Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
SULLE ACCUSE DI STUPRO: “DA UN GRUPPETTO COME QUELLO NON DICO CHE TE LO ASPETTAVI, MA PENSI POTREBBE SUCCEDERE”
“L’impressione è che sentisse il peso non del comico ma della persona che si affaccia sulla politica. Tutti lo chiamavano Grillo, Grillo, cioè è un cognome pesante”. A Non è l’Arena su La7 si è parlato ancora di Ciro Grillo e dell’inchiesta della Procura di Tempio Pausania per violenza sessuale di gruppo in cui sono indagati quattro giovani, tra cui il figlio del leader dl Movimento 5 Stelle.
Nel corso della trasmissione è stata mandata in onda la testimonianza di un insegnante di Grillo jr. “Tra le medie e superiori è cambiato tantissimo, lui si era un po’ fissato sul fisico, aveva trovato questa MMA (un’arte marziale, ndr), poi lì diventa lavaggio del cervello. O hai questa violenza da tirar fuori, sennò… Magari ti fa sentire troppo superuomo” racconta il prof, che definisce “un bulletto” il suo ex alunno.
Quando ha sentito la vicenda, “ho pensato che potesse essere uno di quelli coinvolti in situazioni del genere. Soprattutto alle superiori magari vedi che trasgrediscono le regole. Secondo me non avevano intenzione di abusare – prosegue l’insegnante -, probabilmente hanno approfittato della situazione senza considerare le conseguenze vere”.
“Questi ragazzi qua hanno tutti dentro qualcosa, sono generazioni deboli. Nel caso poi l’atteggiamento di bullismo, da bulletto mascherava qualcosa. Compagnie sbagliate, atteggiamenti sbagliati e anche l’idea di essere non immune ma protetto tra virgolette uno magari può anche esagerare. Lo stupro? Da un gruppetto come quello non dico che te lo aspettavi, ma pensi potrebbe succedere. Il suo gruppetto di amici era quello che non vengono beccati, erano un pochino più furbi, più sgamati. Però non si pensa mai che possano arrivare a questo, però li vedi, un atteggiamento da ragazzini. O lo interrompi e maturi o se rimani infantile poi può degenerare”.
Ad accusare Ciro Grillo e compagni, nel luglio del 2019, una studentessa di 19 anni in vacanza in Costa Smeralda che a distanza di nove giorni dai fatti ha raccontato ai carabinieri quanto avvenuto nella villa dove lei e la sua amica era andate in compagnia dei quattro ragazzi.
(da Fanpage)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
AI SOVRANISTI INTERESSA SOLO FARE LA GUERRA AI DISPERATI, DI QUESTI ARGOMENTI NON GLIENE FREGA NULLA

Lo studio pubblicato oggi conferma quanto già rilevato dalle associazioni: il lockdown ha peggiorato le condizioni di molte donne italiane
Altri dati confermano quanto sia stato difficile per molte donne vivere tra le mura di casa durante la pandemia di Coronavirus.
Secondo i dati pubblicati dall’Istat, l’Istituto italiano di statistica, nello studio «Le richieste di aiuto durante la pandemia», a partire da fine marzo 2020 (cioè in pieno lockdown) si è verificato un vero e proprio boom di richieste di aiuto: nel corso di tutto il 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019. Le richieste di aiuto via chat, inoltre, sono aumentate del 79%.
I dati confermano quella che era stata la rilevazione fatta da D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) nei centri antiviolenza aderenti alla rete.
Come aveva spiegato a Open Sigrid Pisanu – responsabile del centro di Merano, in Alto Adige e consigliera della rete nazionale D.i.Re – in tutta Italia si era registrato un aumento del 74% delle richieste d’aiuto da parte delle donne già precedentemente in contatto con le associazioni rispetto alla media dell’anno precedente
I picchi si sono avuti ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019), a maggio (+182,2% rispetto a maggio 2019) e in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne (anche grazie alla campagna mediatica).
