Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
UNA TREGUA FRAGILE IN ATTESA DI CONOSCERE LE INTENZIONI DI CONTE PER LA FASE 2
Un documento con le priorità del governo, su quel che si ha intenzione di fare nelle prossime settimane.
E una deadline, scelta non a caso: la data della mozione di sfiducia che il centrodestra ha presentato nei confronti di Alfonso Bonafede.
E’ stato questo il piatto forte messo sul tavolo da Italia viva nel suo incontro con Giuseppe Conte. Ma quella data, sempre non a caso, al momento non c’è.
La conferenza dei capigruppo del Senato oggi ha deciso di non decidere. Il ministro della Giustizia è atteso per mercoledì in Senato per un’informativa.
Le opposizioni reclamano per quel giorno il voto sul suo operato. Ma la questione, a questo punto, travalica il solo Bonafede, appeso ai voti renziani.
Matteo Renzi da tre giorni fa filtrare sibillinamente che “sta pensando il da farsi”, mentre i suoi dicono ufficialmente che no, non si può abbattere un ministro per uno scontro in diretta tv condito solo da sospetti e allusioni. Ma quei voti sono fondamentali. E da oggi dipendono anche, forse soprattutto, da quel testo programmatico.
Oggi è partita una mail dalla presidenza del gruppo indirizzata a tutti i senatori 5 stelle. Ci sono le indicazioni sul calendario della prossima settimana, ed è rivelatrice del grandissimo imbarazzo di queste ore.
Si spiega che la presidente “renderà comunicazioni sul calendario dei lavori” martedì prossimo.
Un calendario che, nel fantasioso lessico dei 5 stelle, prova a nascondere il problema politico spiegando che “si attende di sapere dal ministro Bonafede se sia disponibile a che sia discussa la mozione di sfiducia nei suoi confronti”. La “gentile concessione”, come sappiamo, dipende da una trattativa che si svolge altrove.
Oltre due ore è durato l’incontro fra il premier e una delegazione di Italia viva composta da Ettore Rosato, Maria Elena Boschi e Davide Faraone.
Un incontro convocato da Conte, si vocifera consigliato dal Quirinale, operoso nel tentare di tranquillizzare una situazione potenzialmente esplosiva, che continua a far filtrare come altre maggioranze non siano possibili.
Un chiarimento politico, una mano di poker in cui nell’immediato tutti si portano a casa un piccolo guadagno, tutti minimizzano le perdite.
La partita è ancora lunga e dagli esiti imprevedibili, ma per le prossime ore il campo è stato in gran parte sminato, aspettando la tensione che potrebbe tornare ad accumularsi la settimana prossima. “A luglio lascio”, il ragionamento che sta facendo Matteo Renzi in molti dei colloqui di questi giorni.
Un bluff, a sentire i suoi partner di maggioranza. Anche Conte ne è convinto, ma non vuole farsi trovare impreparato. Così, se sul documento politico si potrebbero pesare i partiti e su Bonafede si vedrà , il presidente del Consiglio si è preparato a una girandola di telefonate con i vertici 5 stelle.
In molti hanno definito “incomprensibile” la posizione di Vito Crimi, il no senza appello alla regolarizzazione di colf, badanti e lavoratori del comparto agricolo.
Non di certo una svolta, ma la posizione prevalente, che a quanto raccontano sarebbe anche quella di Luigi Di Maio, è sì un diniego a una sanatoria erga omnes, ma nemmeno una chiusura tout court come quella sbandierata dal reggente.
Conte ha incassato un’apertura legata all’effettività del lavoro svolto e a un termine per il permesso di soggiorno, e con quella si è presentato al tavolo.
Assicurazioni sono arrivate anche sul “piano schock” caro a Italia viva: il premier ha messo in cantiere un decreto su sburocratizzazioni e semplificazione, spiegando che molte delle proposte di Iv vi potrebbero trovare collocamento.
La pattuglia renziana si è detta preoccupata dell’efficacia di un decreto aprile che arriverà a metà maggio, così come di un comparto, quello della giustizia, sui cui orientamenti le voci di Renzi&co sono da mesi inascoltate.
La messa a punto è rimandata alla settimana prossima, quando si dovrebbe tenere un nuovo incontro. A sera arrivano le parole di Silvio Berlusconi: “Abbiamo detto e ripetiamo ancora che questo non è il tempo delle manovre politiche, gli italiani si aspettano soluzioni e non contese. Pensare oggi ad un cambio di governo non è ovviamente possibile”.
Togliere dal campo così platealmente il soccorso azzurro con questa tempistica calibrata al secondo difficilmente è un caso.
Il governo continua a essere appeso agli strappi e alle frenate di Renzi. Tanto è bastato per far twittare a Teresa Bellanova una foto dell’incontro mascherinato e l’eloquente didascalia: “Italia viva continuerà a lavorare per il paese”. Domani è un altro giorno.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
POSSIBILE ACCORDO SUI TRE MESI
Gli ‘invisibili’ entrano nel decreto aprile, ormai ribattezzato decreto maggio. Nella bozza un paragrafo è dedicato agli immigrati che lavorano in nero, quindi alla regolarizzazione di braccianti, colf e badanti.
Gli uffici dei ministeri interessati hanno stilato un testo lasciando uno spazio bianco che riguarda la durata del permesso di soggiorno, su cui si cerca ancora un’intesa politica. Toccherà al premier Conte e ai capi delegazione di maggioranza chiudere l’accordo che potrebbe attestarsi su un permesso di soggiorno temporaneo per tre mesi.
Ma nel Movimento 5 Stelle nulla viene dato per scontato. I grillini vorrebbero prendere tempo, rinviando tutto a un decreto ad hoc. Ed è per questo che continuano a dire che “regolarizzare gli immigrati non è la soluzione per sostenere l’agricoltura”. Parola del capo politico Vito Crimi che tuttavia non tiene conto che queste persone lavorano già come braccianti ma sono sottopagate e senza diritti.
Il ministro del Sud Giuseppe Provenzato sta provando a mediare tra le varie anime affinchè il provvedimento possa entrare nel decreto maggio, come chiede il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova che è arrivata a minacciare le dimissioni.
Dai 5 Stelle arrivano molte resistenze, che comunque potrebbero far parte di una sorta di strategia politica per differenziarsi dagli alleati.
Ma alla fine al tavolo di maggioranza con il premier sarà ratificata l’intesa. Oggi il presidente del Consiglio che ha incontrato una delegazione di Italia Viva tra cui il ministro Bellanova, viene riferito, ha dimostrato attenzione al tema.
Entro domani si definirà la durata del permesso di soggiorno, ma il ministro Catalfo, in quota M5s, continua a chiedere un periodo più breve, uno o al massimo due mesi.
Per il resto l’accordo è stato raggiunto sull’articolato che punta all’emersione di braccianti, colf e badanti in nero, anche per – si sottolinea – garantire adeguati livelli di tutela della salute nell’emergenza Coronavirus. Se, come sembra, andrà in porto, sarà la quarta sanatoria dopo quelle del 2002, del 2009 e del 2012.
Due i canali di regolarizzazione proposti.
Il primo è attivato dal datore di lavoro che – tramite un contratto — fa emergere un irregolare che deve però già trovarsi sul territorio nazionale e deve essere stato fotosegnalato dalle forze di polizia in Italia prima dell′8 marzo scorso.
Allo straniero, dopo una serie di verifiche, sarà accordato un permesso di soggiorno valido per la durata del contratto, rinnovabile in caso di nuovi rapporti di lavoro. Il secondo canale è il più complesso.
È quello dei tanti stagionali in agricoltura che hanno perso il lavoro in questa fase di crisi o a cui è scaduto il contratto: queste persone potranno avere un permesso temporaneo per ricerca lavoro.
La ministra Bellanova lo chiede di sei mesi di durata, appoggiata da Provenzano; la collega Catalfo era fortemente contraria. Si potrebbe quindi arrivare alla mediazione di tre mesi, ma sarà solo l’incontro tra Conte e i capi delegazione della maggioranza a sciogliere quest’ultimo nodo e a dare l’ok definitivo all’inserimento del provvedimento nel decreto maggio.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
COSTO DEL CARBURANTE, DEL PERSONALE DI BORDO E SPESE LEGATE ALLA NAVE PAGATI CON SOLDI PUBBLICI… CHIESTA UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA… POCHE DECINE I PAZIENTI OSPITATI PER LA RIABILITAZIONE
Una “nave ospedale”, con tanto di festa di inaugurazione, varo e, ovviamente, molti soldi pubblici. Peccato che la nave non possa essere tecnicamente definita “nave ospedale”, in quanto non si tratta di una nave militare ospedaliera — come ad esempio l’americana Confort — ma di un traghetto di proprietà di un armatore privato: una nave nata per trasportare viaggiatori all’interno del Mediterraneo.
La nave è la Splendid, di Grandi Navi Veloci (Gnv), di proprietà al 50% dell’armatore Gianluigi Aponte, attuale numero uno di Msc.
Ad inaugurarla, alla fine di marzo ci sono l’assessore alla Sanità in quota Lega, Sonia Viale, e il presidente della Regione, Giovanni Toti. La struttura navale non è però tra le più adatte ad ospitare pazienti infettivi, e questo viene fatto notare da diversi esperti.
“Usare una nave per ospedalizzare pazienti Covid-19 è folle: sulla nave circola la stessa aria, a parte nelle poche cabine predisposte dal Rina (Registro italiano navale ed aeronautico, ndr) con circolazione di aria autonomia, in più non esiste personale qualificato o addestrato. I pazienti con Covid-19 dovevano e dovrebbero andare in ospedali o strutture ideati per quelle funzioni”, racconta a TPI la dottoressa Isabella Susy De Martini, ufficiale medico di bordo, già docente universitaria presso la University of Pennsylvania ed ex eurodeputata.
Anche Trieste aveva attivato un progetto di nave ospedale, ma non per pazienti Covid-19, bensì per ospitare i ricoverati sani delle case di riposo, in modo da isolarli da possibili infezioni.
Ad accorgersi di questo problema è stato anche l’Ufficio ligure di Sanità Marittima, ente del ministero della Salute che si occupa della vigilanza igienico-sanitaria su mezzi navali.
In un documento esclusivo pubblicato da TPI si legge che l’istituto già a marzo segnalava la mancata comunicazione da parte della Regione Liguria all’ente ministeriale, indicando di notificare tutti i successivi sbarchi e imbarchi. Uno dei rischi individuati dal Ministero è quello di aver messo in pericolo il personale di bordo. Elemento confermato anche da medici ed esperti.
I soldi pubblici, le navi aperte e gli ospedali chiusi
L’accordo economico tra la Regione Liguria e l’armatore Aponte prevedeva una soglia di 1,3 milioni di euro per il primo mese di attività .
Nel programma tv Sono le venti, in onda sul Nove, il giornalista Peter Gomez aveva segnalato che il primo modulo attivato sulla nave era costato 1.150 euro al giorno a paziente, circa dieci volte in più di quanto sarebbe costato un analogo posto letto in una struttura sulla terraferma.
Contribuenti ed enti pubblici hanno dovuto accollarsi i costi carburante, di circa 160.000 euro al mese, quelli del personale di bordo (35.000 euro) e altre spese legate alla nave.
Non solo, mentre si inaugurava una nave ospedale, si escludevano strutture pubbliche (caserme e poli ospedalieri vuoti), una dinamica che ha scatenato le polemiche dell’opposizione in Regione,
Quel viaggio di Toti, Rixi a “casa” dell’armatore
I rapporti tra l’armatore Gianluigi Aponte e il governatore Giovanni Toti sono sempre stati cortesi. A dimostrarlo sono i molti tweet del governatore in cui viene citato Aponte, e un curioso viaggio avvenuto nel 2017 e raccontato allora da Repubblica nel quale il sindaco di Genova Marco Bucci, Edoardo Rixi (allora assessore regionale allo Sviluppo economico), poi divenuto viceministro alle Infrastrutture in quota Lega del governo giallo-verde, e altri imprenditori erano volati a Ginevra su un aereo privato per incontrare l’armatore Aponte presso la sede di Msc.
Già all’epoca l’ipotesi di presunti conflitti di interesse tra pubblico e privato era stata sollevata dal capogruppo al Comune di Genova del Pd, Alessandro Terrile, che aveva definito la vicenda una “roba da Sudamerica”.
Uno dei principali soci di Aponte (condivide con lui una importante partecipazione nella società Terminal Rinfuse di Genova) è l’imprenditore Aldo Spinelli, ex presidente del Genoa, finanziatore della Fondazione politica di Giovanni Toti. Anche Spinelli aveva viaggiato insieme ai politici liguri per raggiungere Aponte a Ginevra.
La nave-ospedale della Liguria: come è stato deciso questo affidamento?
L’affidamento a Gnv è avvenuto attraverso una delibera del 23/4/2020 di A.Li.Sa, azienda della Regione Liguria, controllata politicamente dall’assessorato della leghista Viale. La delibera menziona un affidamento di Regione Liguria ad Alisa di 10 milioni di euro che vengono quindi investiti dall’ente in vari servizi. Nella delibera viene evidenziato che la Protezione civile può operare in deroga alla disciplina sul Codice degli appalti.
L’affidamento a Gnv è quindi avvenuto senza gara. A fine marzo erano 21 i pazienti ospitati sulla nave. Ad oggi questo numero non è noto, mancando comunicazioni ufficiali sia sul sito di Alisa che su quello della Regione Liguria.
Oggi, giovedì 7 maggio, le opposizioni in Regione hanno avviato l’iter per ottenere la commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid-19.
L’obiettivo è verificare se i processi messi in atto siano stati corretti dal punto di vista dei costi e dei risultati.
(da TPI)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
CHI DIRA’ NO AL MES SENZA CONDIZIONI FARA’ SPENDERE AGLI ITALIANI FIOR DI MILIARDI DI MAGGIORI INTERESSI PER RECUPARE PRESTITI ALTROVE… SE LI PAGHINO DI TASCA LORO
Nessuna sorveglianza rafforzata, nessuna troika, nessuna missione di controllo in Italia al di là di quelle “standard” previste nella cornice del ciclo di sorveglianza del Semestre europeo, nessun programma di aggiustamento macroeconomico da chiedere agli Stati che faranno uso delle risorse del Meccanismo europeo di stabilità .
Alla vigilia dell’Eurogruppo di domani, la Commissione europea chiarisce i termini dell’accesso alla nuova linea di credito per le spese sanitarie istituita nel Salva Stati per far fronte alla pandemia.
La Commissione, scrivono i commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni dando conto in una lettera all’Eurogruppo di un rapporto redatto insieme alla Bce, vigilerà solo sull’uso delle risorse, 2 per cento del pil nazionale, affinchè vengano effettivamente usate per le spese dirette e indirette legate alla sanità in emergenza coronavirus.
La lettera del vicepresidente della Commissione e del Commissario all’Economia chiede l’approvazione dei ministri delle Finanze dell’Ue che si riuniranno domani in videoconferenza e dovrebbe ottenerla.
La firma anche Dombrovskis, da sempre ‘falco’ dell’austerity, anche se in questa fase pandemica ha lasciato questa parte agli Stati del nord Europa, muovendosi con una Commissione europea che sta spingendo per l’adozione di misure comunitarie.
Il problema restano gli Stati membri, che continuano a muoversi per interessi nazionali. A sera gli sherpa dell’Eurogruppo, riuniti oggi in videoconferenza, discutono a lungo della durata dei prestiti (l’Olanda li vuole brevi) e per distinguere spese dirette e indirette, soggette a condizioni o meno.
Giorni fa l’Olanda aveva chiesto di stabilire una sorveglianza rafforzata anche sulla nuova linea di credito istituita per la crisi pandemica. Oggi la Commissione detta un approccio totalmente diverso.
A Roma, il ministro Roberto Gualtieri è soddisfatto, si tratta di una soluzione per la quale il governo italiano ha lavorato molto contro i ‘falchi’ del nord.
