Febbraio 13th, 2023 Riccardo Fucile
I DUE PRESIDENTI MANDANO FRECCIATE A BOLSONARO E TRUMP: “IL BRASILE È STATO ISOLATO DAL MONDO PER QUATTRO ANNI: FAKE NEWS AL MATTINO, AL POMERIGGIO E LA SERA”
«Il Brasile è stato isolato dal mondo per quattro anni: fake news al
mattino, al pomeriggio e la sera», ha detto il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, in visita a Washington. «Suona familiare» ha replicato Joe Biden, accogliendolo nello Studio Ovale. «Entrambe le nostre nazioni sono state messe alla prova di recente, entrambe respingono la violenza politica».
Poco più di 24 ore per dimostrare all’America, e al mondo, che il Brasile è tornato e vuole contare sullo scenario internazionale. È stata una giornata intensissima per il non più giovane (77 anni) Lula, che in mattinata aveva colto l’occasione per rivedere qualche vecchio amico di sinistra. Il primo faccia a faccia è stato con Bernie Sanders
Quindi, ha incontrato tre deputati del partito democratico tra cui Alexandria Ocasio-Cortez che, dopo l’assalto ai palazzi del potere di Brasilia lo scorso gennaio, era stata tra i primi a chiedere a Biden di «non dare rifugio» all’ex presidente Bolsonaro in Florida.
Nel pomeriggio, prima del vertice con Biden, il presidente brasiliano ha detto a Christiane Amanpour della Cnn che Bolsonaro è «un falso emulatore di Trump che non ha alcuna chance di tornare alla presidenza».I due leader sono sulla stessa lunghezza d’onda sulla condanna all’estremismo politico e la difesa dell’ambiente.
Biden ha parlato di una ripresa dei finanziamenti al Fondo Amazzonia, oggi sostenuto solo da Norvegia e Germania, che erano stati sospesi nel 2019 a causa dell’aumento della deforestazione sotto Bolsonaro. Molto distanti, invece, le posizioni sulla guerra in Ucraina.
Pur dichiarando alla Cnn che Kiev «ovviamente ha il diritto di difendersi», Lula ha ripetuto ieri che non invierà munizioni: «Non voglio unirmi alla guerra, voglio porre fine alla guerra».
(da “Corriere della Sera”)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 13th, 2023 Riccardo Fucile
DUE GRUPPI REPUBBLICANI POTREBBERO INCANALARE MILIONI DI DOLLARI NELLA CAMPAGNA ELETTORALI, MA LA MANCANZA EDI COORDINAMENTO TRA QUESTI GRUPPI POTREBBE GIOCARE A FAVORE DI TRUMP
La battaglia per il futuro del partito repubblicano e’ uno scontro tra gli interessi dei suoi grandi donatori e gli elettori della base. I donatori, rivela Axios, stanno in gran parte cercando un’alternativa a Donald Trump per il 2024, ma il tycoon mantiene ancora una forte presa sulla sua base populista che gli ha assicurato la vittoria nel 2016.
A cercare di impedire che l’ex presidente vinca la nomination sono in particolare due gruppi repubblicani di orientamento ultraliberale: Americans For Prosperity (Afp), fondato dai fratelli miliardari Charles e David Koch, e il Club for Growth, che stanno pianificando di incanalare milioni di dollari nella campagna presidenziale per far perdere Trump. Il primo ha annunciato che sosterra’ uno specifico candidato entro l’estate, il secondo e’ meno probabile che si coalizzi intorno ad un solo sfidante.
Il Club ha gia’ invitato al proprio summit in Florida il prossimo mese il governatore della Florida Ron DeSantis, l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, l’ex vicepresidente Mike Pence, l’ex segretario di stato Mike Pompeo, il senatore Tim Scott e il governatore della Virginia Glenn Youngkin. Trump invece non e’ stato invitato. Il Club for Growth aveva speso pesantemente (e inutilmente) contro il tycoon nel 2016, mentre Afp era rimasto fuori dalla competizione presidenziale sia nel 2016 che nel 2020.
La sfida piu’ grande per questi gruppi di finanziatori e’ la mancanza di coordinamento su un messaggio o una strategia. E questo andare in ordine sparso potrebbe favorire Trump, insieme al fattore tempo. “Come abbiamo visto nel 2016, il momento di fare la differenza è all’inizio. Il denaro può arrivare troppo tardi quando le narrative sono già fatte”, ha osservato uno stratega repubblicano che si occupa di presidenziali.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 13th, 2023 Riccardo Fucile
COSA RENDE IL SERVIZIO INTERNET DI SPACEX COSI’ IMPORTANTE PER KIEV
Da qualche giorno è ricominciato il braccio di ferro tra Elon Musk e il
governo ucraino. Il miliardario sudafricano, infatti, starebbe pensando di bloccare l’accesso a Starlink ai droni militari dell’esercito di Kiev. Starlink è il servizio di internet satellitare a banda larga messo a punto da SpaceX, l’azienda aerospaziale dello stesso Musk.
Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il proprietario di Twitter e Tesla aveva deciso di donare a costo zero l’accesso al servizio internet a tutti i reparti militari di Kiev impegnati nella resistenza contro l’esercito russo. A distanza di meno di un anno da quella decisione, però, Musk teme che Starlink sia utilizzato sempre più per scopi militari offensivi e non come semplice mezzo di difesa.
Da qui la decisione, ancora non ufficiale, di voler interrompere il servizio, proprio mentre la Russia si prepara a sferrare una nuova offensiva su larga scala, prevista per la fine di febbraio.
Come funziona Starlink
Ma cosa comporterebbe il blocco dell’accesso a Starlink per l’esercito di Kiev? Innanzitutto, «la capacità di resistenza ucraina sarebbe nettamente compromessa». Lo spiega a Open Claudio Locatelli, giornalista di guerra che al momento si trova proprio in Ucraina. Nella sua attività di reporter, Locatelli ha potuto testimoniare con i propri occhi i diversi modi in cui le truppe ucraine usufruiscono di Starlink.
Una delle potenzialità offerte dallo strumento consiste nel rendere gli attacchi contro i russi estremamente più efficaci. «Questo è ciò che succede di solito: un mezzo di artiglieria viene montato su un camion che si trova in una radura o comunque lontano dai centri abitati», spiega Locatelli. «A quel punto, si nasconde poco più in là un altro veicolo, dotato di Starlink, che funge da coordinamento».
Grazie al sistema di internet satellitare, un soldato ucraino è in grado di collegare il proprio computer a diversi droni simultaneamente, così da acquisire le coordinate esatte del bersaglio che vuole colpire.
Una volta individuate, le coordinate vengono comunicate all’artiglieria, che ora è in grado di centrare l’obiettivo. «Sono munizioni da 2,4 chili che riescono a colpire, e l’ho visto con i miei occhi, un finestrino largo appena 30 centrimetri anche a 8 o 12 chilometri di distanza», racconta Locatelli.
Un sistema ad alta precisione
A questo si collega l’altro vantaggio offerto da Starlink: la capacità di rendere utili anche le armi più obsolete. «Gli S60 sono cannoni giganteschi montati su camion e risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta, quando ancora erano usati dall’esercito dell’Unione Sovietica», racconta il giornalista. Grazie a Starlink, invece, anche i mezzi di artiglieria così datati sono in grado di dare un supporto alla causa ucraina. «È evidente che, se Starlink sarà tolto, la capacità di resistenza di Kiev sarà nettamente compromessa, non potendo più sincronizzare gli attacchi e non potendo verificare in tempo reale dove si sta colpendo», precisa Locatelli. Con lanciarazzi imprecisi e obsoleti, infatti, possono volerci anche cento colpi prima che si riesca a colpire un carro armato nemico. «Grazie a questo sistema internet estremamente sofisticato, invece, ne possono bastare anche solo una decina», chiarisce il giornalista.
«Ne va dell’esistenza dell’Ucraina»
Già lo scorso ottobre, Elon Musk aveva pensato di interrompere la fornitura gratuita del servizio Starlink al governo ucraino. Una decisione dettata – almeno pubblicamente – dall’elevato costo economico, ma che aveva fatto infuriare diversi governi occidentali.
Da qui la decisione di Musk di fare dietrofront e continuare a fornire il proprio supporto alla resistenza ucraina. Almeno fino ad adesso. Non è chiaro, infatti, se il fondatore di SpaceX questa volta si tirerà indietro sul serio. Di sicuro, la posta in gioco è alta. «È un momento estremamente significativo del conflitto – spiega Locatelli -. Ne va della capacità di reazione dell’Ucraina e della sua stessa sussistenza».
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 13th, 2023 Riccardo Fucile
I CIMITERI HANNO ESAURITO LO SPAZIO E I CORPI VENGONO SEPPELLITI IN FOSSE CON LAPIDI FATTE DI BLOCCHI DI CEMENTO O DI LEGNO E BARE RICAVATE DA ARMADI
Dopo lo choc del terremoto, il dolore della morte. Ma a molti, sia in Siria che in Turchia, dopo domenica notte non tocca nemmeno il sollievo delle lacrime. Resta allora solo la rabbia. «C’è chi i suoi cari nemmeno li può seppellire perché qui non sono arrivati gli aiuti», è il grido di Ahmed Mousa Khayat, ex studente di Aleppo oggi rifugiato in Germania che via WhatsApp scrive: «Questi giorni ce li ricorderemo ancora di più di quelli vissuti in guerra o durante le torture del regime.Non credo che il cuore possa reggere dopo aver anche solo visto, figuriamoci dopo averlo vissuto».
