Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
SARÀ UN CASO O IL SIPARIETTO ERA PREPARATO? DI SICURO GLI ALTRI GIORNALISTI INVIATI IN UCRAINA NON L’HANNO PRESA BENE
La giornalista che, durante la conferenza stampa di Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky a Kiev, ha chiesto al presidente ucraino cosa pensasse delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, con tanto di traduzione simultanea della Ducetta, è Monica Guerzoni, la “chigista” del “Corriere della Sera”.
Guarda caso Meloni ha affidato i suoi pensieri alla stessa Guerzoni che ha firmato, nell’edizione di oggi del quotidiano, un articolo contenente un “colloquio” molto ben informato con la premier, in cui si minimizzavano le sparate di Zelensky contro il Cav: “Poteva dire cose ben più pesanti”.
È solo una coincidenza che sia stata la Guerzoni a fare la domanda e a ottenere quelle dichiarazioni? Non è che l’uscita dell’ex comico diventato eroe di guerra era stata preparata, con la regia di Palazzo Chigi?
L’unica cosa certa è che gli altri giornalisti della delegazione spedita a Kiev per seguire l’incontro si sono lamentati del trattamento riservato loro dal governo italiano.
Breve resoconto di una ventina di inviati al seguito di Giorgia Meloni. In treno e in aereo con lei. La premier schiva i giornalisti per tre giorni, e non manda nessuno dello staff per un briefing. Apparentemente l’ordine è: evitiamo che mi facciano un agguato come a Berlino parlando di politica interna. I cronisti «sporcherebbero» la sua immagine internazionale. E così a Irpin si ferma con una tv ucraina e non con gli inviati da Roma.
Ore dopo, mentre i giornalisti mangiano ignari patatine fritte e brodo di pollo nel bar dell’hotel, Meloni rilascia un’intervista non alla Rai, ma al Tg4 dell’alleato Berlusconi.
Palazzo Chigi lo rende noto solo l’indomani, una volta in Italia. Ps: il brodo era buonissimo.
(da Dagonota e La Stampa)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
“NON SAPEVAMO NULLA, NE PARLEREMO NEI DIRETTIVI”. LA PROPOSTA DI FRATELLI D’ITALIA: “SI METTA IN SONNO DALLA LOGGIA” – LUI REPLICA: “NON HO MAI NASCOSTO DI ESSERE MASSONE. NON MI METTERÒ IN SONNO”
L’appartenenza del candidato sindaco Emanuele Montomoli alla Massoneria sorprende e imbarazza i partiti del centrodestra, che ne sostengono la corsa per Palazzo pubblico.
I vertici locali della coalizione preferiscono non commentare le dichiarazioni del fondatore di VisMederi, ma la notizia ha creato grande fermento, provocando la reazione degli organismi superiori.
I rumors riferiscono dell’irritazione con cui a Roma sarebbe stata accolta l’intervista rilasciata da Montomoli a ’La Nazione’, per questo i partiti hanno deciso di mettere in campo ’l’artiglieria pesante’, mobilitando i propri referenti regionali.
Se dunque Forza Italia Siena è attesa a Roma dal vicepresidente nazionale e ministro degli Esteri Antonio Tajani nella giornata di lunedì per un incontro che vede all’ordine del giorno anche il caso Montomoli, per Fratelli d’Italia interviene il parlamentare Fabrizio Rossi in qualità di commissario regionale: “Convocherò al più presto una riunione con i vertici del partito senese – annuncia – per approfondire il tema. Ognuno è libero di fare delle scelte personali, purché non vadano a inficiare la buona amministrazione e la campagna elettorale. Io non sono massone e campo bene lo stesso – aggiunge –. Della cosa è stato informato anche Giovanni Donzelli, ora bisogna capire la linea da tenere”.
Il tutto, mentre all’interno di FdI Siena, nell’ambito di una riflessione con gli alleati, sarebbe stata lanciata la proposta di chiedere a Montomoli di ’congelare’ la sua appartenenza alla Massoneria, “collocandosi in sonno fino al termine del suo mandato amministrativo”.
Ma il caso Montomoli scuote anche la Lega
Gli statuti di FdI e del Carroccio riportano una dichiarata incompatibilità fra l’iscrizione al partito e l’appartenenza alla Massoneria, ma Montomoli è un civico e per questo non è soggetto a tali regole.
Intanto sui social si scatena la polemica politica. Fabio Pacciani, Polo Civico Senese, tuona: “Il problema è il rapporto tra la Massoneria, le istituzioni e le assemblee elettive. Il rischio che si corre è che le decisioni vengano prese al di fuori delle assemblee elettive, rispondendo a logiche e interessi non dell’intera comunità, ma di pochi”.
