Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
INCASTRATO DALL’INCONTRO IN UN NEGOZIO DI ORTOFRUTTA OGGETTO DI INTERCETTAZIONE AMBIENTALE
Un altro candidato al consiglio comunale di Palermo arrestato con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Alle elezioni amministrative del capoluogo siciliano l’ombra nera di Cosa nostra si fa sempre più densa.
Dopo che due giorni fa le manette erano scattate per Pietro Polizzi, candidato di Forza Italia al consiglio comunale, questa volta in carcere finisce un candidato di Fratelli d’Italia: si chiama Francesco Lombardo ed è stato arrestato dalla polizia insieme a Vincenzo Vella, boss di Brancaccio, già condannato tre volte per associazione mafiosa. L’aspirante consigliere comunale, il 28 maggio, avrebbe incontrato il mafioso e gli avrebbe chiesto il sostegno alle elezioni di domenica prossima.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Due giorni fa per lo stesso reato erano finiti in cella un candidato al consiglio comunale di Forza Italia e un costruttore mafioso.
Lombardo è ex consigliere comunale di Villabate. Nelle elezioni di domenica si era candidato al Consiglio comunale di Palermo. Vella ha scontato due condanne definitive per associazione mafiosa. Recentemente era stato condannato a 20 anni, ma la corte d’appello un anno fa aveva annullato la sentenza per un vizio di forma: per questo era stato scarcerato ed era libero.
Anche in questo caso, come è accaduto per il consigliere di Forza Italia arrestato mercoledì, decisiva è stata una intercettazione ambientale.
Dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido, infatti, è emerso che il 28 maggio l’aspirante consigliere di Fdi ha incontrato il mafioso di Corso dei Mille per chiedergli sostegno alle elezioni.
A svelare la richiesta di appoggio elettorale è stato un trojan piazzato nel telefono del boss. L’incontro tra Lombardo e Vella si è tenuto nel negozio di ortofrutta di quest’ultimo.
La polizia ha immediatamente trasmesso l’intercettazione alla Procura che ha chiesto al gip la custodia cautelare in carcere per entrambi.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
QUANDO SI E’ ALZATO PER LASCIARE LO STUDIO TV, AVREBBE ACCUSATO “MALESSERE ACUTO, DEBOLEZZA E VERTIGINI”… I MEDICI GLI AVEVANO CONSIGLIATO DI EVITARE LE USCITE PUBBLICHE
Vladimir Putin è tornato a farsi vedere in pubblico e insieme a lui sono riapparsi anche i dubbi sulle condizioni di salute.
Giovedì ha incontrato i giovani imprenditori russi nel programma “Linea Diretta” e ha risposto alle domande in diretta tv.
Uno scambio durato circa un’ora e mezza (ma che solitamente dura 4 ore), al termine del quale avrebbe accusato un malore e avrebbe avuto bisogno «di cure mediche urgenti».
Il canale Telegram General SVR, che ha fornito più volte informazioni di intelligence durante la guerra, ha riferito che il presidente avrebbe «avvertito un malessere acuto, debolezza e vertigini» quando si è alzato per lasciare lo studio televisivo.
I medici, preoccupati per le sue condizioni di salute, avevano consigliato allo zar di non impegnarsi in uscite pubbliche prolungate.
Putin, che ieri durante l’intervento in tv si è paragonato a «Pietro il Grande», non ha mai confermato direttamente o indirettamente di avere effettivamente dei problemi di salute. Le notizie su una grave malattia però sono state rilanciate da tutti i servizi di intelligence occidentali, compresi gli 007 Usa.
General SVR ha raccontato che il programma non era mai stato schedulato ed è stato rinviato più volte, proprio a causa delle condizioni di salute instabili di Putin.
Vladimir Putin è malato di cancro e in marzo è scampato a un tentativo di assassinio. Sono le conclusioni di un rapporto secretato degli 007 Usa dopo le voci che si sono rincorse nelle ultime settimane Lo zar sarebbe quindi sfidato sia nella salute che nella leadership. Putin, secondo il rapporto, è riemerso dopo un trattamento in aprile per un tumore in fase avanzata.