Si scavano le prime centinaia di fosse ad Afrin, fuori dai cimiteri perché dentro non c’è più posto. […] Ora sulle macerie aleggia lo spettro del colera che già in Siria da settembre fa registrare picchi preoccupanti. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che potrebbe diffondersi anche in Turchia a causa dell’assenza di acqua e delle temperature rigide.
Gli operatori umanitari iniziano a lanciare appelli per l’invio delle body bags : non basteranno, mandatene quante più potete. […]Mancano i funzionari e i medici legali, perché arrivino da Istanbul e Ankara ci vuole tempo. E mancano gli imam per recitare almeno una preghiera nel primo venerdì dopo il terremoto.
A Osmaniye, il cimitero ha esaurito lo spazio, mentre fuori Kahramanmaras, vicino all’epicentro del terremoto, trabocca di così tanti cadaveri che le lapidi sono blocchi di cemento o assi di legno o piccoli nastri neri appesi su un legnetto conficcato nella terra mentre la corrispondente della Bbc Lyse Doucet racconta di bare ricavate dagli armadi e dalle librerie e usate per più corpi. A Kahramanmaras, Durdu Mehmet Okutucu, vicedirettore dell’ospedale spiega: per immagazzinare i corpi stiamo usando i camion auto refrigeranti.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Febbraio 13th, 2023 Riccardo Fucile
INTORNO AL 50% IN ENTRAMBE LE REGIONI, GLI ALTRI NON HANNO VOTATO: AFFLUENZA CROLLATA dal 73% AL 42%
Si sono chiuse alle ore 15 di oggi, lunedì 13 febbraio, i seggi in Lazio e
Lombardia, aperti dalle 7 di ieri per il rinnovo delle rispettive amministrazioni regionali. Secondo i primi exit poll di Opinio Rai, entrambe le Regioni vedrebbero la netta affermazione della coalizione di centrodestra, con entrambi i governatori candidati (Francesco Rocca e Attilio Fontana) accreditati di circa il 50%. Nel dettaglio, in Lombardia si prospetta una riconferma del governatore uscente Fontana (Lega): i primi exit poll di Opinio Rai prevedono una sua affermazione con una forchetta del 49,5-53,5%, staccando l’avversario di centrosinistra (sostenuto anche dal M5s) Pierfrancesco Majorino, che si fermerebbe tra il 33 e il 37%, così come l’ex sindaca di Milano Letizia Moratti, sostenuta dal Terzo Polo, accreditata del 9,5-13,5%. Previsioni simili nel Lazio. L’ex presidente della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca, candidato del centrodestra, diventerà secondo gli exit poll il nuovo governatore con il 50,5-54,5% dei voti. L’ex assessore regionale alla Sanità e candidato del centrosinistra (compreso il Terzo Polo) Alessio D’Amato si fermerebbe al 30-34%, mentre la giornalista Donatella Bianchi, candidata dal M5s, arriverebbe terza col 10,5-14,5% delle preferenze.
Ad emergere con chiarezza sin dai primi exit poll, oltre all’esito della competizione per i nuovi governatori, sono anche i nuovi rapporti di forza politici – dentro e tra le coalizioni.
L’effetto traino delle ultime elezioni politiche pare tutt’altro che esaurito. In Lazio e ancor di più in Lombardia, l‘affermazione di Fratelli d’Italia appare travolgente, specialmente rispetto agli alleati e ai loro storici presìdi elettorali.
In Lombardia, il partito di Giorgia Meloni spodesta Lega e Forza Italia con il 24%, con il Carroccio fermo al 14% e il partito di Silvio Berlusconi al 7% (5,6% rimanente raccolto dalla lista civica di Fontana). Nel Lazio la performance di Fdi sembra ancor più travolgente: è accreditata del 34%, lasciando agli alleati le briciole: Forza Italia al 7,5% e Lega al 7%.
Dall’altra parte del fronte politico, il Pd si attesterebbe al 20% in Lombardia e al 16% nel Lazio. Il M5s al 6% in Lombardia e all’11% nel Lazio. il Terzo Polo al 6,5% circa in entrambe le Regioni.
Affluenza a picco
Crolla l’affluenza alle urne: secondo i dati – ancora parziali – del ministero dell’Interno, alle urne è andato nel complesso meno del 42% degli elettori. Lievi differenze tra le due Regioni: in Lombardia avrebbe votato circa il 41,5% degli elettori, nel Lazio poco più del 43%.
Nel 2018 – quando si votò in un’unica giornata – alle urne era andato nel complesso oltre il 73% degli elettori. Il trend astensionista era apparso già ieri, nella prima giornata di vota, che si era chiuso con meno di un terzo delle schede “potenziali” depositate: alle 23 di ieri avevo votato secondo il Viminale il 26,28% degli aventi diritto nel Lazio, il 31,78% in Lombardia.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »