Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
NON ESISTE UN MERCATO DEL LAVORO IN GRADO DI RIASSORBIRE LAVORATORI CON BASSA SCOLARITA’ E SENZA RILEVANTI ESPERIENZE PREGRESSE… VISTO CHE L’ESTATE S’AVVICINA FINIRANNO SOTTOPAGATI NEL SETTORE TURISTICO
Il reddito di cittadinanza è agli sgoccioli: tra sei mesi in 600mila diranno addio al sussidio. Quella introdotta dal governo Meloni è una stretta a due velocità. La misura verrà sostituita da una nuova prestazione di sostegno a partire dall’anno prossimo, me le card degli occupabili, com’è noto, si disattiveranno già ad agosto. Ma c’è di più.
Perderà il diritto al beneficio con ulteriore anticipo chi tra i percettori attivabili rifiuterà un’offerta di lavoro da qui all’estate. Poi c’è il capitolo della formazione obbligatoria per i più giovani: la mancata frequenza dei corsi comporta la perdita dell’assegno, ma la stretta in questo caso deve ancora concretizzarsi.
Nel 2022 sono stati spesi per il sussidio quasi 8 miliardi di euro. Lo scorso anno, secondo i dati Inps, hanno avuto accesso per almeno una mensilità alla misura di contrasto alla povertà 1.685.161 famiglie, per un totale di 3.662.803 di persone coinvolte e un importo medio erogato pari a 551 euro.
Il Sud e le isole hanno registrato il maggior numero di nuclei coinvolti (1.040.957, ovvero il 61% del totale di quelle con il sussidio). Nelle regioni del Nord l’asticella scende a 372.317 famiglie per 728.507 persone coinvolte, mentre nel Centro hanno percepito almeno una mensilità di sussidio 271.887 famiglie per 534.421 persone coinvolte.
(da dagoreport)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
È STATO CONDANNATO A 2 MESI, MA QUANDO LA SENTENZA È DIVENTATA DEFINITIVA, NESSUNO HA CHIESTO PER LUI UNA MISURA ALTERNATIVA ALLA DETENZIONE
Nel 2006 fece un taccheggio per 5 euro e 20 centesimi in un supermercato di Firenze, rubò per un po’ di cibo. Ora, 17 anni dopo, un uomo di 55 anni, senza fissa dimora, finisce in carcere a Bologna per espiare una condanna definitiva a 2 mesi.
La vicenda viene ricostruita stamani da Carlino e Nazione. A suo tempo, era il novembre del 2006, l’uomo venne bloccato e poi denunciato per il tentato furto di pochi alimenti che vennero pure recuperati. Gli venne riconosciuta l’attenuante della lieve entità, la procura di Firenze chiese il rinvio a giudizio, ci furono i processi con la condanna, anche in appello, a 2 mesi.
Quando la sentenza è diventata definitiva, nessuno però ha chiesto per lui una misura alternativa alla detenzione in carcere, richiesta che di solito fa il difensore, un legale d’ufficio in caso non ci sia l’avvocato di fiducia.
Due giorni fa i carabinieri hanno rintracciato il 55enne in una struttura di accoglienza per senza fissa dimora a Bologna e lo hanno portato al carcere di Dozza.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
L’ANARCHICO SA PERFETTAMENTE CHE IL SUO CASO È UNA “BOMBA” POLITICA E IL SUO SCIOPERO DELLA FAME INFIAMMA LE PIAZZE – COSPITO, AL CARCERE DI OPERA A MILANO, NON MANGIA DA 113 GIORNI, HA PERSO 47 CHILI E NON PRENDE PIÙ GLI INTEGRATORI
«Grazie, buongiorno e buona giornata». Non una smorfia, non una parola in più. Mai nulla che scalfisse quella «cortesia formale e ineccepibile» che finora ha caratterizzato il suo rapporto in carcere con gli agenti della penitenziaria.
