Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI KAROLINE BILLING, INVIATA DELL’AGENZIA DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI
Il suo nome: Karolina Lindolm Billing. Il suo incarico: rappresentante dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in Ucraina.
Quello che segue è il racconto della sua recente missione in un Paese martoriato da oltre 100 giorni di guerra.
“Vi racconto la paura di chi fugge dalla guerra”
”Ho passato le ultime settimane a Kyiv, Poltava, Dnipro, Zaporizhia e ora a Vinnytsya, a incontrare sfollati interni, autorità locali, servizi di emergenza e volontari nei paesi ospiti.
La situazione è in divenire, e la prospettiva per le vittime innocenti di questa guerra brutale e insensata è molto fragile.
Ci sono persone che fuggono ancora dai combattimenti, altre che restano nei luoghi in cui hanno trovato riparo negli ultimi cento giorni; altri ancora stanno già tornando per ricostruire le loro case. Ho incontrato anche persone che sono ritornate, si sono rese conto che la situazione era pericolosa e sono fuggite di nuovo.
A Dnipro ho visto pullman in arrivo con persone evacuate da posti come Bakhmut. Erano visibilmente deboli e scosse. Molte erano anziane, avevano difficoltà a camminare da sole e avevano bisogno di aiuto. Queste persone non hanno più niente, o quasi.
Per alcuni, è la seconda volta che fuggono dalle loro case dal 2014. Hanno bisogno di sostegno umanitario immediato: un posto dove dormire, abiti, prodotti per l’igiene, cibo, contributi in denaro e, cosa molto importante, counseling e primo soccorso psicologico.
L’Unhcr fino a questo momento ha assistito insieme ai suoi partner oltre 1,2 milioni di persone in tutta l’Ucraina. Di queste, 233.000 hanno usufruito dei servizi di protezione e counseling; 500.000 di beni essenziali quali materassi, coperte e lampade solari in zone prive di elettricità; e 73.400 hanno ricevuto assistenza vitale per mezzo di convogli umanitari diretti nelle zone più colpite.
Abbiamo anche incrementato la capacità ricettiva di 182 centri collettivi e di accoglienza, in modo che le persone appena fuggite possano avere un luogo caldo e dignitoso dove dormire per un breve periodo. Questa settimana ho parlato con molti sfollati interni che vivono nelle strutture di accoglienza temporanee. Questa notte hanno un posto caldo dove dormire, ma non sanno cosa succederà domani o nei mesi a venire. Come ha detto un’anziana sfollata che ho incontrato ieri a Koziatin, nell’oblast di Vinnytsya: “La nostra domanda principale è: dove andiamo adesso?” Sapeva che la permanenza nel centro di accoglienza sarebbe stata temporanea.
A Dnipro ho conosciuto la sessantenne Iryna nel dormitorio dell’Accademia Statale di Educazione Fisica e Sport.
Era fuggita con suo marito, sua figlia, suo genero e i loro due bambini da un rifugio di Kharkiv. Cercano un appartamento in affitto a Dnipro, ma non possono permetterselo.
Iryna mi ha detto: “Tutti vogliamo tornare a casa, ma Kharkiv è ancora una zona pericolosa. E non possiamo andarci, per via dei bambini. Uno dei miei nipoti ha già cominciato ad avere reazioni neurologiche allo stress: a volte ha dei tic nervosi che gli deformano il viso”.
In un dormitorio di Poltava ho incontrato persone che erano tornate a Kharkiv e avevano scoperto che non era ancora possibile ricostruire le loro case o riprendere il lavoro, e così sono tornate a Poltava.
Mentre continuiamo a cercare di raggiungere le persone nascoste nei rifugi nelle aree soggette a bombardamenti pesanti, stiamo anche aumentando l’impegno per sostenere gli sfollati a medio e lungo termine; per gettare le basi per un recupero e per soluzioni durevoli.
Con l’aumentare dei rischi e delle necessità, la protezione deve essere al centro della nostra risposta. Tutti sono traumatizzati. Il sostegno psicosociale è essenziale per il recupero. I bisogni sono enormi. Alcuni sono fuggiti senza documenti di identità e hanno bisogno di aiuto per riceverne di nuovi, per poter avere accesso a diritti e servizi. Con il crescere della povertà stanno aumentando anche i rischi di sfruttamento, di abuso e di strategie adattative dannose.
Molte persone con cui ho parlato hanno raccontato che alcuni ritornano nelle loro case, anche in zone dell’oblast di Luhansk, perché semplicemente non possono permettersi le spese di essere sfollati.
L’Unhcr sta anche potenziando i programmi che aiuteranno le persone a riparare tetti, finestre, porte e buchi nei muri delle case danneggiate. Negli oblast di Donetsk e Luhansk e in alcune zone intorno a Kyiv, abbiamo fornito kit di emergenza per impedire alla pioggia di entrare dai tetti. Finora 24.300 famiglie hanno ricevuto questi kit di emergenza. Stiamo anche lavorando per sostenere la ristrutturazione e il cambio di destinazione d’uso di edifici che possono essere trasformati in centri collettivi a medio termine, per persone che devono uscire dai centri di accoglienza temporanea ma non possono permettersi l’affitto di una casa.
Ma questo non basterà.
L’inverno si avvicina. E gli inverni in Ucraina possono essere di una durezza estrema. Avere un posto caldo, sicuro e dignitoso dove stare può salvare la vita. Quindi l’Unhcr, in quanto prima organizzazione nella distribuzione di beni non alimentari e di riparo, sta preparando insieme ai suoi partner una panoramica dei tipi di sostegno specifico di cui le famiglie vulnerabili avranno bisogno il prossimo inverno, a complemento dell’assistenza fornita da autorità nazionali, Nazioni Unite e dai nostri partner umanitari”.