(da La Nazione)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
HANNO ESPOSTO UNO STRISCIONE CON SU SCRITTO “LO STATO TORTURA. CON ALFREDO, NO AL 41 BIS” E HANNO ACCESO UN FUMOGENO… COMPLIMENTI A PIANTEDOSI, SE AVESSERO AVUTO UN ORDIGNO ESPLOSIVO?
“L’Italia tortura. Con Alfredo no al 41 bis”. E’ lo striscione comparso sull’Altare della Patria a Roma, in solidarietà con l’anarchico Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis nel carcere di Opera a Milano e in scopero della fame da ormai oltre 110 giorni.
Domani, 24 febbraio, è attesa la sentenza di Cassazione sul regime di carcere a cui è sottoposto Cospito.
I manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta “L’Italia tortura, con Alfredo. No 41 bis, no ergastolo” e acceso alcuni fumogeni.
Solo in un secondo momento sono intervenute le forze dell’ordine identificando quattro anarchici.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
BLANCO RESTA INDAGATO PER I DANNEGGIAMENTI SUL PALCO
Il bacio sul palco di Sanremo tra Fedez e Rosa Chemical «non è un reato». La procura di Imperia ha infatti chiesto l’archiviazione dell’esposto presentato dal portavoce di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, e dall’ex ministro per la Famiglia, Carlo Giovanardi nei confronti di Fedez e di Rosa Chemical, dopo la performance dei due artisti durante il Festival di Sanremo.
Nell’esposto veniva sostenuto che i due artisti, durante l’esibizione, «hanno tenuto un comportamento di una gravità inaudita in diretta tv che ha portato a un’ondata di indignazione generale per la vergogna, il disagio e la repulsione provocata dalla volgarità di un comportamento che riguarda la sfera sessuale».
L’esposto era stato presentato era stato presentato dall’avvocato Luca Ghelfi sulla base dell’art 529 C.P. (atti e oggetti osceni) e 527 C.P. (atti osceni in luogo pubblico).
Il bacio sul palco e il twerking avvenuto in platea, secondo i magistrati di Imperia, fanno parte di un’esibizione artistica e di conseguenza non rappresentano reato.
Resta invece in sospeso il dossier d’inchiesta su Blanco, indagato per danneggiamenti dopo il “massacro delle rose“, prese a calci e sbattute sul palco dell’Ariston. Nel suo caso la procura ha chiesto alla Rai se effettivamente l’artista ha arrecato danni e, in caso positivo, ha chiesto a Viale Mazzini di quantificarli.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL PD NON È MAI ANDATO AL VOTO DELLE PRIMARIE CON UN COSÌ NOTEVOLE TASSO DI CONFUSIONE
Anche se tutti i precedenti storici – da Veltroni a Bersani, Renzi, Zingaretti – dicono di no, stavolta sono in molti a parlare dell’eventualità che il voto degli iscritti che ha premiato Bonaccini e visto seconda, ma battuta, Schlein, possa essere ribaltato da quello dei gazebo di domenica prossima. La prima a crederci è lei, l’avversaria del “segretario in pectore”, che lo ripete in tutte le interviste.
Perché stavolta i timori dei supporters di Bonaccini siano maggiori è presto detto: Schlein si è rivelata più forte, sia pure di poco, nelle metropoli, dove abitualmente l’affluenza ai gazebo è più forte.
Un’alta partecipazione, per dire, oltre un milione di votanti, potrebbe favorirla nello scrutinio finale. Inoltre il Pd non è mai andato al voto delle primarie con un così notevole tasso di confusione: cresce la sensazione che possa succedere di tutto.
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LEGAMBIENTE E IL DISASTRO DEL TRASPORTO FERROVIARIO ITALIANO
Disagi e ritardi caratterizzano la vita dei pendolari italiani, stimati 3 milioni. Le linee ferroviarie del nostro Paese sembrano divise in due fasce: l’efficacia dei treni ad alta velocità e l’inefficienza di Intercity e treni locali, soprattutto al Sud.
È questa la fotografia dell’ultimo rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente. Molti convogli percorrono alcune distanze in tempi simili a quelli di 30 anni fa. Se non peggio.
Stando a quanto si legge nelle tabelle di marcia disponibili sul sito della fondazione Fs, riprese anche da La Stampa, nel 1993 la tratta Torino Porta Nuova-Genova Porta Principe ci impiegava 95 minuti.
