Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
22 GARE D’APPALTO TRUCCATE, 63 ARRESTI, 103 MILIONI DI EURO SEQUESTRATI NELL’OPERAZIONE CONTRO LA COSCA PIROMALLI… IL SUOCERO DEL LEGHISTA E’ IN CARCERE DA TEMPO PER UNA CONDANNA PER ESTORSIONE AGGRAVATA DA MODALITA’ MAFIOSE
Il parlamentare della Lega Domenico Furgiuele è indagato dalla Dda di Reggio Calabria, ma per lui il procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Gaetano Paci e il sostituto Gianluca Gelso avevano chiesto il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale per 12 mesi.
In un primo momento, la misura cautelare nei suoi confronti era stata disposta dal gip con l’ordinanza firmata il 30 aprile scorso. In seguito a un’informativa della Guardia di finanza, però, il 13 maggio lo stesso giudice per le indagini preliminari ha emesso una nuova ordinanza e ha revocato il divieto di impresa e anche il sequestro preventivo di tutti i suoi conti correnti.
In sostanza sono venute meno le esigenze cautelari per Domenico Furgiuele, in quanto risulta ha “cessato la qualifica di legale rappresentante” della società Terina Costruzioni coinvolta nell’inchiesta “Waterfront” sugli appalti che a Gioia Tauro e a Rosarno venivano vinti da ditte colluse con la cosca Piromalli.
L’uomo di Matteo Salvini in Calabria, però, resta indagato per concorso in turbativa d’asta.
Domenico Furgiuele e altri imprenditori, infatti, nel maggio 2015 “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso” e “con mezzi fraudolenti e collusioni, turbavano la gara d’appalto” indetta dal Comune di Polistena per la realizzazione di un eliporto a supporto dell’ospedale”.
In particolare il deputato del Carroccio, legale rappresentante della Terina Costruzioni, avrebbe messo “a disposizione” la sua società “per la presentazione di un’offerta concordata con le altre imprese partecipanti al cartello, al fine di condizionare il risultato della gara in loro favore”.
La stessa cosa, secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuta per l’appalto indetto dalla Suap di Reggio Calabria e relativo ai “lavori di ripristino viabilità in località Bandina di San Giorgio Morgeto”.
La guardia di finanza è risalita al deputato Furguele e alla società di cui era legale rappresentante grazie a un file trovato all’interno di un hard disk sequestrato all’imprenditore Giorgio Morabito.
In quel file c’era una griglia in cui Morabito appuntava il suo “pronostico” delle gare d’appalto. E tra le ditte nominate c’era l’indicazione “mazzei”. Il riferimento è alla Terina Costruzioni e, in particolare all’imprenditore Salvatore Mazzei, suocero di Domenico Furgiuele, “attualmente detenuto presso la casa circondariale di Velletri in quanto condannato per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose”.
La Terina Costruzioni, all’epoca, aveva come socio (con il 39% delle quote) Maria Concetta Mazzei , cognata del legale rappresentante e futuro deputato della Lega Domenico Furgiuele che, due mesi dopo essere stato eletto in Parlamento, cedette l’incarico all’altro cognato Armando Mazzei.
Questo è il motivo per il quale Furgiuele oggi non è stato colpito dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nell’ambito dell’inchiesta “Waterfront” che ha dimostrato l’esistenza di un unico illecito cartello composto da 57 imprenditori capaci di aggiudicarsi 22 gare ad evidenza pubblica attraverso turbative d’asta aggravate dall’agevolazione mafiosa.
Nell’ordinanza trova spazio anche un articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano nel maggio 2018. “Dalla consultazione di fonti aperte — scrivono i pm — si eÌ€ rilevato che lo stesso (Furgiuele, ndr) avrebbe prenotato delle stanze presso l’albergo Phelipe di Lamezia Terme (CZ), la sera del 06.07.2012, per tre soggetti che nello stesso giorno si sono resi responsabili dell’omicidio di Fortuna Davide”.