Così la rappresentante dell’Unhcr in Ucraina.
Torture e stupri
Numerosi casi di tortura di civili si registrano nei territori liberati dagli occupanti razzisti”, denuncia il difensore civico ucraino Lyudmila Denisova su Telegram. “Bambini di meno di 10 anni uccisi con segni di stupro e tortura sono stati trovati nella città di Irpin”, aggiunge. “Nella regione di Kiev – spiega ancora -, il ‘campo per bambini di Prolisok’ ha ospitato per tre settimane la base di un’unità dell’esercito razzista. Nel seminterrato sono stati trovati cinque cadaveri di uomini con le mani legate dietro la schiena. Sono stati torturati e poi uccisi a sangue freddo. Una delle vittime aveva il cranio schiacciato”, aggiunge. “Altri uomini sono stati uccisi con un colpo alla parte posteriore della testa o del torace”.
I racconti sono drammatici. Nel villaggio di Viktorivka, nella regione di Chernihiv, che è stata sotto occupazione per 25 giorni, afferma Denisova, “i razzisti hanno tenuto la gente in ostaggio nei sotterranei, compresi anziani e neonati. I residenti venivano scortati anche per raccogliere un secchio d’acqua. Non venivano fornite cure, nemmeno a quelli la cui vita dipendeva da trattamenti medici. Un uomo con l’asma è morto. I soldati russi hanno ordinato agli ostaggi di seppellire il corpo nei boschi. A causa delle condizioni di vita inumane e alle infezioni portate dagli occupanti, è aumentato il numero di malattie, compresa la varicella”.Denisova ha riferito anche di almeno altre tre persone torturate trovate nel distretto di Konotop nella regione di Sumy sul luogo dove erano accampati i soldati russi. “Torturare e uccidere civili è un crimine contro l’umanità e un crimine di guerra in base agli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale”, ricorda Denisova, che fa appello alla Commissione di inchiesta Onu per le violazioni dei diritti umani.
“Dal primo giorno dell’invasione su vasta scala dell’esercito russo sul territorio ucraino noi registriamo, documentiamo e raccogliamo le prove di tutti i crimini commessi dall’esercito della Federazione russa sul nostro territorio. Ad ora i procuratori della regione di Kiev sono occupati nella gestione di oltre 2.600 procedimenti penali di crimini di guerra”. Lo dichiara Khomenko Oleksii, capo della Procura regionale di Kiev. Le inchieste aperte vanno da “attentato all’integrità territoriale e all’inviolabilità dell’Ucraina, a violazione delle leggi e dei costumi di guerra”.
In particolare – sottolinea Oleksii – “ci sono stati numerosi attacchi di missili e di artiglieria contro le case dei civili, che hanno portato alla morte delle persone” e tante “fucilazioni di civili che tentavano di fuggire dai luoghi dei combattimenti. Inoltre stiamo indagando sugli omicidi e le torture avvenuti durante l’occupazione dei centri abitati della regione di Kiev”. Dal 24 febbraio a oggi nell’intera regione «stando ai dati del registro Unico delle inchieste pregiudiziali a causa delle azioni belliche sono morti oltre 1.500 civili, ci cui 178 donne e 44 bambini. 165 corpi non sono ancora stati identificati», fa sapere il capo della Procura di Kiev.
Dalla parte dei bambini
Ecco il report di 100 giorni di guerra visti e subiti dai più indifesi tra gli indifesi, fatto da chi è sempre dalla parte dei bambini: Save the Children.
“Dal 24 febbraio, in Ucraina, tutti i bambini sono in grave pericolo di danni fisici e di gravi disagi emotivi. I combattimenti hanno esacerbato una situazione umanitaria già grave. Prima dell’escalation della violenza, molti bambini nell’Ucraina orientale erano già troppo spaventati per frequentare le lezioni e angosciati dalla presenza di soldati armati dentro e intorno alle loro scuole.
In 100 giorni di guerra, sono state danneggiate e distrutte dai bombardamenti e dall’intensificarsi del conflitto, almeno 1.888 scuole. Più del doppio delle 750 attaccate nei primi 7 anni di conflitto nella parte orientale del paese.
Ogni guerra è una guerra contro i bambini
Attualmente, 7 milioni e mezzo di bambini si trovano senza istruzione. Sebbene sia una priorità assoluta per bambini e genitori in crisi, troppo spesso è il primo servizio a essere sospeso e uno degli ultimi a riprendere
Ma per molti minori sfollati all’interno del Paese, le scuole non colpite sono diventate un luogo di riparo dalla violenza incessante del conflitto. Come le testimonianze che ci arrivano dal campo, in cui a parlare è Mariia*, una bambina di soli 10 anni, che è stata costretta a scappare, sotto le bombe, e lasciarsi tutto alle sue spalle
“Quando abbiamo lasciato la nostra regione d’origine, ero felice che non avremmo sentito più quelle esplosioni. Ma ero triste di lasciare la casa, il nostro appartamento”, ha detto Mariia. “Ora viviamo in un’atmosfera diversa, ci sono molte persone qui. Tutto è cambiato. Fisicamente mi sento bene, ma emotivamente è stato difficile. Spero di poter tornare a casa. Se non sarà possibile, ci sistemeremo qui. Spero che tutte le persone stiano bene e trovino serenità”.
