Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL MEDICO: “RISCHIO EDEMA CEREBRALE, E’ IN PERICOLO DI VITA”
«Tutti i valori sono in calo e c’è rischio di edema cerebrale». Angelica Milia,
dottoressa di fiducia dell’anarchico Alfredo Cospito, ha visitato l’anarchico detenuto nel carcere di Bancali, a Sassari, in regime di 41 bis. E ha lanciato un allarme sulle condizioni di salute del suo paziente: «Sono in peggioramento – ha riferito -. Nel momento in cui supera il catabolismo glicemico lui rischia».
Si sono ridotti i livelli di emocromo, linfociti, leucociti, «tutti quei globuli che servono per la lotta contro le infezioni».
Il medico ha anche raccontato che Cospito, la scorsa notte, è scivolato nella doccia, forse a causa di un mancamento, e si è rotto il setto nasale. «Alfredo è stato curato nella clinica di Otorinolaringoiatria per ridurre la frattura scomposta alla base del naso, ma ha perso molto sangue, è debole, ha difficoltà ad avere una normale termoregolazione corporea». Il medico segnala che il paziente corre il pericolo concreto di un edema cerebrale.
«Ha le piastrine molto basse – spiega la dottoressa – anche un piccolo taglio può provocare una forte emorragia che, viste le sue condizioni generali di salute e il fatto che non si stia alimentando da cento giorni, può avere conseguenze gravissime. Dopo la caduta di stanotte e le cure ricevute in clinica, ora è molto provato ma il dolore al naso si è ridotto. Non riesce però ad avere una termoregolazione normale, indossa tre pantaloni e quattro maglioni per cercare di riscaldarsi. È chiaro – ha sottolineato il medico – che non possa continuare a rimanere in questo carcere, deve essere trasferito in una struttura che possa garantirgli assistenza sanitaria adeguata». Non solo, il detenuto fatica a camminare e ha iniziato a far uso della sedia a rotelle per spostarsi. Un quadro estremamente delicato, che ha spinto la dottoressa Milia a rispondere con un chiaro «sì» alla domanda se Cospito rischi la vita rivoltale in diretta a Radio Onda d’Urto.
L’appello a Mattarella di Alleanza verdi e sinistra
«Le condizioni di Alfredo Cospito sono in lento peggioramento, secondo quanto ha reso noto il suo legale. Aspettavamo purtroppo questo aggiornamento. Di fronte al gravissimo pericolo di vita che sta correndo una persona detenuta, considerato che il ministro Nordio non ha ritenuto sino ad ora di accogliere l’appello per la vita di Alfredo Cospito, chiediamo che intervenga il presidente Mattarella con gli strumenti costituzionali a sua disposizione, al fine di impedire una conclusione drammatica di questa vicenda. Non si giochi sulla pelle di Cospito una partita politica pro o contro il 41 bis. Ora la priorità è salvare la vita di Cospito». Così Luana Zanella e Peppe De Cristofaro, capigruppo dell’Alleanza verdi e sinistra di Camera e Senato.
(da agenzie)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
PAPA FRANCESCO HA RICORDATO CHE IL PREDECESSORE DELL’IMPRENDITORE E’ IL MERCANTE
Ricevendo in Vaticano il capo di Confindustria Carlo Bonomi, Papa Francesco ha ricordato che il predecessore dell’imprenditore è il mercante. Ma si è dimenticato, diplomaticamente, che al Tempio Cristo arronzò duramente i mercanti e concluse l’happening prendendoli a frustate: “Voi fate della Casa di Dio un luogo di ladri e di bari”.
È più o meno fra il Trecento e il Quattrocento che con i mercanti, divenuti una forte classe sociale, ha inizio la “lunga marcia” che porterà all’odierno capitalismo.
Prima i mercanti, in tutte le culture, erano considerati l’ultimo gradino della società, solo poco al di sopra degli schiavi.
In Giappone il samurai non solo non può maneggiare denaro, cosa disprezzatissima, ma nemmeno pensare in termini di denaro.