Quel delitto rientrava in una faida tra le cosche del Vibonese: “Tale vicenda, che scaturirebbe dal processo c.d. “Grincia” — è scritto nella richiesta della Procura — eÌ€ stata raccontata da uno dei killer pentitosi dopo la cattura. Furgiuele Domenico, convocato dalla pg, avrebbe riferito di a provveduto alla prenotazione su richiesta di Verduci Antonio, zio di uno dei tre killer”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
BERLUSCONI FESTEGGIA: “E’ LA STRADA CHE AVEVAMO INDICATO”… MELONI: “NON SUFFICIENTE, MA QUALCOSA SI E’ MOSSO”… SALVINI: “NESSUNA BUONA NOTIZIA PER L’ITALIA”
Il capitolo Ue apre nuove falle nel centrodestra. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha commentato: “Dall’Europa buone notizie, ha seguito la strada che noi avevamo indicato e per la quale ci siamo molto spesi all’interno del Ppe: 750 miliardi sono un impegno importante per la ripresa, che va significativamente al di là dell’accordo franco-tedesco della scorsa settimana, e che si avvicina alle nostre richieste. La cosa più importante, però, è che di essi ben 500 sono sovvenzioni a fondo perduto”.
“Nessuna buona notizia concreta per l’Italia, per ora solo altre parole”, ha attaccato il leader del Carroccio, Matteo Salvini, commentando il discorso di Ursula von der Leyen.
Giorgia Meloni, leader di Fdi: “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità . Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
IL LIBRO DELL’EX ASSESSORE ALLA CULTURA PORTA ALL’APERTURA DI UN FASCICOLO IN PROCURA… I DUE MESSAGGI A LEI INVIATI DA TOTI E BUCCI
Ci sono un paio di passaggi che colpiscono nel libro-accusa dell’ex assessore comunale genovese Elisa Serafini.
Non tanto sulla necessità di finanziare un libro che – secondo lei – aveva tutte le sembianze di una prebenda a favore di una candidata nella lista di Marco Bucci; non tanto per le pressioni che avrebbe subito per allestire e pagare una mostra già pronta.
Quanto per i messaggi che lo stesso Bucci e il presidente della Regione Giovanni Toti le avrebbero inviato, almeno a leggere il libro e l’esposto della stessa Serafini da cui alla fine è scattata una vera indagine da parte della procura.
Tutto comincia con un messaggio della Serafini: “Il provvedimento non va soltanto contro la mia coscienza, ma anche contro la legge”.
Quindi, in successione, sempre leggendo il libro, prima una frase di Bucci: “Capisco che ricevere un avviso di garanzia a 30 anni non è un granchè; io ne ho 60 e ho meno da perdere. Se non facciamo questa cosa saltiamo tutti”.
Poi quella di Toti: “Per fare il bene bisogna coltivare anche il male”.
(da “il Secolo XIX“)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
LA STORIA E’ RACCONTATA NEL LIBRO, APPENA USCITO “FUORI DAL COMUNE”… LA LITE FINALE, L’ASSESSORE ALLA CULTURA SI RIFIUTA E URLA A BUCCI: “NON FACCIO MARCHETTE PER LA LEGA”
Le dimissioni dell’ex assessore Elisa Serafini, una delle spaccature più traumatiche per la giunta guidata dal sindaco Marco Bucci, diventano un’inchiesta penale.
La Procura di Genova ha aperto un fascicolo sulle pressioni denunciate dall’ex titolare della Cultura per convincerla a finanziare con soldi pubblici da parte del suo assessorato una mostra sull’acciaio e la storia dell’Ilva.
Una storia che Serafini riporta anche nel suo libro, appena uscito, intitolato “Fuori dal Comune” , finanziato con crowdfunding
Il grosso dei costi del budget della mostra, secondo l’accusa, servivano per pagare una consulenza a una ex candidata della lista civica che sosteneva Bucci.
