Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
SAREBBE STATO TROVATO UBRIACO, TANTO PER CAMBIARE, E CON UNA PISTOLA NELLA MANO DESTRA: AVREBBE PERSINO PROVATO A SCRIVERE UN BIGLIETTO D’ADDIO, TROVATO SUL PAVIMENTO IN CINQUE VARIANTI
Avrebbe tentato il suicidio. Le rivelazioni sull’ex presidente russo Dmitry Medvedev fanno tremare tutto il Cremlino.
L’indiscrezione è stata riportata dal canale Gneral Svr che di fatto viene gestito da un ex luogotenente dei servizi segreti di Mosca.
In un lungo messaggio, l’ex 007 ha affermato che ieri sera è stato sventato un tentativo di suicidio proprio dell’ex premier russo: “Mentre puliva l’ufficio, una donna delle pulizie ha notato diversi fogli di carta sul tavolo e sul pavimento e ha scoperto cinque varianti di un biglietto d’addio scritto con la calligrafia ampia di Dmitry Anatolyevich. La donna ha informato immediatamente le guardie che in effetti hanno trovato Medvedev ubriaco e con una pistola nella mano destra”.
Un quadro degno di una storia di spionaggio d’altri tempi. E a quanto pare ci sarebbe anche un biglietto di addio.
Medvedev avrebbe scritto di “non sopportare più l’umiliazione e il disagio emotivo, si sentiva una persona senza valore, incapace di qualsiasi cosa, odiava la guerra e coloro che la scatenavano incolpando il presidente russo Vladimir Putin, Yuri Kovalchuk, Nikolai Patrushev, Alexander Bortnikov e Igor Sechin per la sua morte”.
Secondo quanto riportato dal canale Telegram, il biglietto sarebbe stato scritto in modo caotico ed emotivo, quasi in stato di ebrezza. E l’autore del post fa notare: “Se il suicidio di Medvedev fosse riuscito, come ne sarebbe uscita la leadership russa?”
(da agenzie)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
UN COMANDANTE CRIMINALE, CON UN PASSATO DISCUSSO IN SIRIA E DUE ARRESTI, UNO PER PRESUNTA VENDITA ILLEGALE DI ARMI, L’ALTRO PROPRIO PER AVER GUIDATO LA COLONNA MILITARE CHE AMMAZZÒ TRE MANIFESTANTI DURANTE IL FALLITO COLPO DI STATO
Da due giorni, anche ufficialmente, la Russia ha sostituito l’ennesimo generale (anzi, ne ha sostituiti diversi), ma questa volta si tratta di un passaggio particolarmente simbolico, per il regime putiniano.
Togliendo ad Alexandr Dvornikov il comando del Distretto meridionale, e affidandolo a Sergey Surovikin, si compie uno spostamento ulteriore verso la nomenklatura chekista e para golpista della Russia che transitò dall’Unione sovietica al mercato. Sentite come.
Di Surovikin il ministero della Difesa britannico ha scritto: «Per oltre trent’anni, la carriera di Surovikin è stata perseguitata da accuse di corruzione e brutalità». E tutti ricordano il suo periodo brutale di comandante in Siria.
«Dall’inizio di giugno – si legge nell’ultimo assessment della Difesa del Regno Unito – l’Alto Comando russo ha molto probabilmente rimosso numerosi generali da ruoli di comando operativi nella guerra in Ucraina.
Fra questi vi sono il comandante delle truppe aviotrasportate (Vdv), generale-colonnello Andrei Serdyukov, e il comandante del Raggruppamento delle Forze Meridionali, generale di armata Alexandr Dvornikov, il quale è stato probabilmente per un periodo comandante di tutte le operazioni».
