Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
L’ITALIA DEI MELONI NON HA PESO INTERNAZIONALE (A DIFFERENZA DI QUELLA DI DRAGHI), DEVE SCENDERE A PATTI ED USARE LA DIPLOMAZIA … GIORGIA ISOLATA NEL PARLAMENTO EU SU MIGRANTI, FONDO SOVRANO UE, HUB DEL GAS E ORA IL RINVIO SUI BALNEARI,,, OVVIO CHE ZELENSKY PREFERISCA MACRON E SCHOLZ, NOI GLI ROMPIAMO IL CAZZO PURE PER UN VIDEO A SANREMO
E’ stata una via crucis la giornata di Giorgia Meloni a Bruxelles, in occasione del Consiglio europeo. Ha dovuto masticare amaro per essere stata tenuta fuori dall’incontro ristretto tra Macron, il cancelliere tedesco Scholz e il presidente ucraino Zelensky.
Il governo italiano ha dovuto ingoiare anche il viaggio dei ministri dell’Economia di Francia e Germania, Le Maire e Habeck, a Washington, per chiedere alla Casa Bianca massima trasparenza nell’uso dei 370 miliardi di dollari dell’Inflation Reduction Act a sostegno delle imprese.
Anche lì l’Italia non c’era e a precisa domanda dei cronisti su questa assenza, i due ministri hanno risposto sprezzanti: “Il ministro Giorgetti sarà informato”. Della serie: l’Italia gioca in serie B.
La reazione di Giorgia Meloni è stata scomposta: “L’invito da parte di Emmanuel Macron di Volodymyr Zelensky a Parigi è stato inopportuno”. E’ l’artigliata di chi rosica per essere stato escluso.
Altro attacco è arrivato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al viaggio di Le Maire e Habeck negli Stati Uniti: “È un’iniziativa di due Paesi, non un’iniziativa europea. Non siamo stati informati e la cosa non ci offende: ci sorprende. L’avesse fatto l’Italia, questo governo sarebbe stato accusato di essere sovranista e antieuropeo. Saremmo sotto processo. La risposta dovrà essere europea”. Altra dimostrazione di debolezza.
La “Regina della Garbatella”, che ha ambizioni di grandeur per l’Italia ma governa un paese indebitato e traballante, si ritrova tra due Euro-fuochi: da un lato c’è l’idea di un’Unione sempre più integrata e interdipendente propugnata da Francia e Germania (che dell’Ue vogliono essere il motore; dall’altro c’è il blocco dell’est, Ungheria e Polonia in testa (i polacchi sono alleati della Meloni in Ecr, l’eurogruppo dei Conservatori), che propende per “l’Europa delle Nazioni”, in cui Bruxelles dovrebbe limitarsi a coordinare le politiche nazionali senza intervenire a gamba tesa, soprattutto sulle questioni di bilancio.
Giorgia Meloni, ideologicamente più vicina ai polacchi ma leader di un paese G7 e fondatore dell’Ue, deve scegliere cosa vuole fare da grande.
Mario Draghi era riuscito con un’abile azione diplomatica a sistemarsi accanto a Macron e Scholz nella prima fila europea. Il viaggio dei tre a Kiev, il 16 giugno 2022, certificò l’asse politico tra Roma-Parigi-Berlino. Mariopio non ebbe esitazioni nello scegliere l’Europa integrata e anti-sovranista.
Non lo fece solo per un personale convincimento, ribadito peraltro in centinaia di occasioni, ma fu una scaltra mossa politica: capì che l’Italia non ha la forza economica e militare per “pretendere” un ruolo centrale in Europa. Francia e Germania godono di uno status internazionale superiore al nostro: armi nucleari, solidità economica, debito pubblico sostenibile e maggiore capacità di spesa, danno all’asse franco-tedesco una rilevanza che l’Italia puo’ solo sognare.
Il governo italiano di turno, la sua forza negoziale, deve guadagnarsela. A maggior ragione deve farlo un esecutivo che ha al suo interno partiti euroscettici come la Lega e due leader, Berlusconi e Salvini, apertamente filo-putiniani.
Giorgia Meloni, dal canto suo, non ha mai accettato l’idea di affrontare gli Euro-poteri con l’arma della diplomazia, non è nelle sue corde. Appena insediato, il suo governo ha mercanteggiato con la Commissione, e con qualche ragione (bisogna considerare i ritardi nelle forniture e l’aumento del costo dei materiali), una revisione dei tempi per la messa a terra del Pnrr.
“Io sono Giorgia” ha poi acceso lo scontro con Macron sui migranti per il caso della nave Ocean Viking non accolta dall’Italia e costretta ad attraccare in Francia; ha vagheggiato in totale solitudine l’idea di fare dell’Italia l’hub energetico dell’Europa (e con quali soldi? Quali infrastrutture? Con quale benedizione di Bruxelles?
Tra l’altro l’Algeria, tra i nostri principali fornitori di gas, è considerata ancora “colonia” dalla Francia); ha insistito per un fondo sovrano Ue per sostenere le imprese, incassando no a destra e a manca a partire dal cancelliere tedesco Scholz.
Senza contare l’atteggiamento del governo per le questioni “domestiche”. La proroga di un anno delle concessioni balneari è uno schiaffo all’Europa che aveva chiesto di intervenire rapidamente sulla questione, aprendo maggiormente alla concorrenza (e invece godono Salvini e Santanché, amici della “lobby della battigia”).
Come scrive Massimo Franco sul “Corriere della Sera”: “La proroga di un anno delle concessioni agli stabilimenti balneari, accettata da FdI, va incontro alle richieste degli alleati e salda il loro blocco di interessi. Ma può aprire un serio contenzioso con la Commissione europea”. Uno scontro che non inquieta il governo, anzi: lo esalta”.
“Salvini – prosegue Franco – rivendica che il voto al Carroccio è per un’Italia ‘a testa alta sui tavoli europei, perché non siamo servi di nessuno’.
Davanti a questa spavalderia irresponsabile, come fanno Francia e Germania a coinvolgere nella stanza dei bottoni un paese stra-indebitato, con un’economia fragile, senza alcuna rilevante forza militare, che vive il rapporto con l’Europa o chiedendo soldi o sputandole addosso, che nel sostegno all’Ucraina ha offerto finora solo solidarietà e zero armi?
A tal proposito la frase velenosa con cui Macron ha spiegato il senso del vertice a tre con Scholz e Zelensky (“Penso che negli incontri diplomatici stia anche a Zelensky scegliere il formato che vuole…”) ha tolto la maschera all’ipocrisia italiana.
Della serie: cosa avete dato a Kiev? Il governo Meloni, finora, nulla. Il sesto decreto per le armi all’Ucraina, il primo per il governo di Destra-centro (gli altri si devono a Mario Draghi), slitta di settimana in settimana. Francia e Germania mettono mano all’arsenale, noi?
E’ chiaro che lo stesso Zelensky abbia più interesse a incontrare chi lo sostiene concretamente con rifornimenti militari. Senza contare che il povero presidente ucraino s’è visto rimbalzare da Sanremo, dove avrebbe dovuto passare per il controllo preventivo di un Coletta qualunque (e già fa ridere così).
A corollario del nostro isolamento, arriva anche la sparata del vicepremier Matteo Salvini che ha commentato la mancata partecipazione del presidente ucraino dal Festival con parole che saranno state apprezzate al Cremlino: “Per molti italiani è un momento complicato, che non ci sia la presenza di Zelensky non mi dispiace. Portare la guerra in mezzo ai Cugini di Campagna mi sembra veramente fuori luogo”. Ecco, lasciamo che la guerra la porti Putin in Ucraina. Tanto a metterci una pezza dovranno pensarci gli altri, noi abbiamo Sanremo.
(da Dagoreport)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE UCRAINO VEDE LA PREMIER INSIEME AI LEADER DI ALTRI CINQUE PAESI
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni prende parte all’incontro con Volodymyr Zelensky, a Bruxelles, dove il presidente ucraino è ospite del Consiglio europeo.
Non si tratta quindi di un bilaterale: insieme all’italiana, infatti, ci saranno anche i leader di Spagna, Polonia, Romania, Paesi Bassi e Svezia. È il primo dei quattro gruppi concordati dalle varie diplomazie, impegnate a organizzare i confronti nell’Europa Building della capitale belga.
