Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
LA PARTE NOTA È LA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI, MA QUELLA PIÙ IMPORTANTE E’ FINORA STATA TENUTA NASCOSTA
«Non faremo condoni, noi la chiamiamo tregua fiscale». Negli ultimi giorni Maurizio Leo, vice al Tesoro ma nei fatti ministro delle Finanze del governo Meloni, moltiplica le presenze televisive. C’è da preparare l’opinione pubblica al pacchetto di norme fiscali che tempo qualche giorno verrà approvato a Palazzo Chigi. La parte nota del provvedimento è sulla rottamazione delle cartelle esattoriali.
Quella più importante e fin qui ignota è però un’altra: un colpo di spugna su tutti i reati di natura tributaria, civili e penali. Secondo quanto risulta a La Stampa da fonti concordanti, se ne è discusso due giorni fa in una riunione tecnica mentre la premier saliva sul volo per l’Indonesia dove era attesa al vertice G20.
Il pacchetto, che conterrà una trentina di norme, si può sintetizzare così: chi deciderà di pagare il dovuto al fisco perché evaso e oggetto di procedimento giudiziario sarà sollevato da qualunque pendenza. Il piano del governo permetterà di fermare i processi in corso, purché si paghi il dovuto, senza sanzioni e interessi.
A ieri le norme ipotizzate non escludevano nessun tipo di reato connesso, mafia o riciclaggio, per citare due casi estremi. L’importante è pagare, e liberarsi dei capi di imputazione in materia tributaria.
«Ci sarà una riduzione delle sanzioni perché il nostro sistema oggi è fuori linea rispetto all’Europa», spiegava ieri Leo a SkyTg24.
Più che una riduzione delle sanzioni, ciò a cui lavora il tributarista di Fratelli d’Italia è una vera e propria depenalizzazione. Molti dettagli sono ancora in discussione. Il più importante di tutti: l’evasore che paga otterrà l’estinzione del reato o la sua non punibilità?
La questione non ha solo un valore simbolico, poiché nella bozza del governo è prevista anche la rateizzazione delle somme evase. Ipotizziamo una frode Iva da un milione di euro: una volta sottoscritto l’impegno a pagare l’intero, l’evasore potrà restituire il dovuto in dieci versamenti. Ma che accadrebbe se nel frattempo dovesse interrompere la restituzione del dovuto?
Se prevarrà l’ipotesi restrittiva, il processo, fino a quel momento sospeso, dovrebbe ripartire senza che siano nel frattempo decorsi i termini della prescrizione. Ogni decisione sarà sul tavolo della Meloni al rientro da Bali, perché promette di alimentare i pregiudizi della Commissione di Bruxelles verso un Paese in cui il tasso di evasione è fra i più alti dell’Unione. Nelle bozze che circolano c’è anche un’ipotesi di «voluntary disclosure» per l’emersione di somme depositate all’estero, e con diverse soglie.
L’unico condono fin qui escluso (ma a lungo discusso) è quello sulle somme in contanti, già oggetto di un duro scontro nella maggioranza che sosteneva il governo Renzi.
Il colpo di spugna sui reati tributari non è tecnicamente un condono perché le somme dovute sono quelle oggetto dei mancati versamenti.
Ma la sostanza non cambia: per l’ennesima volta l’Italia sceglierà di cancellare ogni pendenza fino a mille euro e la punibilità per gravi reati tributari e senza soglia, già esclusa per le somme inferiori ai centomila euro.
Secondo le ricostruzioni con fonti di governo, uno dei ministri più in difficoltà in questo momento è il vicepremier Antonio Tajani, il quale nei mesi scorsi al Parlamento di Strasburgo si è speso per l’approvazione di una direttiva per il contrasto alle frodi fiscali.
La direzione però è decisa, e nessuno nella maggioranza sembra contrario alla cosiddetta «tregua fiscale», uno dei tanti eufemismi usati dalla politica per giustificare il perdono verso chi froda il sistema fiscale. La maggioranza replica che occorre dare risposte a chi durante la pandemia «non ce l’ha fatta» e aggredire un contenzioso da quasi mille miliardi di euro. E poco importa se dentro ci sono somme non riscosse da defunti o la punizione dei grandi evasori.
