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LA STRATEGIA DELLA ’NDRANGHETA PER PRENDERSI OSTIA : I CARABINIERI DEL ROS HANNO SMANTELLATO L’ALLEANZA TRA IL CLAN SPADA E LA COSCA BELLOCCO DI ROSARNO

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

GLI ACCORDI SONO NATI NEL CARCERE DI LANCIANO, DOVE I DETENUTI RIUSCIVANO A FARE ENTRARE CELLULARI E DOVE SI SONO INCONTRATI UMBERTO BELLOCCO, DETTO “CHIACCHIERA”, E RAMY SEROUR

Un’alleanza tra la cosca Bellocco di Rosarno e il clan Spada per gestire il traffico di droga sul litorale romano. Ma soprattutto per assicurare che alcuni calabresi, titolari di esercizi commerciali a Ostia ed Anzio, non avessero problemi sul territorio. C’è anche questo nell’inchiesta del Ros dei carabinieri coordinata dalla procura di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.
E tra i 76 arresti di ieri, ci sono anche tre indagati legati al clan Spada: Manuel Granato, che sta scontando una condanna definitiva a sei anni e mezzo per alcune estorsioni e minacce nell’ambito dell’occupazione degli alloggi popolari a Ostia, ma anche per le gambizzazioni contro i Baficchio; Samy Serour Sammy l’egiziano e il fratello Ramy che, per conto del clan, avrebbero gestito pizzerie e locali commerciali a Ostia.
Gli accordi, secondo gli inquirenti, sarebbero nati nel carcere di Lanciano, dove i detenuti riuscivano a fare entrare cellulari e schede telefoniche e dove è nato il legame tra Umberto Bellocco, detto Chiacchiera, e Ramy Serour, arrestato nel gennaio 2018 come appartenente al clan Spada. Un’amicizia importante che garantiva a Serour anche dei privilegi all’interno dell’istituto.
«La verità fra’ – dice al fratello non sapendo di essere intercettato – la verità, oggi io sono stato invitato ad un tavolo, eravamo diciassette persone, tutti… la ndrangheta!». A condurre le trattative con il clan romano per le partite di cocaina sarebbe stato Gioacchino Bonarrigo, 38 anni, anche lui arrestato nell’operazione di ieri.
Ex latitante arrestato nel 2017 ad Amsterdam, Bonarrigo sarebbe andato più volte a Ostia per incontrare esponenti degli Spada e rifornirli con la droga importata da Amsterdam. Mentre Serour si sarebbe occupato attraverso la moglie, di garantire al boss detenuto la consegna dei telefoni cellulari. La donna li avrebbe consegnati a un altro detenuto il quale, approfittando del suo status di semilibertà, li avrebbe portati all’interno.
Bellocco grazie al suo spessore criminale si sarebbe avvalso di alcuni detenuti che godevano del regime di semilibertà per rifornirsi dei telefonini.
Il 26 settembre 2019, Ramy Serour racconta a Maximimino Soto Rojas, la vita carceraria e le consuetudini all’interno del penitenziario di Lanciano. Soto Rojas, incuriosito dalla circostanza, chiedeva al Serour chi comandasse all’interno del carcere, alludendo chiaramente alle gerarchie criminali capaci di imporsi all’interno del penitenziario. «Fra, quell’amico mio che ti ho detto», e l’altro risponde «ah, Umbertino».ù
A quel punto, l’amico gli chiede di intervenire e lui si impegna a chiedere l’intervento di Bellocco: «Ho capito. Ora vedo se domani posso, adesso parlo con questo amico mio, vedo se ci può mandare qualcuno». Il nodo riguardava alcuni calabresi con interessi sul litorale che avevano posto in essere delle azioni criminali con il chiaro fine intimidatorio nei confronti delle consorterie locali.
Secondo la ricostruzione la trattativa per gestire la partita di droga avviene attraverso Gioacchino Bonarrigo e gli esponenti del clan Spada. «Francesco Palaia – si legge nell’ordinanza – spiegava a Bellocco come i rapporti tra le due cosche fossero buoni e che in passato li avessero già favoriti nello svolgimento di altre attività illecite». «L’organizzazione dell’operazione prendeva avvio a seguito della scarcerazione di Gioacchino Bonarrigo – scrive il gip – soggetto legato alla compagine diretta da Bellocco al quale venivano riconosciute indubbie capacità manageriali nel settore degli stupefacenti».
(da il Messaggero)