Il secondo gruppo è composto dagli esponenti Estonia, Lettonia, Finlandia, Danimarca, Repubblica Ceca e Slovacchia. Nel terzo c’è l’ungherese Viktor Orban, e con lui i leader di Austria, Belgio, Croazia, Grecia, Cipro.
Il quarto gruppo vede seduti allo stesso tavolo Portogallo, Malta, Belgio, Lussemburgo, Lituania e Irlanda.
Secondo le stime, gli incontri di ciascun gruppo sono durati una mezz’ora scarsa.
Durante la mattinata, Meloni e Zelensky si sono salutati con una stretta di mano e un abbraccio, non sufficiente a spegnere le polemiche per il mancato invito dell’italiana all’Eliseo, per la cena ospitata da Emmanuel Macron.
Anche perché l’aggruppamento degli incontri ha fatto saltare il bilaterale tra l’ucraino e la leader di Fratelli d’Italia che, precedentemente, era stato inserito nel programma ufficiale di Zelensky.
(da agenzie)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
PD, M5S E TERZO POLO HANNO VITA FACILE DOPO LA DEBACLE DI DONNA GIORGIA IN EUROPA… L’ARROGANZA NON PAGA
“Italia sempre più isolata”, “per colpa di questo governo siamo fuori dall’Europa che conta”, “la premier cambi passo”. Le opposizioni attaccano dopo l’esclusione di Giorgia Meloni alla cena fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky. La presidente del Consiglio non è stata invitata. Una scelta “inopportuna” – come l’ha definita Meloni – quella del presidente francese, Emmanuel Macron, di invitare il presidente ucraino, a Parigi prima del vertice europeo a Bruxelles, in programma in questi giorni.
“Zelensky prima a Londra, poi a Parigi con Macron e Scholz: Meloni ignorata. Inutile lamentarsi dopo – osserva su Twitter il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria del Pd – Il sostegno all’Ucraina e la ricerca della pace passano per una attività diplomatica dalla quale l’Italia viene esclusa. Ma se per anni denigri l’Europa, poi raccogli ciò che hai seminato, condannandoci all’irrilevanza internazionale. Il governo cambi passo, riportando il nostro Paese a ruolo da protagonista che merita”.
Anche la presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi commenta: “Meloni non si offenderà se registriamo l’ovvio: l’Italia è sempre più isolata e ai margini nel contesto internazionale perché mentre i Paesi europei fanno politica, i membri del governo italiano si occupano di fare polemiche su Sanremo”.
E il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, da Frosinone attacca: “Il nostro Paese è tenuto fuori dai tavoli che contano, soprattutto quelli europei. La Meloni dopo aver gridato dai banchi dell’opposizione che è finita la pacchia in Europa, ora ha capito invece che la pacchia è finita per lei. Ora deve impegnarsi per esprimere quella credibilità a livello internazionale che deve conquistarsi”.
Per Matteo Ricci, sindaco dem di Pesaro, presidente di Ali (Autonomie locali italiane) e coordinatore sindaci del Pd) “grazie a questo governo siamo già fuori dall’Europa che conta. Isolati, marginali e poco autorevoli. Meloni & Co. scelgono ancora una volta di fare quadrato con sovranisti e nazionalisti. Ed ecco i risultati: rischiamo di perdere tutto il buon lavoro degli ultimi anni”. “Meloni ripensi a tutti i suoi selfie con Orban e gli altri nemici dell’Ue, invece di piagnucolare ora contro Macron e Scholz – scrive su Twitter il deputato dem Alessandro Zan – Se l’Italia oggi è meno protagonista di prima, la responsabilità è solo sua”.
Meloni resta esclusa dalla cena Macron-Scholz-Zelensky e subito salta alla mente la foto del treno che, il 16 giugno scorso, immortalava il suo predecessore, Mario Draghi, proprio con Macron e Scholz, in viaggio per Kiev. Di quello scatto parla il senatore di Italia viva, Ivan Scalfarotto, che “ha ritratto un passaggio storico, ritraeva insieme i tre paesi più importanti dell’Ue ed era segno di una grande unità e compattezza dell’Unione. Mentre i ministri dell’economia francese e tedesco sono a Washington senza di noi, la presidente Meloni definisce ‘inopportuna’ la scelta del presidente Macron di invitare Zelensky a Parigi prima del vertice europeo. La verità è che se Mario Draghi era su quel treno, saldamente seduto al tavolo dove si prendono le grandi decisioni a livello mondiale, era grazie alla sua credibilità personale e alla sua storia nelle istituzioni internazionali – continua Scalfarotto – Con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, invece, rischiamo l’isolamento internazionale e la marginalità nei processi decisionali europei con grande pericolo in particolare per la nostra economia. Ricostruire credibilità all’Italia a livello europeo e non solo: la vera sfida politica del governo è questa. Che il nostro esecutivo sia in grado di farcela è tutt’altro che certo”, conclude.
