Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
C’ERA UNA VOLTA LA BESTIA, E’ RIMASTO UN RONZINO: IN 4 MESI PERSI 285.000 FAN SU FB
Una volta c’era la ‘Bestia’ e il soprannome della macchina social di Matteo
Salvini – glielo diede il suo creatore, Luca Morisi – trasmetteva il senso della crescita e di una grande vitalità operativa.
Ma il tempo passa e la Bestia è invecchiata: un animale stanco e dai gesti ripetitivi.
Lo si vede dai risultati: da inizio anno il leader della Lega ha perso per strada 285 mila fan su Facebook.
Resta il primo politico italiano in quanto a follower (5 milioni), ma il risultato è anche ‘drogato’: da tempo è il leader di partito che spende di più. E continua a farlo: negli ultimi tre mesi, solo per la sua pagina son stati investiti 8 mila euro di inserzioni. La Lega, come pagina di partito, è anch’essa in testa come spese sul social: 21 mila euro negli ultimi 90 giorni.
Il tocco magico del Salvini social, la strategia dell’incrocio tra politica e vita privata, con le intemerate contro i migranti, i vasetti di Nutella e le processioni di selfie, sembra ormai perduto.
Le piazze fisiche che si riempivano con grande facilità sono un ricordo del passato: oggi per la sua campagna elettorale delle amministrative il segretario del Carroccio sceglie i meno impegnativi gazebo e bar, dove bastano trenta persone per far sembrare che ci sia il pienone.
La sua ascesa insomma è finita e, di pari passo con i sondaggi, cala anche il gradimento sul social più frequentato dagli italiani.
In generale da inizio 2022 un po’ tutti i leader politici perdono follower, specie tra i 5 Stelle: Giuseppe Conte (-108 mila), Luigi Di Maio (-116 mila), Beppe Grillo (-187 mila) sono in calo, ma almeno non fanno inserzioni a pagamento.
Cresce invece Gianluigi Paragone di Italexit (+110 mila fan) ma c’è un investimento dietro: 12 mila euro di sponsorizzate da 90 giorni a questa parte.
La classifica generale per numero di seguaci, come detto, vede ancora in testa Salvini; ma Conte – che non ha mai fatto un’inserzione a pagamento – lo segue a poca distanza: 4,6 milioni di fan. Terzo posto per Di Maio a 2,5 milioni, mentre Giorgia Meloni ne ha 2,3 milioni.
(da La Repubblica)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
PRIMA DI ANDARSENE HANNO LASCIATO MOLTE ZONE MINATE E RUBATO DEI TRATTORI PER SCAPPARE, PERCHÉ I LORO MEZZI ERANO STATI DISTRUTTI
I campi di grano si perdono a vista d’occhio, nelle campagne di Bastanka, tra pianure e colline ondulate, verdi e dorate, che contrastano con il cielo azzurro striato di nuvole bianche. Siamo ai confini con la regione di Kherson, occupata dai russi.
Una regione che, nell’intenzione di Mosca, dovrebbe trasformarsi in una Repubblica autonoma, come quella di Donetsk e Lugansk o, nella peggiore delle ipotesi, essere annessa direttamente alla Russia tramite referendum.
Si stima che metà della popolazione sia già andata verso i territori controllati dall’Ucraina. Tra quelli costretti a restare, forte è la resistenza nei confronti dei russi. Kherson è diversa dalle due piccole repubbliche separatiste filo-russe nate in Ucraina per il volere di Putin nel 2014. Kherson resiste, anche se chi scende in piazza per sostenere il suo appoggio a Kiev e il diritto di esporre la bandiera del proprio paese è stato arrestato, torturato, obbligato al silenzio.
Dal febbraio scorso, quando è iniziata l’invasione militare, i soldati di Mosca hanno anche provato a prendere Mykolaiv, città che si frappone davanti alla loro avanzata verso Odessa.
Secondo il censimento del 2001 infatti, il 72,7% della popolazione della città è di etnia ucraina, mentre il restante di etnia russa. Qui, come in altri luoghi, tutti parlano russo, ma nessuno vuole finire sotto Mosca. Un’altra delle bugie del Cremlino, che parla di liberazione della popolazione russofona.