(da La Stampa)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
COSA C’È DIETRO UN MONDO CON FORTI SPONSOR IN PARLAMENTO: OPES, LEGATO A FRATELLI D’ITALIA, HA SPEDITO IN PARLAMENTO L’EX PRESIDENTE MARCO PERISSA. ASI È PRESIEDUTA DALL’EX DEPUTATO DI LEGA E AN CLAUDIO BARBARO … GLI IMBROGLI DELLE PALESTRE
Nel 2022 lo sport italiano ha ricevuto 288 milioni di euro di finanziamento pubblico: lo Stato mette i soldi, il Coni decide a chi darli, Sport e Salute (società per azioni del Mef) come suddividerli. Alle 45 federazioni sportive vanno 264 milioni, alle 18 federazioni associate 4 milioni, e ai 15 Enti di promozione sportiva (Eps) riconosciuti dal Coni spettano 16 milioni. Solo il Coni può assegnare la qualifica di Eps che permette alle centinaia di migliaia di società affiliate vantaggi fiscali enormi.
I soci sono complessivamente 9 milioni.
Eps e partiti politici di riferimento
Gli Eps nascono nel dopoguerra come strumento di propaganda e azione sociale di partiti politici e movimenti confessionali.
La Libertas alla Dc, l’Arci-Uisp (ora solo Uisp) al Pci, l’Endas ai repubblicani, la Fiamma ai missini, il Csi alla Curia e così via. La loro natura è definita per regolamento, con una regola sacra: l’assenza di fini di lucro per loro e tutte le società associate. I ricavi, se ci sono, non possono essere distribuiti ai soci né in modo diretto e né in modo indiretto e neanche in futuro.
Indagini della Guardia di Finanza Nella realtà le cose vanno in un altro modo: Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate e Ispettorato del Lavoro già nel 2010 (Operazione Ercole) avevano trovato irregolarità in 95 circoli sportivi su 100. Nel 2022 hanno aperto centinaia di verbali. Il 20 gennaio la Gdf della Toscana ha accertato evasioni per oltre un milione di euro in una struttura di Grosseto i cui soci-atleti erano in realtà clienti iscritti a corsi fitness, inconsapevoli di far parte di una società sportiva. Trecentomila euro evasi e 5 lavoratori in nero a Sassuolo, dove «le finalità non lucrative espresse nello statuto erano finalizzate esclusivamente al profitto».
In una grande palestra di Pomezia, vicino Roma, sono stati trovati completamente in nero istruttori, addetti alle pulizie, impiegati di segreteria ed esperti di marketing. Verbali analoghi a Trento, Cuneo (con canoni di affitto sovrastimati per lucrare sui crediti d’imposta), Cesena, Parma e altre località.
Tutti gli imbrogli delle palestre
Quasi metà delle società affiliate ad alcuni Eps sono palestre. Due centri sportivi di fama nel quartiere Eur di Roma hanno sale pesi, piscine e campi da tennis a disposizione dei clienti, adulti e benestanti. Un abbonamento annuale costa dagli 800 ai 1.300 euro, a seconda dei servizi offerti. In più si paga una cifra annuale (50/70 euro) di iscrizione. Nessun scontrino o ricevuta, ma una semplice notula priva di valore fiscale perché le due palestre si sono associate al Centro Sportivo Italiano (Csi) con la qualifica di «società sportive dilettantistiche» senza fini di lucro. La più grande – a scorrere il registro del Coni – conta 3.800 «atleti».