Ieri pomeriggio, quando gli hanno consegnato nella stanza-cella nel Sai del carcere di Opera il rigetto della revoca del carcere duro firmato dal ministro Nordio, l’anarchico Alfredo Cospito non ha battuto ciglio. Ha salutato gli agenti e letto il documento. «Come se in qualche modo se l’aspettasse», raccontano dal carcere
Il suo legale ha annunciato il ricorso. Ma ora che la strada della revoca al regime del 41 bis è ancora più stretta, i timori sono soprattutto sul fronte dell’ordine pubblico.
Domani a Milano sfilerà un corteo di solidarietà organizzato dagli anarchici, con quali intenzioni nessuno lo sa. Il doppio fronte del caso Cospito è questo: cella e piazza, le condizioni di salute del detenuto e l’incandescenza del movimento nelle strade.
Due vasi comunicanti, anche se il 55enne esponente della Federazione anarchica informale ostenta, almeno con chi lo ha incontrato, apparente distacco dal mondo esterno.
Conosce però ciò che avviene oltre le mura di Opera. Come previsto dalle norme del 41 bis riceve i quotidiani «censurati», senza gli articoli che riguardino il suo caso, ma può vedere i canali televisivi e ascoltare la radio che mette a disposizione l’amministrazione penitenziaria.
Per ora le sue condizioni rimangono compatibili con la detenzione. Il suo rifiuto del cibo è arrivato al giorno 113. «Ha perso 47 chili — le parole del legale Flavio Rossi Albertini che ieri lo ha incontrato a Opera —. Ora pesa 70 chili e non prende gli integratori». Sabato sarà visitato dal medico nominato dal difensore.
(da Il Corriere della Sera)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
L’ASSALTO E’ PREVISTO DOPO IL DISCORSO DI PUTIN DEL 21 FEBBRAIO AL PARLAMENTO RUSSO … PER IL PENTAGONO LE NUOVE TRUPPE RUSSE SONO “MAL EQUIPAGGIATE E MALE ADDESTRATE” E SONO STATE “TRASPORTATE D’URGENZA” VERSO LA LINEA DEL FRONTE
Vladimir Putin starebbe preparando una nuova massiccia offensiva nelle prossime settimane in concomitanza con il primo anniversario della guerra, il 24 febbraio. (E proprio in quei giorni, dal 22 al 24, è previsto l’arrivo di Joe Biden in Polonia. Mentre i premier dell’Unione Europea hanno in agenda un summit a Kiev: Se scatta l’assalto, salta tutto?)
Si pensa che la Russia stia preparando 1.800 carri armati, 3.950 veicoli corazzati, 400 aerei da combattimento e 300 elicotteri per l’attacco, secondo quanto riferito da un funzionario ucraino.
Per “Foreign Policy” “Mad Vlad” sta mettendo in campo anche 2.700 pezzi di artiglieria e 810 lanciarazzi per una “nuova ondata di attacchi”.
«Sarà molto più devastante di ciò che è successo nella prima ondata – ha detto il funzionario – Nei prossimi 10 giorni, ci aspettiamo una nuova, enorme invasione».
Si ritiene che la Russia abbia già circa 300.000 soldati che operano in Ucraina: si pensa che altri 200.000 uomini delle recenti mobilitazioni saranno chiamati a combattere nell’offensiva. Kiev teme che Putin possa far scattare un nuovo round di mobilitazioni per rafforzare ulteriormente le sue forze per l’assalto.
Ma per il Pentagono le nuove truppe russe sono “mal equipaggiate e mal addestrate” e sono state “portate d’urgenza” verso la linea del fronte.
Andriy Chernyak, un funzionario dell’intelligence militare ucraina, ha dichiarato al Kyiv Post: «Abbiamo osservato che le forze di occupazione russe stanno ridistribuendo ulteriori gruppi d’assalto, unità, armi ed equipaggiamento militare. Secondo l’intelligence militare dell’Ucraina, Putin ha dato l’ordine di impadronirsi di tutti i territori delle regioni di Donetsk e Luhansk entro marzo».