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PUTIN HA CANCELLATO LA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO, IL RICEVIMENTO AL CREMLINO, LE TELEFONATE IN DIRETTA CON LA POPOLAZIONE E GLI ALTRI APPUNTAMENTI DI FINE ANNO

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

SECONDO I CRITICI, VUOLE EVITARE DI DOVER RISPONDERE A DOMANDE SCOMODE SULLA GUERRA IN UCRAINA

Prima una settimana di continue apparizioni televisive in circostanze diverse, ma sempre tra persone più che fidate, dalle quali non ci si poteva attendere alcuna domanda imbarazzante. Poi gli annunci di appuntamenti canonici cancellati senza una spiegazione ufficiale: niente conferenza stampa di fine anno, nessun ricevimento al Cremlino.
Non ci sono comunicazioni sull’annuale linea diretta con le telefonate del pubblico, ma pare proprio che anche in questo caso l’agenda di Vladimir Putin risulterà troppo piena. Rimane per ora in programma, anche se la data del 27 dicembre non è confermata, il discorso alle Camere riunite che il presidente russo è obbligato a tenere in base alla Costituzione.
Che succede? I critici del Cremlino non hanno dubbi: Vladimir Vladimirovich vuole evitare le occasioni nelle quali potrebbe trovarsi di fronte a dichiarazioni o domande «fuori dalla linea» sull’Operazione militare speciale in Ucraina o, addirittura, scomode. Questo perché gli eventi di cui abbiamo parlato venivano tradizionalmente tenuti in diretta.
Ma bisogna dire che in ogni caso sarebbe assai semplice per i collaboratori del presidente organizzare il tutto in maniera da evitare brutte sorprese. Come in realtà avviene spesso. Nella conferenza stampa annuale, alla quale si accreditano centinaia e centinaia di giornalisti, la parola viene quasi sempre data unicamente a reporter che chiedono quello che non è sgradito ai vertici del Paese. E le telefonate in diretta dei cittadini russi (maratone che in genere durano quattro ore) sembrano accuratamente filtrate.
Negli ultimi giorni, d’altra parte, si è visto che il presidente può tranquillamente partecipare a manifestazioni pubbliche senza correre alcun rischio. A fine novembre, ad esempio, c’è stato l’incontro trasmesso dalla tv con le madri dei soldati. Solo che dall’evento sono state escluse le rappresentanti della principale associazione che da anni si occupa del destino dei giovani coscritti. E che erano pronte a fare domande per lo meno difficili sullo scarso addestramento delle reclute e sulla carenza di equipaggiamento.
Mercoledì scorso Putin ha riunito il Consiglio per il rispetto dei diritti umani. Però pochi giorni prima i membri dell’organismo che avevano espresso la volontà di confrontare il presidente sulla condizione delle carceri russe erano stati rimossi con un decreto presidenziale.
Giovedì altro appuntamento «tranquillo» con gli ufficiali ai quali ha consegnato la stella d’oro di Eroe della Russia. Il presidente è stato ripreso anche mentre chiacchierava informalmente con i neodecorati. Nessuno di loro, naturalmente, poteva avere nulla di spiacevole da dire a Putin.
Infine, la settimana si è chiusa venerdì con una conferenza stampa a margine di un vertice regionale in Kirghizistan. Ma i giornalisti russi erano quelli del cosiddetto pool del Cremlino, inviati selezionati che seguono sempre i viaggi del presidente. Forse prima della fine dell’anno Putin incontrerà nuovamente questi reporter per far vedere che parla con la stampa. Infine, ci sarà con ogni probabilità il solito messaggio di fine anno. Cinque minuti alle 23.55 del 31 dicembre per fare gli auguri ai russi.
Nessuna conferma invece all’ipotesi di una qualche malattia del presidente avanzata da qualcuno. Al Cremlino oramai non smentiscono nemmeno. Negli anni a Putin sono stati attribuiti malanni di ogni genere.
(da agenzie)