VIOLENZE E SACCHEGGI
Gli abitanti incontrati qui e in altri villaggi raccontano invece di violenze, saccheggi, furti e distruzioni da parte dei soldati di Mosca. Bastanka è stata occupata dai russi dal 27 di febbraio al 28 di marzo. «Vedete, qui c’è una strada in mezzo ai campi che porta a un altro villaggio», racconta un agricoltore.
«Quando i russi se ne sono andati hanno lasciato molte zone minate. Delle persone sono passate di qui con una macchina e sono saltate in aria. Sono morti tutti. Qui accanto c’è uno dei miei campi. I russi mi hanno rubato due trattori. Li hanno presi per scappare, perché i loro mezzi erano stati distrutti dall’esercito ucraino. Delle persone che conosco qui intorno, almeno altre 4 hanno subito furti da parte dei russi. Hanno rubato altri trattori, più moderni, che hanno sistemi Gps. Li hanno ritrovati in Bielorussia».
A BASTANKA
Nel villaggio di Bastanka in molti si lamentano dell’aumento dei prezzi del gasolio, causato della distruzione delle raffinerie e dei depositi di combustibile da parte dei russi. I costi di produzione aumentano, e a causa del blocco dei porti non c’è possibilità di vendere il grano.
«Non stiamo riseminando perché non sappiamo quando porremo riesportare. La maggior parte dell’esportazione avviene via porto. Su ferrovia o strada non è economico. Prima il nostro grano veniva venduto a circa 230 euro a tonnellata, oggi vale zero».
Spostandosi di villaggio in villaggio nell’entroterra di Mykolaiv, i racconti di chi ha subito l’occupazione russa sono simili. «In 24 ore sono arrivati più di 3mila soldati e sono entrati in tutte le case», racconta una donna, in fila con il marito davanti a una pompa di benzina.
«La mia abitazione è stata colpita da una cannonata sparata da un carro armato. Hanno portato via tutto. Avevamo anche dei dollari, degli euro, poca roba, hanno rubato i nostri effetti personali, tutto, anche la televisione e le porte di casa. Hanno distrutto tutto quello che non potevano prendere. Alla nostra vicina, una signora anziana, hanno arrestato il nipote e lo hanno fatto spogliare. Volevano vedere tutti i suoi tatuaggi. Non so cosa cercavano. Dicevamo che cercavano i nazisti. Quando sono venuti qui hanno detto anche che erano venuti a liberarci. Gli ho chiesto: liberarci da cosa? Noi siamo già liberi, non abbiamo bisogno di voi, siete voi che non siete liberi».
(da il Messaggero)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
IL SETTIMANALE AMERICANO CITA TRE FONTI E PARLA ANCHE DI UN TENTATIVO DI OMICIDIO A CUI PUTIN SAREBBE SCAMPATO A MARZO
La salute del presidente russo Vladimir Putin è oggetto di continuo
monitoraggio da parte delle agenzie di intelligence occidentali, che producono regolarmente rapporti di analisi sull’argomento.
Il quarto e più recente “assessment” dell’intelligence Usa conterrebbe, secondo il settimanale americano Newsweek, due notizie rilevanti.
La prima: Putin sarebbe stato operato di cancro nello scorso aprile perché affetto da un tumore in stadio avanzato.
La seconda è la conferma del fatto che ci sarebbe stato un tenatativo di assassinarlo a marzo, una circostanza di cui aveva già parlato il capo dell’intelligence militar ucraina Kyrylo Budanov.
Newsweek cita tre fonti di tre diverse agenzie americane: la direzione nazionale dell’Intelligence, l’Aeronautica e l’agenzia di intelligence della Difesa.
Tutte confermerebbero la malattia di Putin e il fatto che il presidente sia sempre più “isolato”.