Nel momento in cui ti iscrivi alla palestra, anche se nessuno te lo dice, diventi un atleta del Csi che infatti dichiara 1,3 milioni di soci. I vantaggi: la palestra non paga tasse e Iva sulla quota incassata, può assumere allenatori senza versare contributi pensionistici o assicurativi entro i 10 mila euro, ha sconti sulle forniture di metano e sulle tasse sui rifiuti e può defiscalizzare anche i ricavi del bar sociale. Il lucro c’è ma non si vede. Il presidente della società sportiva non può incamerare gli incassi della palestra ma può, ad esempio, girarseli sotto forma di affitto in quanto proprietario dell’impianto. E gli affitti sono molto alti. Secondo Silvio Martinello, oro olimpico ad Atlanta nel ciclismo e gestore di una delle palestre più grandi del Veneto, «l’operatore può sfruttare i benefici del lavoro sportivo con i dipendenti, ma deve sempre battere lo scontrino per le prestazioni di fitness che sono un lucro e vanno tassate. I vantaggi sono riservati a chi davvero fa attività sportiva dilettantistica, individuale e di squadra».
Controlli e sanzioni Enti come Asi, Opes, Csen hanno efficientissime strutture parallele con fiscalisti e consulenti del lavoro che spiegano come schivare controlli e sanzioni: bisogna evitare in ogni modo che «l’attività sia volta solo al mantenimento della forma fisica individuale e al miglioramento estetico» – recita il vademecum Asi – e non alla «partecipazione a manifestazioni o gare o preparazione sportiva». Rischiano grosso le strutture con «ampia gamma di attività assimilabili alle aziende commerciali e non di promozione dei valori sportivi».
Cioè buona parte delle palestre. Per evitare contestazioni, Asi propone di «creare eventi sportivi dilettantistici documentabili» tra i clienti «pubblicando classifiche per categorie di età e diffondendole sul web». Insomma, simulare un’attività amatoriale fornendo anche «attestati con documentazione degli esiti sportivi».
Vittorio Bosio, presidente Csi (1 milione di soci), dice: «Al Csi puntiamo allo sport sociale per i giovani, sappiamo che ci sono palestre che si affiliano a noi per risparmiare sulle tasse, ma sono poche e le scoraggiamo». Dimentica che il Csi ha firmato un accordo con Anif, l’associazione che raduna 800 grandi palestre e centri fitness italiani, cui vende pacchetti di 2.000 tessere a 3.400 euro. Giampaolo Duregon (Anif) ammette: «Non paghiamo tasse e Iva, ma ce lo meritiamo perché svolgiamo attività sociale che migliora la salute dei cittadini». A dire il vero l’attività è sociale se non è a fini di lucro.
Calcio canino e braccio di ferro Gli Eps sono anche una formidabile macchina per sdoganare attività non codificate.
L’insegnamento della ginnastica posturale, ad esempio, andrebbe affidato a fisioterapisti o laureati in scienze motorie. La scorciatoia è un corso online di 13 ore proposto dallo Csen che per 300 euro offre diploma, patentino e riconoscimento Coni per esercitare l’attività. I requisiti per frequentarlo?
«Aver praticato la disciplina specifica/analoga per almeno una stagione sportiva oppure avere buone competenze nell’anatomo-fisiologia di ossa, muscoli ed articolazioni». E i tecnici abilitati, spiegano allo Csen,«quando operano in una società dilettantistica, possono usufruire del regime fiscale agevolato». Enti come Csen o Asi riconoscono come attività sportiva il calcio canino, il braccio di ferro, le danze primitive e il tiro con la fionda. Il Coni ha redatto un elenco di quasi 300 discipline legittimate a definirsi sportive. L’immaginazione non ha limiti: il lancio del formaggio, il volo in dirigibile, le gare con barchette telecomandate.
C’è un altro aspetto monitorato dalla Guardia di Finanza, quello del lavoro. Il 90% di personal trainer o allenatori di palestra usufruisce di uno sgravio fiscale totale fino a 10 mila euro di reddito grazie a una norma nata per incoraggiare gli insegnanti di educazione fisica a dedicare alcune ore pomeridiane all’allenamento dei ragazzi. Succede, invece, che molte palestre fanno sottoscrivere contratti defiscalizzati e senza versamento di contributi pensionistici anche agli amministrativi, che invece vanno inquadrati nei contratti di settore pagando le tasse per intero. Il governo Draghi, consapevole degli abusi, ha riscritto la legge, introducendo i contributi nella fascia di reddito tra i 5 e i 15 mila euro per fornire più garanzie ai lavoratori. Ma il progetto potrebbe essere rimesso in discussione dal nuovo esecutivo, pressato dagli Eps che in Parlamento hanno ottimi sponsor.