Ma Surovikin non è un generale qualunque, fu molto più che brutale. E la Siria non è il solo inquietante precedente della sua carriera. Fu incarcerato due volte: una per presunta vendita illegale di armi, l’altra per aver guidato una colonna militare durante il tentato (e fallito) colpo di stato dell’agosto 1991 che uccise tre manifestanti a Mosca, che difendevano la Casa Bianca nella caotica stagione di trapasso eltsiniana. Fu Surovikin a lanciare i mezzi corazzati sulla folla. Questo curriculum è stato un problema quando Surovikin è stato nominato capo della polizia militare.
L’analista Rob Lee ha ricordato altre circostanze, per esempio Surovikin avrebbe spinto un colonnello in servizio sotto di lui a suicidarsi dopo un violento rimprovero. E ha comandato due volte le forze russe in Siria guadagnandosi a tal punto un legame personale con il dittatore siriano Bashar Assad, che Assad stesso chiese di prolungargli l’incarico
È anche abbastanza inusuale che un ufficiale di terra venga incaricato delle forze aerospaziali russe (il ruolo precedente di Surovikin), e poi «è alquanto sorprendente che non sia stato inserito prima in un ruolo più operativo in questa guerra».
Forse Putin stesso ci ha voluto pensare bene, rendendosi conto di quanto questo passo sia ricco di risonanze terribili. Il ritorno anche simbolico agli apparati che lottarono contro l’aspirazione alla democrazia della Russia.
Il motivo è semplice: guidando una delle colonne del tentato putsch del 1991 contro la nascente democrazia russa, Surovikin rimane chiaramente legato a quella parte delle strutture militari russe che, sia nell’esercito sia nel Kgb, ostacolarono ogni tentativo di apertura democratica nella stagione post-sovietica e poi, fallito il piano, si riadattarono e mimetizzarono, aiutando a piazzare un loro emissario – Vladimir Vladimirovich Putin – al Cremlino.
Curiosamente, Surovikin fu promosso generale proprio da Putin in una data non casuale, il 16 agosto 2021: esattamente nel ventennale del fallito golpe a cui Surovikin partecipò. E Putin, com’è noto, è uno che tiene molto alle date e a una sua re-interpretazione della storia.
Tornando ai fatti di quella ominosa notte dell’agosto1991, l’attivista Alexander Cherkassov – del Memorial Center, la più antica ong russa appena messa fuorilegge da Putin – ricorda: «Nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1991, il 1° battaglione di fucili a motore della 2a divisione Taman di fucili a motore della Guardia, per ordine del Comitato di emergenza statale, fu inviato a stabilire dei presidi sul Garden Ring.
I compiti del comandante del battaglione furono svolti da Sergei Surovikin. Secondo la versione ufficiale, nel tunnel sotto Novy Arbat, “la colonna fu fermata dalla folla, erano stati costruiti dei blocchi sulla strada”.
Poi, con parte della colonna, [Surovikin] ha sfondato le macerie e ha lasciato il luogo dello scontro, e durante i continui attacchi della folla ai restanti veicoli da combattimento, tre giovani sono rimasti uccisi».
Forse conviene ricordare i nomi di quei tre giovani russi uccisi: Dmitry Komar, morto sotto le ruote di un veicolo da combattimento di fanteria, Ilya Krichevsky e Vladimir Usov.
Surovikin fu arrestato. Passò appena sei mesi in custodia cautelare. Poi le accuse furono miracolosamente ritirate: lo stato disse che l’allora capitano stava eseguendo gli ordini. Fu riferito che Boris Eltsin in persona disse: «Rilasciare immediatamente il maggiore Surovikin».
Lo chiamò “maggiore”. Non lo stava solo liberando, lo stava nominando maggiore: per l’esemplare adempimento del dovere militare. Putin ha completato l’opera facendolo generale e, adesso, mandandolo a sterminare gli ucraini. La storia di una tragedia che viene da molto lontano.
