Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
IGOR MANGUSHEV, AMICO DEL CAPO DI WAGNER, COLPITO NEL TERRITORIO UCRAINO CONTROLLATO DAI RUSSI
Un agguato improvviso, un proiettile sparato in testa a bruciapelo. È la dinamica dell’aggressione che ha ridotto in fin di vita Igor Mangushev, mercenario amico del fondatore del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin, diventato bersaglio probabilmente delle forze speciali ucraine mentre si trovava nella parte orientale del Paese.
Mangushev, capitano di un battaglione russo soprannominato Bereg, era finito nel mirino delle forze ucraine dopo essersi fatto pubblicità pubblicando lo scorso anno un video in cui mostrava il teschio di “un combattente di Azovstal”.
Un agguato, quello nei suoi confronti, letto da molti come un avvertimento rivolto soprattutto al fondatore del gruppo di mercenari che periodicamente torna a minacciare le truppe fedeli a Volodymyr Zelensky.
Dopo essere stato colpito dal proiettile, Mangushev è stato trasportato in ospedale nella città di Stakhanov “in condizioni gravi”.
Il suo amico e collega, Boris Rozhkin, ha pubblicato sul suo canale Telegram le foto di Mangushev disteso su un letto d’ospedale con la testa fcoperta di sangue
Mangushev divenne uno dei volti più noti dell’invasione russa, affermando addirittura che lui e i suoi alleati avevano inventato la lettera ‘Z’ come simbolo per rappresentare il sostegno all’intervento militare di Mosca. Tuttavia, i veicoli militari e i carri armati russi con i contrassegni ‘Z’ e ‘V’ sono stati avvistati nelle aree di confine ben prima che Mangushev si rivolgesse ai social media per rivendicare la paternità del simbolo.
L’attentato nei suoi confronti non è però il primo che colpisce personaggi considerati vicini all’ala dell’ultranazionalismo russo: nell’agosto scorso, una bomba aveva fatto saltare in aria l’auto con a bordo Darya Dugina, figlia del filosofo Alexander Dugin, uccisa presumibilmente per mano di un sabotatore ucraino infiltratosi in Russia.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL GRUPPO MUSICALE PROVENIVA DAL VENETO FRONTE SKINHEAD
Oggi in giacca e cravatta ministeriale, ieri con la t-shirt della band nazi-rock che esalta il capitano delle SS Erich Priebke e il “sangue e suolo” della gioventù hitleriana.
Se non sempre è vero che l’abito fa il monaco, ci sono casi in cui il look del monaco racconta molto: e siccome tra le doti di Andrea Delmastro – come si evince anche dal caso Donzelli-Cospito – non spicca la riservatezza, ecco una fotografia che “parla” a proposito delle simpatie e dei gusti del sottosegretario dalla Giustizia di Fratelli d’Italia.
L’immagine – postata sui social dallo stesso Delmastro, reperibile sul suo profilo Facebook insieme a post nostalgici di Mussolini e alla scritta “balilla” – mostra l’avvocato-politico in giardino insieme a due cani di grossa taglia.
Ma quel che balza all’occhio è la maglietta indossata dall’attuale numero due del ministro Nordio: una t-shirt dei Gesta Bellica, gruppo nazirock nato a inizio anni ’90 nel vicentino. Una delle formazioni più note nel circuito della cosiddetta “musica d’area”, seguitissima dalla galassia dell’ultradestra razzista e suprematista.
Nel repertorio dei “Gesta” – che iniziano la loro attività in seno agli ambienti dei neonazisti Veneto Fronte Skinhead e che hanno visto alcuni membri storici arrestati, inquisiti e condannati – ci sono dei brani particolarmente significativi. Come “Il Capitano”, un pezzo dedicato al capitano delle SS e boia delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke. “Liberate il Capitano! Lui non si piega e non lo farà mai”, recita la canzone.
Che Delmastro negli anni della militanza nella gioventù di An – la stessa filiera di Giovanni Donzelli e di Giorgia Meloni – fosse un fan della discussa band veneta era noto solo agli amici e ai camerati di Biella, la sua città. La fotografia postata su Fb toglie ogni dubbio.