Ma è da tempo che si mormora sulle sue cattive condizioni di salute, tanto da spingere gli 007 ad analizzare ogni sua rara apparizione pubblica, dopo il lungo isolamento durante la pandemia.
Certo, il suo aspetto non è più quello di una volta, quando andava a cavallo a torso nudo o giocava a hockey contrapponendo la sua immagine di uomo forte e sportivo a quella dei leader americani, con l’abile regia della propaganda mediatica.
Ora il leader russo accoglie i pochi leader che lo hanno implorato di fermare la guerra in Ucraina dietro un immenso tavolo, senza strette di mano, pacche sulle spalle o abbracci: un possibile segno di paranoia e di timore fisico, secondo gli 007 americani.
Putin non è sembrato il ritratto della salute nemmeno quando ha convocato il ministro della difesa Serghei Shoigu davanti a un piccolo tavolo, stringendolo con la mano destra e tenendo una postura cascante. Alcuni osservatori hanno ipotizzato che il presidente russo abbia il Parkinson, altri hanno sminuito la sua postura rigida evocando il suo addestramento al Kgb che insegna a tenere sempre la mano destra pronta ad estrarre la pistola dalla giacca.
Ma dalle analisi remote l’intelligence americana ha concluso che Putin è malato e starebbe addirittura morendo.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
LE AGEVOLAZIONI EDILIZIE HANNO SCATENATO TROPPI APPETITI: IL GOVERNO HA STANZIATO FINORA 33,3 MILIARDI CHE DOVEVANO ESSERE SPESI ENTRO IL 2027, MA AL 31 MAGGIO RISULTA CHE I LAVORI AMMESSI COMPORTANO GIÀ UN COSTO PER LO STATO DI 33,7 MILIARDI
C’è una giungla di bonus «che andrebbe disboscata, valutando quelli che sono effettivamente utili e quelli che non lo sono». Parole del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. La convinzione che con i bonus si stia esagerando è arrivata fin dentro il governo.
Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non vuole ricorrere a nuovi «scostamenti di bilancio», cioè al deficit. Quindi, o in Europa si inventano nuovi meccanismi di sostegno comune alla ripresa, sul modello del Recovery fund o del fondo Sure o non resterebbe che aumentare le tasse, ipotesi esclusa da tutti.
I calcoli della Cgia
Ma quanti sono i bonus e quanto costano? Fare un censimento non è semplice, perché dallo scoppio della pandemia a oggi sono innumerevoli i decreti varati dal governo. Ci ha provato l’ufficio studi della Cgia di Mestre, concludendo che, anche limitandosi a quelli ancora vigenti, si tratta di «poco più di una quarantina e in questo ultimo triennio (2020-2022) si stima che costeranno allo Stato almeno 113 miliardi di euro». Ma questa cifra non comprende tutti i contributi a fondo perduto né il costo del Superbonus già prenotato.
Da Internet al nido
I bonus ancora in vigore abbracciano i campi più disparati. Ci sono quelli per la famiglia: bonus sociale sulle bollette della luce, del gas e dell’acqua; voucher di 300 euro per l’attivazione di Internet veloce; contributo di 60 euro per i trasporti pubblici; bonus decoder Tv; assegno fino a 270 euro al mese sulle spese per l’asilo nido; bonus fino a 600 euro per pagare lo psicologo.
Ci sono quelli per imprese e lavoratori: una tantum di 200 euro appena decisa con il decreto Aiuti per lavoratori (e pensionati) con un reddito fino a 35 mila euro; crediti d’imposta per le imprese energivore e gasivore; bonus benzina di 200 euro per i dipendenti; contributi a fondo perduto e i crediti d’imposta per gli alberghi; rimborso fino al 70% della spesa per i Pos; 500 euro una tantum per i docenti per spese culturali.