Al Cremlino, scrive Newsweek, “sentendo avvicinarsi la fine, la lotta di potere non è mai stata tanto intensa”, un’incertezza che pesa sulla guerra e sul destino dell’Ucraina.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
ROBERTO SAVIANO: “SALVINI VUOLE SPACCARE IL FRONTE OCCIDENTALE EUROPEO PER CONTO DI PUTIN”
“Matteo Salvini vuole andare a Mosca a parlare di pace con Vladimir Putin. L’uomo dei respingimenti in mare, della difesa sempre legittima, cioè dell’armarsi per proteggersi vuole andare a parlare di pace con l’uomo che avvelena i dissidenti, uccide gli oppositori ed è rimasto al potere ininterrottamente da oltre vent’anni”, comincia così il commento di Roberto Saviano sul viaggio a Mosca organizzato da Salvini.
“Ormai è stata svelata la relazione politica e economica tra il regime russo e i partiti sovranisti europei – ricorda lo scrittore – Salvini ha necessità di far cambiare la percezione di sé, da strumento del regime di Mosca a mediatore di pace”.
Saviano, però, ha le idee chiare sul percorso tentato dal leader della Lega, e anche sulla riuscita: “Non è affatto questo il suo vero ruolo – continua – Il suo non è un obiettivo di pace ma coincide ancora una volta con quello di Mosca, cioè spaccare il fronte occidentale europeo per mostrare che non esiste una linea comune di azione. E tra l’altro di questo pericolo persino Giorgia Meloni ne ha dato contezza”.
Lo scrittore ricorda anche che non sarebbe affatto la prima volta per Salvini a Mosca, citando un video del 2014 in cui il leader della Lega nella capitale russa dice: “È una città pulita, non c’è un mendicante, non c’è un lavavetri, non ci sono rom, non c’è un clandestino”.
Ma la pulizia a cui fa riferimento Salvini “è semplicemente un controllo autoritario e poliziesco del centro della città – commenta Saviano – Non c’è ordine, c’è semplicemente repressione”.
Per capirci: “Nel 2013 il Consiglio d’Europa, Amnesty International e Human Rights Watch avevano già condannato le leggi discriminatorie varate dalla Duma russa sulla cosiddetta propaganda gay, che consente di arrestare chiunque si proclami pubblicamente omosessuale”.
Un anno dopo il video di Salvini, nel 2015, a pochi passi da dove il leader della Lega aveva registrato quelle immagini viene ucciso Boris Nemtov, in quell’anno il principale oppositore di Putin. “La polizia c’è, discreta, ma fa il suo lavoro. Se sbagli paghi”, diceva ancora il senatore del Carroccio.
“La polizia discreta? – commenta sarcasticamente Saviano – Amnesty, da circa 15 anni, denuncia le torture a cui sono sottoposti la maggior parte dei detenuti politici nelle prigioni russe”.
E attacca: “Quando Salvini fa questa dichiarazione, nell’ottobre del 2014, Valeryin Donskoj, giovane giornalista freelance, viene arrestata dalla polizia russa e lasciata morire di polmonite nelle prigioni Mosca. Stava denunciando le violenze dell’esercito russo al confine con l’Ucraina”.
Saviano, tra l’altro, ricorda al leader della Lega che “non è la discreta polizia che mantiene la sicurezza per le strade di Mosca, ma la ferocissima Solncevskaja bratva, una delle più importanti associazioni mafiose del mondo che controlla con violenza e intimidazione le strade della capitale russa, tenendole in ordine come piace a Salvini”.
E proprio sulla sicurezza, nel 2014 Salvini si chiedeva “perché qua si possa vivere serenamente, dai bambini alle donne, agli anziani, una città, mentre a casa nostra devi avere il terrore ad uscire di casa”. Saviano risponde: “Non c’è nessuna serenità per le strade di Mosca. Negozi, aziende e condomini devono pagare tangenti a polizia e cartelli mafiosi per non avere aggressioni”.
Poi lo scrittore fa un nuovo passo indietro: “Quando Salvini fa questa dichiarazione una banda che si definiva GTA, in contrasto con la Soncevskaja, aveva ucciso 17 persone solo per rubarne le auto. L’obiettivo della banda era far pagare a tutti i proprietari di auto di lusso una tassa di protezione. Poi la mafia li ha consegnati ai poliziotti”. Saviano racconta che “Mosca non vive alcuna serenità”, non si può “manifestare liberamente”, non si può “avere un’impresa liberamente” o “esprimere liberamente la propria sessualità”. È una città dove “puoi vivere tranquillamente solo se hai i soldi con cui comprare la protezione e sei in accordo col regime”. La serenità a cui fa riferimento Salvini “è solo propaganda”.
