e “per gestire questi fenomeni abbiamo bisogno della collaborazione dello Stato e delle forze dell’ordine”.
Un piano per il week end e per i giorni a seguire ispirato a quello del Viminale che prevede sopralluoghi mirati nei centri storici delle città , nei luoghi in cui ci si riunisce per aperitivi e pranzi all’aperto e pattugliamenti nelle strade più frequentate per impedire alle persone di stare vicine e senza mascherina.
Per chi non rispetterà le regole scatterà la multa, da 400 a 3.000 euro, prevista anche per i gestori che rischiano anche la sospensione temporanea della licenza.
Da lunedì scorso, però, mentre si moltiplicavano immagini e video di scene di movida, i controlli sulle persone sono via via diminuiti.
I numeri dal Viminale. Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Interno risulta, infatti, che ieri sono state controllate 125.582 persone (con 460 sanzioni). Il 19 maggio erano state controllate 127.392 persone (409 i sanzionati) e 54.223 attività o esercizi, il giorno precedente 127.601 le persone (608 sanzionate), 51.590 le attività .
Quello di ieri è il numero più basso dal primo maggio, quando le persone controllate erano state 241.786 e 7062 i sanzionati.
Dall’11 al 17 maggio le persone controllate sono state 1.056.487 (9876 i sanzionati) mentre nella settimana precedente – dal 4 al 10 maggio – i controlli sulle persone erano stati 1.355.687 (16.988 i sanzionati). Un calo che dal Ministero dell’interno attribuiscono “al cambio di fase. Con la riapertura del Paese – dice una fonte – è ripartita anche la criminalità predatoria, per cui i numeri in meno nei controlli per il contenimento del rischio contagio da Covid-19 sono conseguenza dei blitz effettuati per contrastare rapine e traffico di droga”.
Intanto, il virus non si ferma e da Nord – diversi gli episodi registrati nonostante il colpo durissimo inferto dalla pandemia – a Sud continua a spirare la voglia di movida.
Fronte Comune.
In prima linea contro gli assembramenti, da Padova a Palermo, i sindaci, che anche in questa fase potranno proclamare sui territori dei loro comuni “zone rosse” per sbarrare la strada alla circolazione del virus. Preoccupati, arrabbiati, alle prese con la necessità di elaborare piani e strategie per impedire al Covid-19 di entrare e trasmettersi tra i cittadini. “Anche per non passare da capro espiatorio nel caso il contagio dovesse risalire”, sospira uno di loro.
Padova, steward fuori dai locali. Il principio che ispirerà l’azione di Sergio Giordani sarà “chi sbaglia paga”. A Padova si sono registrate scene di movida “inaccettabili”, dice il sindaco, che punta sulla collaborazione con prefetture e forze dell’ordine e sulla responsabilizzazione delle persone. Per questo il Comune ha promosso “una massiccia campagna informativa, insistendo “sul concetto che in questa pandemia ci si salva solo assieme”, precisa Giordani. E aggiunge: “Ora stiamo lavorando a posizionare steward professionisti della sicurezza fuori dai locali e useremo le tante aree verdi per spostarvi una serie di attività culturali, sportive, ricreative per giovani e anziani”.
Bologna, appelli e sanzioni. Nonostante la lettera-appello rivolta ai giovani e la collaborazione di gran parte dei cittadini, “ricevo diverse segnalazioni riguardo a comportamenti di persone che non rispettano le regole e mettono a rischio sè stessi e gli altri”, ha scritto stamane Virginio Merola in un comunicato stampa. Di qui la decisione, dopo aver “parlato con il Questore” di procedere a “una ancora più stretta collaborazione tra forze dell’ordine e polizia locale per esercitare i controlli, disperdere gli assembramenti e applicare le sanzioni alle persone che non rispettano le regole. Regole che valgono per tutti, gestori e clienti”.
Bari, pronto il piano chiusura. “Da domani, con il coordinamento del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura, si intensificano i controlli anti assembramento e scattano multe salate nelle zone della movida cittadina – ha annunciato via Instagram il sindaco di Bari, Antonio Decaro. “Da presidente dell’Anci – aggiunge parlando con HuffPost – ho telefonato al ministro dell’Interno e abbiamo condiviso la necessità di cambiare strategia sui controlli, come blitz e sopralluoghi mirati”. Lui ha già pronto il piano di chiusura della strada circostante il marciapiede del lungomare, dove si concentra gran parte della movida. “Se dovesse servire lo farò, ma quello che serve è soprattutto il senso di responsabilità ”, conclude dicendosi “molto preoccupato, anche perchè le conseguenze dei comportamenti sbagliati di questi giorni le vedremo dal 18 maggio”.