“Accolti tutti i nostri rilievi”, dicono dal Mef. Piuttosto, il punto sarà capire quali altri Stati chiederanno il prestito del Mes insieme all’Italia per evitare il cosiddetto ‘effetto stigma’, segnale negativo per i mercati. Se a darlo fosse un paese solo, sarebbe peggio che chiederlo in compagnia.
A quanto si apprende da fonti istituzionali greche, la Grecia sta aspettando di capire cosa farà l’Italia, dove appare scontato che il ricorso al Mes verrà chiesto, con un dibattito e un voto in Parlamento, come da prassi costituzionale e come ha sempre precisato Giuseppe Conte, stretto tra le critiche di una parte del M5s al Salva Stati e il resto della maggioranza di governo favorevole all’uso dei 36 miliardi che arriverebbero da questo strumento europeo.
Insieme all’Italia, l’accesso ai fondi del Mes potrebbe essere richiesto dalla Spagna e dal Portogallo, altri due paesi del fronte del sud che in questi mesi si è scontrato con l’Olanda e gli altri Stati del nord più rigoristi sulle risposte comunitarie alla crisi.
Ma il governo spagnolo resiste a questa ipotesi. Secondo quanto riferiscono fonti spagnole, il Mes non è il primo dei pensieri di Pedro Sanchez, anche se i più sono convinti che anche per Madrid arriverà il momento di chiedere quei soldi: missione non facile per un paese uscito da poco dalle cure della troika, anche se in questo caso da Bruxelles promettono che la troika non ci sarà . In Spagna il Mes spaventa lo stesso una popolazione già colpita dalla crisi economica prima della pandemia.
In Francia il dibattito sul Mes non è ancora maturo. Nel senso che l’argomento non produce polemica politica ma non è all’ordine del giorno: dunque, la Francia, altra alleata dell’Italia in questa battaglia, potrebbe decidere di non chiedere un prestito al Salva Stati, per lo meno non subito.
La Commissione europea ha anche prodotto una documentazione sull’eleggibilità di ogni Stato membro per l’accesso alle risorse del Mes.
Da quanto si legge nella documentazione consultata da Huffpost, nessun paese dell’area euro corre rischi di insolvenza del sistema bancario, nè problemi di sostenibilità del debito pubblico, benchè questa percentuale in rapporto al pil crescerà ovunque per effetto delle spese da sopportare nella crisi pandemica.
Nemmeno l’Italia avrà problemi in questo senso: dal 160 per cento delle previsioni economiche per quest’anno, il debito pubblico dovrebbe calare al 140 per cento tra dieci anni.
È ancora una cifra altissima, naturalmente. Ma, scrive la Commissione, “il profilo” del debito pubblico italiano e la sua “posizione esterna mitigheranno le vulnerabilità ”. In particolare, “i tassi di interesse dovrebbero rimanere contenuti dagli standard storici per tutto il periodo di proiezione, anche in condizioni più avverse. L’importante quota del debito pubblico detenuta in Italia e l’evoluzione stabile delle riserve di liquidità contribuiscono anche alla resilienza della posizione del debito alle fluttuazioni del mercato globale”.
Certo, continua la Commissione, c’è “un certo grado di incertezza, legato a rischi di responsabilità potenziale derivanti dal settore privato, se non funzioneranno le garanzie statali per le imprese e i lavoratori autonomi durante la crisi Covid-19”.
Ma “nonostante i rischi, la posizione del debito rimane sostenibile nel medio termine”, “il rapporto tra debito e pil dovrebbe mettersi su una sostenibile traiettoria discendente nel medio periodo”.
Conte naturalmente pensa anche ad altri strumenti. Oggi ha parlato al telefono con Ursula von der Leyen che sta negoziando con tutti i leader europei al fine di costruire la proposta della Commissione sul recovery fund inserito nel bilancio pluriennale dell’Unione, ancora tutto da concordare.
La proposta dovrebbe arrivare non prima del 20 maggio e non appare scontato un ok finale a giugno, orizzonte temporale indicato dal governo di Roma.
Pesano anche le incognite rispetto all’approvazione del pacchetto all’Europarlamento, che la prossima settimana in plenaria voterà una risoluzione per piantare i suoi paletti intorno a questa trattativa.
All’inizio dell’anno il Parlamento europeo aveva proposto una mediazione sul bilancio più generosa rispetto a quella del Consiglio: naturalmente è stata bocciata dagli Stati membri per i veti dei cosiddetti paesi ‘frugali’ del nord Europa, che hanno bloccato l’intesa.
Ma Gentiloni resta fiducioso. Per il Commissario all’Economia, anche la sentenza della Corte Costituzionale tedesca critica del Quantitative easing della Bce aiuterà la composizione dell’intesa sul recovery fund. “Paradossalmente — dice Gentiloni – potrebbe essere un incentivo per il piano di risanamento, non qualcosa che indebolisce gli argomenti per rafforzarlo. Può essere un’allerta che si aggiunge alle parole di Mario Draghi o Christine Lagarde, e che chiede agli Stati membri di sviluppare strumenti comuni di politica fiscale e non lasciare la Bce sola ad affrontare la crisi e i momenti difficili”.