“Salvini è complice del regime di Putin – conclude Saviano – Quello che è stato uno dei più importanti consiglieri politici di Putin, Sergej Markov, ha usato un’immagine suggestiva, affermando che se non può arrivare la macchina di Draghi a Mosca, allora può funzionare la bicicletta di Salvini, che Markov chiama ‘la nostra bicicletta’. Salvini non è un uomo di pace, Salvini è la bicicletta dei russi”.
(da Fanpage)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
IL TERRIBILE RACCONTO DI UN MEDICO ALLA BBC
“Mi hanno messo un sacchetto in testa, dicendomi che non mi sarebbero
rimasti nemmeno i reni”. Comincia così il racconto straziante di Olexander Guz, residente a Bilozerka, villaggio della Regione di Kherson, in Ucraina orientale, ora sotto il controllo russo, alla giornalista Caroline Davies della BBC, che ha a sua volta ha raccolto una serie di testimonianze delle torture subite dai civili nella Regione dopo l’arrivo delle forze di Mosca.
Lui e sua moglie erano pubblicamente contrari alla Russia: lei ha partecipato a manifestazioni filoucraine, lui ha cercato di impedire alle truppe russe di entrare nel loro villaggio. “Mi hanno legato una corda intorno al collo e un’altra intorno ai miei polsi, mentre mi interrogavano”, ha aggiunto.
“Quando non rispondevo, mi picchiavano tra le gambe. Quando sono caduto, ho iniziato a soffocare”, ha continuato Olexander. Ma non è l’unico.
Il giornalista di un quotidiano indipendente, Oleg Baturin, ha affermato di essere stato rapito e imprigionato dalle truppe russe per più di una settimana. Nel periodo della sua detenzione, dice di aver sentito altre persone venire torturate e di aver assistito alla finta esecuzione di un ragazzo.
Lo stesso Baturin è stato colpito “alla schiena, alle costole e alle gambe” con “il calcio di una mitragliatrice” e ne è uscito con quattro costole rotte.
La BBC ha parlato anche con il medico di un ospedale di Kherson, che ha chiesto di rimanere anonimo ma che ha detto di aver visto segni di folgorazione, tracce di corde e segni di strangolamento sul collo, oltre a ustioni su piedi e mani. Ha detto persino di aver visitato un paziente che gli ha riferito di essere stato picchiato con un tubo pieno di sabbia.
“Ho visto segni di ustione sui genitali, una ferita da arma da fuoco alla testa di una ragazza che è stata violentata e ustioni dovute a un ferro da stiro sulla schiena e sullo stomaco di un paziente”, ha aggiunto il medico. Sia Olexander che Oleh si trovano ora nel territorio controllato dall’Ucraina.
Hanno fornito alla BBC le foto di quelli che hanno detto essere rapporti della polizia sugli abusi. E Belkis Wille, di Human Rights Watch, afferma che le testimonianze raccolte dall’emittente inglese sono coerenti con ciò che stanno ascoltando.
“La preoccupazione è che le forze russe, nelle aree che stanno occupando, continuino in una certa misura a terrorizzare la popolazione civile locale e ad usare pratiche abusive come la detenzione arbitraria, la scomparsa forzata e la tortura. Stiamo esaminando potenziali crimini di guerra”, ha aggiunto.
(da Fanpage)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
SIAMO PIU’ SCONTENTI, INSODDISFATTI E TRISTI
In che modo economia e felicità sono legate? Esiste un modello economico che ci permetterebbe di essere più felici come comunità?
Ad affrontare la questione è Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma, che ha di recente pubblicato con Einaudi il pamphlet “La felicità negata”.
Professore, perché ha deciso di puntare sulla felicità, sin dal titolo?
«Oggi è quasi un concetto tabù. Si parla di benessere, intendendo soprattutto quello economico, si parla di progresso, di sviluppo. Ma poi bisogna dire la verità: la felicità è lo scopo finale di tutti noi. Vogliamo essere felici, o meno infelici possibili. E allora penso che l’economia politica dovrebbe occuparsi soprattutto della felicità».