Per il leader del Terzo polo, Carlo Calenda, “alimentare una polemica con la Francia nel giorno in cui Zelensky va a Bruxelles e l’Europa si dimostra unita proprio perchè lo accoglie in pompa magna è un gravissimo errore di Giorgia Meloni. È gravissimo farlo con le motivazioni sbagliate: cioè bollando l’iniziativa francese, del tutto normale, come un’iniziativa che rompe l’unità europea, mentre in realtà quello che rompe l’unità europea è una polemica in un momento sbagliato e con dei toni sbagliati”.
Critiche anche dal segretario di +Europa Benedetto Della Vedova: “Meloni ha sbagliato a dire che l’incontro tra Scholz, Macron e Zelensky è stato inopportuno. Così sembra che, come si dice a Roma, Meloni abbia ‘rosicato’. Sarebbe stato meglio fare buon viso a cattivo gioco”, commenta a Coffee Break su La7.
(da agenzie)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
SE C’È UNA BATTAGLIA CHE NESSUN CDA DELLA RAI SOVRANISTA, NESSUN SALVINI E NESSUNA MELONI POSSONO PER ORA VINCERE È QUELLA CONTRO QUATTRO ANNI DI APPLAUSI E DI RECORD DI UN PRESENTATORE MITE E IMPOLITICO
Abbiamo, tutti, capito tutto, quando abbiamo visto Amadeus, ieri mattina, mettere in riga Salvini con più fierezza e con più nerbo di Enrico Letta: «Se non le piace si guardi un film».
Toh, chi l’avrebbe mai detto che questo sarebbe diventato il Festival della Nuova Resistenza, l’opposizione più allegra ma più decisa a Giorgia Meloni: qui c’è il nostro piccolo presidente Mattarella e lì c’è il suo grande presidenzialismo con gli stivali, qui la Costituzione è difesa da Roberto Benigni mentre Giorgia Meloni l’attacca con un progetto affidato, nientemeno, a Maria Elisabetta Casellati.
E resterà nell’iconografia più raffinata del Paese quel Gianni Morandi che lunedì sera ha esibito l’umile saggezza che manca al Terzo Polo di Calenda&Renzi e ha spazzato per terra impugnando la scopa del lavoro socialmente utile, ben più progressista del reddito di cittadinanza di Giuseppe Conte.
Trionfano dunque sulle bandiere stinte della politica “le magnifiche rose”, direbbe Arbasino, del Festival della Canzone Italiana, e resistono i fiori di Nilla Pizzi al vandalismo anarcoide di Blanco che le ha vilipese a calcioni come il terrorista anarchico Cospito ha vilipeso lo stato ottusamente inflessibile di Piantedosi e di Nordio, lo stato che abusa del 41 bis.
La politica, che batte i denti morsa dal freddo e dal gelo, trova a Sanremo, inaspettatamente come accadde al dottor Zivago, la sua casa finalmente calda. E nell’orgia decorativa del teatro Ariston riscrive pure la sua retorica che è ormai inevitabile dovunque: sul palco di Amadeus e al Nazareno, negli interventi in Parlamento e persino nei titoloni dei giornali, nei funerali e nei matrimoni, negli arresti e nei processi.
Ma solo a Sanremo l’iperbole – che emozione pazzesca!, anzi fantastica!, anzi leggendaria! – custodisce la nostra memoria e coltiva la nostra illusione. Forse perché davvero la canzonetta, in Italia, sembra niente ma è tutto, come il fiato e come la malinconia che commuove i più duri. La canzonetta è il fischiettare del solitario, ma è anche la civiltà del coro, del popolo senza populismo e, in nessun altro paese del mondo, diventa come qui la colonna sonora della democrazia.