Nessuna troika quindi: l’unico vincolo agli stati che scelgono di utilizzare il Mes per la crisi in corso «è che quei fondi siano utilizzati per l’emergenza sanitaria»
La lettera inviata dai commissari Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis al presidente dell’eurogruppo Mario Centeno, alla vigilia dell’incontro tra i ministri delle Finanze dei 19 paesi che hanno adottato l’euro di venerdì 8 maggio, cancella ogni alibi per chi teme che l’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità preannunci un’austerity alla greca.
La Commissione europea limiterà il suo controllo «sull’uso effettivo dei fondi di sostegno alla crisi pandemica per coprire i costi sanitari diretti e indiretti, riflettendo l’unica condizione legata alla linea di credito».
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
IL VIDEO ALLUCINANTE DELLA SUA CONFERENZA STAMPA DIVENTA VIRALE: QUESTO SAREBBE UN ESEMPIO PER GLI ITALIANI?
Le indicazioni sanitarie per evitare la proliferazione dei contagi parlavano chiaro, fin dall’inizio: se ci scappa un colpo di tosse o uno starnuto dobbiamo ‘contenerlo’ con la piega del gomito. Il motivo? Perchè se utilizziamo le nostre mani si alza, e non di poco, il rischio di trasmettere l’infezione alle altre persone che incontriamo.
Indicazioni alle quali Jole Santelli non deve aver pensato durante la presentazione del progetto ‘Riparti Calabria’.
La Presidente, infatti, ha tossito più volte sulla mano e sul microfono a gelato con cui stava parlando, per poi passare quel dispositivo al suo vicino in conferenza stampa.
Nel video condiviso da Selvaggia Lucarelli su Twitter, si vede Jole Santelli intenta a parlare del ministro Boccia, chiedendogli un aiuto — a nome di tutte le Regioni — a processare i tamponi già effettuati.
E, proprio in quel momento, un fastidioso stizzo di tosse ha colpito la governatrice calabrese che, però, ha tentato di proseguire nel suo discorso prima di passare il microfono a un’altra persona con cui stava condividendo il tavolo della conferenza stampa.
Un gesto che in un altro periodo storico sarebbe passato inosservato. Prima della pandemia, infatti, tantissime persone non facevano caso a quelle movenze così naturali del portarsi la mano alla bocca quando si tossisce.
Da quando c’è il Coronavirus — che si trasmette in maniera primaria con le famose goccioline (droplet) che escono dalla bocca mentre respiriamo, parliamo (e ancor di più quando tossiamo o starnutiamo) — occorre avere un’attenzione migliore su queste dinamiche.
Invece Jole Santelli, presa dal discorso, ha tossito sul microfono, sulla sua mano sinistra con cui ha preso il dispositivo per finire di parlare e, con quelle stesse dita, ha porto il microfono a un’altra persona che si trovava al suo fianco per la conferenza stampa.
Il tutto senza mascherina, perchè parlare con una protezione che copre naso e bocca è una delle cose più complicate di questo periodo.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“IL GOVERNO CONTE HA UN ALTISSIMO CONSENSO E LO HA MESSO IN CRISI”… “MELONI E BERLUSCONI USANO UN LINGUAGGIO PIU’ MODERATO, SALVINI HA STANCATO”
Perchè Salvini è in calo? Alcuni sondaggisti hanno esposto le loro motivazioni all’AdnKronos.
Per Nicola Piepoli è soprattutto “colpa” del governo. In questa fase, con l’emergenza in corso “Salvini è contrario al governo, ma il governo, con la sua tenuta ha vinto, gli italiani, per oltre l’85% hanno aderito alle richieste di Conte e anche tra i cittadini leghisti in tanti gli hanno obbedito”.
“La gente era entusiasta — spiega ancora — è un grande venditore, appassionava, era creatore di ricchezza e mercato, era Re Mida, poi la gente però si stufa e lui ha superato il limite, ma il 25% non glielo toglie nessuno”.
Per Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi, il gradimento dei cittadini per Matteo Salvini “su cui tutti gli istituti — spiega l’analista di flussi elettorali all’AdnKronos — sono concordi nel valutarlo in discesa” è un fenomeno “naturale, perchè tutti i politici hanno un ciclo di percezione da parte dei cittadini e chi sulla cresta dell’onda da più anni può avere una flessione”, sottolinea riferendosi al leader della Lega. Per Noto, sintetizzando, “Salvini sta pagando ancora effetto del Papeete, l’addio al governo — rimarca — è evidente che una parte dei suoi elettori non ha condiviso la scelta”.
Anche per Renato Mannheimer è “colpa” di Conte: “Influisce — aggiunge il patron di Eumetra — la grande popolarità che ha il governo in questo momento”. Nel fronte del centrodestra, nota Mannheimer “gli argomenti più pacati, come quelli della Meloni o di Berlusconi, almeno in questo momento, rendono di più dello ‘stile’ salviniano”.
“La sorte di Salvini — argomenta il sondaggista — dipende molto da Conte e Casalino, che hanno ora una grande popolarità , bisogna vedere poi, quando le cose torneranno normali, dopo il virus, come giocherà la partita Conte”.
Infine parla Luigi Crespi: “La flessione di Salvini? Ha completamente perso il contatto con la gente, per questo i sondaggi sono scesi in questo modo, ha perso credibilità ”.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
LA BATTAGLIA TUTTA INTERNA AL CENTRODESTRA: E’ PARTITA LA CORSA AL CONSENSO
Tra i primi cinque politici italiani che nello scorso anno hanno investito maggiormente su Facebook per sponsorizzare i post delle loro pagine ufficiali, ci sono proprio i tre leader del Centrodestra (Dati Libreria Inserzioni Facebook).