Francesco di Marco Datini, il famoso mercante di Prato, per salvarsi l’anima metteva in cima ai suoi precisissimi rendiconti la formula “in nome di Dio e del denaro”.
Partita da Firenze la lunga marcia del denaro arriverà nel bobbiese, poi nelle Fiandre. Di pari passo con l’espansione della classe dei mercanti va quella delle banche. In origine, con l’eccezione dei due secoli del cosiddetto “capitalismo antico” in Grecia e in Roma che peraltro era molto lontano da quello moderno, le banche erano semplici istituti di deposito, cioè si faceva custodir loro i soldi per premunirsi dai furti. In seguito, con gli inizi del capitalismo moderno, le banche cominciano a investire i quattrini dei depositanti facendo ricadere una buona parte dei rischi d’impresa sui correntisti, cioè sui risparmiatori, i fessi istituzionali del gran gioco del denaro che non hanno capito che il denaro va mobilitato il più possibile e non tenuto fermo per essere impallinato.Poiché a ogni credito corrisponde un debito e come scrive Vittorio Mathieu in Filosofia del denaro: “i debiti alla lunga non vengono onorati”.
Non per nulla i ricchi che di queste cose se ne intendono hanno più debiti che crediti mentre l’uomo comune è obbligato a tenersi stretto il suo risparmio in previsione di qualche accidente, insomma per non vedersi messo sul lastrico da un giorno all’altro. Le banche sono usuraie. Lo ha detto a chiare lettere la scuola di Tommaso D’Aquino e dei suoi seguaci, Alberto Magno, Nicola Oresme, Giovanni Buridano, Gabriel Biel, Molina, De Lugo.
Il tomismo ha condotto una lunga, generosa e a volte vincente (perché la Chiesa aveva presa sulle istituzioni pubbliche) battaglia non solo contro l’usura ma contro l’interesse, col sottile argomento che “il tempo è di Dio e non può essere oggetto di mercato”. Inoltre il tomismo si è affannato a cercare il “giusto prezzo”, ma il “giusto prezzo” non poteva che essere determinato dall’incontro della domanda e dell’offerta.
Nell’Africa Nera si è cercato di sfuggire a questo meccanismo attraverso il baratto. Ma con l’avvento del colonialismo questo sistema fu sfondato. I colonizzatori misero una tassa su ogni capanna per cui l’agricoltore doveva necessariamente cercare un surplus per onorare questa tassa. Canta un poeta africano: “com’erano belli i tempi in cui se io avevo pepe e tu sale, io ti davo il mio pepe e tu il tuo sale” senza stare a guardare se uno valesse più dell’altro.
È in questo modo che abbiamo assassinato l’economia e insieme ad essa la cultura africana. I risultati si vedono proprio oggi. Ai primi del Novecento l’Africa Nera era alimentarmente autosufficiente, lo era in buona sostanza, al novantotto% nel 1968.
Cosa è successo nel frattempo? Poiché il modello di sviluppo che chiamiamo occidentale, basato sulle crescite esponenziali che esistono in matematica (tu puoi sempre aggiungere un numero) ma non in natura questo modello è alla perenne ricerca di mercati . E quindi anche l’Africa, per quanto povera ma ricca di abitanti diventava un mercato appetibile e necessario.
Da qui il passaggio alla fame nuda e cruda è stato breve quanto inevitabile. Di qui anche le migrazioni, soprattutto verso l’Europa, che tanto ci spaventano. Le navi esistevano anche negli anni Sessanta del secolo scorso, ma non si erano mai visti neri africani affrontare il pericolosissimo deserto della Libia, divenuto tale dopo il brutale assassinio del colonnello Muhammar Gheddafi, pagare taglie agli scafisti che a loro volta le pagano all’Isis, per poter lasciare quelle coste e affrontare su barconi periclitanti, destinati spesso al naufragio, il mar Mediterraneo.
La globalizzazione ha esasperato tutti i tratti negativi del neocapitalismo. Nei decenni si assiste a una sempre maggior finanziarizzazione del sistema, oggi la maggiore potenza non è nelle mani degli Usa o della Cina ma del mercato, questo mostro anonimo senza identità. In fondo un dittatore si può sempre sperare di abbatterlo con i nostri fucilini a tappo, mentre non si può colpire il cuore del mercato semplicemente perché non c’è.