(da La Stampa)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
FDI 23,4%, PD 21,6%, LEGA 14,7%, M5S 11,5%, FORZA ITALIA 7,2%, AZIONE+EUROPA 5,3%, MDP 2,6%, SINISTRA 2,5% ITALIA VIVA 2,5%, VERDI 2,4%, ITALEXIT 2,2%
Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è sempre più stabilmente il primo partito d’Italia. Almeno secondo i sondaggi: in particolare l’ultimo di Swg per il Tg La7 dà la formazione politica di destra al 23,4%. La crescita, rispetto a sette giorni fa, è dello 0,3%.
Della stessa percentuale sale anche il Partito democratico. La formazione guidata da Enrico Letta passa così dal 21,3% al 21,6%.
Al terzo posto continua a perdere terreno la Lega. In una settimana il Carroccio scende dal 15,1% al 14,7%.
Per il partito di Matteo Salvini, dunque, continua l’emorragia di voti a favore della competitor Meloni, con l’ex ministro dell’Interno che appare sempre più debole nella comunicazione e nella proposta politica.
La sua parabola è quasi peggiore a quella del Movimento 5 stelle, che secondo questo sondaggio, dopo la scissione guidata da Di Maio, passa dal 12,5% all’11,5%.
Rispetto ad altre rilevazioni, però, questa di Swg non considera un’eventuale candidatura di “Insieme per l’Italia”
Se il M5S dal 2018 ad oggi è passato dal 32% a questo 11,5%, la Lega è passata dal 34% delle elezioni europee del 2019 al 14,7% di oggi.
Lo stesso crollo, ma in tre anni invece che quattro.
Più in basso nella rilevazione di Swg c’è Forza Italia, in calo dello 0,2% e stimata al 7,2%.
Quindi la federazione tra Azione e +Europa totalizzerebbe il 5,3%.
Tra i partiti minori, invece, al primo posto c’è Mdp-Articolo 1 al 2,6%, a seguire: Sinistra Italiana al 2,5%, Italia Viva e i Verdi al 2,4%, Italexit con Paragone al 2,2%.
Tutte le altre liste assieme otterrebbero il 4,2% dei voti. Sale, infine, la percentuale di astensionismo, in linea con quanto si è visto nella tornata elettorale di ballottaggi di domenica: secondo il sondaggio ben il 39% degli italiani non si esprimerebbe alle elezioni politiche.
Con questi numeri il centrodestra unito varrebbe circa il 46%, contro il 41% del centrosinistra. Le forze liberal-democratiche varrebbero invece il 7,7%.
Un eventuale “campo largo” che vada dal PD a Italia Viva, passando per M5S e Azione, come auspicato da Letta, potrebbe quindi sulla carta superare il centrodestra.
(da agenzie)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
AZIONE LEGALE ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI PER UN RISARCIMENTO DANNI MILIONARIO … POSSIBILE IL PIGNORAMENTO DI BENI RUSSI IN EUROPA
Guerra in Ucraina e battaglie legali: il proprietario dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, l’oligarca ucraino Rinat Akhmetov, ha intentato una causa contro la Russia presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu).
Lo ha dichiarato lo stesso Akhmetov in una nota pubblicata sul sito della holding Scm.
L’uomo d’affari chiede alla Cedu di ritenere la Russia responsabile per la distruzione delle infrastrutture ucraine, nonché per il saccheggio e la rimozione delle merci esportate dal Paese.
Akhmetov chiede anche alla corte di adottare misure provvisorie urgenti che impediscano un ulteriore blocco dei porti ucraini, il saccheggio, l’esportazione di grano dall’Ucraina e l’acciaio prodotto dalle imprese della Scm. Per la violazione dei diritti di proprietà Akhmetov chiede il risarcimento dei danni alla Russia.
«Il male non può rimanere impunito. I crimini della Russia contro l’Ucraina e ogni ucraino sono eclatanti. I responsabili devono essere puniti. Io, con l’aiuto dei migliori avvocati ucraini e americani, ho sporto denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo per il risarcimento dei danni. Questa causa è una delle prime azioni legali internazionali contro la Russia, il cui scopo è fermare le attività criminali dell’aggressore russo, la distruzione dell’economia ucraina e il saccheggio dei beni ucraini», ha affermato Akhmetov.