(da La Repubblica)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL CARDINALE RIBADISCE LA POSIZIONE DELLA CHIESA E DELLE PERSONE CIVILI E RISPONDE INDIRETTAMENTE ALLA MELONI
“La legittima difesa e la giustizia sono fondamentali” ma va abbandonata “l’idea che soltanto con le armi si arrivi a una soluzione“.
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più ribadisce la posizione della Chiesa, su cui è sempre stato chiarissimo Papa Francesco: “Deve esserci un’iniziativa di dialogo, pubblico o riservato, laterale, che a volte parte da luoghi impensabili, altrimenti c’è soltanto il riarmo“.
L’Italia allora fa ancora bene ad inviare armi? “Se c’è lo stesso impegno a trovare spazi di diplomazia direi di sì. Il problema è che l’Europa manca troppo, come la comunità internazionale. L’Italia e l’Europa devono fare di più. Ogni giorno che passa è gente che muore”.
L’ex arcivescovo di Bologna difende poi l’operato delle ong impegnate nei salvataggi in mare: “Se salvo qualcuno non “faccio il gioco degli scafisti” ma di chi sta in mezzo al mare: ancora ieri è morto un neonato, questa cosa deve suscitare una reazione, la reazione è “io vado a salvarli”. Non può essere sbagliato. Credo che le ong facciano bene”. Sull’immigrazione “qualche volta ho l’impressione che continuiamo a pensare di essere in emergenza nonostante cambino gli inquilini a Palazzo Chigi: la situazione è sempre quella di 40 anni quando Jerry Masslo fu ucciso”, ha detto il leader dei Vescovi riferendosi al rifugiato sudafricano assassinato da una banda di criminali nel 1989 a Villa Literno. “Il problema è creare delle strutture di accoglienza per chi cerca di venire, a chi ha il diritto di essere ascoltato, salvato, è qualcosa che i vari inquilini di Palazzo Chigi devono affrontare”.
Pochi giorni fa, aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, Zuppi aveva sottolineato la necessità di maggiori flussi regolari d’ingresso, di “corridoi umanitari e ricongiungimenti familiari“, aggiungendo: “Soprattutto è importante come accogliamo: non facciamo vivere umiliazione, tempi lunghi di attesa, viaggi infiniti, anticamere senza senso, marginalizzazione“.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“CHI SI RIFIUTAVA DI COMBATTERE VENIVA UCCISO DAVANTI ALLE NUOVE RECLUTE COME FORMA DI INTIMIDAZIONE DA UN’UNITÀ SPECIALE CHIAMATA MED”… “CI HANNO MANDATO ALLO SBARAGLIO: PARTITI IN TRENTA, SIAMO TORNATI VIVI IN 4. NON C’ERA TATTICA”
«Mia madre è morta quando avevo 12 anni, non ho conosciuto mio padre. Sono cresciuto in un orfanotrofio di Tomsk, Siberia. Nel 2018 sono finito qualche mese in carcere ma non ne voglio parlare. Mi sono arruolato nella Wagner a Luglio 2022 perché tanto in Russia, quelli come me erano reclutati comunque e almeno i mercenari pagavano meglio: 240mila rubli (3500 euro) al mese, tre volte più dell’esercito regolare. Ho ucciso, ma mai i civili».
Andrey Medvedev, 26 anni, l’ex comandante del gruppo paramilitare russo Wagner fuggito in Norvegia il 13 gennaio scorso, si racconta davanti all’ennesima birra a un tavolo di Olivia, ristorante italiano nel nuovo quartiere di Tjuvholmen. Parla in russo senza guardare nessuno. Se incrocia uno sguardo, abbassa subito gli occhi. Copre e scopre il volto col cappuccio della felpa nera.