Ci sono quelli per la mobilità: dal bonus per l’acquisto di bici e monopattini al taglio delle accise sui carburanti; dal bonus per l’acquisto di veicoli elettrici e ibridi a quello per la revisione di auto e moto
Ci sono quelli per i giovani: agevolazioni sull’acquisto della prima casa e sull’affitto; bonus cultura di 500 euro per i 18enni; contributo fino al 50% delle spese per il conseguimento della patente per la guida dei mezzi pesanti.
Boom dell’edilizia
Un capitolo a parte spetta ai bonus edilizi. Che hanno trainato il Pil, ma sono i più costosi. L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha calcolato che per il solo Superbonus del 110% il governo ha stanziato finora 33,3 miliardi. La quasi totalità della spesa (più di 32 miliardi e mezzo) è prevista entro il 2027.
Solo che basta dare un’occhiata al monitoraggio che fa l’Enea per vedere che al 31 maggio scorso risulta che i lavori ammessi finora all’agevolazione comportano già un costo per lo Stato di 33,7 miliardi. Quindi lo stanziamento previsto è già stato superato mentre la possibilità di chiedere il Superbonus resterà ancora fino alla fine di quest’anno e fino a giugno 2023 per gli Iacp, salvo altre proroghe.
E sempre l’Upb calcola che per la proroga dei vari Ecobonus (detrazione dal 50 al 65% secondo gli interventi) fino alla fine del 2024 impegna stanziamenti per complessivi 6 miliardi
Sprechi e truffe
Il costo di tutti i bonus si è scaricato sul debito pubblico, aumentato di 21 punti percentuali di Pil rispetto al 2019. Inoltre, diversi sussidi sono andati a chi non ne aveva alcun bisogno. Si possono citare casi estremi, come il bonus di 600 euro per i collaboratori che, nel 2020, è finito nelle tasche dei quasi 3 mila navigator, nonostante prendessero uno stipendio pubblico di circa duemila euro.
O la decisione, anche questa del governo Conte 1, di cancellare il saldo Irap per il 2019 e l’acconto 2020 per tutti i soggetti con ricavi sotto i 250 milioni, di cui ha beneficiato, per esempio, anche chi produceva mascherine e disinfettanti, realizzando fatturati record.
Poi, a fatica, si è fatta strada, soprattutto nel governo Draghi, la linea degli interventi «selettivi» o «mirati», per evitare sprechi appunto. Ma, allo stesso tempo, si è scoperto che «una delle truffe più grandi mai viste nella storia della Repubblica», come l’ha definita Franco in Parlamento, c’è stata sui bonus edilizi.
Non tanto sul Superbonus, che fin dall’inizio prevedeva procedure di controllo, ma sulle altre agevolazioni (soprattutto il bonus facciate). Sulle quali sono in corso numerose inchieste della magistratura con ipotesi di reato su un volume di aiuti che già supera i 4 miliardi.
(da Corriere della Sera)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
LE COMPAGNIE CHE DURANTE LA PANDEMIA HANNO TAGLIATO IL PERSONALE, ORA CHE VIAGGI E TURISMO SONO RIESPLOSI SI TROVANO NEI CASINI: LUFTHANSA HA CANCELLATO 900 VOLI SOLTANTO A LUGLIO
Sarà un’estate calda anche ad alta quota nei cieli europei. I segnali non mancano. Con l’arrivo della prima bella stagione post pandemia compagnie aeree e aeroporti si trovano a fare i conti con la mancanza di personale.
A tutti i livelli: dal personale di terra a quello di volo, ma anche nella logistica, agli sportelli, ai controlli di sicurezza e sui piazzali dei terminal. E questo comporta una serie di reazioni a catena.
Il caso più eclatante si è verificato ieri con la decisione di Lufthansa di cancellare 900 voli solo per il mese di luglio sulle tratte brevi in Europa e in Germania. Una cifra a tre zeri sarà comunicata a giorni anche dalla sua controllata Eurowings e per agosto si annunciano nuove cancellazioni.§
Il taglio dei voli dovrebbe allentare la pressione sulla compagnia in evidente affanno. La riduzione si concentrerà nei fine settimana e punta a ridurre di un 5% il traffico negli hub di Monaco e Francoforte.