Gli sponsor in Parlamento
Opes, legato a Fratelli d’Italia, ha spedito in Parlamento l’ex presidente Marco Perissa. Asi è presieduta dall’ex deputato di Lega e An Claudio Barbaro, appena nominato sottosegretario all’Ambiente e Sicurezza energetica. Sul sito Asi, Barbaro scrive che «nati in continuità con la storia della Destra sportiva italiana, noi di Asi da sempre siamo un riferimento per tutto il nostro mondo». Lo sport sociale non dovrebbe guardare a destra, sinistra o centro e fare lucro truccando le carte. Si potrebbe cominciare dando la possibilità di scaricare una quota dell’abbonamento alle palestre ai cittadini che vorrebbero frequentarle, ma non possono per via di costi alti. Così i titolari avrebbero l’obbligo di emettere una ricevuta fiscale.
Milena Gabanelli
(da il “Corriere della Sera”)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
A ROMA I CONDUCENTI DELLE AUTO BIANCHE SE NE FREGANO DELLE TARIFFE FISSE IMPOSTE DAL COMUNE PER L’AEROPORTO, FACENDO SGANCIARE AI CLIENTI PIÙ DEL DOVUTO: (DA CIAMPINO AL CENTRO 50 EURO INVECE DI 31) … IN PIÙ PRETENDONO DI ESSERE PAGATI SOLO IN CONTANTI, NONOSTANTE L’OBBLIGO DI POS IN VIGORE DA GIUGNO…E ALLE DOMANDE DELL’INVIATO DELLA TRASMISSIONE REAGISCONO CON VIOLENZA
Dal 30 giugno del 2022 è in vigore l’obbligo per i commercianti e per chi offre servizi di accettare il pagamento via POS. Tutti i soggetti coinvolti devono obbligatoriamente munirsi di un terminale di pagamento funzionante e carico.
Tra questi, anche i conducenti di taxi: non tutti, però, sembrano fare il loro dovere. Ne ha parlato prima la giornalista italiana Selvaggia Lucarelli, che alla fine del mese di agosto ha pubblicato un video in cui un tassista milanese ha rifiutato un pagamento con il POS, perché scarico, e ha preteso il pagamento in contanti. Poi, ne hanno iniziato a parlare in tutta Italia: da Roma a Napoli, fino a Palermo.
Lo “scandalo”, però, è stato menzionato nel momento in cui è stato segnalato che alcuni conducenti di taxi non hanno seguito le tariffe imposte dai regolamenti regionali e hanno iniziato a chiedere cifre esorbitanti ai loro clienti.
Ieri sera, nel corso del programma di Italia 1 Le Iene, condotto da Teo Mammuccari e Belen Rodriguez, è stato trasmesso un servizio che riguarda proprio lo scandalo delle tariffe. In particolare, il servizio è stato girato nella Capitale.
Nel servizio ambientato a Roma, Nicolò De Devitiis e il team del programma Mediaset mostrano come, nonostante ci siano tariffe imposte, diversi tassisti facciano “di testa loro”.
In particolare, nel servizio si comunica che la tariffa base per recarsi dall’Aeroporto di Ciampino al centro storico della Capitale è di 31 euro, ma diversi conducenti hanno chiesto 50 euro ai rispettivi clienti, rifiutando il pagamento via POS o, comunque, “suggerendo” quello in contanti. Non solo: una di loro ferma il passeggero a 10 minuti di strada a piedi dalla destinazione richiesta a causa del concerto di Renato Zero, che rendeva poco agibile il percorso in auto nel centro. Eppure, il prezzo richiesto resta sempre quello: 50 euro.