Napoli, “si apre tutto”. Condivide le preoccupazioni, ma non intende “chiudere nulla” Luigi de Magistris. “Al contrario, io aprirò quanto più possibile. Non è così o istituendo lo Stato di polizia che si gestisce questa fase, assai delicata perchè, con il virus ancora in giro, c’è il rischio di tornare indietro”, spiega il sindaco di Napoli. Bisogna dare alle persone quanti più spazi possibile, è il ragionamento, “non è che chiudendo le persone scompaiono”. Molto critico sul fatto che le decisioni sul da farsi le assumano le Regioni, “con noi sindaci ridotti a fare i vice sceriffi”, punta l’indice contro l’ordinanza del Governatore De Luca, che fissa gli orari di apertura dei locali dalle 14 alle 23. “Così si incoraggia la concentrazione degli assembramenti e invece l’attività deve durare h24, ovviamente con i dovuti controlli e, ove necessario, le sanzioni”. Così, conclude de Magistris, si colpevolizzano esercenti e cittadini, ai quali invece, lodando il comportamento esemplare tenuto nella fase 1, rivolge un appello “perchè anche ora vivano la città e gli spazi che metteremo a disposizione rispettando le regole”.
Palermo, denunce ai genitori. Il suo pensiero sul tema movida, necessità di rispettare i divieti e unire le forze tra istituzioni e forze dell’ordine, Leoluca Orlando, l’ha affidato a un post e a un video pubblicati giorni fa su Facebook. “Ho dato disposizioni al comando di polizia municipale di segnalare alla Procura della Repubblica comportamenti di minori privi di rispetto dei requisiti per la sicurezza, denunciando i genitori perchè si possano adottare i provvedimenti e le sanzioni di legge”, ha detto il sindaco di Palermo. Avvertendo: “Nessuno scherzi con la vita in questo delicatissimo momento sospeso fra la ripresa e il ritorno indietro”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
REGIONALI, COMUNALI E REFERENDUM NELLA STESSA DATA
Elezioni regionali, comunali e referendum in una stessa data che, con ogni probabilità , è questione di ore, sarà il 13 settembre.
Il Consiglio dei ministri a breve dovrebbe ratificare la decisione. È più di un election day. È il giorno del giudizio su questo governo che ha gestito l’emergenza Coronavirus.
È il giorno in cui si saprà chi verrà premiato tra l’esecutivo M5S-Pd, che prima ha chiuso l’Italia e ora si sta occupando della ricostruzione, e l’opposizione di centrodestra.
Ma è anche il banco di prova dei governatori uscenti, in prima linea nella gestione della crisi e spesso in rotta con l’esecutivo in una battaglia a colpi di ordinanze e contro ordinanze.
Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Veneto e Valle d’Aosta tutte alle urne con qualche mese di ritardo.
Per la maggioranza, che ha presentato gli emendamenti in commissione, non si può rimandare ancora, il rischio di una seconda ondata di contagi è troppo alto e ciò rischierebbe di far slittare il voto, così come a marzo è slittato il referendum. Ma soprattutto i giallorossi vogliono approfittare di questo momento in cui il Pd è in crescita e i 5Stelle hanno arrestato la loro caduto.
Le opposizioni insieme a Leu e Italia Viva, come ricostruito dall’agenzia Public Policy, stanno sollevando dei dubbi sulla data: “Se Conte invita gli italiani ad andare in vacanza per noi sarà difficile invitarli a partecipare alla campagna elettorale”, dicono i renziani.
Di certo, se si pensa che l’Italia non è ancora uscita del tutto dal lockdown, l’annuncio di questo appuntamento elettorale ha un effetto quasi surreale sui cittadini ancora alle prese con il dubbio se uscire o meno e se esiste ancora il contagio oppure no.
Alle prese con la cassa integrazione che non arriva si ritroveranno le città tappezzate di manifesti e oltre alle regole da rispettare in spiaggia, bisognerà capire a quali norme attenersi se si vuol partecipare a un comizio nel giorno di ferragosto.
Sulla politica invece l’impatto della convocazione delle urne è da subito fortissimo perchè per il centrodestra, ad esempio, potrà essere il primo momento di rivalsa rispetto a un esecutivo che nella fase dell’emergenza ha accaparrato consensi. Molti dipenderà dai prossimi mesi, se il premier Giuseppe Conte riuscirà a far intravedere segnali di ripresa.