Da aprile Mariia e la sua famiglia vivono in una classe e condividono i bagni con altre 60 persone nella scuola di Chernivtsi, nell’Ucraina occidentale. La madre, Olena*, ha spiegato che il conflitto sta mettendo a dura prova la salute fisica e mentale di sua figlia.
100 giorni di paura
Se continuano gli attacchi alle scuole, i minori come Mariia continueranno a sopportare il peso maggiore della guerra. Un singolo attacco non solo può causare danni devastanti ai bambini, fisici ed emotivi, ma anche privare centinaia di studenti della possibilità di ricevere un’istruzione di buona qualità. Ogni giorno che passa, mette sempre più a rischio le vite e il futuro dei bambini.
“Il fatto che il numero di scuole bombardate negli ultimi 100 giorni sia più che raddoppiato rispetto ai 7 anni di conflitto prima di questa escalation è assolutamente deprecabile. Ogni attacco a una scuola è un attacco ai bambini”, ha affermato Onno van Manen, Direttore pro tempore di Save the Children in Ucraina.
(da Globalist)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
I LEGAMI CON ANDREY TOPOROV, GIÀ RINVIATO A GIUDIZIO CON L’ACCUSA DI ABUSI EDILIZI PER L’ABBATTIMENTO DELL’HOTEL AMPEZZO A CORTINA
Le 14.40 dello scorso venerdì 4 marzo. Lo studio di un notaio di Treviglio, in provincia di Bergamo.
La Russia ha invaso l’Ucraina da otto giorni quando l’unica azienda italiana (almeno ufficialmente) riconducibile all’oligarca kazako Viktor Kharitonin, amico dell’altro miliardario Roman Abramovic (insieme classificati dagli Usa quali pezzi dirimenti del «cerchio magico» di Putin già nel 2018), passa di mano.
Dal notaio, come da documento acquisito dal Corriere, la storica azienda agricola «Monzio Compagnoni» di Adro, nel Bresciano, viene salvata da uno studio milanese di architettura e ingegneria della zona di via Santa Sofia: l’immissione nelle casse aziendali di un milione di euro permette di coprire, avanzando denaro per ulteriori investimenti, il mezzo milione di buco. Nell’ufficio di Treviglio, Kharitonin è collegato in audioconferenza.
La riunione prosegue senza intoppi. Nessuno avanza obiezioni a cominciare dal partner dell’oligarca nella «Monzio Compagnoni», cantina della Franciacorta, ovvero Andrey Toporov, peraltro già con i suoi guai per un’altra storia; nessuno avanza obiezioni quando vi sarebbero già delle anomalie a guardare le coordinate di base.
La lettera ai soci
Il gruppo di architetti e ingegneri fa capo a una 40enne italiana. Ebbene, interrogando l’identità di questa donna, che vive a trenta chilometri da Milano, emerge un episodio datato ottobre 2018 e relativo a un assegno irregolare di 5.472 euro.
S’ignora se sia stato un errore di distrazione magari in una giornataccia stressante, oppure un atto voluto; ma quell’episodio rimane «incastrato» nei database nazionali che includono chi fa impresa in Italia, marchiandone di fatto lo status.
Ora, una premessa doverosa: nessuno dei protagonisti al momento risulta gravato da provvedimenti giudiziari di qualsiasi tipo, essendo la nostra una semplice narrazione dei fatti (comprovati). Di conseguenza, ognuno può farsi le domande che vuole (ed eventualmente, possono esercitare l’opzione anche gli organi inquirenti).
Procediamo. C’è un interrogativo, quasi fisiologico. Anzi due.
Il vino
Il primo: per quale motivo uno studio di architetti e ingegneri cambia radicalmente settore andando a depositare consistente denaro in un’azienda vinicola per di più gravata da un significativo passivo?
Risposta: le strade degli affari sono infinite, magari i professionisti di Santa Sofia hanno intravisto opportunità sul medio termine che sfuggono agli occhi dei comuni mortali.
Secondo interrogativo: possibile che un uomo esperto quale Kharitonin, proprietario di una potente casa farmaceutica tedesca, già salvatore della società che controlla il circuito di Formula 1 del Nürburgring sempre in Germania (nazione dove l’oligarca gode di enormi crediti), abile a trasferire basi legali a Cipro (nello specifico, come emerge da un documento americano, la «Augment Investment» nella città di Limassol), non si sia voluto informare e, magari ottenute le notizie, non abbia posto dei veti?
A meno che, stante il pericolo delle sanzioni contro gli oligarchi, non gli interessasse andarsene e basta, pur ricordando che mantiene ancora quote nella «Monzio Compagnoni».
Insieme al sopra menzionato Toporov, il quale, in una comunicazione a tutti i soci prima dell’incontro dal notaio di Treviglio il 4 marzo, aveva scritto: «… proprio per proseguire nel percorso di riorganizzazione aziendale e raggiungere gli obiettivi di crescita… si rendono necessarie ulteriori risorse finanziarie fresche…».
A processo
Come ricostruito due mesi fa sul Corriere da Andrea Priante, Toporov è stato rinviato a giudizio con l’accusa di abusi edilizi relativi all’abbattimento dell’«Hotel Ampezzo», nel centro di Cortina, in quel territorio centrale per le Olimpiadi invernali del 2026 organizzate insieme a Milano. Secondo la tesi dei magistrati, i lavori (comunque autorizzati) avrebbero dovuto riguardare una ristrutturazione senza demolizione quando invece sarebbe accaduto l’esatto contrario.