A sostenere l’operazione una singolare convergenza di intenti la Lega, in particolare l’entourage di Edoardo Rixi, e la Fiom-Cgil.
E di fronte ai suoi ripetuti rifiuti, Serafini dice di aver ricevuto sollecitazioni da Bucci e dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
Oltre all’interessamento del presidente della Porto Antico Spa, Giorgio Mosci, che dice a Serafini «di essere stato contattato da monsignor Nicolò Anselmi (vescovo ausiliare di Genova, ndr)», e al pressing sul sindaco di storici sindacalisti Fiom come Bruno Manganaro e Armando Palombo.
Il pressing per organizzare la mostra, scrive Serafini agli inquirenti, inizia con il suo insediamento, nell’agosto del 2017. Il progetto viene presentato all’assessore da Paola Santini e Flavio di Muro, assistenti di Rixi allora assessore regionale allo Sviluppo economico.
La prima proposta è un libro fotografico da 50 mila euro sulla storia dell’Ilva. La maggior parte dei costi (15 mila euro), sarebbero andati in consulenza, alla curatrice dell’evento, Chiara Mastrolilli De Angelis, nel 2017 tra i candidati non eletti con la lista civica “Vince Genova” a sostegno di Bucci e compagna dell’artista Graziano Cecchini, che si presenta agli incontri per perorarne la causa.
Ma anche senza questa spesa, Serafini trova il libro insolitamente caro: «Un costo di produzione a copia di 70 euro».
A quella prima proposta rifiutata, ne seguono altre due. L’ultima, che verrà poi realizzata dopo le dimissioni dell’assessore, una mostra da 27 mila euro, soglia sotto la quale, sottolinea Serafini, si possono dare affidamenti diretti: «Quella mostra era già stata realizzata altrove, non vedevo la necessità di pagare qualcosa di già fatto».
Si tratta di foto che riguardano sempre la storia dell’acciaieria, stampate su lastre di acciaio. Il giorno dell’inaugurazione una lastra si staccò e ferì un visitatore.
Per la Serafini, racconta nel libro, il pressing del sindaco (che le avrebbe mostrato sul telefonino le chiamate del segretario Fiom, Manganaro) è il culmine della crisi di un rapporto segnato da liti continue con la Lega su alcune delibere chiave.
A luglio 2018 la Serafini darà le sue dimissioni dopo una lite con Bucci in cui gli avrebbe urlato «io non faccio marchette per la Lega».
Ma al di là del contenuto del libro, l’esposto, finora inedito, è un’azione forte, che espone chi la presenta alla responsabilità di quanto dice.
E i magistrati hanno trovato interessante e circostanziato il contenuto della denuncia. Al punto che Francesco Cardona Albini, il pm più esperto in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ha iscritto un fascicolo con l’ipotesi di abuso d’ufficio, per ora a carico di ignoti.
(da “il Secolo XIX”)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
LA TOP FIVE: FRANCESCHINI, SPERANZA, GUALTIERI, LAMORGESE E BOCCIA
La prima cosa che salta agli occhi dando un’occhiata di sguincio alla classifica dei cinque ministri in cui l’opinione pubblica ripone più fiducia è il grande balzo in avanti del titolare della Salute: +11% rispetto alla precedente rilevazione di 3 mesi fa.
Un salto che consente a Roberto Speranza (Leu) di guadagnare il 41% dei consensi in fiducia e di andare dritto al secondo posto della top five stilata dall’istituto Piepoli.
Davanti a lui, saldo detentore del podio, il ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini (Pd) che rispetto a febbraio guadagna 4 ulteriori punti percentuali e si porta al 45%.
Se la cava niente male anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (ancora Pd) che con 5 punti di fiducia in più rispetto a febbraio riesce a prendersi l’ultima postazione del podio con il 39%.
In ascesa con lo stesso trend (+6%), la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese (che, con il 38%, da mesi raccoglie conferme in fatto di fiducia) e il titolare dem degli Affari regionali Francesco Boccia che — complice la sua sovraesposizione in questi mesi di emergenza Coronavirus — passa dal 27% di febbraio al 33% di maggio.