Durante i mesi dell’emergenza Covid aeroporti e compagnie aeree hanno contratto il personale di terra, di volo e i servizi esterni e ora gestire il ritorno alla normalità sembra meno facile del previsto.
Lufthansa respinge la critica sulla mancanza di personale: «Non abbiamo colli di bottiglia che ci impediscano di operare i voli», ha detto una portavoce. Ma fonti del sindacato dei piloti tedeschi Cockpit fanno sapere «che è noto che i voli sono cancellati anche causa di una mancanza di piloti».
Certo le carenze di personale sono più a terra che in volo. Gli aeroporti tedeschi ammettono che è vacante un posto su cinque perché molte persone durante la pandemia hanno cercato un altro impiego.
L’amministratore delegato dell’aeroporto di Francoforte, Stefan Schulte, ha dichiarato qualche settimana fa di essere alla ricerca di oltre mille nuovi dipendenti entro l’anno, ma al tempo stesso ritiene improbabile che alla fine riusciranno a entrare in servizio più di 100 persone al mese.
Trovare una rapida sostituzione non è facile, in particolare per gli impieghi a bassa retribuzione. E poi c’è il collo di imbuto della sicurezza: chiunque lavora in aeroporto deve essere sottoposto ad un controllo di sicurezza che dura fino a sei settimane.
Anche Swiss Air, sempre del gruppo Lufthansa, ha comunicato ieri una decisione analoga. Diversi voli saranno cancellati per la mancanza di personale di terra e di addetti alla sicurezza. Dai tagli sarà interessato circa il 2% dei passeggeri che volano nei mesi di luglio e agosto, l’equivalente di circa 30 mila viaggiatori, ha detto una portavoce.
A subire riduzioni maggiori saranno le tratte verso Dresda, Danzica e Varsavia, mentre il volo per Norimberga cesserà da luglio a ottobre. Anche i voli Ginevra-Londra subiranno riduzioni, così come la tratta a lungo raggio Ginevra-San Francisco.
Ma se le compagnie tagliano i voli, a terra le cose non vanno meglio. Ieri il personale dell’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi ha scioperato per chiedere un aumento di salario, mentre secondo Bloomberg il personale di volo di Ryanair, dopo l’Italia, potrebbe entrare in sciopero prossimamente in diversi Paesi europei, dopo la rottura delle trattative con due sindacati spagnoli.
(da “La Stampa”)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA PUNTA A PRENDERE PIU VOTI DEL CARROCCIO (QUASI) OVUNQUE, PER STABILIRE I NUOVI PESI NELL’ALLEANZA. E SE IL “CAPITONE” SCENDE SOTTO IL 15% AL NORD, RISCHIA DI FINIRE AI GIARDINETTI
L’artefice della reunion pare sia stato il sindaco Federico Sboarina. Riuscito in un’impresa in cui da sei mesi a questa parte nessuno aveva avuto successo: riportare sullo stesso palco e far abbracciare Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Tra cui – racconta chi è vicino ai due leader del centrodestra – il gelo non si è più diradato dopo la rielezione al Colle di Sergio Mattarella.
Ieri sera riuniti a Verona in vista del voto per le comunali, oggi di nuovo ognuno per la sua strada: a Cuneo e Alessandria il primo, a L’Aquila la seconda, attesa in quello che definisce «un luogo del cuore» per chiudere la campagna elettorale di Pierluigi Biondi.
Eccoli, sul palco di piazza dei Signori, il capo della Lega e la leader di Fratelli d’Italia, insieme per tirare la volata al primo cittadino uscente Sboarina, ricandidato contro Damiano Tommasi del centrosinistra e Flavio Tosi, sostenuto invece da Forza Italia. Matteo e Giorgia sfoggiano sorrisi, si danno pacche sulle spalle, lui la cinge sulle spalle: «Garantisco che non faremo la fine di Romeo e Giulietta», scherza lei; «ecco il centrodestra unito», esulta invece Sboarina».
Ma quale sia davvero il clima che regna tra le due aspiranti punte dei conservatori italiani lo confida fuor di microfono un senatore di Fratelli d’Italia.