«Nel contratto c’è scritto che ti impegni a “proteggere siti strategicamente importanti e a raccogliere informazioni”» dice. «Invece ci hanno mandato allo sbaraglio fin dalla prima missione: partiti in trenta, tornammo vivi in quattro. So che è difficile credermi ma mi sono arruolato convinto che stavamo davvero proteggendo i russi del Donbass. In una settimana ho invece capito di essere finito in una situazione insensata. Non c’era tattica. Ci comunicavano la posizione dell’avversario dandoci ordini stupidi. Dovevamo pianificare tutto al momento».
Per carità, ci tiene a dirlo: «Ho visto atti eroici da entrambe le parti». I problemi più gravi sono iniziati quando le fila del battaglione sono stato riempite di ex galeotti. Carcerati arruolatisi nei miliziani con la promessa di veder cancellata la loro pena: «Il loro arrivo ha segnato una svolta: siamo diventati tutti carne da macello. Mandati contro i carri armati col solo fucile in mano. E poi vessati al campo. Se qualcuno prendeva che so, un telefonino dal cadavere di un nemico e non lo consegnavano ai capi, gli spezzavano due dita della mano. E chi rifiutava di combattere veniva “terminato” davanti alle nuove reclute come forma di intimidazione da un’unità speciale chiamata Med».
Un acronimo che non sa decifrare ma sospetta che a formare la squadra fossero ufficiali in pensione dell’Fsb, sì, insomma i servizi segreti: ex Kgb. «Durante quei mesi è accaduto una decina di volte. Io ho assistito solo a due, perché poi mi allontanavo. Quell’uccidere insensato dei nostri mi disgustava. Ammazzavano così pure agli ucraini che si arrendevano. Ne ricordo quattro a Klinovoe: non erano un pericolo, ma il Med li “terminò” lo stesso. Nessuno di noi interagiva con loro: si diceva che portava sfiga anche solo rivolgergli la parola».
A quella “sfiga” Medvedev sente ancora di dover sfuggire. La sua paura più grande, è fare la stessa fine del soldato Yevgeny Nuzhin, galeotto volontario di 55 anni adibito all’umile compito di trasportare i cadaveri. Catturato o forse arresosi agli ucraini, era tornato nei ranghi dopo uno scambio di prigionieri. E qui massacrato a colpi di martello, la sua morte atroce ripresa da un video circolato poi sui canali Telegram di Wagner.
Ma i problemi restano. «Sospetta di tutti, pure di chi gli sta dando una mano. Ha già revocato il suo avvocato Brynjulf Risnes più volte salvo poi richiamarlo, tanto che ormai ne ridiamo. Poco fa, dopo aver bevuto non so quante birre, mi ha fatto una scenata terribile, accusandomi di occuparmi di lui per mero interesse».
Per fortuna è intervenuto un anziano: «Un ex militare norvegese lo ha riconosciuto, gli ha dato del coraggioso. Quel riconoscimento gli ha fatto bene. Ma non basta. Per gestire tanta aggressività assimilata, persone come lui avrebbero bisogno di un aiuto speciale. Bisognerà creare un organismo internazionale per curarli: perché è certo, ne arriveranno altri».
Nella lobby del Karl Johan Hotel dove prendono il caffè, Medvedev nel frattempo ritrova il sorriso: «Chiedo scusa per quel che ho fatto. Non ho mai ucciso civili. Sto iniziando a cercare Dio. Spero che la mia testimonianza porti alla condannare dei veri criminali».
(la Repubblica)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“NON POSSIAMO DIRE CONTINUAMENTE CHE SERVE UN DEBITO EUROPEO SE NON SI DIMOSTRA CHE QUESTO DEBITO EUROPEO HA DEI RISULTATI TANGIBILI”
La svolta della Bce iniziata nel dicembre 2021, proseguita giovedì quando ha portato i tassi al 3% con l’idea di spingerli più su a marzo di un altro 0,50% «è stata indispensabile», dice Ignazio Visco. Il governatore della Banca d’Italia, al suo ultimo discorso al congresso di Assiom-Forex prima della scadenza del suo mandato a ottobre, promuove l’azione di Francoforte volta «a contrastare il pericolo» inflativo. Essa dovrà proseguire «con la giusta cautela», continuando «a ricercare l’equilibrio tra il rischio di fare troppo poco, lasciando l’inflazione elevata per un periodo eccessivo» e quello «di fare troppo, portando a una caduta del reddito e dell’occupazione».