Non si può fare a meno di notare che nessuno dei ministri del M5s, forza di maggioranza, figura tra i primi cinque in cui gli italiani ripongono più fiducia.
Non c’è la Scuola, non c’è il Lavoro, non c’è la Giustizia, per dirne tre per tutti.
In realtà , se si torna indietro a ripescare l’ultima classifica di questa serie, ci si accorgerà che due ministri pentastellati riuscivano a starci dentro: Alfonso Bonafede (Giustizia) e Sergio Costa (Ambiente).
Ma quali sono le ragioni che hanno spinto i ministri finiti in top 5 a raccogliere punti di fiducia tra l’opinione pubblica in questa fase di emergenza sanitaria ed economica prodotta dalla pandemia da Coronavirus?
Il ruolo tecnico di Lamorgese finisce con l’essere più apprezzato rispetto a quello politico di chi siede al Viminale? E come si spiega la prima posizione di Franceschini, nonostante sia meno esposto di altri in questa fase?
A tutte queste domande e a molte altre ha risposto il sociologo Livio Gigliuto che, per ogni ministro e relativo posto in classifica, offre a Open una cornice interpretativa sull’atto di governare al tempo del Covid.
5. Boccia, «la nuova visibilità e il protagonismo delle Regioni»
La fiducia in Boccia (33%) è cresciuta probabilmente a causa «della nuova visibilità che ha avuto in queste settimane». L’emergenza Coronavirus sta assicurando alle Regioni un «nuovo protagonismo in questa stagione politica», sottolinea Gigliuto. Mai come ora sono state «centrali le figure dei presidenti di regione o degli stessi assessori alla sanità regionali». Con la crescita della fiducia per Boccia si comincia quindi a vedere l’apprezzamento di alcuni ministri che in questa fase sono stati «più protagonisti di altri».
4. Lamorgese, «premiata dal principio di competenza»
Anche la fiducia in Lamorgese (38%) è cresciuta ma, per il sociologo vicepresidente dell’istituto Piepoli, bisogna tenere conto del fatto che lei «era già tra i ministri più amati dagli italiani». La sua figura era «già molto apprezzata» probabilmente a causa del suo «ruolo di tecnico imparziale». C’è poi da dire che le funzioni del ministero dell’Interno sono «tra quelle più istituzionali, più connesse al sistema paese». E Lamorgese risulta essere «coerente con la sua funzione ministeriale, visto il suo percorso precedente».
Un percorso che la premiava già 3 mesi fa, quando era in cima alla stessa classifica, proprio perchè per gli italiani era una persona «allineata al ruolo che ricopriva», una ministra dell’Interno che «viene da un percorso personale compatibile con il suo ministero». Per Gigliuto, potremmo citare una sorta di «principio della competenza» in base al quale «il nome e la storia di un ministro sono perfettamente compatibili con un ministero».
3. Gualtieri e la gestione della crisi: «Promosso dagli italiani»
Per quanto riguarda Gualtieri (39% di fiducia), «si potrebbe citare lo stesso principio ma bisogna tenere a mente che siamo davanti a un politico e non a un tecnico». La crescita della sua fiducia è «legata alla gestione della crisi economica» che si sta concretizzando, gestione che lo vede «sostanzialmente promosso». L’opinione pubblica sta dunque confermando l’apprezzamento e la fiducia per l’operato di un ministro che anche nella precedente classifica si posizionava tra i primi posti.