A fare loro compagnia, i protagonisti di un’altra battaglia, quella tra Matteo Renzi (che ha investito molto per lanciare Italia Viva) e Carlo Calenda (che sta cercando di far crescere Azione): una battaglia che si gioca sul filo del 2 per cento dei consensi.
Gli oltre 250mila euro che Matteo Salvini ha speso in un anno su Facebook lo rendono leader di questa classifica. Tutti soldi investiti su post personali. La Lega, come partito, ha speso solo 800 euro in un anno di sponsorizzazioni.
Con un buon distacco, seguono gli “alleati” del “Capitano”.
Silvio Berlusconi ha speso circa 90mila euro sulla sua persona e 44mila su Forza Italia, mentre Giorgia Meloni si è fermata a 42mila euro sul suo profilo e poco meno (40mila) sulla pagina di Fratelli d’Italia.
Una strategia chiara, quella del Centrodestra, improntata alla comunicazione personalistica e alla forza dei propri leader. In netto contrasto con la spinta anti-individualista delle forze di Governo. Partito Democratico (152mila euro) e Movimento 5 Stelle (50mila euro), infatti, sono i due partiti che hanno speso di più sui profili Facebook dei propri partiti e meno sui propri leader (nessun investimento su Vito Crimi e Luigi di Maio e solo 1.400 euro su Nicola Zingaretti).
Il ring più agguerrito è quello che vede ai due angoli il Leader del Carroccio e la Presidentessa di Fratelli d’Italia.
Il primo round si gioca sui social media. Nonostante il primo parta da favorito, con un numero di followers che quasi triplica quelli della sua avversaria, e il doppio dei post prodotti settimanalmente, la Meloni registra tassi di engagement e di interazioni decisamente più alti.
Lo scontro si sposta, poi, sulle iniziative personali. Salvini annuncia di voler scendere in piazza per protesta. La Meloni non lo segue, ma poi decide di manifestare davanti a Palazzo Chigi. Interviene il “Capitano”, dicendo che non si risolvono i problemi andando a manifestare in piazza. E rilancia: “Occupiamo il Parlamento!”. Scelta, di rimbalzo, criticata da Fratelli d’Italia.
E intanto si sposta l’asse dei consensi.
Confrontandoli con il risultato delle elezioni europee di un anno fa (Lega al 34 per cento, FdI al 6,4 per cento), le proiezioni odierne danno un regresso del Carroccio di almeno 8-10 punti e un avanzamento della Meloni di 6-7 punti.
Secondo gli ultimi sondaggi Ixè la Lega è ancora in calo al 24,9 per cento, mentre Fratelli d’Italia si attesta 13,6 per cento. L’aggancio tra i due dimostra che sono vasi comunicanti.
La strategia del Leader della Lega ha sempre puntato sull’immagine mutevole e adattabile alla circostanza.
In Emilia-Romagna abbandonò le felpe con i nomi di regioni e città (l’idea della politica “tra le gente”), per indossare i dolcevita e strizzare l’occhio a un elettorato di sinistra.
In era di Coronavirus, prima l’abito “chirurgico”, ora gli occhiali da “esperto”.
Per la Fase 2, invece, torna l’abito istituzionale: giacca e cravatta che piacciono agli imprenditori.
Aveva fatto scuola Umberto Bossi, con tute e fazzoletti al collo per attingere al voto operaio. Ma i tempi erano diversi e i cambiamenti, molti meno.
Il cambio continuo di immagine non paga. Come il cambiamento di opinioni sulla riapertura (sono diventati meme i suoi “riapriamo, chiudiamo tutto, riapriamo…).
E la scelta delle tematiche. Salvini si scaglia sulla sanatoria per i migranti. Propone lo stralcio per 8 milioni di cartelle esattoriali, vuole chiedere i danni alla Cina, auspica che la polizia torni a dare la caccia ai ladri, vuole tenere aperte le chiese a Pasqua e recita l’eterno riposo dalla D’Urso.
Tra i due litiganti il terzo gode? E’ ancora un mistero, ma il Cavaliere non si lascia scappare l’occasione.
Si smarca dalle polemiche interne e si distanzia da quel “sovranismo” che in questa fase preoccupa l’elettorato: “I sovranisti in alcuni Paesi hanno reso più difficile per l’Europa muoversi in tempo, danneggiando proprio gli Stati più bisognosi d’aiuto come l’Italia”. Crede in un Governo di unità nazionale e lancia la bomba prendendo una posizione autonoma sul Mes.
Forte dell’aumento dei consensi e del suo gradimento sui social, la Meloni decide di adottare una linea aggressiva. Si scaglia prima contro l’Europa e la Germania, poi contro le banche. Attacca il Premier Giuseppe Conte e il Governo, con le loro scelte “inutili e tardive”. Accusa la Cina, responsabile di aver “creato il virus in laboratorio”, imitando la strategia di Trump.
Contesta Vittorio Colao, “un manager che vive a Londra non può sapere cosa succede in Italia”. Non le manda a dire alla Ministra Lucia Azzolina: “Tutti giustamente la deridono”. Si schiera a favore delle imprese balneari, dei commercianti e del mondo del calcio, auspicando una ripresa del Campionato.
Tematiche deboli, poche proposte e manca l’area liberale
Molti temi sono stati lasciati da parte in questi ultimi mesi. Ma non dobbiamo pensare che sia la fine del sovranismo. La ripartenza rimetterà in moto la macchina della propaganda.