Massimo Fini
(da il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
LO STOP AL COLPO DI MANO CON CUI IL CARROCCIO HA TENTATO DI RIPROPORRE ALCUNI CAPISALDI DEL VECCHIO DECRETO SALVINI IN TEMA DI PERMESSI DI SOGGIORNO E DI GESTIONE DELL’ACCOGLIENZA SUI MIGRANTI È ARRIVATO DA DUE ESPONENTI DELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO, NAZARO PAGANO DI FORZA ITALIA E SALVATORE DEIDDA DI FRATELLI D’ITALIA
Si spacca il fronte della maggioranza sul tema immigrazione. E in modo
clamoroso. Tutti e quindici gli emendamenti a firma leghista al decreto Piantedosi sono stati dichiarati inammissibili dai presidenti delle due commissioni, la prima e la nona, che in modo congiunto stanno conducendo l’iter di approvazione del provvedimento che approderà in aula il 2 febbraio.
Lo stop al colpo di mano con cui la Lega aveva tentato di riproporre alcuni capisaldi del vecchio decreto Salvini in tema di permessi di soggiorno e di gestione dell’accoglienza sui migranti è arrivato da due esponenti della maggioranza di governo, Nazaro Pagano di Forza Italia e Salvatore Deidda di Fratelli d’Italia.
§Stizzita la reazione di Igor Iezzi, capogruppo della Lega in commissione Affari costituzionali e primo firmatario di tutti gli emendamenti. che ha definito “curiosa” la decisione. “Quanto sta avvenendo è gravissimo, perché le ammissibilità non possono sottostare a ragionamenti politici. Che siano dichiarati inammissibili questi emendamenti a un decreto il cui titolo riguarda la gestione dei flussi è un controsenso”
Oltre ai 14 emendamenti della Lega sui 16 presentati ne sono stati dichiarati inammissibili un’altra ventina. I ricorsi vanno presentati oggi entro le 18. Esultano le opposizioni: “La Lega ha tentato un blitz per riscrivere la normativa sui permessi di soggiorno, sulla protezione speciale, sul trattenimento nei centri per il rimpatrio e su altre materie attraverso emendamenti totalmente estranei all’oggetto del provvedimento ossia il salvataggio in mare. Il tentativo evidente era quello di riesumare i decreti Salvini”.
(da La Repubblica)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
“PENSO SI SIA ARRESO DUE ANNI E MEZZO FA. LUI SAPEVA CHE QUEL GIORNO SAREBBE STATO CATTURATO. QUELLO CHE È STATO TROVATO NEI COVI LO HA MESSO LUI PERCHÉ SAPEVA CHE SAREBBERO ENTRATE LE TELECAMERE. I POSTER DI SCARFACE, JOCKER? MESSAGGI CHIARI. STA FACENDO DEL MARKETING PER DIRE ALL’ESTERNO CHE È ANCORA VIVO”
Matteo Messina Denaro sapeva che sarebbe stato arrestato, almeno secondo l’idea che si è fatto il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura. Ex reggente della cosca ‘ndranghetista dei Vrenna-Bonaventura che comandava su tutta la zona del Crotonese, nel 2006 ha deciso di cambiare la vita che lui sostiene gli “era stata imposta”, e da allora vive, pentito, nascosto sotto protezione.
Oggi parla ai microfoni di LaPresse dell’arresto del boss trapanese: “Penso che si sia arreso due anni e mezzo fa, ha cominciato a lasciare tracce fino a quando non si è fatto trovare”, afferma Bonaventura.
E’ convinto che Messina Denaro abbia scelto di farsi trovare. “Qualcosa è cominciato a trapelare quando lui ha cominciato a lasciare le tracce come Pollicino. Io penso che si sia arreso due anni e mezzo fa”. E tutto quello che ora gli inquirenti trovano è “quello che lui voleva si sapesse”, prosegue Bonaventura.