È già il momento delle alleanze. Con tutte le difficoltà del caso. I giallorossi insieme nell’esecutivo sono spesso riluttanti a trasferire gli accordi sul territorio, come è successo in Emilia Romagna nel gennaio scorso.
Solo in Liguria per adesso sembra essere fatta. Venerdì dovrebbe venir fuori il nome del candidato presidente di M5s e Campo progressista, pronto a sfidare Giovanni Toti che punta alla riconferma. Chi si prenderà il merito della ricostruzione del Ponte di Genova? Sarà oggetto della campagna elettorale praticamente già iniziata.
In Campania il presidente uscente, Vincenzo De Luca, punta anche lui alla rielezione dopo gli alti consensi per la gestione dell’emergenza Coronavirus e di certo non farà una coalizione con il Movimento 5 Stelle che lo ritiene un impresentabile.
In tutte le regioni i governatori attuali puntano alla rielezione. In Veneto c’è il leghista Luca Zaia, che si gioca la leadership nel partito con Matteo Salvini. In Puglia i candidati non sono ancora stati definiti, con il centrosinistra che non ha trovato l’accordo sul presidente uscente, Michele Emiliano.
Nella Marche non si ripresenterà l’attuale presidente Luca Ceriscioli, così come in Toscana dove Enrico Rossi non si ricandiderà e il centrosinistra converge su Eugenio Giani.
La portata è enorme. Anche perchè le ultime regioni andate al voto, a parte l’Emilia Romagna, si sono già spostate a destra. Il voto di settembre sarà una prima operazione verità su come sta cambiando, se sta cambiando, l’Italia politica. Poi, appuntamento alle elezioni nazionali del 2023, ma a seconda di come vanno le regioni e anche di altre variabili, potrebbero essere anche prima.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
POI UN’AUTOCERTIFICAZIONE DI BUONA SALUTE E TEMPERATURA SOTTO I 38°
Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e Easa (Agenzia europea per
la sicurezza aerea) hanno messo nero su bianco una serie di linee guida per regolamentare i voli in Europa da quando sarà nuovamente possibile spostarsi dal proprio stato.
I punti fondamentali sono la mascherina obbligatoria, la distanza di 1,5 metri solo se possibile, un’autocertificazione digitale che attesti lo stato di salute al check-in e allarme solo se la temperatura supera i 38°.
Cerchiamo di capire come si potrà tornare a volare e le regole voli una volta che i paesi europei avranno riaperto le frontiere.
Il distanziamento sociale in volo viene raccomandato — ma non reso obbligatorio — dalle autorità europee in materia di salute e sicurezza aerea. Quello su cui non si transige è l’utilizzo della mascherina, abbinata ai disinfettanti per mani. Le linee emanate a livello europeo vanno in contrasto con quelle dell’Italia, che ha preferito optare per garantire la distanza di almeno 1 metro a bordo — almeno fino al 3 giugno -. La distanza fisica dovrà essere assicurata solo «dove consentito dal numero di passeggeri, dalla configurazione della cabina e dai requisiti sulla distribuzione dei pesi a bordo».
Diversamente — magari per i troppi passeggeri a bordo — , il requisito diventa l’obbligatorietà della mascherina. Sulle mascherine ci sarà un intervento anche delle singole nazioni, che potranno scegliere di adottare misure ancora più drastiche obbligano i passeggeri a indossare le mascherine dall’ingresso in aeroporto fino all’imbarco. Le uniche eccezioni a questa regola saranno i bambini dai 6 anni in giù.
Considerato che il dispositivo va cambiato ogni quattro ore, sarà compito del passeggero assicurarsi di avere un numero di mascherine sufficiente per portare a termine il volo in sicurezza.
L’accesso ai terminal sarà riservato ai soli passeggeri, che potranno passare solo con temperatura inferiore ai 38° C (in Italia il limite è 37,5° C); ognuno dovrà munirsi di un’autocertificazione che attesti lo stato di salute — stando ai suggerimenti europei — e le compagnie dovranno essere molto chiare riguardo alle conseguenze civili e penali del dichiarare il falso.
L’assenza di mascherina verrà punita severamente. Chi non la indossa non potrà entrare in aeroporto o, ancora, in aereo. Se la protezione viene rimossa a bordo, il passeggere può essere fatto sbarcare prima del decollo o, se ormai l’aereo è in volo, il personale di bordo potrà consegnarlo alle forze dell’ordine dopo l’atterraggio per atti molesti o violenti, secondo la procedura dedicata agli «unruly passengers».