«Non si sentivano dal 29 gennaio: non un bell’inizio per chi aspira a governare insieme il Paese». Che tra i due ci sia competizione non è un mistero. Soprattutto, di recente, al nord. Ma tra i meloniani è diffusa l’opinione che la sfida lanciata da FdI per affermarsi come primo partito nelle città un tempo feudo della Lega (da Alessandria a Como, da Padova alla stessa Verona), stia mandando in paranoia l’ex ministro dell’Interno
«Salvini ormai pensa più a superare la Meloni che a battere il Pd», la battuta che circola in casa FdI.
Perché se da mesi il partito di Giorgia è in testa nei sondaggi, accreditato del 20-21 per cento, è solo con una benedizione dalle urne che la leader di centrodestra può aspirare a conquistare la premiership nel 2023.
Ecco perché Meloni punta ad arrivare prima sugli alleati.
All’Aquila, dove per i sondaggi il sindaco uscente Biondi parte in vantaggio sull’avversaria del Pd Stefania Pezzopane. «Da qui nel 2017 è iniziata una delle esperienze più belle della nostra storia», le parole della Meloni, certa che «i cittadini premieranno 5 anni di impegno, visione e capacità». Ma anche in Piemonte, Veneto e Lombardia, dove – guarda caso – l’anno prossimo si vota per le regionali. E c’è chi lancia una previsione: se FdI riuscisse a scalzare la Lega perfino nei comuni lombardi, Giorgia potrebbe essere tentata di scaricare il governatore leghista Attilio Fontana e rivendicare per uno dei suoi la candidatura al Pirellone.
Proprio per questo la sfida è decisiva anche per Salvini. Il leghista domani si gioca (quasi) tutto. A cominciare dalla veste di candidato premier credibile alle politiche l’anno prossimo, ruolo a cui non pare aver rinunciato. «Il leader del centrodestra? Lo farà chi prende più voti alle urne», ha mostrato sicurezza ieri l’ex ministro dell’Interno.
«Con Fratelli d’Italia nessuna divisione – ha aggiunto – i nostri elettori ci chiedono unità, e io lavoro per unire. Non ho tempo da perdere in beghe interne e litigi», ha concluso, ricordando che lui e Meloni corrono separati in soli «15 comuni su 900».
Ma la voce che circola in via Bellerio è un’altra. Perché se il calo dei consensi al sud viene ormai quasi accettato come inevitabile, al Nord la situazione cambia. «Se la Lega fa meno del 15 per cento da Parma in su, per Salvini si pone un problema», ragiona un deputato vicino ai governatori del Veneto Luca Zaia e del Friuli Massimiliano Fedriga. Governatori che, già irritati dalla querelle sul viaggio a Mosca del Capitano, in caso di crollo potrebbero essere tentati dal suggerire una nuova leadership per il Carroccio.
«Non esiste alcun partito dei governatori – smentisce Claudio Borghi, vicino al capo leghista e candidato al consiglio comunale di Como – Vorrei vedere quanti voti prenderebbero, senza Salvini…».
Asticelle da superare per la Lega, secondo Borghi, non ce ne sono: «Bisogna tener conto delle liste civiche che tolgono consensi al partito». E sul testa a testa con Meloni punzecchia: «A Como la Lega ha rinunciato a ricandidare il proprio sindaco uscente in favore di Fratelli d’Italia. A volte, per stare insieme, bisogna saper fare un passo indietro…».
Passi indietro che Giorgia non sembra aver alcuna intenzione di compiere.
Anzi: l’obiettivo è sbancare in tutto il nord, invertendo i rapporti di forza. Ad Alessandria, dove FdI alle comunali del 2017 si era fermata all’1,5 per cento contro il 13 della Lega (e dove non a caso Salvini chiuderà il suo tour).
A Verona, dove Meloni parte dal 2,7; a Padova (2% alle scorse comunali) e Como (4% contro il 10 della Lega).