Ma è la testimonianza di un cliente anonimo che sconvolge di più. “Come vado verso la fila dei taxi vengo intercettato da un ragazzo, che mi chiede dove dovessi andare. Io dico la zona di Roma dove dovevo andare e lui dice “No, tu no”: di fatto mi aveva scartato, perché non ero interessante. Mi sono messo in questa fila abbastanza corposa, una fila molto lenta perché questo personaggio qui decideva chi andasse nei taxi, quanto pagava e con quale tassista andava”. Il testimone ha sottolineato che, nonostante gli altri tassisti e anche i vigilanti metronotte fossero presenti, nessuno avesse detto nulla.
Il problema dei tassisti e dell’Italia intera
La Iena, Nicolò De Devitiis, ha anche chiesto ad alcuni tassisti cosa ne pensassero. Uno di questi ha giustificato in questo modo la decisione di alcuni conducenti. “Io vado a 31 euro con la benzina a 2 euro? Ti sembra giusto?” ha chiesto, evidenziando il problema dell’aumento generalizzato dei costi e soprattutto del carburante che ha colpito tutta Italia e, dunque, anche i conducenti dei taxi.
Quello del caro energia è, in effetti, un problema grave e che ha colpito tutti. Ma questo giustifica la scelta di alcuni conducenti di decidere autonomamente le tariffe da imporre ai clienti?
(da tuttonotizia.eu)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
LA FOTO SIMBOLO DELLE PROTESTE IN IRAN: DUE GIOVANI SI BACIANO PER STRADA, UN GESTO CHE PUO’ COSTARE L’ARRESTO
Due ragazzi si baciano in mezzo alla strada, in punta di piedi, in un Paese – l’Iran – dove un gesto così semplice può costare l’arresto, se non peggio.
La foto è stata scattata da un utente anonimo martedì notte a Shiraz, lungo il viale Moali Abad, dove erano in corso nuove manifestazioni convocate per l’anniversario del Bloody Aban, come lo chiamano gli iraniani, il “novembre di sangue” del 2019 quando centinaia di persone furono uccise durante un’ondata di proteste per l’aumento del prezzo del carburante.
Quel bacio “è il senso della nostra rivoluzione”, scrive una ragazza di 22 anni sui social media.
Ed è proprio così: un gesto di amore e di coraggio nella notte della repressione iraniana.
In otto settimane di proteste, più di 334 morti, tra cui anche 40 poliziotti, e 14mila arresti.
(da La Repubblica)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
IL DISGELO CON PARIGI È RINVIATO
Non sarà l’Indonesia il luogo della riappacificazione tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni. Fino a ieri infatti i due si sono sostanzialmente ignorati. Niente più di qualche fugace saluto in pratica. Forse poco funzionale alla soluzione reale della questione migranti che sta dividendo i Paesi, ma sicuramente utile a quell’abbassamento dei toni su cui concordano Roma e Parigi.
Se Meloni però, evita commenti di sorta limitandosi a sottolineare che il governo italiano fa gli interessi del Paese, Macron è un po’ meno delicato.
E così quando al presidente francese ieri è stato chiesto cosa avrebbe fatto qualora la premier italiana gli avesse richiesto un nuovo faccia a faccia, lui si è limitato a rispondere che sarebbe stato «educato», come lo è stato nel colloquio in terrazza tenuto nella Capitale poco più di tre settimane fa.
Quasi a rimarcare come quell’incontro, tra due che non si sono mai capiti, è stato solamente un gesto di cortesia dovuta ad un alleato imprescindibile come l’Italia. E, con ogni probabilità, un gesto di garbo dedicato a Sergio Mattarella.
(da il Messaggero)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
“CONDIVIDO LE SUE PAROLE” HA SCRITTO IL MINISTRO IN RISPOSTA AL POST DA LUI STESSO SCRITTO
Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano scrive un tweet e poi si risponde da solo dicendo di «condividere le sue parole».
A segnalare il curioso “scambio” è il noto account di satira politica Crazy Ass Moments in Italian Politics: «Il ministro della Cultura si complimenta con se stesso», scrive pubblicando lo screenshot del post di Sangiuliano e la risposta fatta a se stesso, poi prontamente cancellata. «Non sanno neanche cambiare dal profilo reale a quello falso», commentano gli utenti, che di bacheca in bacheca non hanno tardato a ricondividere e diffondere il fermo immagine.