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NON PIU’ 30, NE’ 60: SI VA VERSO L’OBBLIGO DI ACCETTARE IL PAGAMENTO CON POS DAI 40 EURO IN SU

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

SEMBRA DI ESSERE ALLA GRANDE RUOTA DI “OK, IL PREZZO E’ GIUSTO”

Un balletto di numeri che ricorda la grande ruota di “Ok, il prezzo è giusto”. E, alla fine, sembra proprio che ci si fermerà sui 40 euro. Questa, infatti, dovrebbe essere la soglia minima da cui potranno scattare le sanzioni nei confronti degli esercenti (commercianti o fornitori di servizi) che non accetteranno dai clienti i pagamenti attraverso gli strumenti elettronici.
L’obbligo POS, dunque, scatterà non più a 30 euro (come indicato nella prima versione della Legge di Bilancio approvata dal Consiglio dei Ministri) e neanche a 60 euro, come modificato qualche giorno proprio nella bozza del testo trasmessa in Commissione UE e nelle Commissioni Parlamentari che ancora stanno valutando le migliaia di emendamenti presentanti (molti dalla maggioranza stessa).
Quaranta, dunque, è la via di mezzo (non matematica) a cui sarebbe arrivato l’esecutivo. La decisione, ovviamente, sembra essere figlia di un parere arrivato dalla Commissione Europea che proprio oggi invierà a Palazzo Chigi la propria valutazione della Manovra, con le indicazioni migliorative. E tra queste ci sarà anche il tema dell’obbligo POS che, dunque, sarà diverso rispetto a quello indicato dal governo Draghi (ed entrato in vigore dalla fine dello scorso mese di giugno): con quel provvedimento, che anticipava i tempi di sei mesi rispetto al cronoprogramma, gli esercenti che non accettavano pagamenti elettronici per nessuna cifra (a partire da un euro) ricevevano una sanzioni pari a 30 euro a cui si sommava il 4% del valore della transazione rifiutata. Ora, invece, non si partirà più da zero. Ma da 40. Ad annunciare questa sintesi è stato il vicepresidente della Camera dei deputati (nonché portavoce di Forza Italia) Giorgio Mulè: “In accordo con la Commissione Europea, il governo sta ragionando sulla possibilità di portare da 60 a 40 euro la soglia”.
Soglia per l’obbligo POS. Poi bisognerà correre, perché i tempi stringono. Per evitare l’esercizio provvisorio di bilancio, il Parlamento dovrà votare e approvare i testi della Legge di Bilancio 2023 entro la fine dell’anno. Sia alla Camera che al Senato. Per questo motivo, vista anche la presenza di un cospicuo numero di emendamenti, si potrebbe optare per il voto di fiducia.
(da NextQuotidiano)

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ULTIMA SPIAGGIA DELLA SANTANCHE’