Anche l’imbarco dovrà seguire precise regole, chiamando i passeggeri in base ai posti a loro assegnati. Si consiglia anche di suggerire ai clienti di portare meno bagagli a mano possibili in cabina, così che imbarco e sbarco siano fluidi e senza contatti tra le persone.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
IL CALCOLO DELLA COLUMBIA UNIVERSITY: SE TRUMP SI FOSSE MOSSO IN TEMPO LE VITTIME SAREBBERO STATE LA META’
Sarebbe bastato anticipare il lockdown di una settimana per evitare la morte di almeno 36 mila persone negli Stati Uniti. Lo dice un nuovo modello realizzato dagli studiosi della Columbia University. Due settimane avrebbero invece evitato la catastrofe.
Se si fosse iniziato a chiudere le città , imponendo il distanziamento sociale, a partire dal 1° marzo invece che dal 15, si sarebbero salvate almeno 54 mila persone in un Paese dove oggi il numero dei contagiati ha superato il milione e mezzo, e i morti sfiorano i 100 mila, in pratica due volte quelli della guerra del Vietnam. E invece, ancora il 9 marzo, il presidente Donald Trump su Twitter scriveva: “Non chiudiamo niente, la vita economica va avanti. Al momento abbiamo solo 22 morti, non serve chiudere”.
Le curve dell’epidemia, invece, sono tragicamente spietate: e mostrano come mettere in moto anche solo piccole varianti in tempi molto stretti, può cambiare la virulenza del morbo.
E sicuramente avrebbe fatto la differenza in città come New York, Detroit, New Orleans: le più colpite.
Lo conferma al New York Times pure Jeffrey Shaman, epidemiologo di Columbia a capo del gruppo di ricerca impegnato a valutare l’impatto delle misure di distanziamento sociale. I suoi risultati, fra l’altro, mostrano quanto la riapertura precoce di molti stati sia inopportuna: a meno che le autorità non siano capaci di seguire molto da vicino il propagarsi delle infezioni, sopprimendo immediatamente nuovi focolai.
I timori sono più che fondati, dice oggi il Washington Post: mostrando come, analizzando i dati dei cellulari, gli analisti del PolicyLab al Children’s Hospital di Filadelfia, già temono una nuova ondata di malati nel sud del Paese. Sì, mentre tutti e 50 gli Stati stanno riaprendo almeno in maniera parziale, visto che la curva dei contagi sembra essersi abbassata in tutta l’America, Florida, Texas e Alabama, sono già in contro tendenza. Qui i numeri sono in crescita: segnale preoccupante che sembra proprio anticipare un nuovo rinfocolarsi dell’epidemia.
Fra le città più a rischio Dallas e Houston. A lanciare l’allarme è anche Anthony Fauci, il celebre epidemiologo della task force della Casa Bianca: “Il virus non sta scomparendo. Il rischio è sempre fortissimo”, ha detto al Washington Post.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
HAFTAR ANNUNCIA “LA PIU’ GRANDE CAMPAGNA AEREA CHE SI SIA MAI VISTA”
Il ministro dell’Interno del governo di Tripoli, Fathi Bishaga, ha confermato che “almeno otto aerei
da caccia russi sono arrivati in Libia dalla Siria”, atterrando negli aeroporti controllati dal generale Khalifa Haftar, probabilmente a Tobruk.
La notizia data dal ministro era circolata ieri notte su alcuni siti internet: se fosse confermata in maniera autonoma sarebbe un segnale pericolosissimo di quella possibile escalation della “guerra aerea” che molti analisti vedono possibile in Libia.
Secondo Bishaga I russi avrebbero spostato dalla Siria sei Mig 29 e due Sukhoi 24, partiti dalla base di Hmeimim e scortati nel volo di trasferimento da due intercettori Su-35. E’ persino probabile che nel volo di trasferimento gli aerei possano essere atterrati in un aeroporto egiziano, per evitare il rifornimento in volo.
E proprio questa mattina il comando dell’esercito di Haftar ha annunciato che la loro aeronautica lancerà nelle prossime ore “la più grande campagna aerea nella storia della Libia”, ovvero un attacco alle postazioni del governo di Tripoli che nelle ultime settimane, con l’appoggio della Turchia, ha respinto le forze di Haftar in molte aree della Tripolitania.
Haftar, sostenuto militarmente dalla Russia, dagli Emirati e dall’Egitto, dall’aprile del 2019 assedia Tripoli per provare a far cadere il governo di Fajez Serraj e prendere il controllo della capitale.