Amadeus, che non appartiene alla famiglia degli impegnati di sinistra e non ha neppure mai posato a poeta maledetto, forse quattro anni fa, al suo primo Sanremo, non avrebbe detto di togliersi di mezzo al vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini che contro il suo festival gliene ha rovesciate davvero tante, che «Mattarella ha il diritto di svagarsi ma non si difende la Costituzione dal palco dell’Ariston», che lui non guarderà la lettura del messaggio di Zelensky, e «basta con le tirate antirazziste »…
Magari quattro anni fa, Amadeus si sarebbe lasciato intimidire o non avrebbe trovato il coraggio di permettere a Lucio Presta, che è pure il suo agente, di fare così bene il suo mestiere di “agente” e portare il presidente Mattarella e Roberto Benigni a Sanremo senza informare nessuno, con una trattativa segreta, saltando il consiglio d’amministrazione che è il luogo in cui si articola e si dissipa il potere politico in Rai.
E siamo arrivati al punto: Amadeus è diventato più potente di qualsiasi potere politico italiano, commissioni parlamentari, Vigilanza e manuali Cencelli, più importante dei ministri Sangiuliano, Roccella, Lollobrigida, e pure di Fazzolari con la pistola, e di tutti quelli che stanno per mettere le mani sulla Rai. Ed è più potente della stessa Rai che, ipertrofica e anacronistica, si tiene a galla solo con Sanremo.
Ebbene, Amadeus, scialuppa di salvataggio del Titanic, è ora pure il leader a sua insaputa della Nuova resistenza, l’eroe per caso, più di lotta di Cuperlo e più di governo di Bonaccini, più uomo di mondo di Calenda, più credibile di Giuseppe Conte. È il partito del 62 per cento. E la sua Sanremo è la nuova Internazionale Situazionista che nacque proprio qui nel 1956. Amadeus è l’incarnazione del leader situazionista come se lo immaginava Guy De Bord che profetizzava “la società dello spettacolo” che è il famosissimo titolo di un libro dimenticato:
Perché dunque Salvini lo maltratta come i democristiani e i clerico-fascisti maltrattarono Dario Fo? Quale limite è stato superato, quale regime al tempo stesso fascistoide e mattoide può coprire di bile nera Sanremo che è amato da tutti gli italiani che sono canterini proprio perché sono italiani?
(da La Repubblica)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
“VA ASSICURATA PARITÀ DI TRATTAMENTO. NO AL MONOPOLIO DELLE RISORSE PUBBLICHE”. E POI L’UE RICORDA CHE È GIÀ APERTA UNA PROCEDURA DI INFRAZIONE”… LA MELONI NON HA CAPITO CHE STA SCHERZANDO CON IL FUOCO (POI SI LAMENTA SE NON LA INVITANO ALLE CENE CON ZELENSKY)
“Cogliamo l’occasione per ribadire che il diritto Ue richiede che le norme nazionali” sui servizi “assicurino la parità di trattamento degli operatori, promuovano l’innovazione e la concorrenza leale” e “proteggano dal rischio di monopolio delle risorse pubbliche”.
Lo dice all’ANSA un portavoce della Commissione Ue dopo il via libera della commissione Bilancio e affari costituzionali del Senato alla proroga di un anno delle concessioni balneari.
A Bruxelles si ricorda come una procedura d’infrazione contro Roma sia già aperta a causa del mancato rispetto della direttiva Bolkestein e ulteriori rinvii non migliorino la situazione.
Nel giorno della trasferta a Bruxelles della presidente del Consiglio o Giorgia Meloni, impegnata nel Consiglio europeo che si apre nel pomeriggio dopo la visita di Volodymyr Zelensky, la Commissione europea torna a bacchettare l’Italia sul tema delle concessioni balneari. Rievocando i richiami già rivolti a Roma a garantire la piena concorrenza anche nel settore delle spiagge, un portavoce dell’esecutivo di Bruxelles ha voluto «ribadire che il diritto Ue richiede che le norme nazionali sui servizi assicurino la parità di trattamento degli operatori, promuovano l’innovazione e la concorrenza leale e proteggano dal rischio di monopolio delle risorse pubbliche».