Oggi ce ne voglio almeno 111 o 120 se si prende un locale. Così come Torino-Ventimiglia che dalle 3 ore del ’93 è passata a circa 4 ore e mezza.
E il problema – spiega il report – è la preferenza degli investimenti per il rapporto su gomma. Nella decade 2010-2020, infatti, sono stati realizzati 310 chilometri di autostrade, migliaia di chilometri di strade nazionali e appena 91 chilometri di metropolitane e 63 di tranvie.
Il Sud soffre di più
Per quanto riguarda il trasporto ferroviario si registrano notevoli differenze del trasporto ferroviario tra regioni. «Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019», si legge nel report di Legambiente che stima la necessità di investire almeno 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030. A soffrire di più è sempre il Sud, che subisce i disagi causati dalle poche linee. Basta pensare che in Sicilia le corse dei regionali sono 506, mentre in Lombardia 2.173.
Le 10 linee ferroviarie peggiori d’Italia e l’appello al Governo
Nel report vengono anche elencate le 10 linee ferroviarie peggiori d’Italia. A guidare la lista ci sono le ex linee Circumvesuviane, caratterizzate da incidenti, ritardi e soppressioni, come la «Metromare» Roma-Lido e la Roma Nord-Viterbo, con ritardi medi di trenta minuti e una corsa saltata su tre, o la Catania-Caltagirone-Gela con aumenti tariffari che crescono di pari passo con i ritardi dei treni. Il rapporto si conclude con una richiesta a governo Meloni nei confronti dei pendolari. Perché – chiosa Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci sono tantissimi investimenti e opere pubbliche da fare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente del ponte sullo Stretto ma molto più utili alla collettività».+
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA SI PRENDEREBBE IL BILANCIO E LA LEGA RIMARREBBE A BOCCA ASCIUTTA… ROMANO LA RUSSA, PROBABILE VICEPRESIDENTE, VORREBBE AVERE ANCHE LA SUPERVISIONE SULLA SALUTE, MA BERTOLASO NON VUOLE FINIRE COMMISSARIATO
È un’architrave ancora traballante quella su cui Attilio Fontana ha chiesto venga costruita la nuova squadra di governo: la conferma di Guido Bertolaso al Welfare. «Deciso questo, si deciderà tutto il resto», dicono i bene informati.
Perché dall’incognita sulla sua permanenza in giunta dipende a cascata la spartizione di tutte le caselle, a partire dall’altro assessorato chiave: il Bilancio.
Chi si prende l’uno, lascia al principale alleato l’altro. E allora: la Lega è disposta ad avere un titolare al Bilancio di Fratelli d’Italia e alla Sanità qualcuno che non sarebbe espressione del Carroccio? La risposta è no. Ecco perché il governatore chiederà agli alleati, e in primis alla premier Giorgia Meloni nei prossimi giorni, che l’ex capo della Protezione civile faccia il bis entrando in «quota coalizione».
L’operazione, però, non è per nulla scontata. La linea tracciata da Fontana poggia su una certezza: l’uomo chiamato due volte in Lombardia durante la pandemia e messo a sostituire in corsa Letizia Moratti «è una garanzia per tutti», ammettono da più parti. Perché quella della Sanità, da cui transita l’80% del bilancio regionale, è una poltrona che scotta. E le alternative (vere) non sono molte.
Opzione uno: se FdI rinunciasse alla Sanità e Bertolaso venisse confermato, al partito di Meloni spetterebbe naturalmente il Bilancio e la Lega non avrebbe né l’uno né l’altro.
Perché Bertolaso, «se entra, lo fa in quota Fontana», si dà per certo da via Bellerio, «ma rimanendo un tecnico, non un uomo di partito». Non solo: la Sanità non vale quanto un qualsiasi altro assessorato.
Opzione due: se la Sanità andasse a FdI, la Lega sarebbe legittimata a chiedere per sé il Bilancio, dove l’attuale Davide Caparini è in lizza per il bis. Semplice, quindi. Ma non scontato, non solo perché Fontana vuole Bertolaso, ma perché sulla Sanità FdI è spaccata. Parte del partito la vuole, altri no: meglio lasciarla al tecnico considerato da tutti l’uomo più accreditato per occuparsi dell’argomento centrale agli occhi dei lombardi, e cioè la sanità, l’abbattimento delle liste d’attesa, la ricostruzione della medicina territoriale.
Ecco l’altra incognita: FdI deve chiarire se vuole o meno quella casella. Sembrano in calo le quotazioni per un Romano La Russa sia vicepresidente sia titolare del Welfare: in pole c’è Carlo Maccari, poi Franco Lucente e Marco Alparone.