Infine c’è il match dell’Aquila, dove però – almeno secondo i sondaggi – si gioca in casa. Il partito di Meloni parte da una quasi parità con la Lega (5,8 contro 6,7), ma il candidato Pierluigi Biondi di FdI è accreditato del 40 per cento dei consensi. Forse potrebbe farcela già al primo turno. Offrendo a Giorgia un assist non da poco, nella sua lunga corsa verso il 2023.
(da il Messaggero)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
A PATTO CHE L’ENTITÀ DELLE SOMME VERSATE IN CAMBIO DELLA CONCESSIONE VENGA PROPORZIONATA AI FATTURATI REALI (CAPITO, FURBETTI?)… UN CLIENTE SPENDEREBBE APPENA 13,4 EURO AL GIORNO SECONDO QUANTO DICHIARANO I BALNEARI
La messa a gara delle concessioni nel 2023-2024 non si tradurrà in uno tsunami per un settore che fattura 1 miliardo di euro l’anno, stando a una recente indagine del Sindacato italiano balneari (Sib) aderente a Fipe-Confcommercio.
Al contrario, le imprese del settore a conduzione familiare, che rappresentano il 75% del totale, verranno in qualche misura tutelate. Per loro, dice il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, «è previsto un trattamento particolare». Ti pareva!
Per quel poco che trapela sembra che la procedura nei casi citati sarà estremamente semplificata e in un certo senso blindata a favore dei vecchi concessionari. Sempre, naturalmente che la gestione degli stabilimenti non presenti anomalie tali, in ordine alla posizione fiscale e alla regolarità delle assunzioni, da giustificare il passaggio di mano.
L’entità delle somme attualmente versate in cambio della concessione sarà in molti casi rivista e probabilmente proporzionata ai fatturati reali, che di necessità dovranno emergere per meglio individuare l’entità degli indennizzi laddove si renderanno necessari.
Due stabilimenti su tre non dovranno cambiare di mano. Quanto alla radiografia del settore, va detto che gli stabilimenti occupano da soli circa 150mila addetti, tra operatori al lettino, camerieri e bagnini, senza considerare poi l’indotto e il giro d’affari collegato.
Tornando al settore, i proprietari degli stabilimenti registrano, sempre secondo il Sib, introiti medi equivalenti a 160mila euro a stagione, per un totale complessivo di circa 1 miliardo di euro: 629 milioni provengono dai turisti italiani e 374 dai visitatori stranieri.
In tutto le persone che frequentano nei mesi estivi gli stabilimenti sono 75 milioni, spendendo in media 13,4 euro al giorno.
Secondo i balneari quindi un cliente spenderebbe appena 13,4 euro al giorno (tra ingresso, sdraio, lettino, ombrellone, bar).
Trattenete le risate…
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
VOLEVANO IMPEDIRGLI DI INTERVENIRE MA MUSSLIM UMEROV E’ RIUSCITO LO STESSO A PORRE LA DOMANDA: “OLTRE AI CEREALI, QUALI ALTRI BENI AVETE RUBATO ALL’UCRAINA?”
“Oltre ai cereali, quali altri beni avete rubato all’Ucraina e a chi li venderete?”. È la coraggiosa domanda che un giornalista ucraino, Muslim Umerov, ha rivolto al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che si trovava ad Ankara, in Turchia, per discutere con il corrispettivo ministro turco Mevlüt Çavuşoğlu della ripresa dell’esportazione del grano ucraino, bloccato nei porti del Mar Nero.
Muslim Umerov, giornalista della tv pubblica ucraina, è intervenuto senza permesso durante la conferenza stampa.
Non erano previste altre domande, tranne la sua, che è arrivata improvvisamente lasciando di stucco i presenti e il mondo intero.
Il giornalista ha poi spiegato all’agenzia AFP che aveva chiesto di poter intervenire alzando la mano per tutto il tempo. Nessuno lo aveva autorizzato e così, ha deciso di “buttarsi”: si è alzato in piedi e ha chiesto al ministro la fatidica domanda, perché (ha poi spiegato) “tutta l’Ucraina sta aspettando la risposta”.