“Lui sapeva che quel giorno sarebbe stato catturato. Quello che è stato trovato nei suoi covi lo ha messo lui perché sapeva che sarebbero entrate le telecamere. I poster di Scarface, Jocker? Erano dei messaggi chiari. Sta facendo del marketing per dire all’esterno che è ancora vivo”, racconta ancora il collaboratore di giustizia.
Lui, la mafia siciliana, soprattutto quella trapanese e palermitana, dice di conoscerla bene: suo nonno era Luigi Verna, detto U’Zirru, capobastone negli anni ’70 al pari dei Piromalli e dei Macrì, amico intimo di Nitto Santapaola. “Con loro – spiega – ci sono stati sempre legami molto stretti”. Il collaboratore di giustizia parla anche delle intercettazioni: “Sono gli strumenti più potenti in assoluto che la magistratura e gli inquirenti hanno a disposizione assieme ai collaboratori di giustizia”, dice.
“Le intercettazioni sono importantissime – dice – perché hanno fatto partire tante indagini che altrimenti non sarebbero mai partite”. “Devono essere a tutto tondo – spiega ancora Bonaventura – perché il boss non lo freghi, è difficile che lo intercetti, ma servono per prendere chi pensa di essere intoccabile o magari è inesperto”. “I capi mafia fanno una vita da buddista, non usano il telefono, non usano i social, non usano niente. Comunicano con poche parole e al momento giusto con le persone giuste”, continua il collaboratore calabrese. E proprio per questo Messina Denaro ha – a suo parere – voluto farsi trovare.
Luigi dal 2006 si batte in decine di processi e con tante iniziative sociali contro la ‘ndrangheta, per fare questo mette a rischio ogni giorno la sua vita e quella dei suoi famigliari, per questo lancia un monito: “Il giorno dell’arresto di Messina Denaro si è parlato troppo facilmente, forse anche in buona fede, di vittoria. Questa non è una vittoria, perché altrimenti passa il messaggio che il tempo della mafia è finito”. Anche l’idea di fare diventare il giorno dell’arresto una “giornata nazionale contro la mafia”, la ritiene sbagliata. “E’ come il 25 aprile, la giornata della Liberazione, ma quella fu veramente una liberazione dal nazifascismo, la mafia, invece, oggi è ancora viva”, conclude.
(da La Presse)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
OGGI, SULLO STESSO DITO, QUEL TATUAGGIO È STATO CAMUFFATO DA UN GHIRIGORO MAORI, CHE RENDE IRRICONOSCIBILE IL VOLATILE
Se Rampelli si è visto escludere per l’ennesima volta dal podio dei candidati, e
se i meloniani ora plasticamente obliterano la prevalenza rampelliana che fu con Giovanni Donzelli, fedelissimo della premier nominato commissario a Roma, ai Gabbiani in generale tocca in sorte anche l’oblio iconografico sul dito di Chiara Colosimo, giovane deputata meloniana ed ex rampelliana, colei che all’anulare sinistro, in altri tempi, si era fatta tatuare proprio un gabbiano, e che invece oggi, sullo stesso dito, sfoggia un tatuaggio aggiuntivo che camuffa il precedente, sorta di ghirigoro maori che avviluppa il gabbiano fino a renderlo irriconoscibile.
E forse l’oblio del simbolo all’anulare in parte è anche letterario, ché oggi, in FdI, si fa sentire anche una lieve stanchezza verso il Tolkien guru e autore de “Il Signore degli Anelli”, romanzo di formazione dei Gabbiani d’antan.
Non bastasse, la pattuglia dei parlamentari rampelliani (Milani, Rampelli, Lavinia Mennuni, Andrea De Priamo, Federico Mollicone e Marco Scurria, anche cognato di Rampelli) si trova a dover fronteggiare in Parlamento l’esercito dei meloniani fino a poco tempo fa capeggiati dall’attuale ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida (cognato anche lui, ma di Giorgia Meloni).