2. Speranza, «il protagonista silenzioso che convince»
Speranza (41%) è il protagonista della gestione sanitaria dell’emergenza Covid. La sua fiducia è aumentata dell’11% rispetto a febbraio. Probabile è che questa crescita sia legata al fatto che «gli italiani hanno apprezzato in generale la gestione del governo in questa fase ma in maniera spiccata si sono fidati dalla gestione sanitaria dell’emergenza». Per Gigliuto ha inciso la personalità : «Speranza si è caratterizzato per essere un ministro silenzioso, sobrio, non troppo protagonista, un po’ vecchia maniera, molto meno votato alla comunicazione»
1. Franceschini, «da esperto del settore è coerente col suo ruolo»
Franceschini (45%) «è primo perchè è sempre stato primo nella classifica dei ministri, da quando viene stilata». E aggiunge: «Ha sempre avuto uno zoccolo duro di consensi piuttosto elevato, anche in conseguenza del fatto che è un politico specializzato nel ruolo di esperto nel settore dei beni culturali e dunque è percepito come assolutamente coerente con il ruolo che riveste».
Questa la ragione per cui, secondo il sociologo, Franceschini ha da sempre un livello di fiducia più alto degli altri. Il gradimento nei suoi confronti «è molto stabile», l’opinione pubblica tende ad avere un «giudizio positivo sul suo conto e a non modificarlo». Aggiungiamo poi che «è il personaggio più noto, dunque non c’è spazio per cambiamenti di opinione».
La fiducia nelle istituzioni in genere
Gli italiani sembrerebbero dunque promuovere i protagonisti politici di questa fase di emergenza Coronavirus. Secondo il sociologo, in questi mesi «è cresciuta in generale la fiducia nei confronti di tutti i rappresentanti delle istituzioni»: è cresciuta la fiducia nel presidente del Consiglio, nel capo dello Stato, nel Parlamento, nelle forze dell’ordine e in tutto ciò che è autorità .
Dunque, per Gigliuto, è evidente un cambio di passo «vista la crisi che c’era fino a pochi mesi fa nei confronti delle autorità e di chi rappresentava le istituzioni». «Succede sempre che nei governi che guidano un’emergenza cresca la fiducia nei confronti dei protagonisti politici — conclude il sociologo -. Il giudizio è positivo in modo netto sull’aspetto sanitario, meno deciso su quello economico».
(da Open)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
L’EUROPA HA GIA’ CHIESTO AL GOVERNO DI ANNULLARE QUELLA CHE DI FATTO E’ UNA APPROPRIAZIONE INDEBITA… SE VOGLIONO FARE UNA MARCHETTA AL SETTORE CACCINO I SOLDI DI TASCA LORO, FACILE FARE I SIGNORI CON I SOLDI DEGLI ALTRI
L’Antitrust dà un colpo di maglio ai voucher come unico strumento di rimborso per tutti i voli cancellati a causa del Coronavirus. L’Autorità ha infatti pubblicato una segnalazione, nei confronti di Parlamento e governo nella quale boccia l’articolo 88 bis della legge 27 del 2020, quella che ha cioè convertito in legge il Cura Italia. Una norma che, a questo punto, ha i giorni contati.
Nel famigerato 88 bis, già finito nel mirino di tutte le associazioni di consumatori, lo Stato dà alle compagnie di trasporti la possibilità di non rimborsare i clienti cui è stato cancellato un viaggio. Le compagnie possono emettere un voucher dello stesso importo del biglietto, da usare entro un anno, e al quale il cliente non si può opporre.
L’idea di imporre i buoni anzichè ridare i soldi ai clienti non è solo italiana. Ed è il frutto della crisi senza precedenti che stanno affrontando le società di trasporti, in particolare le compagnie aeree.
Ma l’argomento di Antitrust è semplice: la legge italiana è in contrasto con la normativa europea, che prevede – in questi casi – possibilità di scelta tra rimborso e voucher. E a rinforzo della sua tesi ricorda come la stessa Commissione europea, pochi giorni fa avesse inviato ad alcuni Stati membri (tra i quali l’Italia) la raccomandazione di non imporre i voucher, ma di rispettare la possibilità di scelta.