“Voi ucraini pensate sempre a cosa potete rubare e credete che ognuno ragioni come voi”, è stata la risposta stizzita di Lavrov
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
LE DEVASTAZIONI SONO UNA CONSEGUENZA DELLA TATTICA “STORICA” DEI RUSSI: TERRA BRUCIATA, LIVELLAMENTO DI QUALSIASI OSTACOLO, PUNIZIONE PER TUTTI
Quello messo in atto dalla Russia è un «urbanicidio», la distruzione sistematica di infrastrutture, ferrovie, aree abitate, siti industriali, ospedali. Aaron Clements-Hunt su Newsline Magazine fa un drammatico elenco dei danni che peseranno sul futuro dell’Ucraina, chiunque sarà il vincitore. Le devastazioni sono una conseguenza della tattica «storica» dei russi: terra bruciata, livellamento di qualsiasi ostacolo, punizione per tutti.
Mosca ha sparato oltre 2 mila missili a lungo raggio contro target militari e civili, messi insieme sotto un martello pesante. Al tempo stesso la resistenza ha scelto di trasformare alcune delle sue città in roccaforti, per un’esigenza bellica ma anche politica: lasciarle in mano all’invasore sarebbe un premio all’aggressione.
Secondo l’esperto Tom Cooper, il generale Alexandr Dvornikov mantiene un ruolo primario, ma c’è anche – forse in posizione subordinata nonostante sia vice ministro – il generale Gennady Zhidko, con compiti di riorganizzatore/coordinatore. Il sentiero di guerra è consueto: ricognizione di droni, tiro di sbarramento non importa quanto preciso, progressione modesta di Battaglioni a ranghi incompleti una volta che l’area designata è stata indebolita (o si pensa che lo sia).
Ciò spiega i tempi lenti sui quali incide la capacità del nemico, tosto però fiaccato. I racconti dalle trincee ucraine danno il senso della sofferenza. Parlano di un alto numero di militari uccisi o feriti, della necessità di ruotare ogni tre giorni i fanti per impedire che abbiano un tracollo psico-fisico, della mancanza di sostituzioni adeguate. Nei primi 100 giorni la battaglia si è portata via chi era più addestrato, ora – spiegano – sono mobilitate le seconde schiere, civili che coraggiosamente devono indossare una divisa. Alcune unità sono state spazzate via, anche fra gli invasori.
Il comando di Zelensky deve mantenere l’equilibrio di un dispositivo impegnato sui quattro punti cardinali: a sud/sud est, dove c’è il cuore del confronto; a nord c’è una vigilanza attiva al confine bielorusso, anche se Lukashenko non sembra pronto a intervenire direttamente; la tutela della capitale Kiev e la difesa di Odessa; le retrovie, con la gestione degli aiuti Nato. Il neo-zar ha invece la possibilità di scegliere dove applicare la massima potenza, scelta che attenua parzialmente i guai logistici e la carenza di truppe. I mezzi, poi, alla Russia non mancano.
(da Corriere della Sera)
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Giugno 10th, 2022 Riccardo Fucile
“DOMANI” GETTA L’AMO: “LE PROMESSE ELETTORALI RISCHIANO DI APPASSIRE CONTRO IL MURO DELLA REALTÀ, MAGARI CON LA RIEDIZIONE DI UN GOVERNO GUIDATO DA UN SALVATORE DELLA PATRIA, O PERLOMENO DI UNA FIGURA ADULTA DI GARANZIA ESTERNA”
La Banca centrale europea, nella riunione del 9 giugno, ha certificato quello che era già noto da tempo: la fine della politica di tassi negativi. Nella riunione di luglio il rialzo del tasso chiave sarà di 25 centesimi, per proseguire a settembre quando, se le previsioni di inflazione di medio termine dovessero persistere o deteriorarsi, l’aumento sarebbe superiore, verosimilmente nell’ordine dei 50 punti-base. Il solo effetto-annuncio causa l’aumento dei rendimenti di mercato, facendo parte del “lavoro sporco” di restrizione monetaria per conto della Bce.