(da Globalist)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
“IL PREMIER DEVE ESSERE UNA FIGURA EUROPEISTA, ATLANTISTA, PRAGMATICA E NON POPULISTA. LA MELONI HA TANTI VOTI MA NON HA QUESTE CARATTERISTICHE”
All’indomani della vittoria di Damiano Tommasi, che riconsegna dopo quindici anni le chiavi della città di Verona al centrosinistra, Flavio Tosi non usa mezzi termini per commentare una sconfitta figlia delle divisioni.
«Federico Sboarina ha scelto di perdere – spiega l’ex primo cittadino scaligero – e la responsabilità politica di questo risultato è chiara».
A chi si riferisce?
«È stata Giorgia Meloni ad impuntarsi sul candidato sbagliato, come è successo anche a Catanzaro e a Parma. Dico sbagliato perché se al primo turno un sindaco uscente prende il 32% vuol dire che qualche problema nell’amministrazione della città lo ha avuto. E poi non ha saputo gestirlo».
In che senso?
«Rinunciare al 23 per cento dei voti è stato irragionevole. È vero che io e Sboarina non siamo in buoni rapporti, ma sono un uomo di partito e consideravo il primo turno come una sorta di primaria: se uno dei due va al ballottaggio l’altro lo sostiene. Il 13 giugno gli ho offerto l’apparentamento dicendo che il risultato era pericoloso».
Cosa le ha detto?
«Mi ha risposto con arroganza che avrebbe vinto da solo. Gli ho scritto anche la sera del 18, il giorno prima della scadenza. Mi ha detto che l’obiettivo doveva essere quello di far prendere meno seggi possibili al centrosinistra in consiglio comunale. Ma bisognava vincere. A parti inverse io avrei accettato».
Poi avreste dovuto governare assieme
«Il sindaco sarebbe stato lui. Nel mio primo mandato avevo tutti i partiti del centrodestra alleati e non mi sentivo commissariato. Un sindaco che ha questa paura è un sindaco debole e quindi sbagliato».
Perché insiste con questo aggettivo?
«In questi anni Sboarina ha bloccato la città. A novembre scorso era uscito un bando di fondi del Pnrr da 4,3 miliardi sul trasporto pubblico per i comuni con più di 100mila abitanti: Padova ha partecipato e si è portata a casa 335 milioni per la mobilità, mentre Verona è rimasta a guardare».
Le divisioni si possono ricomporre?
«Il problema è che la Meloni rivendica la leadership perché ha più voti, ma il premier non è automaticamente il capo del partito più forte, altrimenti Marine Le Pen farebbe il primo ministro in Francia. Il premier deve essere una figura europeista, atlantista, pragmatica e non populista. La Meloni ha tanti voti ma non ha queste caratteristiche».
E chi sarebbe la persona adatta?
«Non sono io a fare i nomi, ma se Draghi dovesse farsi una tessera di partito sicuramente sarebbe quella di Forza Italia. Siamo noi il riferimento del centrodestra europeo e di quell’area liberale e riformista che è maggioritaria nel Paese. Dopo la pandemia è cambiato il modo di votare, oggi i cittadini vogliono responsabilità, serietà e competenza».
A proposito, come vi comporterete in consiglio comunale?
«Come minoranza continueremo ad essere pragmatici e così giudicheremo la politica che porterà avanti Damiano Tommasi, facendo l’interesse della città, anche dall’opposizione».
E il suo futuro come lo vede?
«Ho sulle spalle anni di lavoro sul territorio, esperienza ed entusiasmo che ora sono a disposizione di Forza Italia e del presidente Berlusconi. Poi sarà il partito a decidere come spenderli».
(da il Giornale)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
TROPPE RIVALITÀ, TROPPE ANIME DIVISE E NESSUNO CHE SAPPIA PIÙ TENERE QUESTI MONDI INSIEME…BERLUSCONI, MELONI E SALVINI SI PARLERANNO? IL PRANZO PUO’ FINIRE A TORTE IN FACCIA, LE PREMESSE CI SONO
Come la linea dell’orizzonte: più il centrodestra insegue la vittoria e più questa, dispettosamente, si allontana.