L’Autorità ribadisce quanto detto dall’esecutivo europeo: per invogliare i clienti ad accettare i voucher, la “pistola alla tempia” non è una buona idea, bisogna renderli più appetibili. Assicurandoli dal rischio di fallimento di tour operator o vettori; rendendoli cedibili a parenti e amici e, soprattutto, garantendo il rimborso nel caso in cui non vengano utilizzati.
Ma al di là dei consigli e delle raccomandazioni, il ceffone di Antitrust alla legge italiana è in queste parole: “A fronte del permanere del descritto conflitto tra normativa nazionale ed europea”, l’autorità “interverrà per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni di fonte comunitaria disapplicando la normativa nazionale con esse contrastanti”.
Tradotto: chi continuerà a imporre i voucher, troverà davanti a sè le barricate.
“Una decisione centrale che contribuisce a dare forza a quella che già da tempo era la nostra posizione. Impensabile far perdere il denaro a migliaia di consumatori per un’emergenza sanitaria di cui non hanno assolutamente colpa” sono le parole di Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer Italia.
“Ora il ministro Franceschini deve dimettersi, assumendo le sue responsabilità , essendo l’ideatore dell’operazione voucher” tuona Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori (Unc). “Chiedendo ai consumatori di svolgere il ruolo pubblico di sovvenzionare e finanziare le imprese di viaggi e vacanze, ha danneggiato lo stesso settore turistico, visto che nessuno prenota oggi le vacanze non avendo nè la certezza di poter raggiungere il luogo di villeggiatura, nè, in caso di annullamento del pacchetto turistico, di poter riavere i soldi spesi, ma solo un voucher” prosegue Dona.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
“INVECE CHE PRENDERVELA CON LA REDAZIONE DI ‘CHI L’HA VISTO’ PER LE NOSTRE INCHIESTE SU ALZANO ATTACCATE ME, CHE TANTO NON SONO STANCA”
In un video tratto da Facebook potete vedere la risposta di Federica Sciarelli durante Chi l’ha visto? di ieri sera a un onorevole leghista che ha affermato che la conduttrice andrebbe sostituita dalla conduzione perchè “è stanca”.
«Lo volevo ringraziare per le sue attenzioni e rassicurare: non sono stanca, continuerò fare le mie inchieste: le procure competenti per le indagini su Alzano e Torano hanno chiesto i nostri filmati per le loro indagini. In più è stata tirata in ballo la mia redazione: quello che io dico in diretta è sotto la mia responsabilità , la redazione di Chi l’ha visto? è fantastica e continueremo a lavorare: se volete prendervela con qualcuno attaccate me, che tanto non sono stanca».
Cosa è successo tra Sciarelli e la Lega? Due settimane fa il deputato del Carroccio e segretario della bicamerale Massimiliano Capitanio ha annunciato una querela nei confronti di Chi l’ha visto? per aver letto in trasmissione la lettera di una donna che accusava la gestione della Regione Lombardia nell’emergenza Coronavirus: “La Lega presenterà una interrogazione, un esposto ad Agcom e una querela nei confronti di Federica Sciarelli”.
“Tra i tanti esposti alla sua attenzione — sosteneva il parlamentare — ce n’è uno in arrivo su cui chiederemmo un suo intervento urgente e perentorio e cioè il fatto gravissimo che si è verificato ieri sera durante la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’, dove assolutamente fuori contesto e fuori dal mandato editoriale, la conduttrice Federica Sciarelli e anche la redazione hanno diffamato la Regione Lombardia, leggendo una mail di una qualunque ascoltatrice, condita di falsità e di iperboli assolutamente inaccettabili in questo momento gravissimo e delicato per la nostra democrazia e tenuta sociale, ha diffamato il partito della Lega attribuendo un reato gravissimo, ovvero l’invito ad impiccare Silvia Romano, ad un esponente della Lega, quando questo cittadino — tiene a precisare l’esponente del Carroccio — non è assolutamente un tesserato della Lega”.