In che modo?
«Per essere il più possibile felici abbiamo bisogno almeno di una base minima. Se abbiamo mal di denti e non abbiamo i soldi per curaci, come possiamo essere felici? Allo stesso modo non possiamo esserlo se non riusciamo a nutrire i nostri figli. E oggi più di un miliardo di persone al mondo non sa se la sera i propri figli potranno magiare o meno».
All’inizio del libro lei cita Marx che, riprendendo le parole di Smith, parla dell’infelicità come scopo dell’economia politica.
«Sì, comincio e chiudo il libro con due frasi di Marx. Nell’ultima, cui tengo moltissimo, Marx dice che anche una persona felice sarebbe infelice se intorno a sé avesse persone infelici. Come può una persona ricchissima essere felice in un Paese del terzo mondo? Oppure un oligarca in Russia, dove il Pil è bassissimo? Per Marx solo chi ha reso molte persone felici è veramente felice. Così si chiude la parabola del libro».
Una felicità condivisa, dunque.
«Sì, ma intanto che non sia solo una felicità immaginaria. Mozart ad esempio diceva che la felicità è immaginazione. Però secondo me abbiamo bisogno delle basi materiali della felicità. Questa può essere ricercata solo dopo un minimo essenziale».
La sussistenza minima.
«Minima ma sicura. Non parlo di macchine di lusso o cene a tre stelle. Bisogna essere sicuri che domani si potrà mangiare e potranno mangiare i propri figli. Il minimo relativo è necessario per la felicità, e ad assicurarcelo è proprio l’economia».
Anche i ricchi però possono essere infelici.
«Sì, ma essere felici essendo poverissimi non è possibile. È contraddittorio che oggi ci siano così tanti poveri, perché la ricchezza complessiva a livello globale consentirebbe, se divisa equamente, a tutti gli abitanti della Terra di avere circa 18mila dollari all’anno. È una somma su cui può contare la borghesia dei Paesi ricchi, tutti potremmo vivere degnamente».
Il problema sono le forti disuguaglianze.
«In questo momento le otto persone più ricche al mondo hanno la ricchezza di mezza umanità, ovvero di oltre 3 miliardi e mezzo di persone».
Perché si è creata questa situazione secondo lei?
«A causa dell’economia neoliberista, che è interamente basata sull’ineguaglianza e sul fatto che i migliori possano arricchirsi all’infinito. Per “migliori” si intendono i più intraprendenti, e spesso anche i più spregiudicati».
L’ineguaglianza è cresciuta durante la pandemia.
«Sì, i miliardari sono aumentati enormemente. Pensi che solo quel che Jeff Bezos ha guadagnato in più durante la pandemia basterebbe per garantire tre dosi di vaccino a tutta l’umanità. Significa che c’è qualcosa che non funziona».
Nella prima parte del libro lei mette a confronto la Scuola di Vienna, che puntava a rielaborare il liberismo economico, con la Scuola di Francoforte, nata per sviluppare il pensiero di Marx. La seconda però fallì il suo scopo.
«Entrambe riuscirono a rielaborare le ideologie da cui ebbero origine, almeno a livello teorico. Ma la Scuola di Vienna riuscì anche a tradurre il neoliberismo in pratica».
In che modo?
«I suoi componenti partivano dal punto di vista che il comunismo stava vincendo, perché negli anni Trenta un po’ in tutti i Paesi d’Europa c’erano governi socialisti. Ludwig von Mises espresse i suoi dubbi in una lettera che riporto nel libro. Si chiedeva come potessero vincere degli operai, contro di loro, colti professori universitari. La risposta che si diede fu che i comunisti avevano un testo teorico di base, “Il Capitale” di Marx. La borghesia stava perdendo, invece, perché in quel momento non poteva contare su una base teorica altrettanto robusta. Da qui l’idea di dotarla di uno strumento teorico potente come quello marxiano».
E ci riuscirono?
«Sì, in qualche modo. E andarono anche oltre. Capirono che affermare il proprio pensiero economico bisognava conquistare tutti i posti di comando dell’economia: le presidenze delle banche, i ministeri della finanza, le direzioni generali delle Camere di commercio. Ovunque si prendevano decisioni economiche piazzarono alcuni di loro, o persone che la pensavano come loro. Organizzarono anche la diffusione del loro pensiero, scrivendo libri divulgativi, come fece Friedrich von Hayek con un libro che fu venduto in milioni di copie. Oppure incontri come il World Economic Forum di Davos, che si è tenuto anche pochi giorni fa, e che nacque proprio da von Hayek e dai neoliberisti, con la Mont Pelerin Society. Quindi cominciarono a organizzare club, convegni in tutto il mondo, diventò una specie di grande massoneria. Fino a quando non riuscirono a convincere il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e la premier britannica Margaret Thatcher ad abbracciare totalmente le loro teorie».
Lei racconta anche la trasferta cilena degli economisti della Scuola di Vienna. Cosa accadde?
«Nel Cile di Augusto Pinochet la Scuola di Vienna sperimentò dal vivo le proprie teorie. E coloro che si ribellarono furono fatti uccidere dal dittatore. Un ministro di Allende, Orlando Letelier, fu assassinato con una bomba piazzata nella sua automobile».
Gli economisti della Scuola di Vienna non si posero il problema etico di collaborare con una dittatura?
«Assolutamente no, né von Mises né von Hayek. Anzi, il secondo addirittura consigliò alla Thatcher di usare gli stessi metodi di Pinochet anche in Inghilterra. Un cinismo incredibile».
Come se la limitazione delle libertà fosse indispensabile per avere il progresso cui loro puntano.
«Sì, ma non per tutti. Loro puntavano soprattutto sulla meritocrazia: pensavano che alcuni meritassero la ricchezza. E se ciò comportava che molti altri vivessero in povertà, poco male».
Dall’altro lato c’è la Scuola di Francoforte
«Questo è il primo libro che mette a confronto le due scuole, non era mai stato fatto. Quasi come se la sinistra si vergognasse, non saprei. Io credo che la Scuola di Francoforte abbia teorizzato delle cose importantissime. Il concetto di industria culturale è straordinario e ci ha consentito di capire tante cose, in primis che oggi non è con le fabbriche che si assume il potere. Esso è in mano a chi possiede le televisioni, le finanze, i beni immateriali. Nel secondo capitolo della Dialettica dell’Illuminismo, Adorno e Horkheimer fanno l’analisi di come diventa alienante il cinema, la musica. Mentre Marx analizzava il lavoro dell’operaio, del tornitore, loro si occupano di quello dell’attore, del giornalista, cioè dell’industria culturale».
Quindi ci hanno lasciato delle intuizioni importanti?
«Chi è di sinistra come me deve essere molto grato a quello che hanno scritto. Purtroppo però non hanno inciso sulla traduzione delle idee in vita concreta». «Un proverbio napoletano dice che “la lepre vince sul cane perché corre in proprio”: se è acchiappata ci rimette la pelle, mentre il cane corre per conto del cacciatore. La Scuola di Vienna corre in proprio: erano ricchi e si preoccupavano della ricchezza dei ricchi, invece alla Scuola di Francoforte erano ricchi che si occupavano della povertà dei poveri. Tuttavia, lo fecero con troppa puzza sotto il naso. Non militarono mai nei partiti di sinistra, nei sindacati».
Non si sporcarono le mani.
«Esatto».
Pensa che la sinistra di oggi commetta lo stesso errore?
«Non c’è dubbio. Oggi la sinistra ha addirittura abbandonato i deboli. Se per sinistra intendiamo il Pd, quando era segretario Renzi ha addirittura abolito l’articolo 18, la più grande conquista dei lavoratori italiani, con il Jobs Act ha distrutto l’impalcatura dello Statuto dei lavoratori e ha aperto l’economia al neoliberismo, come aveva fatto Draghi negli anni Novanta con le privatizzazioni, che in dieci anni hanno tolto allo Stato le redini della politica economica».
Lei cita il discorso di Draghi sul Britannia, il 2 giugno di trent’anni fa. Cosa possiamo dire a trent’anni di distanza?