Il 50enne Toporov, che si giura innocente, presiede la «Lajadira», società proprietaria dell’omonimo elitario albergo sempre a Cortina; nella sua carta d’identità, la «Lajadira» rimanda come controllata a un’azienda del Lussemburgo sulla quale, come da prassi, è missione ardua reperire perfino le minime informazioni. In aiuto di Toporov, cioè ai vertici della società, c’è la signora Irina, che ha residenza a Pordenone e risulta essere la 48enne moglie di Kharitonin. Tornando a Toporov, nel 2015 era andato in causa con la famiglia Benetton dopo aver voluto eliminare un filare di abeti intorno all’hotel «Lajadira». La mossa aveva innescato la furia civica di Gilberto Benetton.
Business immobiliari
Se la geografia italiana di Viktor Kharitonin è (sarebbe) circoscritta in via esclusiva all’azienda vinicola della Franciacorta, Toporov ci porta, fra le tante, a una società vicino a piazza del Duomo e specializzata in attività immobiliari. Una società dalla scarsa fortuna: nell’ultimo bilancio depositato, c’è un buco prossimo al milione e mezzo di euro. Un periodo di passivi, per Toporov, il quale, nella lettera ai soci della «Monzio Compagnoni», aveva correlato le perdite alla scomparsa nel 2020 del 54enne Marcello Monzio Compagnoni, stimato fondatore dell’azienda.
(da Il Corriere della Sera)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
IL MATCH DI NATIONS LEAGUE TRA UNGHERIA E INGHILTERRA SAREBBE DOVUTO ESSERE A PORTE CHIUSE, E INVECE SUGLI SPALTI C’ERANO MIGLIAIA DI BAMBINI UNGHERESI, CHE HANNO INIZIATO A FARE BUU QUANDO GLI INGLESI SI SONO INGINOCCHIATI CONTRO IL RAZZISMO
Ungheria-Inghilterra, stesso gruppo di Nations League dell’Italia e, in teoria, sfida senza pubblico. Si gioca a Budapest e i padroni di casa sono sanzionati per tre gare proprio per il comportamento scorretto mostrato sugli spalti sia durante gli Europei, primo richiamo, che durante le qualificazioni Mondiali.
In questi casi non si possono vendere biglietti, il numero degli invitati è contingentato ed è possibile solo accogliere ragazzini sotto i 14 anni. Di solito, ogni federazione porta delle scuole, qualche migliaio di persone, stavolta c’era la metà della capienza dello stadio. E ogni 10 bambini valgono un accompagnatore quindi lo spazio per un’intera curva, anche se sparpagliata.
Però sono i più giovani a fare danni: quieti durante l’inno e poi sincronizzati, non in massa, ma in gran numero a contrastare l’Inghilterra in ginocchio in segno di solidarietà con le vittime di razzismo. Con un gesto che serve per sensibilizzare, per schierarsi e che scatena la protesta dei minorenni nello stupore di chi sta in campo.
Alla Puskas Arena finisce 1-0 per l’Ungheria, rigore trasformato da Szoboszlai e di certo la prestazione spenta dell’Inghilterra non può essere attribuita alla maleducazione del pubblico imprevisto, ma nei primi dieci minuti si vedono davvero facce stranite e gesti sorpresi. Il ct Southgate, all’intervallo, dice proprio di essere «stupefatto dalle presenze in tribuna».
Anche l’Inghilterra deve pagare con un turno a porte chiuse i tumulti della finale degli Europei, li sconta proprio contro l’Italia, l’11 giugno e per l’occasione ha invitato 3 mila ragazzini, non 36 mila. L’idea dei bambini nasce dall’utopia di avere una partita solo applaudita, senza insulti, una sorta di processo riabilitativo, ma nell’Ungheria di Orban ai ragazzi è probabilmente stato chiesto di opporsi al manifesto antirazzista, così come alla fascia arcobaleno portata dal capitano Kane.
L’ambiente era pure più ostile di quanto non sarebbe stato normalmente perché in quel contesto era impossibile prevedere i buu che sono arrivati a tradimento. Più evidente del solito. L’età dell’innocenza già traviata fa più rumore del coro ultrà organizzato.
(da La Stampa)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
DATI EUROSTAT: IN GERMANIA SONO L’ 1,2%, NEL MERIDIONE IL 10,3%
Nel Sud Italia ci sono più disoccupati di lunga durata che in tutta la Germania: il dato emerge dalle ultime tabelle Eurostat, che con riferimento al 2021 hanno contato oltre 501 mila disoccupati tra i 15 e i 74 anni nelle regioni dell’Italia meridionale.
Per loro la ricerca di un lavoro è durata oltre un anno.
Se nel conteggio si includono le Isole, la cifra decolla ulteriormente fino ad avvicinarsi al milione, superando le 758 mila unità.
Nell’intera Germania, il dato è pari a 497 mila persone. Lo squilibrio tra la situazione della Germania e quella italiana viene reso più evidente guardando alle proporzioni: se nella prima i disoccupati di lunga durata rappresentano l’1,2 per cento della forza lavoro, nel Sud Italia la percentuale è pari al 10,3 per cento.