Il Centrodestra, però, ha sprecato un’occasione importante in questa fase di stallo e di anemia contenutistica.
Ha affrontato tematiche deboli e cercato un nemico via via sempre nuovo. Ha strizzato l’occhio a cattolici e lavoratori, ma senza mai entrare nel vivo di proposte concrete e reali, lasciando a bocca asciutta una fetta importante dell’elettorato centrista e moderato: l’ala liberale.
La Destra di oggi non sembra riuscire a rappresentare l’area moderata delle imprese, al momento senza guida.
Quelle imprese a cui si chiede di guidare la ripresa economica del Paese e che da tempo hanno lanciato un disperato grido di aiuto, ancora inascoltato.
(da TPI)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
UN DOCENTE DI DIRITTO PENITENZIARIO E UN MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA SPIEGANO PERCHE’ L’ANNUNCIATO DECRETO CONTRO LA SCARCERAZIONE DEI BOSS NON HA SENSO E NON AVRA’ EFFETTI
“Sono stupito dal fatto che i magistrati di sorveglianza non vengano considerati come gli altri colleghi. Immagini se un giorno, per decreto legge, si stabilisse che una sentenza di condanna o di assoluzione va rivalutata. Cosa succederebbe? Ci sarebbe una sollevazione. Una legge non può dire che una decisione del giudice è sbagliata. Ricorda il caso Englaro?”.
Bisogna partire da qui, dalle parole che Marcello Bortolato, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, dice ad HuffPost, per avere un quadro un po’ più chiaro di quello che si appresta a fare il ministro della Giustizia con la sua squadra per cercare di riportare i boss in carcere.
Il Guardasigilli, sotto il fuoco incrociato di chi ne invoca le dimissioni dopo la lite televisiva con Nino Di Matteo, ha annunciato in Parlamento un nuovo decreto.
“La norma – ha dichiarato – permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis.
Come? Un testo ancora non esiste, anche se il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis ha detto all’Ansa che la disposizione “da un lato vuol far sì che i giudici di sorveglianza possano rivedere le decisioni alla luce del cambiamento dell’andamento dell’epidemia, dall’altra preservare l’autonomia della magistratura e i capisaldi della Costituzione”.
Un’equazione, è evidente, un può complicata da risolvere.
Nei prossimi giorni si capirà quello che hanno in mente in via Arenula. Per il momento, però, c’è una certezza.
Già oggi, con le norme esistenti, un magistrato di sorveglianza può modificare la decisione che ha preso. “Tutti i provvedimenti che riguardano la salute dei detenuti vengono adottati tenendo in considerazione la situazione del momento, peraltro sulla base di norme del codice penale. E, chiaramente, sono a termine.
Soprattutto per i ristretti al 41 bis – spiega ad HuffPost Pasquale Bronzo, docente di diritto penitenziario all’Università Sapienza di Roma – il magistrato ha quindi la possibilità di rivedere il provvedimento. Anzi, se le condizioni cambiano, deve farlo”.
Sul punto Bortolato tiene a precisare: “Quando la concessione dei domiciliari sta per scadere, se un detenuto chiede la proroga, il magistrato è tenuto a verificare se ci sono le condizioni per concederla. Altrimenti torna in carcere”.
Ma, se la situazione cambia, se – per fare riferimento al presente – l’emergenza sanitaria finisce, la verifica può partire su richiesta del pubblico ministero, ma anche d’ufficio. Tutto già scritto, così come la possibilità di concedere il differimento della pena – obbligatorio o facoltativo – ai detenuti che stanno male.
“Applichiamo norme messe a punto già ben prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana”, tiene a ricordare Bortolato.
Cosa può fare allora Bonafede? “Potrebbe introdurre delle ulteriori verifiche periodiche obbligatorie, al più”, spiega Bronzo. Oppure stabilire una durata più breve degli arresti domiciliari per motivi di salute, ferma restando la possibilità di proroga.
Ma, anche in questo caso “si tratterebbe di norme che valgono per il futuro, non retroattive”, dice ancora il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze.
L’uscita di alcuni boss dalla cella nelle ultime settimane ha fatto scalpore. Eppure, ricorda Bronzo, “se guardiamo le statistiche ci accorgiamo di come la stragrande maggioranza delle decisioni del magistrato di sorveglianza siano di rigetto”.
Sono una minima parte i detenuti ai quali viene concesso di uscire. Sempre per motivi di salute e per un periodo limitato.
La lista di chi fa istanza è sempre stata lunga. “Ci sono migliaia e migliaia di istanze simili a quelle di cui si parla oggi che sono state respinte in passato”, sostiene Bortolato. Ma nelle ultime settimane si è fatta più corposa: secondo una nota inviata dal neo vice capo del Dap, Roberto Tartaglia, a Bonafede, sono 456 i ristretti in regime “di alta sicurezza” che hanno chiesto di andare a casa per il coronavirus. I magistrati sono chiamati a esprimersi anche sulle loro istanze.
“Non sono decisioni facili. Non lo sono mai state – continua Bortolato – e oggi ci troviamo a lavorare senza alcuna serenità . In un clima in cui pare che si voglia concedere o meno a ognuno di noi la patente di antimafiosità . Ma noi, semplicemente, rispettiamo la Costituzione”.