La violenza segnalata al 1522 è stata soprattutto fisica (47,9%), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza, tra cui quella psicologica (50,5%).
Le violenze riportate sono soprattutto opera di partner (57,1% nel 2020) ed ex partner (15,3%), ma quest’anno sono aumentate anche le violenze da parte dei familiari (genitori, figli, etc): nel 2020 si è registrato un 18,5% contro il 12,6% del 2019. C’entra la convivenza forzata? Per molte sì: come dice lo studio, tra le donne che si sono rivolte ai Centri nei primi 5 mesi del 2020, l’8,6% lo ha fatto proprio a causa di circostanze scatenate o indotte dall’emergenza dovuta al Covid-19, come ad esempio, appunto, «la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna».
Le regioni che presentano percentuali sopra la media sono il Lazio, il Veneto, la Sicilia, la Sardegna e la Lombardia.
Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni: nel 2020 sono state l’11,8% del totale, contro il 9,8% nel 2019. Peggiora anche il bilancio delle donne con più di 55 anni: 23,2% nel 2020, 18,9% nel 2019.
(da Open)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
“ISRAELE SOSTIENE CHE C’ERA UN UFFICIO DI HAMAS? FORNISCA LE PROVE, A NOI NON RISULTA”… “DAVA FASTIDIO LA PRESENZA DI GIORNALISTI STRANIERI, HANNO VOLUTO CHIUDERCI LA BOCCA”
Nella giornata di sabato 15 maggio, l’aviazione israeliana ha bombardato il palazzo dei media (nominato al Jalaa tower) a Gaza city, che ospitava importanti testate giornalistiche come Associated Press e Al Jazeera (qui il video del crollo). Secondo l’esercito israeliano, Hamas usava i giornalisti come scudi e aveva una cellula terroristica all’interno dell’edificio.
Sally Buzbee, al momento ancora direttrice dell’agenzia di stampa Associated Press ma futura direttrice del Washington Post, ha chiesto l’apertura di un’indagine indipendente su quanto accaduto a Gaza due giorni fa. L’Associated Press si è detta inorridita dall’accaduto.
“Abbiamo sentito gli israeliani dire che hanno delle prove”, ha detto Sally Buzbee al programma Reliable Sources della Cnn. “Non sappiamo quali siano queste prove. Pensiamo che sia opportuno a questo punto che ci sia uno sguardo indipendente su ciò che è successo”
Buzbee ha aggiunto: “Non ci stiamo schierando nel conflitto vero e proprio, ma siamo a favore e ciò in cui crediamo è proteggere il diritto del mondo di sapere cosa sta succedendo in questo conflitto o in qualsiasi conflitto. Questa è una storia importante e a causa delle azioni di ieri (domenica ndr.), il mondo ne saprà di meno.
In un’intervista Netanyahu ha detto che nell’edificio vi era anche “un ufficio dell’intelligence dell’organizzazione terroristica palestinese che ordisce e organizza attacchi terroristici contro civili israeliani”.
Secondo la direttrice di AP il governo israeliano non ha fornito prove certe della presenza di cellule terroristiche nel palazzo al-Jalaa.
Associated Press raccontava la Striscia al mondo da quell’edificio, ormai da oltre 15 anni. I suoi reporter hanno riferito di non aver mai notato o sentito nulla di sospetto. Reporters without Borders, organizzazione non governativa con base a Parigi, ha dichiarato di avere la convinzione che “l’esercito israeliano abbia bombardato il palazzo dei media intenzionalmente, contravvenendo alle leggi internazionali”. Aggiungendo che “questi attacchi sono serviti a silenziare, se non a neutralizzare, la voce dei media”.
(da TPI)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
ORA SARA’ POSSIBILE RIFORMARE LA COSTITUZIONE DEI TEMPI DEL REGIME MILITARE DI PINOCHET
La coalizione di centrodestra che governa in Cile, guidata dal presidente Sebastián
Piñera, ha preso una grossa batosta alle “megaelezioni” del fine settimana, considerate le più importanti tenute nel paese dalla fine della dittatura militare, nel 1990.