«È fondamentale quindi continuare a essere cauti, prudenti». E insieme serve «determinazione ed efficacia» nel realizzare gli investimenti del Pnrr. Anche qui, a braccio, il governatore aggiunge un monito al governo: «È essenziale operare tutti insieme perché» il Pnrr «abbia successo. Essenziale per noi, e per dare un segnale all’Europa che questi interventi comuni funzionano. Non possiamo dire continuamente che serve un debito europeo se non si dimostra che questo debito europeo ha dei risultati tangibili».
(da la Stampa)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
SORPASSO DELLE RAGAZZE (IL 78,6%) SUI RAGAZZI (76,7%) CHE TRA I 15 E I 19 ANNI HANNO FATTO USO DI BEVANDE ALCOLICHE, “PIÙ FREQUENTEMENTE DI COCKTAIL”… IN GENERALE SONO SOGGETTI CHE VIVONO UNA PROFONDA SOLITUDINE ESISTENZIALE
Non hanno nemmeno l’età per guidare un motorino, frequentano ancora le medie o addirittura le elementari, ma circa un milione di bambini e ragazzini tra i 10 e i 14 anni già si sbronza. E il 66% lo ha fatto tra i 15 e i 17 anni, quando la somministrazione di alcolici sarebbe ancora vietata. Rintanati in casa negli anni bui della pandemia, giovani e giovanissimi tornano a socializzare ma tra loro cresce la generazione dei «baby alcol», fotografata da uno studio «Espad» ancora inedito, condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr. Un alzare di gomito in età sempre più precoce che ha effetti disastrosi per la salute ma anche nella vita familiare e affettiva di questi adolescenti.
A diciassette anni Mario è già un alcolista con un passato in una comunità di recupero. Giacomo ha quattro anni in più e il lunedì, dopo la sbornia, si sente «in colpa» perché nel weekend appena trascorso ha «picchiato mamma mentre il cervello era alterato dal gin». A quindici anni Vincenzo si ubriaca ogni sabato sera «per farsi accettare dal gruppo di amici, che bevono tutti». Storie di giovanissime vite rubate dall’alcol. «Negli ultimi 15 anni l’età di chi si rivolge a noi è calata moltissimo: è scesa di 10 anni», racconta Pasquale M., coordinatore di Alcolisti Anonimi Campania.
Secondo lo studio Espad il 46,1% degli studenti ha assunto per la prima volta bevande alcoliche tra i 12 e i 14 anni. Il 15,2% lo ha fatto persino prima degli 11 anni. «Fortunatamente nella maggior parte dei casi si tratta di approcci, tipo il nonno che fa assaggiare lo champagne a Capodanno, ma non sempre è così», spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr e responsabile dello studio. «Dal 2019 osserviamo infatti un aumento della percentuale di under 11 e di 12-14enni che hanno fatto abuso di alcol».
A conferma sciorina i dati dello studio: la fetta di chi consuma alcolici sotto 11 anni di età dal 2019 ad oggi è salita dal 10,5 al 15,2%, mentre ad ubriacarsi è l’1,2%. Quota che sale però al 28% quando si passa alla fascia di età 12-14 anni, dove a sbronzarsi è oltre il 5% in più rispetto a soli tre anni fa. In percentuale non sembra granché, ma considerando che tra i 10 e i 14 anni si contano oltre 2,8 milioni di ragazzini, significa che un milione di loro ha già provato l’effetto dell’ubriacatura.
Sbronze a parte, ad allarmare è soprattutto la percentuale di chi fa abuso di alcol, bevendo 20 o più volte nel corso di un mese.