Ma cosa diceva la lettera? Firmata da Vittoria Gervaso, la missiva accusava la Regione di “genocidio sanitario” perchè “soltanto pochi privilegiati hanno diritto ai tamponi, come i calciatori che li fanno ogni quattro giorni, e altri pochi eletti, selezionati da chi ne ha il potere. Per gli altri è un reato. Ci impediscono di poter vigilare sulla nostra sopravvivenza e perfino di controllarci con i nostri mezzi”.
E ieri durante la trasmissione è arrivata la testimonianza del giornalista Roberto Gervaso: la lettera, che secondo alcuni era inventata, è stata scritta dalla moglie: «La conosco da cinquant’anni, direi che esiste. Sono testimone della lettera che lei ha scritto in assoluta buona fede. Io non sono un eversore, non sono un sovversivo, sono un liberale, un liberista e un libertino. Ma voglio più tamponi e meno querele. Questa non è una faccenda politica e spero che qui si chiuda la faccenda. Ho un solo rammarico: non essere stato io l’autore di questa lettera».
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
ZAIA TEME DI ESSERE OSCURATO DA CHI HA REALMENTE IL MERITO DELLA LOTTA AL COVID IN VENETO, MA HA TROVATO UNO PIU’ TOSTO DI LUI CHE NON LE MANDA A DIRE
Zaia è tornato sulla sua “lite” con il professor Andrea Crisanti, reo, secondo Zaia, di sconfinare troppo dal suo ruolo. “Durante l’emergenza mi ha detto “presidente ci serve questa macchina per processare i tamponi (7mila al giorno ndr), me la compra?”. Io non la conoscevo, gliel’ho presa e siamo gli unici in Italia ad averla. E’ stato bravo. Lui fa analisi e tamponi. (…) La dottoressa Russo che è il capo della prevenzione, non fa analisi ma ha ideato una strategia depositata l’11 febbraio”.
Insomma, secondo Zaia se la prevenzione in Veneto ha funzionato è merito della strategia della dottoressa Russo, il ruolo di Crisanti è stato un altro.
Oggi, come riportato da Adnkronos, Andrea Crisanti ha risposto a questa dichiarazione: “Penso che dovremmo tutti quanti avere un po’ di senso di decenza, se non altro per rispetto a tutte le sofferenze e ai morti. Io sulle sofferenze e sui morti non voglio speculare. Ciò premesso, se loro dicono di avere avuto questi piani, li tirassero fuori”. Nell’intervista al Fatto Luca Zaia aveva anche detto che secondo lui Crisanti va troppo in tv. Il professore ha risposto: “Io non ho mai preso 1 euro da nessuna apparizione in tv. Ho solo partecipato a programmi di informazione e non ho mai sollecitato nessun intervento”.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2020 Riccardo Fucile
SIAMO ARRIVATI AL PUNTO CHE CI VOGLIONO UN DEPUTATO DI ITALIA VIVA E UNO DEL PD PER SOLLEVARE IL PROBLEMA IN PARLAMENTO… SOVRANISTI E M5S STANNO CON CHI MANGANELLA I GIOVANI CHE CHIEDONO INDIPENDENZA? ABBIANO IL CORAGGIO DI DIRLO
A Hong Kong la polizia spara proiettili di gomma sui giovani che protestano contro la legge voluta dalla Cina che considera ogni attività ostile a Pechino un atto di sedizione. Per il momento la Farnesina e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non si sono espressi a riguardo.
Dopo un periodo di quiete a causa del lockdown, la Cina ha deciso di stringere le morsa. Più di 500 politici di 32 paesi hanno firmato una dichiarazione che denuncia l’azione di Pechino. L’Italia non dovrebbe fare altrettanto?
Massimo Ungaro, giovane deputato di Italia Viva, crede di sì e, nel silenzio generale della politica italiana (ed europea, dato che l’Ue non ha ancora preso una posizione in merito) ha presentato oggi un’interrogazione parlamentare per chiedere «quali iniziative il Governo italiano intende intraprendere per scongiurare una escalation violenta» e di «chiarire la posizione ufficiale dell’Italia» sulla nuova legge.