Si votava per eleggere 346 sindaci e i governatori delle regioni cilene, ma soprattutto per decidere i 155 membri dell’Assemblea costituente, l’organo che avrà il compito di scrivere la Costituzione che sostituirà quella in vigore redatta durante il regime militare di Augusto Pinochet.
Una nuova Costituzione era stata la richiesta principale delle enormi proteste anti-governative iniziate a Santiago del Cile nel 2019 e proseguite fino all’introduzione delle restrizioni per la pandemia da coronavirus.
Con quasi tutte le schede scrutinate, la coalizione di Piñera, chiamata Chile Vamos, che includeva anche l’estrema destra, ha ottenuto 37 seggi, poco meno di un quarto del totale e molti meno di quanto si aspettava.
L’obiettivo minimo per Chile Vamos era ottenere almeno un terzo dei seggi, visto che gli articoli nella nuova Costituzione dovranno avere due terzi dei voti dell’assemblea, per essere approvati: senza la possibilità di esercitare un veto, il governo avrà grosse difficoltà a impedire cambi radicali nel testo costituzionale, a meno di formare alleanze con altri gruppi politici dell’Assemblea.
I grandi vincitori sono stati i candidati indipendenti, cioè quelli non legati ad alcun partito, che hanno ottenuto quasi un terzo dei seggi (48). Il dato più rilevante è che l’insieme dei seggi ottenuti dagli indipendenti, dai rappresentanti delle comunità indigene (17, numero che era stato stabilito in precedenza) e dalle due grandi liste di opposizione, di sinistra – Apruebo Dignidad con 27 seggi e Lista de Apruebo con 25 seggi – ha superato i due terzi dei seggi totali dell’Assemblea: non è ancora chiaro come queste forze politiche collaboreranno, e se riusciranno a trovare un accordo sui punti più importanti della nuova Costituzione, ma il risultato elettorale permetterà alle forze riformiste di discutere ed eventualmente approvare cambiamenti più radicali da inserire nel testo finale.
Diversi osservatori hanno commentato il risultato elettorale parlando di una sconfitta per i partiti tradizionali, soprattutto per la coalizione al governo, i cui consensi avevano già subìto un crollo durante le proteste degli ultimi due anni.
L’attuale Costituzione cilena fu introdotta nel 1980 durante il regime militare di Pinochet, e per anni il tema di una sua modifica sostanziale era stato presente nel dibattito pubblico.
Il governo conservatore di Piñera era stato costretto ad accettare il voto per un’Assemblea costituente dopo le enormi proteste iniziate nel 2019 per l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana della capitale Santiago, che si erano poi trasformate in qualcosa di più ampio: erano diventate manifestazioni contro il governo e contro le enormi differenze sociali ed economiche che caratterizzano il Cile, provocate in parte da meccanismi previsti nella Costituzione del 1980.
I manifestanti avevano iniziato così a fare richieste più radicali, che erano sfociate nell’ottobre 2020 in un referendum sulla possibilità di cambiare la Costituzione, nel quale l’80 per cento dei votanti si era detto favorevole.
I lavori dell’Assemblea costituente inizieranno il mese prossimo. I membri del nuovo organo discuteranno tra le altre cose del sistema politico e di governo del paese – un “presidenzialismo alla cilena”, come viene chiamato – messo in discussione durante le proteste perché considerato inefficiente; affronteranno i temi della decentralizzazione e della regionalizzazione, molto importanti in un paese in cui il potere è fortemente centralizzato nella capitale Santiago (distante più di 3mila chilometri dall’estremo sud del paese), e dei diritti delle popolazioni indigene, nemmeno citate nell’attuale Costituzione, e in particolare del delicato rapporto tra i mapuche e il governo centrale; e poi decideranno su una serie di altre questioni fondamentali, come l’autonomia della Banca centrale, i poteri del Tribunale costituzionale, i diritti economici e sociali, e così via.