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

PRIVATAZZARE ANCHE LE SPIAGGE LIBERE, DAL BLOCCO NAVALE AL BLOCCO DEL BAGNASCIUGA

Privatizzare le «cosiddette spiagge libere», regno di «tossicodipendenti e rifiuti», facendo attenzione a non regalarle a multinazionali incapaci di rispettare italiche tradizioni come «gli spaghetti con le vongole o la parmigiana di melanzane» mangiati in riva al mare
Basta teli e ombrelloni fai-da-te: la ministra del Turismo Daniela Santanchè vuole stabilimenti e locali anche in quei «posti meravigliosi» che oggi sono gratuiti e accessibili a tutti. Niente fretta, invece, per le gare delle vecchie concessioni balneari: per quelle ci vorranno almeno 8 mesi.
La ministra parla per «competenza», perché le deleghe in materia sono del collega per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci (che tace), ma «l’intenzione politica» espressa da Santanchè fa ugualmente infuriare le opposizioni. Una «proposta indecente e surreale», dicono sinistra e Cinquestelle, che tirano in ballo il suo conflitto d’interessi come (ex) socia del Twiga, lo stabilimento extralusso di Flavio Briatore in Versilia.
Ospite dell’assemblea di Confesercenti, Santanchè risponde a una domanda sulle spiagge e gli stabilimenti. C’è da affrontare la riforma delle concessioni balneari, avviata lo scorso agosto dalla legge sulla concorrenza voluta dall’ex premier Mario Draghi.
«Ci vorrà del tempo per fare le gare, almeno 8 mesi, un anno», spiega Santanchè: prima bisogna realizzare la mappatura dell’esistente. «Lancio una provocazione – prosegue – sarebbe bene prima assegnare quelle spiagge che ora non sono assolutamente servite: se uno va a vedere le cosiddette “spiagge libere”, anche in posti meravigliosi, ci sono tossicodipendenti, rifiuti e nessuno pensa a tenerle in ordine. Ecco, forse potremmo cominciare da lì».
Il ragionamento non finisce qui. La concessione delle spiagge libere «bisogna pensarla molto bene, perché consegnare pezzi del nostro litorale a delle multinazionali non va bene».
Vanno tutelate «peculiarità» rappresentate dagli stabilimenti dove, «a seconda della regione, c’è un certo tipo di ospitalità, di cibo, di accoglienza». Attenzione altissima, quindi: «Mi fa sentire male l’idea che tutto questo sia standardizzato: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melanzane, cose che sono parte dei nostri valori e della nostra identità. Questo mi preoccupa».
E già che in precedenza la ministra aveva premesso con un sorriso amaro che non avrebbe voluto parlare di deleghe che non sono sue: «Come sapete le ha il ministro Musumeci. Giustamente, perché io sono sempre stata tirata in ballo, non mi vergogno di dirlo, per il “famoso” conflitto di interessi, perché sono 20 anni che lavoro in questo settore. Pensavo che le competenze fossero importanti, ma per una parte non bisogna forse essere competenti…». Sicché Santanchè si limita a esprimere una «intenzione politica».
Ben precisa: «Dobbiamo fare le cose bene, non dobbiamo aprire la strada alle multinazionali, non dobbiamo svendere questa parte di patrimonio, come è stato fatto per altri settori. Ci vorrà del tempo per fare delle gare che consentano a chi lavora di poter continuare a farlo, perché rappresentano 30mila aziende e moltissime di queste sono a conduzione familiare»
Le opposizioni prontamente insorgono. «Associare chi ha problemi di tossicodipendenza con i rifiuti per giustificare la privatizzazione e cementificazione delle ultime spiagge libere è indecente», ribatte il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli.
«La ministra Santanchè, proprietaria del Lido Twiga, ha ceduto le sue quote al suo compagno – aggiunge – e oggi propone di consegnare le spiagge libere ai privati. È l’espressione vivente del conflitto d’interessi». Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (Pd) parla di frase «gravissima» e domanda: «Di chi fa gli interessi Santanchè? Del Twiga o dei cittadini?». Il Movimento 5 stelle critica le «esternazioni surreali» della ministra: «Le sue parole sono un mix di inopportunità politica e farsa». Tramonto.
(da la Stampa)

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SI È COSTITUITO AL CARCERE DI OPERA L’EX SOTTOSEGRETARIO ALL’INTERNO DI FORZA ITALIA, ANTONIO D’ALÌ