Putin, che parlerà al Parlamento russo il 21 febbraio, cercherà probabilmente una sorta di grande trionfo o una nuova operazione per celebrare l’anniversario visto che il suo futuro è legato al successo o al fallimento della guerra.
(da Dagoreport)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
HA FATTO RIDERE QUANDO HA AFFERMATO: “SE FOSSI STATA INVITATA, AVREI CONSIGLIATO DI NON FARE L’INCONTRO, PERCHÉ SULL’UCRAINA È NECESSARIO DARE UN MESSAGGIO DI COMPATTEZZA” (COME LA FAVOLA DELLA VOLPE E L’UVA)
Zelensky era stato invitato a Parigi mercoledì sera, il giorno prima del Consiglio europeo, in un vertice privato con Macron e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. L’esclusione dell’Italia da questo incontro ha irritato Giorgia Meloni, che ieri ha definito “inopportuno” l’invito di Macron a Zelensky.
A una domanda sul tema, la presidente del Consiglio ha detto: “Trovo alcune lettura italiane un po’ provinciali. Il tema è che l’Italia è una nazione abbastanza centrale in Europa da dover dire quando non è d’accordo su qualcosa. Rispetto a una lettura del passato, quando era sufficiente per noi stare in una foto, le cose per me sono diverse. Ho fatto il mio commento non perché volevo essere invitata, ma perché sull’Ucraina è necessario dare un messaggio di compattezza. Se fossi stata invitata, avrei consigliato di non fare l’incontro”.
(da Dagoreport)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
PRATICAMENTE QUASI LIBERO
Mario Moretti, secondo quanto riferisce il Giornale di Brescia, ha trascorso Capodanno e i primi giorni di gennaio in un appartamento di Brescia, senza rientrare a dormire in cella, come concesso dal Tribunale di Sorveglianza.
Dal 4 gennaio scorso all’ex componente delle colonna romana delle Br, è stato concesso di collaborare in smart working dal carcere di Verziano con un’associazione del territorio e una Rsa della città.
Moretti, 77 anni, è stato condannato a 6 ergastoli. Figura di spicco delle Brigate Rosse, non si è mai pentito e mai dissociato. Nel 1993 ha dichiarato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Aldo Moro.
Secondo il Giornale di Brescia, Mario Moretti ha trascorso la fine del 2022 in un appartamento eletto a domicilio in città.
Il brigatista è in semilibertà dal 1997, quando non è in permesso premio, esce dal carcere al mattino e torna entro le 22 ed è libero di girare in città. Utilizzando anche l’auto della compagna.
(da il Giornale di Brescia)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
IL GIURISTA AZZARITI ANALIZZA LA RIFORMA DELL’AUTONOMIA
“L’Italia dell’autonomia? Sarà una Babele”. Così il giurista Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università La Sapienza di Roma che analizza, a L’Identità, la riforma fortemente voluta dal governo.
Professore, perché ha definito il progetto dell’autonomia differenziata “spacca-Costituzione”?
La proposta dell’autonomia differenziata viene presentata come attuazione della Carta: del terzo comma dell’articolo 116. C’è però attuazione e attuazione. La mia impressione è che, ove la riforma fosse realizzata nei termini che si stanno delineando, si imporrebbe un modello di autonomia diverso da quello definito dai principi supremi nel nostro ordinamento costituzionale negli articoli 2, 3 e 5. Questi principi imporrebbero un regionalismo di tipo “solidale”, mentre il modello che si sta delineando è di tipo “competitivo”. Perciò dico che spacca la Costituzione.
Alle Regioni si vogliono affidare le chiavi del Paese. Ma quale è lo stato di salute del regionalismo oggi?