Oramai lo fa il 6,1% di ragazzi e ragazzini, «la percentuale più alta mai registrata in Italia», specifica la dottoressa Molinaro. La quale rimarca anche un’altra novità del 2022: il sorpasso delle ragazze (il 78,6%) sui ragazzi (76,7%) che tra i 15 e i 19 anni hanno fatto uso di bevande alcoliche, «più frequentemente di cocktail, che per la presenza di zuccheri e per l’alta gradazione sono anche maggiormente pericolosi delle birra, prediletta dai maschi». A bere di più sono soprattutto le giovanissime tra i 15 e i 16 anni, «tra le quali è anche diffuso il fenomeno del bere e non mangiare per evitare di ingrassare. Pratica che ovviamente aumenta gli effetti deleteri dell’alcol», rivela ancora la ricercatrice del Cnr.
Ad aggravare ancor di più la situazione c’è poi il mix con energy drink e droghe varie assunte per attenuare gli effetti dell’alcol. Lo ha sperimentato almeno una volta un ragazzo o un’adolescente su tre mentre uno su dieci lo fa frequentemente. Sono facilmente immaginabili gli effetti devastanti sulla salute.
«Per rendersi conto della gravità del fenomeno basta fare due chiacchiere con i tassisti che nelle notti di venerdì e sabato riaccompagnano a casa tantissimi bambini stravolti dall’alcol dopo serate nei chioschetti e nei locali», conferma Alberto Villani, responsabile di pediatria generale e malattie infettive all’ospedale romano Bambino Gesù ed ex Cts. Il quale poi cita il dato dell’Osservatorio dipendenze di Palazzo Chigi, che tra i ricoverati in pronto soccorso per intossicazioni alcoliche ha rilevato un 17% di under 14.
«Chi ha questo tipo di problema – prosegue Villani – sono bambini ricchi e poveri, maschi e femmine, non c’è differenza.
Generalmente soggetti che vivono una profonda solitudine esistenziale. Non praticano sport, non suonano strumenti, hanno una vita vuota che riempiono con vino, birra e superalcolici».
(da la Stampa)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
SE L’ACCORDO CON ALGERIA E LIBIA SUL GAS È FUFFA, L’INCONTRO CON SCHOLZ SI È RIVELATO UN FLOP, A PARTIRE DAL FONDO SOVRANO
Gran parte dei giornali stanno accreditando una narrazione che vuole una Meloni domestica ingarbugliata a Palazzo Chigi per via delle quotidiane cazzate del circolo magico della Garbatella mentre dall’altra parte veleggia una Meloni internazionale spadroneggiante in Algeria e Libia che va alla conquista dell’Europa.
In realtà, con i due paesi nordafricani (il ministro del Tesoro libico ha già misconosciuto l’intesa), di concreto il duo Meloni-Descalzi ha incassato solo accordi ricchi di parole parole parole.
Il cosiddetto “piano Mattei” che dovrà fare dell’Italia l’”hub del gas” europeo è solo un pio desiderio: le infrastrutture dove sono?
Dopo la visita di cortesia in Svezia, l’incontro berlinese di Giorgia con Olaf Scholz si è rivelato fallimentare.
Sul tavolo la premier della Garbatella ha scodellato due problemi: la nascita di un fondo sovrano europeo per aiutare le imprese e la questione dei migranti. Di quest’ultimo, ha intascato quella solidarietà ipocrita che non costa niente, anche perché gli sbarchi, oggi, fanno paura solo a Salvini.
Sul fondo sovrano per supportare le imprese europee, come risposta a quello americano lanciato da Biden, la risposta del cancelliere tedesco è stato un no secco come un cassetto chiuso con un ginocchiata – come previsto da alcuni funzionari del Mef che l’avevano sconsigliata di proporlo. L’obiezione di Scholz è stata improntata alla real-politik: chi governa e controlla gli aiuti alle imprese dei 27 paesi dell’Ue?