In autunno le Amministrative erano state un bagno di sangue perfino a Roma, dove eleggere il sindaco sembrava facile quanto segnare un rigore a porta vuota; colpa delle liti, si disse, che avevano impedito di scegliere il candidato adatto.
Domenica ai ballottaggi altro calcio di rigore, e di nuovo il centrodestra l’ha fallito anche dove, vedi Verona o Catanzaro, sbagliare mira era praticamente impossibile.
Come otto mesi fa Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi riconoscono che così non si fa strada, e ieri è stato un coro: «Voltiamo pagina, smettiamola di bisticciare, incontriamoci, parliamo». Ma vedersi per parlare di cosa? Qui nasce il problema.
Nel centrodestra c’è tutto da chiarire, da cima a fondo. Come atteggiarsi tra Russia e America. Quali strategie adottare in Europa. Che atteggiamento tenere rispetto a Mario Draghi. Il programma da presentare alle Politiche del 2023. Chi guiderebbe nel caso il governo e con quale squadra ministeriale
Sono le domande in fondo banali che qualunque elettore si pone.
Ma fino adesso non sono arrivate risposte; soltanto invidie e ripicche; battibecchi pubblici e silenzi privati; sgambetti e colpi bassi.
L’incertezza sulle prospettive ha generato sfiducia tra gli elettori; l’analisi dei flussi, svolta tempestivamente dall’Istituto Cattaneo, documenta che il massimo di astensionismo si è registrato a destra; in attesa di tempi migliori, più di qualcuno se n’è andato al mare.
Ora finalmente si parleranno. Berlusconi mette casa a disposizione per un incontro conviviale. Salvini, sentito al telefono, gli ha già dato l’ok; oggi o domani Silvio consulterà Meloni che sulla carta è disponibile, anzi non vede l’ora, così assicura. Però, da persona pragmatica qual è, detesta i voli pindarici.
Più che rivolgere lo sguardo alle prospettive lontane, agli scenari del futuribile, Giorgia concentrerebbe l’attenzione sulle prossime e più immediate scadenze, in modo da non sbagliare il terzo rigore consecutivo quando dopo l’estate si tornerà alle urne per le Regionali in Sicilia. Meloni chiede, anzi pretende chiarezza sul destino del governatore uscente Nello Musumeci, che lei sostiene a spada tratta ma Forza Italia e Lega vedono come fumo negli occhi per certi atteggiamenti “duceschi”.
Meloni battaglierà per averla vinta.
Dunque il timore è che, invece di consacrare la ritrovata unità di intenti, il pranzo berlusconiano possa finire come nei cortometraggi del cinema muto: a torte in faccia. Le premesse ci sono eccome.
Basta ascoltare i commenti sul voto. Berlusconi predica l’unità, salvo razzolare malissimo quando segnala che la destra vince se si affida a candidati di centro, vale a dire i suoi.
Saranno contenti i Fratelli d’Italia, trasformati nei portatori d’acqua dei “berluscones”. Meloni in un video bersaglia Salvini senza farne il nome, che però è trasparente: lo accusa di avere sabotato il candidato sindaco di Verona, di averlo mollato mentre ancora avrebbe potuto recuperare lo svantaggio, e Matteo (racconta chi gli sta intorno) si è dovuto mordere la lingua: avrebbe avuto voglia di rispondere a tono, rinfacciandole una fila di prepotenze, di “ukase” accompagnate da mancanza di coraggio come quando Sboarina ha rifiutato di apparentarsi con Tosi, e lei avrebbe dovuto prenderlo per le orecchie anziché allargare le braccia.