La nuova bacchettata all’Italia arriva all’indomani del via libera della commissione Bilancio e affari costituzionali del Senato alla proroga di un anno delle concessioni balneari (sino al 31 dicembre 2024, dunque). Bruxelles – riferisce l’Ansa – ricorda come una procedura d’infrazione contro Roma sia già aperta a causa del mancato rispetto della direttiva Bolkestein e ulteriori rinvii non migliorino la situazione.
(da agenzie)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
È UN’INIZIATIVA SPERIMENTALE, IN OTTO REGIONI, PARTITA NEL 2018: AL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, ALLORA, C’ERA UN LEGHISTA, MARCO BUSSETTI
Dopo quasi due giorni di silenzio, il generale Franco Federici decide di dare una mano a Giovanbattista Fazzolari. E smentisce che il sottosegretario per l’attuazione del programma di governo gli abbia mai parlato dell’ipotesi di rendere il tiro a segno una materia scolastica.
«In merito alla notizia riportata su alcuni quotidiani nazionali, secondo la quale Fazzolari mi avrebbe richiesto un parere per introdurre lezioni di tiro a segno nei programmi scolastici – recita la nota diffusa da Palazzo Chigi – dichiaro che tale richiesta non ha mai avuto luogo e non vi è stata alcuna proposta in tal senso».
Il consigliere militare di Giorgia Meloni conferma, quindi, la versione esposta dal braccio destro della stessa premier. Per la quale, il «caso non esiste», come ribadisce anche l’altro sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, facendo un paragone originale: «Una mezza parola che io possa dire al vicino di casa, sul fatto che il cassonetto della spazzatura è troppo pieno, può diventare, travisato e allargato, una critica al Comune di Roma sulla gestione dei rifiuti».
Il problema, secondo Mantovano è che «qualcuno ancora non si è reso conto del risultato delle elezioni». Fazzolari non aggiunge altro, ma ha annullato la sua partecipazione, prevista fino a pochi giorni fa, all’Eos show, la fiera delle armi di Verona, della quale è ospite abituale da diversi anni.
Nella maggioranza di governo, l’unico che continua a precisare la sua contrarietà all’idea di far usare le armi agli studenti è Matteo Salvini […]. Forse sarà interessato a sapere che, a prescindere dalle eventuali mosse di Fazzolari, ci sono già centinaia di studenti, in varie regioni italiane, che sperimentano l’uso di un’arma durante l’orario scolastico.
Aderiscono al progetto C. A. R. E. avviato dalla Federazione italiana tiro a volo (Fitav) e finanziato dall’agenzia “Sport e Salute”, il cui azionista unico è il ministero dell’Economia. Si tratta di un’iniziativa sperimentale che coinvolge otto regioni: una decina di istituti in Puglia, quattro in Lombardia, un paio in Campania e Calabria. Si stanno organizzando per partire con le lezioni anche in Toscana, Lazio, Molise e Sicilia.
Al momento, sono una trentina i licei e gli istituti tecnici aderenti, un terzo si trova in Puglia e «stiamo avendo molte richieste, che non riusciamo ad accontentare», sottolinea il delegato Fitav pugliese Cosimo Moretto. Sono ormai più di quattro anni che in Puglia gli studenti delle superiori, con l’autorizzazione dei genitori, possono dedicarsi al tiro al piattello. «Come regione pilota siamo partiti nel 2018 – ricorda Moretto – facendo la proposta al ministero dell’Istruzione e definendo con loro le modalità. Mi pare che il governo fosse quello con 5 stelle e Lega». Quindi, ministro dell’Istruzione era il leghista Marco Bussetti. Ma non ditelo a Salvini.
(da La Stampa)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
TUTTI RACCONTANO COME PUTIN SIA INAFFIDABILE, BUGIARDO, CINICO E RABBIOSO
Mentre in Italia si discute dell’intervento registrato, di due minuti, di Volodymyr Zelensky a Sanremo, con appelli contrari e preoccupazioni per la banalizzazione della guerra, la Bbc trasmette un documentario in tre episodi su Putin, l’Occidente e la guerra: Putin vs the West, che giunge dopo altri sullo stesso tema; particolarmente significativo tra questi è Putin, Russia and the West, del 2012.