E la Costituzione chiede di bilanciare il diritto alla salute con quello alla sicurezza: “La maggior parte delle persone a cui sono stati concessi i domiciliari è anziana, oltre che malata, e quasi a fine pena. Quanto al diritto alla sicurezza dei cittadini, certamente se un detenuto è casa per lo stato è più dispendioso garantirla”, prosegue Bronzo.
Ma si può fare: “Per ogni ristretto al 41 bis che è ai domiciliari, sono state disposte delle misure di controllo molto strette. Tra queste, divieto di incontrare persone diverse dai familiari e intercettazioni”.
Un margine di rischio resta, il professore non lo nega, ma la Costituzione garantisce il diritto alla salute.
Di tutti, anche dei detenuti, indipendentemente dalla pena che stanno scontando. E fermo restando che il magistrato competente ha il potere di cambiare il provvedimento. Ce l’ha già , senza il bisogno di ulteriori norme.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2020 Riccardo Fucile
HA PRESO IN GIRO I COMMERCIANTI ANNUNCIANDO COSE CHE NON SONO NEI SUOI POTERI
Il 5 maggio Fabbri annuncia “un’ordinanza che permetterà ai negozi di prodotti non alimentari di aprire già da lunedì 11 maggio e di riprendere la vendita, rispettando tutte le norme di sicurezza sanitaria previste per gli esercizi commerciali già aperti”.
E per dare ai negozianti la possibilità di essere pronti a riaprire in sicurezza, il testo prevede che sia “consentita con decorrenza immediata l’attività preliminare di pulizia e sanificazione”.
Alla base del provvedimento, spiega il primo cittadino, c’è il fatto che “riteniamo sbagliato penalizzare alcune categorie merceologiche rispetto ad altre e siamo certi che i ferraresi sapranno gestire nel migliore dei modi questa opportunità ”.
E visto che finora “la nostra città e la nostra provincia sono tra quelle con una minore diffusione del contagio da coronavirus in Emilia-Romagna, anche per questo vogliamo fare un passo in avanti verso il ritorno alla normalità ”.
Nelle intenzioni del sindaco l’ordinanza avrebbe dovuto permettere a tutti i negozi di riprendere la vendita, rispettando tutte le norme di sicurezza sanitaria previste per gli esercizi commerciali già aperti.
“Potrà entrare solo un componente del nucleo familiare, si potrà restare nel negozio per il tempo strettamente necessario all’acquisto e dovranno essere adottate misure che garantiscano il contingentamento degli ingressi, con il rigoroso rispetto del distanziamento di un metro e del divieto di ogni forma di assembramento all’interno e all’esterno dei locali. Da subito, i negozianti potranno accedere ai locali per pulizia e sanificazione”, diceva l’ordinanza.
“Adesso è il momento di ripartire: così come abbiamo anticipato le chiusure, ora vogliamo anticipare la possibilità di riaprire”.
Ma il giorno dopo Fabbri annuncia che la riapertura non ci sarà e sui social si sfoga parlando di un “nuovo attacco all’Italia e alle categorie economiche che sostengono il Paese”.
“Ho subito l’ennesimo torto da uno Stato che pensa sempre meno a chi costituisce il vero motore del Paese — attacca il leghista- ho ricevuto poco fa una lettera dal prefetto, rappresentante territoriale del Governo, che blocca di fatto la mia ordinanza che avrebbe dato, da lunedì, la possibilità a tutte le attività di vendita al dettaglio di ripartire e di salvare in molti casi la propria azienda”.
Fabbri incalza: “Dopo l’ attacco all’Italia sui buoni spesa, che la magistratura al momento ha deciso di voler affidare anche a chi si trova qui in vacanza, ‘regalando’ invece mance da 600 euro a chi ha sempre costituito il tessuto produttivo ed economico del Paese, oggi il governo tramite il Prefetto di Ferrara blocca la mia ordinanza sull’anticipazione della vendita al dettaglio nella nostra città ”. La stessa argomentazione era stata usata qualche giorno fa dal primo cittadino per lamentarsi del prevedibilissimo stop alla sua ordinanza sui buoni pasto che favoriva alcuni rispetto agli altri.
E la sceneggiata di Fabbri si conclude oggi, quando si dice pronto anche a ritirare il provvedimento, se i commercianti “dovessero rischiare delle sanzioni. Ma prima vorrei capire Bonaccini cosa dice, magari si puo’ attuare qualcosa con lui”.
L’annuncio arriva ai microfoni di Radio24. “Stiamo riflettendo coi nostri uffici legali sul da farsi- afferma- oggi sara’ una giornata clou. E’ ovvio che non voglio mettere in difficoltà nessuno — precisa Fabbri — se non viene ascoltato il grido di dolore dei commercianti e neanche un sindaco, e si rischia per queste persone di incorrere in sanzioni, sono il primo a fare marcia indietro. Ma prima vorrei capire Bonaccini cosa dice, magari si può attuare qualcosa con lui”.
Il sindaco di Ferrara non sembra dunque voler andare allo scontro. “Abbiamo chiesto 100 — dice — se otteniamo 50 a livello politico è un buon risultato”.
Insomma, Alan Fabbri è come quel bambino che tira la coda al cane e poi si lamenta se lo morde.
Da questa vicenda ha ottenuto qualche ora di campagna elettorale — come è solito fare il suo sodale Naomo Lodi — e ha preso in giro i commercianti annunciando cose che non sono nel suo potere. Se continua così rischia di diventare ministro dell’Interno.
(da “NextQuotidiano”)
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