Quello che uscirà dall’Assemblea costituente non sarà importante solo per il Cile, ma anche per diversi paesi dell’America Latina che per decenni hanno guardato al sistema cileno come a un modello da seguire.
La Costituzione che risulterà dai lavori dell’Assemblea costituente sarà importante anche per un’altra ragione: sarà la prima al mondo scritta da un organo formato per metà da donne. Per questo molti credono che toccherà temi rimasti ai margini finora, come la parità di salario e l’accesso paritario tra donne e uomini a posizioni di potere. «L’agenda del femminismo sarà centrale, e questo sarà un aspetto innovativo, che potrà avere effetti interessanti per tutta l’America Latina e per il resto del mondo, perché si vedrà cosa succede quando le donne si trovano in una condizione di uguaglianza nel redigere le nuove regole di una società», ha detto Marcela Ríos, che lavora al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo in Cile.
L’Assemblea costituente avrà nove mesi di tempo per presentare un nuovo testo costituzionale (il processo si potrà poi allungare di tre mesi, ma solo una volta). A metà del 2022 i cileni saranno chiamati a esprimersi nuovamente in un referendum per approvare o bocciare la nuova Costituzione.
(da Il Post)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
“CI VUOLE UN TAGLIO NETTO CONTRO L’IGNORANZA”
Tra pochi giorni il Comitato Olimpico italiano deciderà il nome dell’atleta che guiderà la squadra azzurra ai Giochi di Tokyo. Nelle ultime ore sono circolati alcuni nomi che sarebbero stati inseriti in una short list – in fase di valutazione – del Coni.
Tra di loro ci sarebbe anche quello di Paola Egonu, fortissima pallavolista di Conegliano e della nazionale di volley femminile. La giovane, 22 anni, sarebbe onorata ed è entusiasta all’idea di essere scelta come portabandiera alle prossime Olimpiadi.
La sua emozione trapela dalle parole pronunciate durante l’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera
“Sarebbe fantastico, un onore pazzesco. Wow, poi potrei morire anche subito! Mi piacerebbe prendermi sulle spalle questa responsabilità, davvero: io, di colore, italiana e la bandiera. L’ignoranza e certe cose del passato hanno bisogno di un taglio netto. Sono pronta. Facciamola, bum, questa rivoluzione!”.
sarebbe una vera e propria rivoluzione, come sottolineato da Paola Enogu. Una decisione che si basa sulla meritrocrazia (è, di gran lunga – la migliore pallavolista europea), ma anche per dare un chiaro ed evidente segnale nei confronti di quella fronda – non solo sportiva – che ancora basa i propri ragionamenti sul colore della pelle. Insomma, una scelta che sembra convincere a 360 gradi.
Un futuro da portabandiera olimpica, dopo che per anni – nonostante la sua giovanissima età – si è fatta carico di moltissimi temi sociali: dal razzismo all’omofobia.
Perché nel suo recente passato è bastata una dichiarazione in cui aveva detto di “amare una donna”. Parole che hanno provocato il classico male atavico italiano delle “etichette”. Ma lei, anche in questo caso, guarda alla sostanza e non alla forma:
“Ho ammesso di amare una donna (e lo ridirei, non mi sono mai pentita) e tutti a dire: ecco, la Egonu è lesbica. No, non funziona così. Mi ero innamorata di una collega ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo, o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere però di base sono fatti miei. Quello che deve interessare è se gioco bene a volley, non con chi dormo”.
L’ennesima lezione. A soli 22 anni.