Intervistato da Open, Joshua Wong ha chiesto al Governo italiano di assumere una posizione forte contro l’approvazione di questa legge.
«Mi sento di sottoscriverla in pieno. Credo che il governo italiano lo dovrebbe fare e che Di Maio e Giuseppe Conte dovrebbero dire che sono con i ragazzi di Hong Kong. Ho lanciato il sasso, adesso vedremo se il Pd e il Movimento seguiranno. Un prolungato silenzio del Governo in merito sarebbe davvero incredibile».
Perchè il governo italiano non ha ancora preso una posizione? La responsabilità è del ministro degli Esteri Di Maio?
«È ovvio che c’è una parte dei 5 Stelle che da sempre nutre simpatia nei confronti della Cina, sentimento che a volte li porta ad avere posizioni esagerate. La Cina è un paese amico, ma ha un sistema di valori molto distante dal nostro. C’è per esempio un problema di repressione che riguarda gli uiguri dello Xinjiang. Però ecco, vogliamo pensare che il ministro Di Maio stia aspettando una risposta europea….».
Parla a nome di tutta Italia Viva?
«Si, assolutamente».
Come si spiega la simpatia di una parte sostanziale del M5S verso la Cina?
«Una parte dei 5 Stelle è anti-americana. A questo si sovrappone un’ostilità verso la Francia e la Germania cominciata con la crisi finanziaria del 2008. E in terzo luogo credo si tratti anche di una realpolitik che porta — per rassegnazione — a concepire la politica estera come una grande bilancia commerciale».
Eppure lo scorso novembre, dopo l’uscita infelice dell’Ambasciatore cinese in Italia che esortava il nostro Paese a non interferire negli “affari interni” cinesi, anche una parte dei 5 Stelle aveva criticato la Cina. Lo stesso Di Maio aveva dichiarato che i legami commerciali non dovevano mettere in discussione il rispetto delle nostre istituzioni. Non ravvisa questo sentimento tra alcuni dei suoi colleghi pentastellati in Commissione esteri?
«Nella Commissione esteri ho osservato principalmente silenzio. Quando lunedì ho fatto il mio intervento in aula su questo argomento credo di essere stato il primo. Non potevo crederci. Auspico che presto non sarò più il solo».
Però siete al governo insieme. Non dovrebbe essere una posizione condivisa?
«Si, bisogna rifletterci insieme. Propongo che tutta la maggioranza si metta d’accordo per trovare una soluzione che possa tutelare e difendere il nostro modo di vedere il mondo».
Nel Pd invece qualcosa si muove, nel silenzio dei vertici. Andrea Romano ha chiesto alla Farnesina di prendere posizione e alla Commissione esteri di fare una risoluzione.
«Si anche una risoluzione mi sembra un’ottima proposta. Se il governo non prende posizione il parlamento può e deve fornire un atto di indirizzo, che sia una risoluzione in Commissione esteri o in aula».
Qualora la Cina non dovesse arretrare cosa farete? L’Italia dovrebbe seguire l’esempio degli Stati Uniti che minacciano nuove sanzioni?
«Il modo di procedere deve essere multilaterale, non unilaterale. Uno dei princìpi cardine della nostra politica estera è questo. La sede in cui agire è l’Onu. E l’azione da prendere è come Europa, non come singoli Stati. Secondo me l’Europa reagirà ».
L’impressione è che in Italia il tema non sia molto sentito.
«Io lo sento molto forte e mi piace pensare che la nostra generazione lo senta. È la stessa generazione che andava in piazza contro la guerra in Iraq. Credo che ci sia una chiara necessità di creare un’alleanza globale in difesa dei valori democratici in un momento in cui vediamo pericolose derive in Europa, penso all’Ungheria di Viktor Orban, come altrove nel mondo. Lo ripeto, dobbiamo essere al fianco dei ragazzi di Hong Kong».
(da Open)
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