Siamo ad un finale di partita. Il regionalismo non ha mai avuto vita tranquilla in Italia, neppure quello solidale s’è mai realizzato. Dopo la riforma del titolo quinto, nel 2001, sono aumentate le incertezze. Tant’è che tutti oggi vorrebbero cambiare, sebbene in direzioni spesso opposte. Se si scorre la giurisprudenza costituzionale, ci si rende conto della fatica che ha fatto il nostro giudice delle leggi per ridefinire un qualche equilibrio che nel testo non c’era. La mia impressione però è che con il ddl Calderoli e con le norme inserite nella legge di bilancio per la determinazione dei Lep, non si raggiunge un traguardo stabile, ma si aumenta la confusione.
In che senso?
Credo che un legislatore consapevole, imparando dalla storia irrequieta che abbiamo alle spalle, dovrebbe tornare a ridiscutere a fondo il modello di regionalismo che si vuole attuare, sforzandosi di tornare ai principi scritti, ma non realizzati, della Costituzione. Dovrebbe, ad esempio, non tanto limitarsi a preoccuparsi di distribuire materie e competenze alle regioni più fortunate dal punto di vista delle risorse e delle possibilità di sviluppo, in base alle richieste di quest’ultime, quanto assicurare una differenziazione e articolazione delle funzioni in grado di assicurare l’unità ed indivisibilità della repubblica, nonché il rispetto dei principi di eguaglianza nei diritti entro tutto il territorio nazionale. In fondo è questo che pretende l’articolo 5 quando scrive che è necessario promuove le autonomie.
Eppure ci sono i Lep…
Si è predisposto un meccanismo di definizione dei Lep forzato, e non privo di ipocrisia. Le forzature sono quelle che assegnano ad una cabina di regia e a un comitato di tecnici la loro determinazione, che verrà poi formalizzate da un dpcm, escludendo ogni più meditata discussione parlamentare. L’ipocrisia è dettata dal fatto che si dovrebbe ben sapere che non basta “determinare” i Lep perché i sottostanti diritti economici e sociali possano ritenersi garantititi. Per assicurare l’effettività della tutela è essenziale anche impegnare le risorse economiche necessarie e sufficienti. Non si può ritenere di aver conseguito il risultato limitandosi a porre un’asticella sotto la quale non si può andare, occorre preoccuparsi anche delle necessarie variazioni di bilancio e redistribuzione delle risorse. Invece nella legge di bilancio si legge che i Lep saranno determinati senza prevedere ulteriori costi. Così non si può fare.
Quali tempi prevede per questa riforma?
Si sta accelerando moltissimo, andando anche oltre i limiti di velocità consentiti in un ordinato ordinamento democratico. Sia la legge di bilancio (per quanto riguarda i Lep) sia il disegno di legge Calderoli (per quanto riguarda la definizione delle intese con le singole regioni) stabiliscono delle procedure assolutamente accelerate. Impone a tutti soggetti interessati il compimento di atti di verifica e controllo (mai di contrattazione e di discussione reale) entro spazi di tempo strettissimi, tra i trenta e i sessanta giorni. Così al Parlamento, che già non conta nulla, non gli si dà neanche il tempo di meditare e discutere. Si va avanti come Caterpillar
A proposito di parlamento…
Il dibattito sulla necessità di assegnare un ruolo al parlamento nella definizione delle intese è il più discusso, da sempre. Ha persino investito la maggioranza, trovando voci in Fi e Fdi. L’obiettivo dovrebbe essere quello di permettere al parlamento di modificare ed emendare, il testo dell’intesa in via di definizione. Insomma, fare un gioco a tre: Regione interessata, governo e parlamento. Cosa è stato concesso nell’ultima versione del ddl Calderoli? Ebbene, se prima ci si limitava a chiedere un parere alla commissione, entro 30 giorni, adesso si concedono 60 giorni e si afferma che potrà essere l’assemblea, e non la sola commissione, a dare un indirizzo, non vincolante. Ma dal punto di vista sostanziale non cambia nulla. In realtà si vuole continuare a far sì che la partita sia rigorosamente a due tra Regioni e governo. Decide comunque l’esecutivo. Il parlamento non ha potere di emendare, solo di verifica e di ratifica.