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
MANIFESTAZIONI IN VARIE CITTA’ ISRAELIANE CONTRO L’ESCALATION MILITARE … “LA POLIZIA ISRAELIANA E’ UNA VERGOGNA”
A ridosso degli attacchi missilistici e degli scontri che si sono verificati sulla Striscia
di Gaza, a Gerusalemme e in altre città di Israele, arabi ed ebrei hanno sfilato insieme in manifestazioni pacifiste contro le tensioni.
L’iniziativa è stata promossa dall’Ong Standing Together e ha visto l’adesione di cittadini per esprimere dissenso contro le violenze. «A Gaza e Sderot i bambini vogliono vivere», si legge su alcuni cartelli portati dai manifestanti a Gerusalemme, dove 150 persone, tuttavia, sono state disperse dalla polizia. Il corteo nella Città Santa era partito da Zion Square, nel centro città.
«La polizia israeliana è semplicemente una vergogna. Invece di proteggerci, agisce ripetutamente in modo violento contro i manifestanti, e quando si tratta di palestinesi che sono cittadini di Israele, non si astiene nemmeno dall’uso di armi vere», hanno denunciato in un tweet dalla stessa Ong Standing Together.
Le manifestazioni hanno coinvolto anche altre piazze come a Giaffa e Akko, dove erano state incendiate alcune proprietà e attività commerciali e dove arabi ed ebrei si sono uniti per spegnere i roghi.
(da Open)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
IL CARDINAL BASSETTI DIMOSTRA CHE LA CHIESA E’ PIU’ AVANTI DEI BECERI SOVRANISTI
Se la politica esita e si divide la Chiesa va oltre e guarda la realtà.
Cosicché, nel giorno di lotta contro tutte le omofobie, bifobie e transfobie, oggi 17 maggio, il Corriere della sera intervista il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei (la conferenza dei vescovi italiani) che apre al ddl Zan.
“Guardi, che ci si ponga il problema di difendere le persone omosessuali da insulti omofobi, aggressioni o violenze, per me non è né è mai stato un problema, ci mancherebbe – dice il Cardinale-. Tutte le creature devono essere difese, protette e tutelate. Però la legge dev’essere chiara e non prestarsi a sottointesi”.
Che andrebbe corretto, non affossato, il ddl Zan, secondo il Cardinale. Bassetti, però chiede al legislatore italiano più chiarezza:
“La chiarezza. In ogni legge, lo dico da cittadino, il testo dev’essere scritto in modo semplice e chiaro. Così com’è ora, è un testo che si presta ad essere interpretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze. Ecco: come cittadino ho diritto di chiedere che scrivano una legge chiara, in modo che non abbia infiniti sensi e interpretazioni”.
Perché per la Chiesa, “la distinzione fra uomo e donna esiste. Per chi è credente viene da Dio, chi non crede dice invece dalla natura, ma esiste”.
Chiosa, quindi Bassetti:
“Non sta a me, come vescovo, fare le leggi. Da cittadino noto che il testo è scritto male. Secondo me la tutela da queste situazioni era già contenuta nelle leggi esistenti ma se si vuole accentuare, si accentui: nel senso della protezione, però. Con chiarezza e senza ambiguità”.
(da agenzie)
argomento: Chiesa | Commenta »
Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
“LA COSTITUZIONE SANCISCE IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA, LA FERITA INFERTA ALLA SINGOLA PERSONA OFFENDE LA LIBERTA’ DI TUTTI”
La Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, per il
presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “è l’occasione per ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza e, dunque, per riaffermare la centralità del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
“Le attitudini personali e l’orientamento sessuale – continua il capo dello Stato nel suo messaggio – non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica. La società viene arricchita dal contributo delle diversità. Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili”.
“La ferita inferta alla singola persona – sostiene Mattarella – offende la libertà di tutti. E purtroppo non sono pochi gli episodi di violenza, morale e fisica che, colpendo le vittime, oltraggiano l’intera società. Solidarietà, rispetto, inclusione, come ha dimostrato anche l’opera di contrasto alla pandemia, sono vettori potenti di coesione sociale e di sicurezza”.
(da agenzie)
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