«Che le privatizzazioni proseguono. Proprio pochi giorni fa hanno privatizzato un altro pezzo dell’Eni. Draghi era il campione neoliberista, mandato in Italia proprio dai poteri neoliberisti, dal Fondo Monetario Internazionale, dove lavorava. Per loro l’Italia era uno scandalo, c’erano l’Iri, l’Eni e le altre aziende in mano allo Stato, che così conduceva la sua politica economica. Fin quando c’è stata la presenza dello Stato nell’economia il nostro Pil cresceva del 5 per cento l’anno, dopo le privatizzazioni la crescita è scesa all’1 per cento e anche meno. Siccome erano tutte aziende a partecipazione statale, che non potevano essere vendute, Giuliano Amato in una notte le trasformò tutte in società per azioni, rendendole vendibili».
Neanche la sinistra si oppose.
«In quei dieci anni, dal 1991 al 2001 ci furono nove governi, di questi due furono governi Prodi, uno D’Alema, uno Amato. Ci furono cinque governi di sinistra, eppure fecero le liberalizzazioni. Il trionfo dei neoliberisti fu di aver fatto fare una cosa di destra ai presidenti del Consiglio di sinistra»
(da TPI)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
“MOSSA COORDINATA CON GLI USA”… POTREBBERO CAMBIARE L’ESITO DEL CONFLITTO
La Gran Bretagna invierà in Ucraina sistemi missilistici M270 a lungo
raggio per difendersi dalla Russia.
Lo ha confermato il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace.
Si tratta di lanciatori in grado di colpire obiettivi fino a 80 chilometri (49,7 miglia) di distanza, in grado di offrire “un significativo aumento delle capacità per le forze ucraine”.
La mossa è “strettamente coordinata” con la decisione degli Stati di fornire a Kiev il suo sistema missilistico di artiglieria ad alta mobilità (HIMARS).
Il governo britannico ha anche affermato che l’esercito ucraino verrà addestrato a utilizzare i lanciarazzi nel Regno Unito in modo da massimizzarne l’efficienza.
“Il Regno Unito sostiene l’Ucraina e ha assunto un ruolo di primo piano nel fornire alle sue truppe le armi necessarie per difendere il loro paese”, ha affermato Wallace. “Mentre le tattiche della Russia cambiano, così deve cambiare il nostro sostegno all’Ucraina. Questi lanciarazzi multipli altamente efficaci consentiranno ai nostri amici ucraini di proteggersi meglio dall’uso brutale da parte della Russia dell’artiglieria a lungo raggio usata dalle forze di Putin per distruggere indiscriminatamente le città”, ha aggiunto il ministro.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
“STABILITA’ E PACE NON SONO GARANTITE PER SEMPRE”
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dalle alte cariche istituzionali civili e militari, ha reso omaggio, deponendo una corona d’alloro, all’Altare della Patria, in occasione della Festa della Repubblica. Dopo l’esecuzione del silenzio, la cerimonia è culminata con il passaggio delle Frecce tricolori.
“Il 2 giugno di settantasei anni fa, con la scelta della Repubblica, il popolo italiano si incamminò sulla strada della pace, archiviando le avventure belliciste proprie di un regime autoritario come quello fascista. Una opzione che venne poi solennemente ratificata nella Costituzione. Il nostro contributo – e in esso delle Forze Armate – alla causa della pace e della cooperazione internazionale si è caratterizzato con l’adesione al Trattato del Nord-Atlantico sottoscritto fra Paesi amanti della libertà, con la costruzione graduale e crescente della unità europea, con la partecipazione all’Onu e alle sue iniziative”.
Per la prima volta nella storia, accanto alle Forze armate hanno sfilato anche medici e infermieri, con in testa il Ministero della Salute. In una dichiarazione congiunta gli ordini professionali rappresentati hanno dichiarato: Il futuro dipende anche da noi. Da quello che abbiamo fatto e dimostrato di sapere e potere fare. Da quello che continueremo a fare”. Dopo aver ricevuto gli onori militari e aver lasciato piazza Venezia a bordo della Lancia Flaminia scoperta, Mattarella si è recato in via di San Gregorio, per ricevere la presentazione dei reparti schierati per la rivista, quindi assisterà alla tradizionale Parata militare, che ritorna quest’anno dopo la sospensione a causa del Covid, dalla tribuna presidenziale di via dei Fori Imperiali.