Le difficoltà non riguardano solo coloro che provano a iniziare un lavoro per la prima volta: i dati Eurostat, guardando al complesso dei disoccupati, ci dicono che quelli che fanno più fatica a rientrare nel mercato sono il 32,4 per cento in Germania e il 64,4 per cento al Sud. L’Eurostat aveva pubblicato cifre allarmanti per il nostro Paese già lo scorso aprile, rivelando che, con riferimento al mercato del lavoro del 2021, quattro delle cinque regioni con l’occupazione più bassa d’Europa sono italiane: si tratta di Campania, Sicilia, Calabria e Puglia.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
NONOSTANTE IL TRAINO DI DIVERSE ELEZIONI COMUNALI, LA PARTECIPAZIONE SI FERMERA’ AL 30%… GLI ITALIANI NON SI FANNO CONVOCARE DA SALVINI, SE LI VOTI DA SOLO
Che il 12 giugno si vota per il referendum sulla giustizia lo sa solo un italiano su due. A dirlo è l’ultimo sondaggio di Ipsos, spiegato da Nando Pagnoncelli su La 7.
Secondo i dati raccolti dalla società di rilevazione statistica solo il 56% degli intervistati sa che c’è il referendum, il resto no.
I più ignorano quello che è il tema del referendum, mentre prevale nettamente la quota di chi non vuole andare a votare o potrebbe astenersi ad ognuno dei cinque quesiti.
La stima del sondaggista è che solo 27-31% degli italiani si recherà alle urne, rendendo il referendum non valido, in quanto ben al di sotto della soglia del 50%+1 prevista (il cosiddetto “quorum” dei referendum abrogativi).
A precisa domanda se si raggiungerà questo numero di votanti: per il 20% degli italiani non ci sarà problema, mentre per il 48% i promotori (Lega e Radicali italiani) non riusciranno nell’impresa, con un 32% di intervistati che non si esprime.
Tra chi ha già deciso di andare a votare, secondo Pagnoncelli, la percentuale dei sì ai vari quesiti cambia radicalmente tra l’uno e l’altro. Per due quesiti (incandidabilità dopo la condanna e custodia cautelare durante le indagini) prevarrebbe il “no”, rispettivamente con il 56% e il 54%.
Per gli altri prevarrebbe nettamente il “sì”: separazione delle carriere tra pm e giudici (84%), valutazione degli avvocati sui magistrati (71%), riforma dell’elezione del Csm (70%).
Sui due quesiti della discordia, in particolare, prevale molto lo scetticismo degli italiani. Tra gli intervistati sul quesito relativo all’incandidabilità dopo una condanna (riforma della legge Severino) voterebbero: sì (l’11%) e no (il 14%), con un 4% di indecisi e ben un 71% che si divide tra scheda bianca, nulla e astensione.
I numeri sul quesito relativo alla limitazione della custodia cautelare durante le indagini, invece, sarebbero: sì (11%), no (13%), indeciso (5%), bianca/nulla/astensione (71%).
(da Fanpage)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
TRUPPE MAL ADDESTRATE ED EQUIPAGGIATE PEGGIO… CON 25 BATTAGLIONI I RUSSI SONO PURE COSTRETTI AD ARRETRARE
Continuano i combattimenti tra russi e ucraini in Donbass, la regione a Est dell’Ucraina, al momento obiettivo principale della guerra voluta da Mosca. Ma, secondo quanto riferito dall’Intelligence britannica e confermato dalle autorità di Kiev, le cose pare stiano cominciano a complicarsi per la Russia.
Le forze ucraine, infatti, sono passate al contrattacco nelle ultime 24 ore nella città contesa di Severodonetsk, come ha scritto il Ministero della Difesa inglese nel suo ultimo rapporto.
Il dossier, pubblicato oggi dal Ministero della Difesa su Twitter, sottolinea che l’iniziativa di Kiev probabilmente ha attenuato lo slancio operativo che le truppe russe avevano acquisito in precedenza, concentrando nella città unità di combattimento e potenza di fuoco. Mosca ha schierato in questa zona anche uomini provenienti dalle riserve delle forze separatiste dell’autoproclamata repubblica di Lugansk.
Truppe queste, spiega il rapporto, che sono male addestrate e soffrono di una mancanza di equipaggiamenti pesanti rispetto alle unità russe. L’utilizzo di queste forze per procura per operazioni in centri urbani, conclude l’Intelligence, rappresenta una tattica russa già vista in Siria, dove Mosca schierò il Quinto corpo d’assalto (formato da volontari) dell’esercito siriano per conquistare aree urbane: questo approccio, è il parere di Londra, probabilmente riflette il desiderio di limitare le perdite tra le file dell’esercito regolare.
Anche il governatore della regione di Luhansk, Serhiy Gaidai, alla televisione ucraina ha detto che Severodonetsk è divisa in due. Le forze ucraine negli ultimi due giorni hanno riguadagnato terreno, dopo aver ceduto fino al 70 per cento del territorio della città ai russi. Anche secondo l’ultimo aggiornamento del think tank Usa American Institute for War Studies (Isw), l’esercito russo ha concentrato tutte le sue risorse in quest’area, ma finora ha ottenuto solo modesti risultati. L’esercito ucraino sta conducendo contrattacchi localizzati anche a nord di Kherson.
C’è, dunque, una situazione di stallo, anche se le forze ucraine stanno riprendendo terreno. Alcuni esperti, tra cui l’americano Trent Telenko, hanno parlato nelle scorse ore di culmination point per l’esercito di Mosca, cioè di raggiungimento del limite delle proprie capacità.
Per cui presto dovranno sospendere l’offensiva: se gli ucraini hanno riconquistato parti di Severodonetsk dove Mosca schierava 25 battaglioni tattici, allora tutto il Paese è a portata di mano.
Ma per Kiev è ancora presto per cantare vittoria.