Un Lollobrigida che in pratica si trova dalla parte meloniana della storia, ma che in teoria è legato a Rampelli da eterno vincolo di riconoscenza, a partire dal lontano schiaffo dato dall’attuale vicepresidente della Camera, allora coordinatore regionale del partito finiano, a Checchino Proietti, storico autista e factotum di Gianfranco Fini, reo di non essersi speso per la candidatura di Lollobrigida in quel di Subiaco.
E se non c’è Rampelli, sulla graticola della giovanile esuberanza di mezza età che percorre FdI, ecco che ci finisce il presidente del Senato Ignazio La Russa, unico di recente a opporsi, invano, al ritiro dalla rosa dei papabili per la vicepresidenza del Csm di Giuseppe Valentino, finito nel mirino grillino in quanto indagato.
E insomma, sia come sia, ieri sera i rampelliani alzavano la testa. “Ho letto sui giornali di oggi titoli misteriosamente uguali che riguarderebbero un mio commissariamento a opera del Presidente nazionale di Fratelli d’Italia.Tengo intanto a precisare che non ricopro ruoli commissariabili, quindi si è in presenza di titoli sicuramente a effetto ma del tutto infondati. Sono impegnato al fianco di Francesco Rocca per vincere le elezioni regionali con tutta la coalizione”, diceva Rampelli.
Mentre Milani annunciava di aver chiesto il reintegro: “E’ stato un fulmine a ciel sereno…ho chiesto, argomentando, alla presidente Meloni di ripensare alla sua decisione basata su false informazioni che le sono pervenute. Tutte totalmente infondate, chiedo di accertarle prima di assumere decisioni che possano avere forte impatto negativo nella maggioranza del partito romano. Se viceversa saranno confermate sarò io stesso a dimettermi”.
E il sipario calava, in attesa della notte e del secondo atto.
(da il Foglio)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
LO RIPORTA IL NEW YORK TIMES CHE HA ANALIZZATO LE IMMAGINI SATELLITARI DELL’AREA NOTANDO IL RECENTE AMPLIAMENTO DEL CIMITERO CHE COINCIDE CON L’OFFENSIVA RUSSA PER GUADAGNARE TERRENO NELL’UCRAINA DELL’EST
Il cimitero russo noto per essere usato dai mercenari di Wagner è cresciuto rapidamente negli ultimi mesi, mostrando come il gruppo sta pagando l’invasione dell’Ucraina. Lo riporta il New York Times che ha analizzato le immagini satellitari dell’area notando il recente ampliamento del cimitero che coincide con l’offensiva russa per guadagnare terreno nell’Ucraina dell’est.
Un’immagine satellitare del 24 gennaio, spiega il quotidiano, mostra 170 sepolture nell’area del cimitero dove si trovano di solito i soldati di Wagner, un numero quasi sette volte superiore alla stessa immagine di due mesi fa. Il cimitero del gruppo in Russia, che si trova nelle vicinanze del villaggio di Molkin dove addestra i suoi uomini, è stato reso pubblico in dicembre da Vitaly Wotanovsky, attivista ed ex dell’aeronautica russa.
Per anni i mercenari di Wagner hanno mantenuto un basso profilo nelle loro operazioni in paesi quali la Siria, la Libia e in Africa. ma dall’inizio della guerra in Ucraina, il gruppo è salito alla ribalta con video promozionali e ripetute dichiarazioni sulla sua potenza, rilasciate dal volto pubblico dell’irganizzazione Yevgeny Prigozhin.