Come sarà l’Italia che verrà?
Sarà una Babele. Ogni Regione parlerà la sua lingua, incomprensibile agli altri. E noi sappiamo che la mancanza di comprensione è sempre alle origini di conflitti e lacerazioni. Mi permetto un suggerimento: chi vuole attuare il terzo comma dell’articolo 116 non in chiave conflittuale, dovrebbe partire dall’attuazione del 119 secondo cui è necessario individuare fondi perequativi a favore delle Regioni meno sviluppate. Solo una volta ristabilito un principio di uguaglianza si potrà procedere. Altrimenti, le disuguaglianze si accentueranno.
(da lidentita.it)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA REAZIONE DELLO SPETTATORE: “IMBECILLE, VAFFANCULO COGLIONE, VAI A CAGARE”
Durante la devastazione dei fiori sul palco dell’Ariston da parte di Blanco, tra le fila del pubblico nel teatro il clima era a dir poco inferocito. Quello che sembrava all’inizio uno sbrocco totale del cantante, prima che si scoprisse essere una sorta di messinscena che doveva citare il video del suo brano L’isola delle rose, a chi sedeva sulle poltrone dell’Ariston è sembrato un vero e proprio sacrilegio.
Quelle rose martoriate hanno fatto letteralmente saltare i nervi in particolare a un fioraio di Sanremo, che assisteva alla serata assieme a sua moglie, entrambi imbestialiti davanti quello che è parso loro come lo scempio del tempo e fatica di un collega per realizzare la composizione. Mentre Blanco prendeva a calci i fiori, l’uomo si è alzato in piedi per urlare: «Vai via! Sei me… Fuori, imbecille! Ma vaff cogl***».
E a poco è bastato il tentativo di Blanco di farsi perdonare subito dopo la sfuriata: «Vai cagare!», urla il fioraio che non smette di insultarlo, invocando anche il coro da parte degli altri spettatori.
Amadeus a fatica tiene a bada le urla, prova a chiedere spiegazioni a Blanco che cerca di giustificarsi con la storia del ritorno in cuffia che non andava. Il fioraio diventa ancora più furioso, soprattutto quando il cantante propone di rifare l’esibizione: «Nooo».
(da Open)
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Febbraio 10th, 2023 Riccardo Fucile
POTREBBE TRATTARSI DI UN ATTO DIMOSTRATIVO
Un borsello con all’interno dei proiettili, forse polvere da sparo e una sorta di miccia o di innesco, a cui mancava una componente per renderlo esplosivo, è stato trovato nel pomeriggio a Sanremo.
Era in via Fiume, a circa 500 metri dal Teatro Ariston, sede del Festival, fuori dalla zona rossa controllata dalle forze dell’ordine. Una fonte qualificata ha confermato che sono in corso accertamenti per verificare il potenziale esplosivo.
Il caso
Il pacco era a terra in una traversa di via Fiume, una strada stretta dove erano parcheggiati dei motorini. A trovare il borsello sarebbe stato un agente di polizia di un commissariato che si trova a circa duecento metri. La procura è stata avvertita ed è in attesa di una prima relazione degli artificieri.
Nei giorni precedenti il Festival della Canzone le forze dell’ordine avevano predisposto un aumento della sorveglianza in città con un rinforzo degli organici per timore di eventuali azioni degli anarchici che protestano contro il 41 bis a Cospito. Secondo gli inquirenti potrebbe, dunque, trattarsi di un atto dimostrativo, visto che l’oggetto è stato lasciato in bella mostra in mezzo alla strada.
La via in cui è stato trovato il borsello è fuori dalla zona rossa allestita come ogni anno intorno al Teatro Ariston dentro la quale si può accedere solo dopo controlli di sicurezza delle forze dell’ordine. Non è da escludere che gli inquirenti possano aver cercato qualche indizio attraverso le telecamere di videosorveglianza presenti nella zona.
(da agenzie)
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