(da Fanpage)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
I FOLLOWER CALANO E SOPRATTUTTO CROLLA IL TASSO DI INTERAZIONE: NEGLI ULTIMI TRE MESI – 26MILA UTENTI SU FACEBOOK E -30MILA SU INSTAGRAM
Quando c’era lui i post arrivavano in orario e soprattutto diventavano virali. Luca Morisi però, almeno per il momento, non c’è più e tutto sembra precipitare, tanto che Matteo Salvini ha deciso il contrattacco: dall’autunno si tornerà a messaggi più aggressivi sui temi identitari, primo tra tutti quello delle pensioni e l’immigrazione, vecchio cavallo di battaglia, meno utilizzabile dopo la pandemia.
Il guru della comunicazione social che ha regalato anni di gloria a Matteo Salvini si è fatto da parte dopo una disavventura personale, senza conseguenze giudiziarie, ma abbastanza seria per non voler più guidare la macchina di propaganda passata alla storia come la Bestia. Da quel momento tutto è andato storto, nonostante la squadra di 4-5 ragazzi, molto apprezzati nella Lega, lasciata in eredità dal capo. A ogni disavventura di Salvini, dal Quirinale al viaggio in Polonia, finendo poi con la missione a Mosca, nella Lega in molti scuotono la testa: «Ah, se ci fosse Luca…».
In numeri assoluti i profili Facebook e Instagram di Salvini perdono utenti, ma quello che più colpisce gli esperti, più che la quantità è la qualità, il tasso di interazione infatti sta precipitando: -26.000 mila utenti su Facebook e -30.000 su Instagram, prendendo in esame gli ultimi tre mesi (dati ufficiali Facebook).
Da settembre a oggi, ovvero dall’addio di Morisi, Salvini, pur restano il politico più seguito e quello che più investe in termini economici, ha perso 172.748 utenti, una cifra superata soltanto da Beppe Grillo, ormai di fatto semi-ritirato dalla scena pubblica, mentre Giorgia Meloni nello stesso periodo ne ha acquistati quasi 13 mila (fonte Politica su Facebook).
“Salvini ha molti follower e di per sé può essere normale perderne alcuni – spiega Pierluigi Vitale, professore dell’Università di Salerno, che monitora costantemente i profili dei politici – ma quella che registriamo è una tendenza costante e questo è un dato preoccupante per lui».
«Il declino era cominciato già nel 2019 – conferma Alex Orlowski, uno dei massimi esperti di cyber propaganda – Morisi ne sa molto, ma qualunque lavoro tecnico sui social ha un successo limitato perché sono cambiati i gusti degli utenti, la gente invecchia, Facebook non ha la forza di un tempo e punta tutto sui gruppi. Oggi sui social è più forte Paragone».
Per Orlowski c’è un problema politico: «Siamo davanti alla decadenza di un leader che ha basato il suo successo sui social e gli utenti ora chiedono conto di quelle promesse non mantenute».
Il professor Vitale è arrivato a una conclusione: «Non è vero che la Lega ha cambiato strategia, il fatto è che non c’è più quell’abilità su algoritmi e scelta dei trend in cui Morisi è il migliore. Tutto cambia molto velocemente e non c’è più quella flessibilità per adeguarsi».
Il professor Vitale però crede che non cambierà molto nei prossimi mesi: «Nel sito ufficiale della Lega ci sono i link che rimandano ai profili social di Salvini: vuol dire che il partito è lui. Se si volesse cambiare il segretario, almeno da un punto di vista dei social bisognerebbe ripartire da zero e ciò comporterebbe un lavoro enorme».
In attesa che Morisi torni al suo posto – lo aspettano tutti a braccia aperte nello staff – Salvini ha deciso un cambio di passo per il prossimo anno, ovvero un ritorno a uno stile più aggressivo, con dei temi forti da imporre, senza essere trascinato dalle polemiche non dettate dalla sua agenda.
L’argomento su cui il leader della Lega punterà sono le pensioni, con un messaggio che ha già cominciato a lanciare, e che dal prossimo autunno diventerà più netto: se si torna alla legge Fornero faccio cadere il governo. Magari con un post.
(da La Stampa)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
L’AMBASCIATA RUSSA NON RIUSCIREBBE PIÙ A IMPORRE GLI OSPITI FILO-PUTIN NELLE TV ITALIANE
L’escalation del Cremlino contro l’Italia non è una sorpresa. L’attacco durissimo che il ministro degli Esteri russo ha scagliato venerdì contro gli ultimi due esecutivi – Conte bis e Draghi – accusati di essere «servili e miopi», oltre che dal basso «carattere morale », unito al messaggio trasversale lanciato ieri per denunciare la campagna antirussa sui media tricolori, addirittura le discriminazioni subite dai cittadini di Mosca, sono il segnale di una controffensiva mirata a far esplodere le contraddizioni in seno a un Paese e a una maggioranza di governo non sempre granitici nel condannare l’aggressione militare di Putin all’Ucraina.
Abitati anzi da esponenti di primo piano, politici e giornalistici – dal leader della Lega Matteo Salvini ad alcuni conduttori dei principali talk show – inclini a manovrare di sponda con lo zar, indulgendo sulle sue ragioni e insistendo sulla necessità di accoglierne le richieste, pur di far cessare la guerra che sta incendiando il Vecchio Continente.
Un giochino che tuttavia la fermezza del premier Draghi e le iniziative del Copasir (che ha acceso un faro sui programmi Rai sensibili alle ragioni del Cremlino) hanno portato allo scoperto. Facendo irritare i russi. «Sono nervosi perché hanno capito che l’Italia, considerata da sempre un Paese amico, non è più manovrabile come un tempo né come loro credevano che fosse», spiega un qualificato analista del settore.