Con centinaia di mercenari, fra cui contractor russi della “Wagner”, il generale della Cirenaica è stato più volte sul punto di entrare nella città fino a quando a novembre Serraj ha stretto un patto militare con la Turchia. Da allora il governo di Tripoli è riuscito a frenare il generale e nelle ultime settimane lo ha respinto, conquistando lunedì scorso anche l’importante base aerea di Watyia.
Gli attacchi del governo di Tripoli sono stati possibili soltanto grazie all’appoggio miltare della Turchia: droni e sistemi anti-aerei hanno dato la superiorità aerea in Tripolitania all’esercito di Serraj.
I droni turchi nelle ultime ore per esempio hanno distrutto almeno nove sistemi anti-aerei russi “Pantsir”, un sosfisticato semovente dotato di radar, missili e artiglieria contraerea che gli Emirati avevano fornito ad Haftar per proteggere le sue basi.
Con il suo annuncio il capo dell’aeronuatica di Haftar, Saqr al-Jaroushi, dice adesso che “tutte le postazioni turche e i loro interessi in tutte le città saranno nostro legittimo obiettivo, noi invitiamo i civili a stare lontani da questi obiettivi”
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2020 Riccardo Fucile
UN ALTRO COLPO DI SCENA: QUANDO BERTOLASO FINI’ IN QUARANTENA IL PROGETTO CAMBIO’ VOLTO
“Oggi, dopo l’uscita del vostro articolo, mi ha chiamato Guido Bertolaso per ringraziarmi di aver sollevato il “caso Ospedale in Fiera”. Mi ha inoltre autorizzato a diffondere pubblicamente la notizia che il dottor Bertolaso ha “diffidato Regione Lombardia e Fondazione Milano, dal chiudere la struttura””.
A parlare è un esterrefatto avvocato Giuseppe La Scala, il donatore che mercoledì a Business Insider Italia aveva annunciato alcuni accessi agli atti per capire che fine avessero fatto i soldi donati dai milanesi per quella struttura costata oltre 21 milioni, che ha curato solo una ventina di pazienti e che adesso sarebbe prossima alla chiusura.
Più che comprensibile quindi il suo smarrimento, soprattutto quando Bertolaso lo ha “autorizzato a diffondere la notizia ai giornalisti, perchè lui non è presente sui social”, aggiunge La Scala: “Mi ha anche detto che quell’ospedale non è ciò ce lui aveva concepito e che, a causa della sua malattia (Bertolaso era stato ricoverato perchè colpito dal Covid, ndr), sarebbe stato di fatto esautorato dall’operazione”.
Da quanto riferito da La Scala, quindi, quel fronte granitico che aveva portato avanti l’operazione Ospedale Covid in Fiera, tanto granitico oggi non è più
Raggiunto da Business Insider Italia nelle Marche, dove è alle prese col cantiere ancora aperto dell’ospedale gemello della Fiera, Bertolaso ha rifiutato ogni intervista, ma ha dichiarato via Sms: “Grazie ma sono molto occupato nelle Marche con tutti i medici e gli infermieri che si stanno organizzando per aprire la struttura nei prossimi giorni (…) giusto per sua informazione ho “sollecitato” la Regione (Lombardia, ndr) a dare notizie chiare sul futuro del Covid Hospital e ovviamente richiesto alla Fiera di pubblicare tutti i rendiconti dei soldi donati, così come ho già fatto qui nelle Marche. Entro una settimana spero di vedere il tutto confermato grazie e buon lavoro gb”.
Nella ricostruzione di Bertolaso, quindi, non una diffida, ma una “sollecitazione”. Di sicuro una presa di posizione nei confronti di Regione Lombardia e di Attilio Fontana. Giovedì 21 Bertolaso sarà ospite della trasmissione “Agorà ” e forse chiarirà meglio la questione.
Intanto, dopo la pubblicazione dell’articolo di Business Insider Italia, è stato convocato un Consiglio di amministrazione straordinario di Fondazione Milano, originariamente previsto per luglio. Nelle intenzioni dei consiglieri in quota Comune di Milano, sarà l’occasione per chiedere la massima trasparenza e per richiedere una data certa per avere la tanto attesa rendicontazione delle spese.
Un primo esito probabile è che quel cda anticipato delibererà l’allargamento del numero dei membri del Comitato dei Garanti del Fondo, che era stato creato da Fondazione Fiera presso Fondazione Milano e sul quale sono confluite le donazioni dei milanesi.
Una decisione attesa, visto che allo stato attuale, gli unici autorizzati a controllare le spese effettuate da Fondazione Fiera e Fondazione Milano sono Fondazione Fiera e Fondazione Milano. Con un enorme conflitto di interesse.
(da Business Insider)
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