Un Capo con la maiuscola deve assumersi le proprie responsabilità. Ma poi, per quieto vivere, Salvini ha preferito incontrare il presunto nemico Giancarlo Giorgetti e, insieme, confermare ad Attilio Fontana che nessuno gli sfilerà la poltrona, sarà di nuovo lui (non Letizia Moratti) a guidare la Regione Lombardia, elettori permettendo
Le somme si tireranno dopo le urne perché nulla è scontato, nemmeno il primato della Meloni che «sfonda solo sui giornaloni ma non tra gli elettori», si consolano a Via Bellerio, quasi fosse per loro una buona novella.
In sintesi: nei sondaggi tra un voto e l’altro il centrodestra non ha rivali. Ma quando deve misurarsi nelle elezioni vere, quello schieramento fa da un po’ di tempo cilecca.
Troppe rivalità tra i leader, troppa confusione di idee, troppe anime divise.
Guido Crosetto ne fa il censimento: «C’è la destra populista, la liberale, la cattolica, la libertaria, la fascista, l’antifascista, di tutto».
Tramontato l’astro del Cavaliere, nessuno che sappia più tenere questi mondi insieme.
(da la Stampa)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
“IL LIMITE AI DUE MANDATI DEVE RESTARE “SENZA DEROGHE”. QUAL È IL CRITERIO PER FARE UNA DISTINZIONE: L’ANZIANITÀ, L’AMICIZIA, LA SIMPATIA?… GRILLO A BONAFEDE, ARRIVATO AL SECONDO GIRO DI BOA: “ALFONSO, DAI. TORNERAI A FARE L’AVVOCATO”
Lo show romano di Beppe Grillo è stata la prova verificata che di Elevato ce n’è uno solo. Il solo a possedere un intuito politico e una leadership sociale: con quattro lazzi ha messo termine alla ricreazione dell’asilo Mariuccia messo su da Giuseppe Conte.
Primo punto: Caro Giuseppe, si resta al governo. Anche se noi usciamo, e facciamo felici Travaglio e Di Battista, Draghi rimane in piedi a palazzo Chigi, quindi diventiamo ininfluenti, il Pd ci ripudia e conteremo meno di quel poco che contiamo adesso.
Secondo punto: Caro Conte, il limite ai due mandati deve restare “un tema identitario imprescindibile” e “senza deroghe”. Qual è il criterio per fare una distinzione sulle deroghe: l’anzianità, l’amicizia, la simpatia? Tu dici che, senza deroghe, ci sarebbe un esodo verso Di Maio? Ma anche Luigino non riuscirà mai ad eleggerli tutti, anche Di Maio avrà presto i suoi problemi.
Terzo punto: Caro avvocato, una deroga al limite dei due mandati per sbloccare la candidatura di Giancarlo Cancelleri in Sicilia, te la puoi sognare. Griillo si ricorda benissimo che quando si aprì uno scontro contro di lui, il comitato di garanzia era formato da Cancellieri, Roberta Lombardi e da Crimi. Permaloso com’è, l’Elevato non permetterà mai a Cancellieri di ricandidarsi al terzo mandato. Non solo: se Cancellieri non verrà candidato, Conte prende l’1% in Sicilia.
Ancora: malgrado le supercazzole che spara dalla Gruber, Conte non vuole il ritorno di Dibba perché andrebbe ad oscurare Taverna e Crimi.
Ultimo punto: Egregio avvocato, se ti interessa ancora fare il presidente del Movimento, devi seguire quello che ti dico io. Amen.
(da Dagoreport)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
NAZISTA BIELORUSSO PREGIUDICATO SPACCIATO PER SOLDATO UCRAINO
Quella di spacciare personaggi cosparsi di tatuaggi nazisti per membri dell’amministrazione o dell’esercito ucraino, sembra ormai una tradizione della propaganda filo-russa.
Lo avevamo già visto in altri casi. Per esempio, quello del presunto capo della polizia di Kiev, rivelatosi essere un pregiudicato di San Pietroburgo, che secondo fonti estoni sarebbe stato già utilizzato da Mosca per inquinare le manifestazioni politiche nel 2017.