Il post del ministro che si è meritato gli “auto complimenti” riguarda la messa all’asta di Villa Verdi, per cui il governo è intervenuto invitando a «tutelare il patrimonio».
Per chi si chiedesse se il tweet di risposta del ministro non fosse un fake, è lo stesso social network a fornire gli strumenti che ne confermano la veridicità: l’auto complimento del ministro non compare più nella bacheca del profilo ufficiale del ministro della Cultura, ma negli screen che sono riusciti a catturare il commento si vede la risposta di un utente che reagisce a Sangiuliano con alcuni emoji che ridono.
Dai dati relativi all’utente emerge che la risposta è nei confronti di un tweet con il codice corrispondente proprio al profilo del ministro. «Probabilmente voleva rispondere a un commento e si è dimenticato di cliccarci sopra», ipotizza un altro utente. In ogni caso la gaffe continua a suscitare non poche ironie sul web.
(da Open)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
LA POLITICA CONTINUA A IGNORARLI
L’Italia è sempre più il Paese dei record in Europa per quanto riguarda i neet – not in education, employment or training – ovvero i giovani che al momento non studiano, non si formano per il lavoro e non lavorano.
La statistica, che viene costantemente aggiornata e che da tempo ormai ci vede sempre a competere per le prime posizioni dei Paesi Ue, continua a descrivere una situazione molto difficile per ciò che riguarda la condizione giovanile: in Italia c’è una fetta enorme di giovani sotto i trent’anni che non lavora e non studia, anche e soprattutto perché abbandonata da una politica completamente distante dalle esigenze delle nuove generazioni.
Secondo le ultime stime pubblicate ieri dal Sole24Ore ed elaborate dai dati Eurostat, la media Ue dei giovani che non studiano e non lavorano è del 6,8% tra i 15 e i 19 anni: in Italia è del 13,2%. Per capirci: al secondo posto c’è la Romania con il 12,1% e al terzo Malta con il 10,0%. Gli altri Paesi sono tutti sotto la doppia cifra, e gli Stati considerati paragonabili all’Italia sono molto distanti da questo tipo di numeri: Germania al 5,0%, Francia al 5,7%, Spagna 6,6%. Insomma, in Italia oltre un ragazzo o ragazza su dieci tra i 15 e i 19 anni non studia e non lavora.
La percentuale cresce nella fascia 20-24 anni: il 26,1% in Italia non studia e non lavora, anche qui è il miglior risultato nell’Unione europea. Seconda la Romania con il 24,0%. E ancora: tra i 25 e i 29 si arriva addirittura al 29,4%, con la Grecia seconda al 28,7%, la Romania al 24,8% e la Bulgaria al 23,9%.
Guardiamo invece il dato complessivo: la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano in Italia è del 23,1%. È la più alta di tutti i Paesi europei. Significa che quasi uno su quattro non fa niente, in sostanza. Sul podio ci sono Romania (20,3%) e Bulgaria (17,6%).
I Paesi considerati paragonabili all’Italia hanno un numero di neet – e chiaramente delle politiche giovanili – completamente diverso: la Germania è al 9,2%, la Spagna al 14,1%, la Francia al 12,8%.
(da Fanpage)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
BATTE LA FORZISTA LANTIERI 35 A 32… NASCONO I GRUPPI FORZA ITALIA 1 E FORZA ITALIA 2
Pronti, via: la maggioranza non c’è più. All’Assemblea regionale siciliana, nel giorno della nascita del governo Schifani, il più votato per la vicepresidenza è il grillino Nuccio Di Paola, che batte la forzista Luisa Lantieri. Di Paola, sostenuto formalmente solo da Pd e Cinquestelle, ha ottenuto infatti 35 voti contro i 32 dell’esponente berlusconiana. Entrambi diventano vicepresidenti, ma Di Paola sarà il vicario.
Il risultato è però che la maggioranza dimostra plasticamente di non avere più i numeri.
Due forzisti fedeli a Gianfranco Miccichè e dunque contrapposti al governatore Renato Schifani, Nicola D’Agostino e Tommaso Calderone, erano assenti. Una scheda è stata considerata nulla.