Il ventre molle d’Europa, in sostanza, si sta rivelando meno cedevole e più resistente del previsto. Non esattamente una buona notizia per chi contava su di noi per far breccia nell’opinione pubblica europea e rompere l’isolamento di Mosca.
Difatti, secondo chi la materia la maneggia da sempre, è soprattutto uno l’aspetto che sta irritando l’entourage di Putin. Legato, appunto, alla penetrazione della disinformazione sulla Tv pubblica italiana, non più efficace come all’inizio del conflitto.
Nei primi due mesi, non c’era trasmissione in cui non fosse presente un rappresentante del governo russo, anche sotto mentite spoglie, a perorare la causa di Mosca. Adesso, invece, non solo accade molto meno, ma in alcuni programmi – vedi in particolare la puntata di Report del 9 maggio, dedicata alla controversa spedizione russa mascherata da aiuto anti-Covid – vengono esplicitamente additati i metodi utilizzati da Putin per spiare e infiltrare l’Italia. Un attacco che finisce per smentire in modo palese la propaganda, costruita dal Cremlino, dell’Italia amica della Russia. Contro cui reagire con la stessa forza, denunciando attraverso il report ministeriale «un’aperta campagna anti-russa da parte dei media italiani ». Utile pure a fini interni.
Secondo gli analisti, l’avvertimento sarebbe infatti diretto anche all’ambasciata moscovita di stanza a Roma. Gli uomini di Putin vogliono capire perché prima erano i diplomatici capitanati da Sergey Razov a “gestire” e di fatto imporre gli ospiti russi nella Tv di Stato italiana, mentre oggi la loro presenza si è diradata sin quasi a scomparire.
È scritto chiaramente in un passaggio del documento diffuso su Facebook: «I connazionali sono preoccupati per il limitato accesso ai media russi in Italia e, di conseguenza, per la mancanza di informazioni obiettive sulla politica e sulle azioni della Russia nel quadro dell’operazione militare speciale, che è particolarmente significativa nel contesto della pressione propagandistica dell’Occidente ».
Per il governo di Mosca «la trasmissione di informazioni sugli eventi viene effettuata esclusivamente sulla base di fonti occidentali o ucraine» e «questo approccio parziale ha un’influenza chiave sull’atteggiamento degli italiani nei confronti dei cittadini russi che vivono in Italia, così come degli immigrati di lingua russa dall’ex Unione Sovietica». Eccolo il punto dolente, che ha mandato in tilt il Cremlino. «La verità è che la dottrina Gerasimov per cui la guerra si combatte anche in modo non tradizionale, attraverso la disinformazione, sta mostrando la corda», conclude un esperto dei Servizi. «La fermezza di Draghi, insieme alle contromisure adottate dal Copasir, l’hanno svelata agli occhi degli italiani. E i russi non riescono ad accettarlo».
(da “la Repubblica”)
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Giugno 5th, 2022 Riccardo Fucile
I GIÀ NOTI PETROCELLI E ORSINI, MA ANCHE LA FREELANCE LAURA RUGGERI, GIORGIO BIANCHI, CHE GESTISCE IL CANALE TELEGRAM “GIUBBE ROSSE”, ALBERTO FAZOLO E LO SCRITTORE MANLIO DINUCCI… MENZIONE SPECIALE PER LA REPORTER RUSSA MARIA DUBOVIKOVA
La rete è complessa e variegata. Coinvolge i social network, le tv, i giornali e ha come obiettivo principale il condizionamento dell’opinione pubblica. Si attiva nei momenti chiave del conflitto, attaccando i politici schierati con Kiev e sostenendo quelli che portano avanti le tesi favorevoli alla Russia.
La rete filo-Putin è ormai una realtà ben radicata in Italia, che allarma gli apparati di sicurezza perché tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo. E lo fa potendo contare su parlamentari e manager, lobbisti e giornalisti. L’indagine avviata dal Copasir è entrata nella fase cruciale.
Il materiale raccolto dall’intelligence individua i canali usati per la propaganda, ricostruisce i contatti tra gruppi e singoli personaggi e soprattutto la scelta dei momenti in cui la rete, usando più piattaforme sociali insieme – da quelle più conosciute come Telegram, Twitter, Facebook, Tik Tok, Vk, Instagram, a quelle di nicchia come Gab, Parler, Bitchute, ExitNews – fa partire la controinformazione.
Agli inizi di maggio, quando l’esercito russo appare in difficoltà sul campo, l’argomento privilegiato è l’invio delle armi italiane all’Ucraina. La campagna di strumentalizzazione via social si concentra sull’immagine delle bolle di spedizione dei dispositivi militari, sottolineando la data dell’11 marzo: una settimana prima dell’approvazione del decreto in Parlamento che avverrà il 18 marzo.
A condurre gli attacchi è Maria Dubovikova, giornalista russa che vive a Mosca e ha oltre 40mila followers su Twitter con l’account @politblogme.
Nel mirino finisce Pietro Benassi, rappresentante diplomatico italiano presso l’Ue nonché ex consigliere diplomatico di Conte a Palazzo Chigi. Ma il vero bersaglio delle imboscate via social è Draghi, la cui maggioranza ha ben tre leader, Salvini, Berlusconi e Conte, che non si sono schierati senza se e senza ma con l’Ucraina, il Paese aggredito da Putin.
«Non in mio nome» è il motto rilanciato su decine di profili filorussi dell’estrema destra, che spesso si incrociano con negazionisti del Covid e no vax, per contestare a Palazzo Chigi di aver spedito le armi «senza il consenso del popolo italiano».