Putin vs the West (come il precedente realizzato dalla documentarista Norma Percy) riprende il filo delle vicende dal 2013: le pressioni russe sul presidente ucraino Janukovyc per non firmare il trattato di associazione con l’Ue, Maidan, l’invasione del Donbass e della Crimea; l’intervento russo in Siria; l’invasione dell’Ucraina.
Filmati, numerosi quelli dove è lo stesso Presidente russo a parlare, ma soprattutto testimonianze dei protagonisti, alti responsabili Ue e Nato, presidenti, capi di governo, ministri, consiglieri. Anche russi. Come ogni narrazione anche quella realizzata attraverso questo documentario può avere pecche ed essere criticata.
The Guardian l’ha fatto senza sconti, soprattutto osservando colpevoli omissioni da parte degli intervistati. Ma tante sono le voci, tante e su un punto convergenti, ovvero il profilo di Putin: l’inaffidabilità; l’attitudine alla menzogna, anche di fronte all’evidenza e nella consapevolezza che gli interlocutori sanno che sta mentendo; l’indifferenza per la vita umana; l’idea fissa di ricostruire una grande Russia come sentimento di rivalsa.
Pensando all’informazione televisiva italiana sulla guerra, non si può non riflettere sulla differenza tra format che, pur condizionati dal punto di vista degli autori, cercano di fare conoscere, ricostruire, collocare gli avvenimenti, e format che soprattutto cercano la sensazione, con la disattenzione per i fatti e l’ossessione per le opinioni, tutte lecite, anche le più infondate. E, al tempo stesso, è inevitabile interrogarsi sull’impatto sull’opinione pubblica dei diversi tipi di informazione.
La narrazione en continue dei nostri talk show (e non solo) tende a rendere ogni posizione equivalente, tanto che importanti animatori dei nostri “format delle opinioni” sono sin dall’inizio della guerra “esperti” preoccupati soprattutto di sensibilizzarci al punto di vista russo e di Putin, alle loro “ragioni”, nonché alle conseguenze catastrofiche che ci attendono se non teniamo conto della (e ci pieghiamo alla) loro potenza e determinazione.
Con una elevata indifferenza sia ai fatti sia ai principi. I media sono uno strumento importante per la formazione dell’opinione pubblica. Nessuna meraviglia, dunque, e purtroppo, se la nostra continua ad essere la più ostile di tutta l’Unione europea al sostegno all’Ucraina aggredita.
(da La Repubblica)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
PUTIN È ACCERCHIATO, ANCHE I SUOI FEDELISSIMI ORMAI DUBITANO DELLE SUE CAPACITÀ, E LA PARTITA SI INTRECCIA CON I RAPPORTI (TESI) CON NIKOLAY PATRUSHEV, CAPO DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA NAZIONALE
Il cambio alla guida del Fsb, il servizio segreto interno della Russia, sarebbe ormai imminente. Alexander Bortnikov, l’attuale capo, che a novembre ha compiuto 71 anni, dovrebbe lasciare – spontaneamente, ha chiesto le dimissioni, ma anche “spintaneamente” – anche a causa dei risultati certo non eccellenti del servizio specialmente sul fronte ucraino, e del controspionaggio interno. Putin non è contento (eufemismo), e sta pensando da tempo di correre ai riparti.
Ma ogni mossa è delicatissima, perché ogni singola nomina va a toccare un castello di carte nel quale Putin ha rappresentato per due decenni il punto di equilibrio, ma che adesso scricchiola.
Lo testimoniano le tante guerre di potere, le morti strane di oligarchi e alti burocrati, l’ascesa ma poi la caduta di personaggi come Evgheny Prighozhin, il fatto che Putin stesso stia incontrando qualche resistenza anche con la fazione dei “tecnocrati”, trovando – come ha raccontato Bloomberg – una qualche resistenza di Elvira Nabiullina alla richiesta di abbassare i tassi per far fronte alla situazione grave del deficit pubblico russo a gennaio. Ma lo testimonia soprattutto l’esitazione del presidente russo nella fondamentale nomina del capo dei servizi segreti federali.