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

IERI LA CASSAZIONE HA CONFERMATO LA SUA CONDANNA A 6 ANNI DI RECLUSIONE PER CONCORSO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA… SECONDO I GIUDICI, D’ALÌ HA “INTRATTENUTO RELAZIONI CON L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA” ALMENO FINO AL 2006, IN CAMBIO DI UN APPOGGIO ELETTORALE CHE GLI HA CONSENTITO DI ESSERE RIELETTO AL SENATO

Si è appena costituito al carcere di Opera, alle porte di Milano, l’ex sottosegretario all’Interno di Fi Antonio D’Alì. Ieri la Cassazione aveva confermato la sua condanna per concorso in associazione mafiosa.
La Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa e confermato la condanna per concorso esterno all’associazione mafiosa a carico di Antonio D’Alì, ex senatore di FI ed ex sottosegretario all’Interno. Stamane il Pg aveva sollecitato questo verdetto. La condanna dunque diventa definitiva.
Il carcere
L’effetto della condanna definitiva per l’ex senatore D’Alì per concorso esterno è la reclusione in carcere. Secondo le motivazioni depositate l’anno scorso dai giudici della Corte d’Appello di Palermo, «D’Alì ha certamente assunto degli impegni seri e concreti a favore dell’associazione mafiosa e ciò lo si può desumere dalla sua già stabile, affidabile, comprovata e ventennale disponibilità a spendersi in favore di Cosa nostra».
Il politico, che è stato anche sottosegretario all’Interno dal 2001 al 2005, secondo i giudici avrebbe «intrattenuto relazioni con l’associazione mafiosa», almeno, fino al 2006, agevolando la mafia di Matteo Messina Denaro, tuttora ricercato. Il processo d’Appello bis era iniziato dopo l’annullamento con rinvio della Corte di Cassazione della precedente sentenza di assoluzione, in cui era stato prescritto per i fatti precedenti al 1994, con un metodo giudicato come «una cesura illogica» tra i due periodi.
Il nuovo processo ha dunque sostenuto che «D’Alì ha concluso nel 2001 (dopo una invero già ventennale disponibilità verso il sodalizio mafioso) un patto (l’ennesimo) politico/mafioso con Cosa nostra in forza del quale il sodalizio gli ha garantito l’appoggio elettorale che ha consentito all’imputato di essere nuovamente eletto al Senato (elezione che poi ha costituito da viatico per l’acquisizione dell’incarico di sottosegretario al ministero dell’Interno», si legge nella sentenza), rispetto all’accordo che sarebbe proseguito fino al 2006, anno in cui si concluse la legislatura.
(da agenzie)