L’atteggiamento di chiusura del cancelliere tedesco ha poi un altro, tosto motivo politico. La Meloni, per tagliare le sue radici sovraniste ed euro-scettiche e costruire una nuova immagine di sé all’estero, sta negoziando un’alleanza tra il gruppo dei Conservatori e Riformisti ECR, di cui è presidente, e il Partito Popolare Europeo (Ppe), in vista delle elezioni europee del 2024.
A fare da mediatore è il ministro degli esteri, Antonio Tajani, grande conoscitore degli equilibri tra i palazzi del parlamento europeo, nonché stretto amico del presidente del partito popolare, Manfred Weber. L’eventuale asse tra le due formazioni dell’Europarlamento sposterebbe a destra il baricentro del Partito popolare, al cui interno ora campeggiano, con tendenze più moderate, anime liberali e vecchi volponi democristiani (CDU).
Un piano clamoroso perché una solida alleanza Ecr-Ppe cambierebbe la stessa maggioranza del parlamento a Bruxelles, dove i Socialisti & Democratici, fiaccati dallo scandalo mazzette Qatargate, sono piuttosto indeboliti politicamente. E il caos vuole che Scholz sia membro di quel partito socialdemocratico tedesco (SPD) che da un’alleanza Ppe e Conservatori sarebbe tagliato fuori.
Come sarebbe altrettanto fatto fuori l’altro leader europeo, Emmanuel Macron, che è alla testa di Renew Europe, formazione che raggruppa i liberali europei, lontani da conservatori e socialisti. Ecco: rompere i cojoni ai capoccioni dell’asse Francia-Germania, motore dell’Unione Europea, non sembra la mossa giusta della Ducetta della Garbatella, dopo appena tre mesi al governo.
Anche perché l’Italia con Draghi a Palazzo Chigi, in data 26 giugno 2021, aveva firmato un accordo con la Francia “per una cooperazione rafforzata nei settori industriale e culturale” – ricordato recentemente alla Meloni da Mattarella. Di più: quello firmato da Draghi e Macron doveva essere un accordo a due che in prospettiva doveva coinvolgere la Germania e preludere ad una forte intesa Italia-Francia-Germania.
La strategia europea del governo Meloni sta invece deragliando su un altro binario: scazzi con l’Eliseo sui migranti, irritatissimo anche per essere stato scavalcato con la trattativa sul gas algerino (l’Algeria viene considerata ancora “cosa loro”); porte in faccia da Scholz che non digerisce l’alleanza Ppe-Conservatori. Ecco perché il casino domestico Cospito-Donzelli-Delmastro è niente rispetto ai problemi europei che assediano “Io sono Giorgia”.
(da Dagoreport)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“IN RUSSIA C’E’ CHI AIUTA GLI UCRAINI”
Un gruppo militare volontario combatte la guerra contro la Russia oltre i confini ucraini. Si chiama Bratstvo e conduce le proprie operazioni segrete al di là del fronte, in pieno territorio russo.
Tra gli obiettivi del battaglione c’è anche quello di dare un messaggio a Mosca: «Attraversare il confine russo è molto facile», raccontano al Guardian alcuni dei membri. Le loro attività variano dalla distruzione di infrastrutture militari chiave al rapimento di ufficiali militari russi, passando per l’abbattimento dei velivoli militari nemici mentre si trovano ancora nel territorio della Federazione.
Il gruppo, che fa capo al comandante Olexiy, 39 anni, è pienamente consapevole della reazione che Kiev avrebbe se ai vertici ucraini venisse chiesto della sua esistenza. La negherebbe inequivocabilmente.
Una mossa obbligata, dato che Putin ha minacciato più volte l’uso di armi nucleari se l’Ucraina dovesse iniziare ad attaccare e non solo a difendersi. Un evento che i Paesi occidentali che supportano Kiev vogliono scongiurare. Ma il messaggio che il battaglione vuole lanciare è chiaro: le forze ucraine possono attraversare il confine, se lo vogliono.
«In Russia ci sono persone disposte ad aiutare l’Ucraina»
I Bratstvo non fanno parte dell’esercito ufficiale, ma vi combattono fianco a fianco. Anche se Olexiy afferma di fare parte dell’intelligence del Paese, la maggior parte di chi si unisce al battaglione è formata da civili e persone che già militavano in altri battaglioni volontari.