(da agenzie)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL CAV E IL CAPITONE HANNO FATTO DI TUTTO PER RIMETTERE IN DISCUSSIONE LA LINEA DEL GOVERNO ITALIANO DI APPOGGIO A ZELENSKY
Il parlamento ha appena votato a favore del decreto che proroga fino al 31
dicembre la possibilità per il governo di inviare armi a Kiev attraverso atti interministeriali, cioè senza passare dallo scrutinio delle Camere. […] Varie fonti confermano che l’attesa molto più lunga del previsto per il decreto sul sesto pacchetto e la prudenza semantica sulla natura del supporto del governo Meloni a Kiev si devono al fatto che Lega e Forza Italia stanno continuando a tenere le posizioni filorusse che hanno sempre caratterizzato i loro leader Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Non tanto in parlamento, dove restano allineati con la maggioranza, ma nelle interlocuzioni dirette all’interno del governo§In questi giorni Berlusconi – che ancora pochi mesi fa diceva «la guerra è colpa di Zelensky» – e Salvini, leader di un partito ancora formalmente gemellato con la putiniana Russia Unita, hanno fatto pressioni sul ministro della Difesa Guido Crosetto perché il pacchetto di aiuti militari venisse rimesso in discussione. La notizia è arrivata agli americani che non hanno affatto gradito
Il ministro Crosetto ha retto e respinto le pressioni. Fonti di Fratelli d’Italia confermano la differenza di vedute e dicono che c’è stato bisogno di spiegare e convincere leghisti e forzisti della necessità di tenere una linea ferma sull’Ucraina. [Giorgia Meloni è uno dei pochi capi di governo della coalizione a sostegno di Zelensky a che non è ancora andata a Kiev
(da Domani)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO ECONOMICO È ENTRARE DI PREPOTENZA NEL RICCHISSIMO BUSINESS SANITARIO LOMBARDO
Il futuro e la forma del centrodestra si decidono da questa operazione. La chiamano operazione “Fox Meloni”, Fox da Fox News, la televisione americana repubblicana e conservatrice. L’idea: possedere tre quotidiani d’area, schierarli a favore del governo Meloni e rendere evidente il “disimpegno” di Silvio Berlusconi. E’ il piano che insegue il gruppo Angelucci, editore di Libero e il Tempo.
A Roma, nella maggioranza, viene ora definito “un piano politico prima ancora che editoriale”. Si costruirebbe un polo notevole formato da Libero, il Giornale, la Verità, Il Tempo. Direttori e firme di quei giornali vengono da esperienze comuni e sono ospiti fissi nelle trasmissioni Mediaset. E’ carta stampata ma è come se fosse televisione.
A fine dicembre è stata firmata una lettera di intenti tra la società che edita il Giornale e il gruppo Angelucci. In queste ore è al lavoro una “due diligence” (lo scambio di dati tra le due società) che si avvia alla conclusione. Tra pochi giorni è prevista la firma. Da quel momento passano altri quaranta giorni. Lo stato può infatti esercitare la golden share. A Milano viene garantito che se Berlusconi non dovesse cambiare idea entro 48 ore “la vendita è fatta”.
La figura che lavora alla “Fox news Meloni” è Antonio Angelucci, deputato della Lega e in passato di FI. E’ lo stesso che sta trattando con Maurizio Belpietro il possibile acquisto della Verità. E’ un giornale fondato dopo uno scontro violentissimo tra la famiglia Angelucci e Belpietro. Il rapporto tra Belpietro e Angelucci si è risanato ed entrambi potrebbero avere benefici dalla cessione. Belpietro può capitalizzare l’investimento, Angelucci aggiungere un quotidiano che farebbe inevitabilmente concorrenza a Libero e Giornale.
Si incrociano dunque politica, affari, editoria. Gli Angelucci che operano nel business della sanità, forti nel Lazio, si preparano a intercettare il cambio d’epoca in Lombardia. Alle prossime elezioni regionali FdI farà il grande risultato e avrà voce in materia sanitaria. Nello stesso tempo FdI ha presentato un emendamento a firma del deputato Walter Rizzetto per il prepensionamento delle aziende editoriali in crisi, emendamento che risulta importantissimo per risanare un’azienda come il Giornale.
La Verità ha come firme due volti noti di Mediaset come Paolo Del Debbio e Mario Giordano. L’altro volto di Mediaset è Nicola Porro che è vicedirettore de il Giornale. Gli Angelucci potrebbero proporre a Porro la direzione ad acquisto avvenuto.