Nel messaggio inviato al capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Mattarella ha parlato anche della guerra in Ucraina: “L’attuale contesto internazionale ci interroga profondamente su come sia possibile garantire oggi il bene indivisibile della pace. Le aggressioni ai civili, le devastazioni delle città nel cuore della nostra Europa, pensavamo appartenessero a un passato remoto, ma la drammatica cronaca di questi giorni ci ricorda come stabilità e pace non sono garantite per sempre. La pace non si impone da sola ma è frutto della volontà e dell’impegno concreto degli uomini e degli Stati”.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2022 Riccardo Fucile
I FAVOREVOLI AI MATRIMONI GAY SALGONO AL 61,3%, ALLE ADOZIONI IL 48,3%
L’istituto di Studi Politici, Economici e Sociali “Eurispes” si occupa di
sondare periodicamente l’opinione della popolazione italiana su varie tematiche.
Nell’ambito dei diritti Lgbt, il report del 2022 è positivo per l’Italia; si è osservato un incremento di supporti sia per i matrimoni che per le adozioni gay, arrivando ad avere il massimo storico di favorevoli mai sondati in Italia.
Per la prima volta nella storia del nostro paese Eurispes rileva che la percentuale degli italiani favorevoli al matrimonio egualitario supera il 60% (61,3%), +2,9% rispetto al 2021.
Nella prima rilevazione di Eurispes del 2009 la percentuale di italiani favorevoli ai matrimoni gay rappresentava una minoranza ed era del 40,4%; oggi a distanza di 13 anni la percentuale di favorevoli è salita del 20,9% (va sottolineato che quindi tutt’oggi in Italia c’è un 38,7% di popolazione non favorevole ai matrimoni gay, in Spagna ad esempio già nel lontano 2006 la percentuale di favorevoli ai matrimoni gay era del 66%, più alta di quasi il 5% rispetto alla percentuale che troviamo in Italia nel 2022).
Per quanto riguarda le adozioni gay si registra anche qui un massimo storico di favorevoli, pur restando in minoranza.
Nel report di Eurispes del 2022 a dirsi favorevole alla possibilità di adozione da parte di due persone dello stesso sesso è il 48,3% degli italiani (+4%) rispetto al 2021.
Mai come quest’anno dunque il numero di favorevoli e di contrari alle adozioni gay sono stati così vicini (51,7% contrari e 48,3% favorevoli).
Nella rilevazione del 2009 gli italiani favorevoli alle adozioni gay erano il 19%; oggi a distanza di 13 anni la percentuale di favorevoli è più che raddoppiata, aumentando del 29,3%.
Va sottolineato come sul tema “adozioni gay” il numero di italiani favorevoli è in continua crescita dal 2015.
La possibilità di autorizzare il cambiamento di sesso tramite autodichiarazione dell’interessato, anche senza certificazioni mediche, trova d’accordo meno di quattro italiani su dieci (37,6%); mentre gli italiani si dividono sul riconoscimento delle identità di genere che non si rispecchiano nel femminile o nel maschile (50,8% contrari- 49,2% favorevoli).
Su altre tematiche di tipo sociale spesso gli italiani sono divisi:
•Sulla legalizzazione della prostituzione si dice favorevole il 49,1% degli italiani contro il 50,9% di contrari;
•Sull’adozione da parte di single è favorevole il 55,8% degli italiani;
•Per quanto riguarda la legalizzazione delle droghe leggere (hashish e marijuana) nel 2022 i favorevoli diventano maggioranza (52,3% favorevoli- 47,7% contrari); nel 2021, appena un anno fa, solo il 44,7% si era espresso in maniera favorevole.
Netta maggioranza di favorevoli invece sul tema eutanasia: il 74,9% degli italiani si dice favorevole, con un incremento del 4,5% rispetto al 2021.
Netta maggioranza di contrari invece sui temi caccia, uso di pellicce e utilizzo di animali nei circhi: il 76,1% degli italiani si dice contrario alla caccia, l’80,1% è contrario all’utilizzo di animali nei circhi e ben l’82,1% non è favorevole all’uso delle pellicce.
(da agenzie)
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