L’imminente sostituzione di Bortnikov investe però anche la questione dei rapporti attuali di Putin con Nikolay Patrushev, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, ossia il mega capo di tutte le intelligence russe. A che punto sono davvero questi rapporti? Difficile dirlo. Certo è che venerdì c’è stata una riunione operativa di Putin con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, ma Patrushev non c’era.
C’è chi ritiene che ormai Patrushev sia spazientito pe le (tante) promesse e promesse di Putin sulla nomina del figlio Dmitry, alla presidenza del Consiglio.
(da La Stampa)
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Febbraio 9th, 2023 Riccardo Fucile
PER NORDIO “E’ PERICOLOSO E PUO’ COMUNICARE CON I SUOI”… SE L’AMMINISTRAZIONE FUNZIONASSE NON POTREBBE COMUNICARE “CON I SUOI” NEANCHE IN “ALTA SORVEGLIANZA”… POI SE IL GOVERNO VUOLE “USARLO” PER DIMOSTRARE LA “LINEA DURA” E FARNE UN MARTIRE, PROBLEMI LORO
Alfredo Cospito resta al 41bis. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio dice no a lui e al suo avvocato Flavio Rossi Albertini. Che ne dà notizia appena riceve la comunicazione da via Arenula, e annuncia subito che presenterà a sua volta un ricorso. E domani alla Camera dei deputati, alle 14, terrà una conferenza stampa spiegando le sue ragioni.
Pur in sciopero della fame ormai da 110 giorni, l’anarchico Alfredo Cospito dovrà restare al 41bis nel carcere di Opera. Il Guardasigilli, in anticipo sulla scadenza del 12 gennaio rispetto alla richieste di Rossi Albertini, invia al legale il decreto motivato in cui gli comunica il no alla revoca del 41bis.
Il fulcro del diniego sta nel parere che i magistrati – la Procura nazionale Antimafia, i pm di Torino e il procuratore generale Saluzzo – hanno inviato allo stesso Nordio.
Secondo fonti di via Arenula si tratterebbe di pareri “convergenti”. Il ministro della Giustizia ha giudicato “concordi” tutti i documenti nel confermare la pericolosità del personaggio e il concreto rischio che possa comunicare dall’interno del carcere con la galassia anarchica.
Un pericolo che rientra tra quelli per i quali è in vigore il 41bis, cioè misure di controllo e di vita in carcere che impediscano qualsiasi comunicazione con l’esterno.
Il provvedimento di Nordio si sofferma anche sulla salute di Cospito e sui rischi che il suo sciopero della fame possa comportare. Rischi però bilanciati – secondo il Guardasigilli – dalla permanenza in un carcere come quello di Opera dove esistono le necessarie misure sanitarie e con la possibilità di un eventuale trasferimento nei reparti dell’ospedale San Paolo. Quindi, conclude Nordio, la sua salute è sotto tutela. Ma le ragioni di sicurezza, sulla base di quanto affermano i magistrati, lo obbligano a respingere la richiesta dell’avvocato Rossi Albertini.
Giusto domani Cospito riceverà la visita del suo medico personale, chiesta dal suo legale subito dopo il trasferimento da Sassari a Opera, e che però è stata autorizzata con un notevole ritardo. Visita che potrà dare notizie sull’effettivo stato di salute di Cospito che, dall’interno del carcere, viene definita stazionaria.
Ovviamente, la decisione di Nordio assume a questo punto un valore politico, e cioè la conferma della linea della fermezza più volte espressa dalla premier Giorgia Meloni in questi giorni anche con toni molto assertivi. Nonché un no, anch’esso del tutto politico, a tutti gli esponenti dell’opposizione, Pd in testa con l’ex Guardasigilli Andrea Orlando, che hanno insistentemente chiesto di fermare il 41bis. Certo non può essere un caso che tutto questo avvenga a tre giorni dal voto per le regionali nel Lazio e in Lombardia.
Sul fronte della magistratura invece finisce in secondo piano la chance, pur ipotizzata nel parere della Direzione nazionale antimafia, per la penna di Giovanni Melillo, cioè il capo della struttura, di derubricare il 41bis in un’Alta sorveglianza, misura carceraria di sicurezza subito al di sotto della detenzione dura. Che avrebbe aperto un concreto spiraglio anche sulla possibile sospensione dello sciopero della fame e sui rischi di morte che indubbiamente Cospito corre.
(da agenzie)
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