(da il Foglio)
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Gennaio 26th, 2023 Riccardo Fucile
IN CAMBIO, LA “TIE” DOVREBBE PROCACCIARE VIAGGIATORI A “ITA”. MA È DAVVERO COSÌ? MICA TANTO – I PUNTI IN COMUNE TRA L’AD DELLA COMPAGNIA, FABIO LAZZERINI, E GIOVANNI PRANDI, AMMINISTRATORE DI TIE (CHE PORTANO A PD E CGIL)
Ita è messa così male che fatica a trovare un compratore anche se il prezzo di
vendita è ormai ridotto a livello di un saldo. Detenuta al 100 per cento dal ministero dell’Economia, ora guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti, la giovane azienda pubblica non rinuncia però al marchio di fabbrica che l’ha contraddistinta fin dalle origini: la prodigalità.
Ita spende e spande milioni e milioni di euro in iniziative dal ritorno economico assai dubbio, quattrini non suoi, ma dei contribuenti. […] L’ultima Profusione di denaro pubblico che Domani ha scoperto si chiama True Italian Experience (Tie), una piccola Piattaforma on line emiliana per la promozione del turismo italiano nel mondo. Tie si trova nell’invidiabile circostanza di essere remunerata da Ita mese dopo mese con centinaia di migliaia di euro in cambio di ben poco.
In base a un contratto firmato il 27 dicembre 2021 Ita ha sborsato favore di Tie 4 milioni e 505 mila euro fino alla fine dell’anno passato. Così suddivisi: 901 mila euro per le attività svolte nel 2021, cioè per appena cinque giorni, ultimo dell’anno incluso. Il resto, pari a 3 milioni e 604 mila euro suddivisi in dodici rate mensili di 303.333,33 euro più Iva fino alla fine del 2022.
Il contratto prevede anche un secondo tempo e una nuova elargizione: altri 10 milioni e 250.400 euro per il periodo 2023-2024-2025 frazionati in 36 rate mensili di 284.733,33 euro più Iva. In cambio di questa pioggia di soldi la piattaforma Tie dovrebbe incrementare il turismo mondiale verso l’Italia impegnandosi a convogliare i viaggiatori sugli aerei di Ita.
Il senso dell’affare dovrebbe essere proprio questo: la compagnia aerea ha acquistato l’esclusiva di Tie, cioè si è assicurata che tutti i clienti della piattaforma turistica usino solo aerei Ita per spostarsi in volo da una parte all’altra del globo verso l’Italia.
Da parte sua Tie dovrebbe procacciare i viaggiatori alimentando così i ricavi della compagnia di Fiumicino. A Domani risulta però che finora i clienti fatti salire sugli aerei di Ita grazie al lavoro di incentivazione di Tie sono uno sparuto manipolo, irrisorio dal punto di vista degli incassi.
I protagonisti di questa storia sono due: Fabio Lazzerini da parte di Ita e Giovanni Prandi per Tie. I due hanno molti punti in comune. Lazzerini è l’amministratore delegato della compagnia, un manager con un curriculum pieno di esperienze nel settore del turismo, compresa quella di amministratore dell’Ente nazionale del turismo (Enit) […]. In più Lazzerini si è procurato molti agganci con la politica, soprattutto il Pd lato Dario Franceschini, ex vice segretario del partito e ministro del Turismo.
Prandi è l’amministratore di Tie, un personaggio poliedrico, capace di saltare dall’imprenditoria tessile alla consulenza aziendale con la Figc, la federazione del calcio, dal turismo all’editoria con una radio, Radio Bruno. Anche lui orbita nell’area del centrosinistra: il segretario della Cgil, Maurizio Landini, appena insediato e dopo aver fatto fuori lo storico portavoce, Massimo Gibelli, per fare comunicazione si è affidato ad Assist Group, una struttura di Prandi, definito dai giornali un «amico del segretario» sindacale.
Nella giostra dei potenziali acquirenti che si affacciano su Ita e scappano o sono indotti a fuggire, ora è il turno di Lufthansa. Dicono che i tedeschi siano preoccupati per la polvere nascosta sotto i tappeti di Ita, come questa strana storia di Tie o come quella appena avviata che riguarda alcuni dirigenti licenziati da Lazzerini, per i quali in ballo ci sono indennizzi multimilionari.
(da Domani)
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