Le accuse ricorrenti a Draghi vanno dal «mandarci in guerra» mettendo a rischio la sicurezza della nazione «per l’ambizione di diventare segretario generale della Nato», all’«aver causato l’aumento del costo dei generi alimentari ed energetici e la chiusura di numerose aziende».
Il 3 maggio, quando Draghi critica duramente in conferenza stampa l’intervista rilasciata dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov a Rete4, su Twitter – che secondo il report fa spesso da «cassa di risonanza delle fake news» – si scatenano i post.
«Non tutela gli interessi italiani e ha un’impostazione dittatoriale», è l’accusa contro il premier, che rimbalza sui social in sintonia con la portavoce di Lavrov, Maria Zakharova, la quale accusa «i politici italiani di ingannare il loro pubblico».
Il bombardamento di messaggi anti governativi e filo-putiniani aumenta in corrispondenza dei passaggi politicamente decisivi.
Così è stato quando si è votato la prima volta sull’invio di armi e così sarà il 21 giugno, quando si voterà la risoluzione sulla guerra invocata dal M5S di Conte.
In questa scia si fa notare Giorgio Bianchi, definito dai report periodici che gli apparati di sicurezza inviano al governo «noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso».
Bianchi gestisce il canale Telegram Giubbe Rosse (@rossobruni), che conta almeno 100 mila appartenenti e ha preso di mira più volte il presidente del Copasir, Adolfo Urso.
Quello degli ucraini bollati come «neonazisti» è un filone molto battuto dai sostenitori di Putin e spesso rilanciato da Alberto Fazoloù
Manlio Dinucci ha 84 anni, è un geografo e scrittore promotore del comitato «No Guerra No Nato». Un suo articolo che sostiene come «l’attacco anglo-americano a Russia e Ucraina era stato pianificato nel 2019» è diventato una sorta di manifesto «di mezzi di informazione statali russi e utenze che sostengono l’invasione dell’Ucraina».
Passaggi del suo libro La guerra – È in gioco la nostra vita , pubblicato dalla ByoBlu Edizioni – editrice di un canale digitale e tv più volte tacciato di «disinformazione» – sono stati citati da Putin nel discorso del 9 maggio per le celebrazioni del Giorno della vittoria.
Le tesi di Dinucci sono state riprese dallo stesso Bianchi, Alessandro Orsini – il docente licenziato dall’Università Luiss dopo il clamore suscitato dalle sue apparizioni televisive – e Maurizio Vezzosi: 32 anni, è un reporter freelance che racconta il conflitto dall’Ucraina e invita lettori e telespettatori «a informarsi non rimanendo alle notizie in superficie perché molti ucraini pensano che Zelensky sia responsabile della situazione, molti lo ritengono un “traditore”».
La rete si muove in pubblico, ma anche riservatamente. Agli inizi di maggio, quando il grillino anti governativo Vito Petrocelli si rifiuta di lasciare la presidenza della commissione Esteri nonostante gli ultimatum espliciti di Conte, gli attivisti filo Putin si mobilitano per una campagna di mail bombing verso indirizzi di posta elettronica del Senato.
In prima linea ci sono canali Telegram no vax e pro Russia come @robertonuzzocanale, @G4m3OV3R e @lantidiplomatico, un sito che raccoglie documentazione per sostenere la scelta di Petrocelli di restare inchiodato alla poltrona, contro le indicazioni del partito.
Su Antidiplomatico , che negli anni in cui Grillo guardava con simpatia a Putin era vicino alle posizioni di Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, è attiva anche la freelance Laura Ru.
Si chiama Laura Ruggeri vive a Honk Kong e scrive su Strategic Culture Foundation , ritenuta dagli analisti «rivista online ricondotta al servizio di intelligence esterno russo Svr» e che, assieme a Russia Today , è artefice di una campagna massiccia contro le sanzioni.
La tesi della portavoce Zakharova – «l’Ue è la vera vittima delle misure contro la Russia» – viene periodicamente rilanciata dal «noto giornalista e diffusore di disinformazione» Cesare Sacchetti, che sul suo canale Telegram conta oltre 60mila iscritti: «L’Ue è costretta a tornare sui propri passi e a pagare il gas in rubli». Su questi temi si muovono, sottotraccia, anche personaggi vicini a quei partiti che si smarcano dalla linea di Draghi. Il putiniano di ferro Claudio Giordanengo, che nel 2019 si candidò per la Lega al comune di Saluzzo, sui social attacca Draghi, Speranza, Biden.
Questo il suo messaggio via chat del 2 giugno: «AVVISO AI TERRORISTI – Si informa che l’Ucraina sta vendendo vari stock di armi di ogni genere. Visitate i siti!! (Dark Net). Sottocosto missili anticarro Javelin originali Usa a 30 mila euro al pezzo. Ottimo affare, il prezzo originale è 250 mila dollari cadauno. Ma a loro che importa? Gli imbecilli occidentali glieli regalano».
E poiché la rete dei putiniani d’Italia va oltre i confini di partito e schieramento, Giordanengo rilancia gli attacchi a Draghi del fondatore di Italexit: «Gianluigi Paragone inchioda il premier sulla guerra: “Si muove come un socio di Biden”. Italia sottomessa sulla guerra”».
Per ingrossare l’esercito dei filo-putiniani d’Italia, ci sono movimenti che agiscono attraverso i siti in lingua russa. Su VKontakte (VK) troviamo la Rete dei Patrioti, che posta (in italiano) messaggi contro Salvini, forse con l’obiettivo di «rubare» proseliti alla Lega.
(da agenzie)
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