Le loro storie, che non possono essere verificate a causa della zona grigia in cui il battaglione si colloca legalmente, rivelano dettagli sulla guerra che finora erano solamente stati immaginati.
«So di per certo che in Russia ci sono alcune persone pronte ad aiutare gli ucraini», ha dichiarato Taras, un membro del battaglione che nei giorni prima dell’intervista ha portato degli esplosivi oltre il confine: «Non so a cosa o a chi servissero», ha detto alla testata britannica.
Esplosioni e rapimenti
Tra le missioni portate a termine dal gruppo, c’è l’esplosione di un elicottero che trasportava ufficiali del ministero degli Interni di Mosca.
A esplodere sono stati anche diversi depositi di armi in territorio russo. E i membri del battaglione affermano anche di aver catturato una guardia doganiera russa che è stata poi consegnata alle autorità di Kiev.
Dove si fermano dunque i confini della loro missione? «I lettori potrebbero aspettarsi che faremo saltare in aria il Cremlino – dichiara Taras – ma secondo me bisogna iniziare con missioni minori e poi alzare l’asticella». «Un mio amico ripete sempre questo proverbio», continua il 23enne: «Per prendere una base militare, devi sempre iniziare dalla cuccia dei cani».
(da La Repubblica)
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Febbraio 5th, 2023 Riccardo Fucile
L’AGENZIA PER LA CYBERSICUREZZA: “DECINE DI SISTEMI NAZIONALI GIA’ COMPROMESSI”… BUCATI I SISTEMI ANCHE IN FRANCIA, USA E CANADA… RISCHIO RICHIESTA DI RISCATTO DA PARTE DEGLI HACKER
Un massiccio attacco hacker è in corso contro l’Italia. Lo ha reso noto l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, precisando che l’attacco è portato «tramite un ransomware già in circolazione» ed è stato rilevato dal Computer security incident response team dell’Agenzia. I tecnici dell’Acn, si fa sapere, hanno già censito «diverse decine di sistemi nazionali verosimilmente compromessi e allertato numerosi soggetti i cui sistemi sono esposti ma non ancora compromessi».
Tuttavia, si spiega, «rimangono ancora alcuni sistemi esposti, non compromessi, dei quali non è stato possibile risalire al soggetto proprietario. Questi sono chiamati immediatamente ad aggiornare i loro sistemi». Nella giornata di oggi era stato rilevato un crollo della connettività al di sotto del 30% della capacità normale, ed era parsa sotto particolare stress – con segnalazioni da tutta Italia all’ordine dell’hashtag #timdown – la rete di Tim.
Sistemi bucati anche in Francia e Usa: cosa sta succedendo
L’attacco, spiega l’agenzia, ha preso di mira l’ipervisore VMware ESXi. La vulnerabilità sfruttata dagli hacker è già stata corretta nel passato dal produttore, ma, si evidenzia, «non tutti coloro che usano i sistemi attualmente interessati l’hanno risolta» e i server presi di mira, se privi delle correzioni adeguate, «possono aprire le porte agli hacker impegnati a sfruttarla in queste ore dopo la forte crescita di attacchi registrata nel weekend».
L’alto numero di infezioni ha colpito in primi la Francia, secondo la ricostruzione diffusa dall’Ansa: successivamente l’ondata di attacchi si è sposta su altri paesi tra cui l’Italia. In questo momento, sarebbero nel complesso alcune migliaia i server compromessi in tutto il mondo: sotto attacco anche Usa, Canada e Finlandia.
E i rischi, anche in Italia, potrebbero non essere finito perché, spiega ancora l’Agenzia, lo sfruttamento della vulnerabilità «consente in una fase successiva di portare attacchi ransomware che cifrano i sistemi colpiti rendendoli inutilizzabili fino al pagamento di un riscatto per avere la chiave di decifrazione».
(da Open)
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