Al netto dell’abituale giaculatoria su opzionalità, flessibilità e dipendenza dai futuri dati macroeconomici, in modo da non pre-impegnare il percorso di politica monetaria, questo è l’esito del compromesso tra falchi e colombe in seno al governing council.
I primi, turbati dall’inflazione e dal rischio che le aspettative degli agenti economici vadano a “disancorarsi”, cioè che si innesti una spirale prezzi-salari; le seconde (tra cui in prima fila l’italiano Fabio Panetta) a predicare cautela dato che lo shock dei prezzi origina dal lato dell’offerta, tra guerra e strozzature di filiera, e non dalla domanda.
IL RISCHIO PER L’ITALIA
La decisione della Bce è “storica” perché, dopo anni passati a supportare i deficit, soprattutto del nostro paese e durante la fase acuta dello shock pandemico, ora il rischio per l’Italia è quello di perdere un compratore decisivo per il nostro debito pubblico. L’andamento dello spread tra Btp e Bund indica i timori del mercato in una fase di rialzo dei rendimenti, penalizzando i grandi debitori.
È stato poi confermato il termine delle operazioni di acquisto di titoli da parte della Bce con decorrenza primo luglio, pur confermando che si proseguirà a reinvestire i titoli in scadenza “almeno sino a fine 2024”.
A questo proposito, da mesi la stessa Bce sta “telefonando” al mercato l’intenzione di agire per evitare la cosiddetta frammentazione, cioè che lo spread dei paesi più indebitati vada fuori controllo. Nel comunicato questa intenzione è confermata ma non dettagliata a livello operativo, e ciò concorre a spiegare la reazione fortemente negativa dello spread.
Si ribadisce che, per evitare turbolenze, gli acquisti da reinvestimento potranno essere calibrati nel tempo, per classe di attivi e giurisdizione. Tradotto, significa che in caso di emergenza si potranno comprare Btp in modo nettamente prevalente (o esclusivo) rispetto a quanto previsto dalle quote di partecipazione dei singoli paesi al capitale della Bce. Anche se a scadere saranno Bund.
Attenzione a questo punto: si tratterebbe di un salvataggio monetario in piena regola, che certamente porterebbe con sé nuove condizionalità, elaborate in seno alla Commissione europea con ratifica della Bce. Ma è sin d’ora certo che condizionalità non farebbe rima con deficit.
Torna quindi a riproporsi un pesante “rischio Italia”, fatto di crescita insufficiente e inferiore al costo del debito e che ci costringe a corposi avanzi primari che frenano ulteriormente l’espansione alimentando tensioni sociali e iniziative populiste. La prossima legislatura, che vista da oggi pare lontana un’era geologica date le condizioni del mercato, rischia di essere la ripetizione ancor più critica dell’inizio dell’attuale.
PERICOLO RECESSIONE
Sul quadro congiunturale europeo incombe anche la grande incognita con cui si misurano i mercati: riuscirà la Federal Reserve a raffreddare l’inflazione (almeno, quella da domanda) senza causare una recessione conclamata? E per quanto tempo persisteranno condizioni di elevati prezzi delle materie prime in conseguenza delle sanzioni alla Russia?
Per quanto ci riguarda, questa domanda assume una valenza ancora più preoccupante, visto che siamo un paese ad elevato indebitamento, che quindi da condizioni recessive generali potrebbe subire forti deterioramenti dei conti pubblici e crisi di fiducia tra gli investitori internazionali. In tal caso, non si può neppure escludere il ritorno di attualità del famigerato Mes, il Meccanismo europeo di stabilità.
Da questa fine dell’epoca degli interventi salvifici della Bce, tornerà un feroce vincolo al fantasioso chiacchiericcio della politica. Il florilegio onirico di promesse elettorali che ci attende da qui alle elezioni rischia di appassire contro il muro della realtà, magari con la riedizione di un governo guidato da un salvatore della patria, o perlomeno di una figura adulta di garanzia esterna. Il cui identikit assomiglia in modo impressionante a quello dell’attuale presidente del Consiglio.
(da Domani)
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