Oggi tocca a un altro uomo, ritenuto membro battaglione Azov.
Anche in questo caso abbiamo l’esibizione di immagini repellenti, dove il personaggio si presenta con una divisa nazista tatuata sul corpo.
Le condivisioni Facebook hanno raggiunto anche le pagine italiane Anche stavolta però ci troviamo di fronte a un autogol clamoroso.
Per chi ha fretta:
L’immagine di un uomo con tatuaggi nazisti viene condivisa presentandolo come un membro del battaglione Azov, senza fornire prove a supporto.
Una ricerca per immagini dei colleghi di Ellinika Hoaxes porta alle fonti della polizia di Minsk.
Si tratta di un pregiudicato noto in Bielorussia, per altro arrestato di recente.
Analisi
Secondo i colleghi greci di Ellinika Hoaxes il primo a rilanciare le immagini del presunto nazista ucraino è stato il giornalista Thanasis Avgerinos.
Ma la fonte originale è un canale Telegram della Bielorussia, “Centro” Э “του, (Centro per la lotta all’estremismo in Bielorussia). Ricordiamo che il Paese ha agevolato il passaggio delle truppe russe dirette a Kiev, concedendone il passaggio attraverso il loro territorio
Nelle narrazioni che circolano nelle condivisioni Facebook italiane sembra sufficiente esibire tatuaggi nazisti per essere automaticamente membri del battaglione Azov. Vere fonti a supporto non pervenute.
L’uomo era stato arrestato il 16 giugno scorso a Minsk. Sappiamo che si è pure scusato con le autorità bielorusse, sostenendo di aver cambiato idea: “Sono nato nel 1986. Sono stato più volte condannato ai sensi dell’articolo 207, comma 1, e 339, comma 3. Chiedo scusa ai veterani per i miei tatuaggi e prometto in un prossimo futuro di rimuoverli o di coprire i simboli fascisti, cui ho rinunciato”.
Gli articoli a cui fa riferimento sono proprio quelli del Codice penale bielorusso (207 e 339).
Conclusioni
In nessun modo le foto in circolazione su Facebook dimostrano che l’uomo coi tatuaggi nazisti sia ucraino, tanto meno che possa far parte del battaglione Azov, dati i trascorsi giudiziari e il recente arresto.
Dalla fonte originale, come illustrato dai colleghi greci a cui va il merito del fact-checking, sappiamo soltanto che «il 36enne è stato arrestato da un servizio speciale del ministero dell’Interno bielorusso nella capitale della Bielorussia, Minsk, il 16 giugno 2022. Le sue foto sono trapelate sui social media dopo il loro annuncio su un canale bielorusso gestito dal “Centro per la lotta all’estremismo in Bielorussia».
(da Open)
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Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile
L’ACCUSA E’ DI “DISOBBEDIENZA ALLA POLIZIA”
Guerra in Ucraina e repressione in Russia: lya Yashin, uno dei principali oppositori russi, è stato fermato ieri sera mentre si trovava in un parco del centro di Mosca assieme alla giornalista Irina Babloyan: lo riferisce il Moscow Times citando la reporter.
Babloyan ha poi dichiarato di aver saputo che Yashin è stato accusato di disobbedienza alla polizia, motivo per il quale rischia fino a 15 giorni di reclusione. Le accuse rivolte a Yashin sono ovviamente ritenute di matrice politica. Vadim Prokhorov, avvocato del dissidente, ha dichiarato che non gli è stato consentito di vedere il suo assistito in commissariato.
Yashin, 38 anni, ha condannato l’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin ed è tra le poche figure di spicco dell’opposizione a non aver lasciato la Russia. Il governo russo sta inasprendo sempre più la censura e la repressione del dissenso. A marzo in Russia è pure entrata in vigore una «legge bavaglio» che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sulle forze armate che dovessero essere ritenute «false» dalle autorità russe.
(da agenzie)
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