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LA PASSIONE PER IL VOLO E UNA CARRIERA BRILLANTE

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

CHI ERA FABIO ALTRUDA, IL PILOTA DELL’EUROFIGHTER PRECIPITATO A TRAPANI

Solo 33 anni e una passione per il volo a cui aveva deciso di dedicare la vita. Fabio Antonio Altruda, originario di Caserta, è il giovane pilota trovato morto poche ore fa dopo che l’Eurofighter che stava guidando è precipitato mentre rientrava alla base di Trapani Birgi.
Ufficiale dell’Aeronautica, Altruda si era formato come pilota in Campania. Prima nella scuola militare Nunziatella di Napoli e poi nel 2007, nel corso Ibis 5° dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, era infine atterrato nella base siciliana nel 2021 nel 37esimo Stormo di Trapani come Pilota combat ready su velivolo Eurofighter. Nella sua carriera aveva partecipato più volte a operazioni fuori dai confini nazionali in attività di air policing Nato.
Un compito importante che anche in questi mesi di conflitto in Ucraina vede coinvolti diversi caccia del 37° Stormo. Giovanissimo, eppure con una grande esperienza acquisita, il pilota contava centinaia di ore di volo effettuate proprio a bordo di uno di quei caccia che nella giornata di ieri, 13 dicembre, gli è costato la vita. Mentre colleghi e amici riempiono le bacheche social di ricordi commossi e saluti increduli, l’Areonautica militare ha avviato un’inchiesta che ora avrà il compito di accertare quello che è successo negli attimi in cui la torre di controllo della base siciliana ha perso i contatti con il 33enne, e il perché dal caccia non sia arrivata nessuna richiesta di soccorso.
«Un pilota non muore mai»
«È stato mio allievo durante il corso di diritto della navigazione aerea. Cieli blu caro Fabio», scrive uno dei suoi ex istruttori Antonio De Rosa in suo ricordo, «che tu possa riposare in pace vicino ai colleghi che nei miei 38 anni di Aeronautica ho conosciuto ed ho visto purtroppo cadere. Sono vicino ai suoi familiari e soprattutto ai suoi genitori straziati dal dolore per la perdita di un figlio tanto amato». Celibe, Altruda aveva lasciato la sua regione d’origine per sposare la terra siciliana che da poco più di un anno lo aveva accolto. La sua famiglia è invece rimasta a Cardito, in provincia di Napoli, dove il 33enne sarebbe dovuto tornare per trascorrere insieme ai cari le feste natalizie.
Nella base siciliana il pilota aveva trovato la sua seconda casa, conquistando in brevissimo tempo tutti i colleghi, oggi increduli per ciò che è accaduto. Il tweet ufficiale dell’Aeronautica ha raccolto la commozione di tutti gli allievi e i piloti che hanno conosciuto il giovane: «Cieli Blu Fabio. Un grande dolore ha stretto il cuore di tutti noi, abbiamo sperato fino all’ultimo di ricevere una buona notizia». E ancora: «Un pilota non muore mai, vola solo più in alto».
(da agenzie)

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MANOVRA, ITALIA META’ PROMOSSA, META’ BOCCIATA

Dicembre 14th, 2022 Riccardo Fucile

“RACCOMANDAZIONI NELL’INSIEME RISPETTATE”, MA BOCCIA IL GOVERNO SU POS, CONTANTE E PENSIONI

L’Italia rispetta complessivamente le raccomandazioni per il 2023, ma ci sono alcune misure «non in linea» con quanto richiesto dall’Ue sulla lotta all’evasione fiscale.
È un giudizio negativo, almeno in parte, quello della Commissione europea che ha valutato il documento di finanza pubblica presentato dal governo Meloni alle istituzioni comunitarie. L’innalzamento del tetto alle transazioni in contanti, che invece di abbassarsi a mille euro passerebbe da 2 a 5mila euro, viene bocciato.
E così anche la cancellazione delle cartelle esattoriali inferiori ai mille euro, che viene considerata «equivalente a un condono». E poi il limite a 60 euro per le transazioni con il Pos, sotto al quale gli esercenti possono rifiutarsi di accettare il pagamento elettronico, che ora il governo vorrebbe abbassare a 40 euro ma nella sostanza poco cambia.
Infine, «il rinnovo, con criteri di età più severi, nel 2023 dei regimi di pensionamento anticipato scaduti a fine 2022». Nella sua valutazione, la Commissione ha ricordato gli impegni presi dall’Italia negli ultimi giorni, e le sollecitazioni delle istituzioni europee per «ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l’efficienza del sistema». Nell’ottobre 2021, l’esecutivo Draghi aveva presentato un progetto di legge delega per soddisfare le richieste dell’Unione europea, in cui erano inseriti i principi chiave per una riforma del sistema fiscale italiano. «Tuttavia la legge delega non è stata approvata dal Parlamento», ricorda Bruxelles.
«Il progetto di bilancio prevede misure che non sono coerenti con le precedenti raccomandazioni specifiche per il Paese» scrive, in sintesi, la Commissione, sottolineando che l’Italia «non ha ancora compiuto progressi per quanto riguarda la parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio contenute nella raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2022» e invitando il governo ad agire.
(da Open)

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