A votare con l’opposizione sono stati dunque almeno cinque deputati del centrodestra: più di quelli fedeli a Miccichè presenti in aula, lo stesso coordinatore forzista e Michele Mancuso.
Prima, in Aula, era infatti andato in scena il surreale raddoppio di Forza Italia: il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno ha infatti dato il via libera alla nascita di due gruppi distinti, “Forza Italia 1” e “Forza Italia 2”: il primo è quello che fa capo al governatore Schifani, agli assessori Marco Falcone ed Edy Tamajo e al capogruppo Stefano Pellegrino, mentre il secondo è composto dai sostenitori di Miccichè, con quest’ultimo capogruppo.
E così, pochi istanti dopo la sconfitta in Aula, Schifani tende già la mano a Cateno De Luca, che può contare su 8 deputati: “Personalmente – scrive in una nota – svolgerò un attento e rigoroso ruolo di coordinamento e di stimolo nei confronti della mia squadra di governo che gode della mia fiducia. Con l’onorevole Cateno De Luca avremo modo di incontrarci e di confrontarci fattivamente sui problemi della Sicilia. Attendiamo prima di giudicare”.
adesso il Pd chiede già la testa del governatore: “Schifani – dice il deputato dem Nello Dipasquale – deve dimettersi. C’è un dato politico: la maggioranza ha perso otto voti in una settimana”.
Schifani, che rifiuta di rispondere alle domande sulla tenuta della maggioranza trincerandosi dietro un no comment, fa sapere di essere diretto a Roma. “Incontrare Berlusconi? – si fa schermo – No, lui è a Milano”.
(da La Repubblica)
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Novembre 16th, 2022 Riccardo Fucile
“L’INTEGRAZIONE E’ LA PIU’ IMPORTANTE POLITICA DI SICUREZZA CHE L’ITALIA PUO’ FARE”
Il governo Meloni ha incassato pesanti critiche sulla questione migranti, il ministro dell’Interno Piantedosi ne ha parlato al Senato, ricevendo le stesse risposte. Tra i più duri, Carlo Calenda leader di Azione.
«Il risultato delle vostre azioni è stato un grande affare per l’Italia, non c’è che dire. La verità è che voi non siete interessati al governo del fenomeno dell’immigrazione. La realtà è che siamo sempre lì a parlare delle Ong ripetendo lo spettacolo incivile del governo Conte 1 di Salvini, il tutto condito da un linguaggio burocratico che diventa disgustoso. Un giorno poi, ci spiegherà cosa vuol dire carico residuale”.
«I confini vanno presidiati. Opporre la retorica dei porti chiusi a quella dei porti aperti non ci porta da nessuna parte. I porti non possono essere né completamente chiusi né completamente aperti. I migranti vanno salvati, ma occorre chiudere le rotte illegali lavorando con i Paesi di partenza e di transito. E’ un pochino più complesso che bloccare una nave in rada».
«Avete compromesso i rapporti con la Francia, che è il nostro principale alleato Ue, sul Pnrr, sulla riforma del patto di stabilità. L’integrazione è la più importante politica di sicurezza che il Paese può fare» e il ministro Piantedosi «deve decidere se agisce ancora come capo di gabinetto di Matteo Salvini oppure fa politica per gestire l’immigrazione».
«Nella gestione sua e di Matteo Salvini» quando Salvini era ministro del’Intero «avevate promesso di rispedire tutti a casa immediatamente» con il «risultato che l’anno di picco di migrati irregolari è stato proprio quello della vostra gestione, un record assoluto» e la soluzione «non può essere quella delle costosissime espulsioni», ha detto Calenda.
«Quello che serve, secondo Calenda, sono «i rimpatri volontari incentivati e le regolarizzazioni. Va implementata una politica opposta a quella di Salvini, gli sprar vanno aumentati» per evitare che i migranti «non vadano in giro nel Paese a fare non si sa cosa. Dobbiamo creare un’agenzia per l’emigrazione che possa affrontare l’emergenza».
(da agenzie)
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