Ma si sta facendo largo anche il nome di Mario Mantovani, ex vicepresidente e già assessore al Welfare, molto stimato da Daniela Santanchè e uscito vincente dalle elezioni dopo aver fatto candidare e stravincere un suo uomo, Christian Garavaglia.
(da Corriere della Sera )
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
UN CONTO È LA CLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI, UN ALTRO IL SEGRETO D’UFFICIO
Lo scudo di Carlo Nordio per il “suo” sottosegretario indagato, Andrea Delmastro, non potrebbe essere più totale. Quanto più si alza la temperatura politica, con le opposizioni che minacciano l’aventino se soltanto si provasse il sottosegretario a partecipare ai lavori parlamentari, tanto più il ministro della Giustizia si sente in dovere di ergersi a sua difesa. E stavolta, alla Camera, passa al contrattacco.
Attaccando a muso duro la procura di Roma che sta indagando. E Delmastro, forte di questa difesa senza se e senza ma, si prepara a tornare appieno nel ruolo. Un discorso che trasuda l’orgoglio di essere al governo, da Nordio.
Il ministro rivendica infatti a sé il potere di decidere che cosa è segreto e cosa no. «La classificazione della natura – segreta, riservata, riservatissima o altro – per legge appartiene all’autorità che forma il documento, quindi spetta al ministero», dice.
E siccome quelle carte che Delmastro ha mostrato al suo amico e compagno di partito Giovanni Donzelli secondo il ministero non sono segrete, «quello che non è segreto non rientra tra gli atti dei quali si sta oggi parlando».
Epperò la questione non è così pacifica. Anche perché un conto è la disciplina del segreto di Stato, altro il segreto d’ufficio.
La magistratura sta appunto procedendo per violazione di questo secondo tipo di segreto. Ma ciò, per l’ex magistrato Nordio, è un’inammissibile invasione di campo. Lo dice esplicitamente: «Se la qualifica della segretezza o meno dell’atto non dovesse più dipendere dall’autorità che forma l’atto, cioè dal ministero, ma dovesse essere devoluta alla interpretazione della magistratura potrebbe crearsi una problematica che potrebbe e dovrebbe essere risolta in un’altra sede».
Lascia intuire, insomma, che se la procura andrà avanti, pur di difendere l’operato di Delmastro, il governo e anche lui sono pronti a sollevare conflitto di poteri davanti alla Corte costituzionale.
Un’ipotesi che lascia di stucco Federico Cafiero de Raho, che fino a qualche mese fa era Superprocuratore e oggi è deputato M5S e firma l’interrogazione a Nordio: «Per me è pacifico che Delmastro abbia violato la legge e mi meraviglia questa posizione del ministro. Il segreto di Stato si appone documento per documento a seconda della delicatezza per la sicurezza dello Stato. Altro è il segreto d’ufficio, che scatta automaticamente per grandi categorie e non rientra tra le competenze del ministro pro-tempore. Quelle note che il sottosegretario ha divulgato sono atti riservati, a priori».
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
TRA URLA E MINACCE LA CONTESTAZIONE AL VERDETTO DA PARTE DEI PARENTI DELLE VITTIME
Due anni e otto mesi per il sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, per mancata pulitura della strada: questo è quanto ha stabilito la sentenza di condanna del gup Gianluca Sarandrea, nel processo per la tragedia dell’Hotel Rigopiano, travolto e distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017.
Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e, l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. A causa dell’incidente, morirono 29 persone: oggi, a sei anni dal disastro (e a tre anni e mezzo dall’inizio del processo), i parenti delle vittime si sono presentati al Tribunale di Pescara indossando o esponendo magliette con le foto dei propri cari. Molti di loro, tra le lacrime, hanno contestato la decisione del giudice, che ha assolto 25 imputati su 30: la lettura della sentenza ha scatenato il caos in aula: «Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo», hanno urlato i parenti delle vittime.
La rabbia dei familiari
Le forze dell’ordine hanno dovuto trattenere alcuni di loro. «Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvaguardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia», ha commentato il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda.
«Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste!», ha urlato Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. Aggiungendo: «Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?».
Il riferimento è alle telefonate che Gabriele effettuò qualche ora prima della valanga: chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.
I 30 imputati, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano amministratori e funzionari pubblici, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
«Giudice, non finisce qui», ha minacciato dopo la lettura della sentenza un superstite della tragedia, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo. Sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli. Le forze dell’ordine l’hanno poi allontanato dall’aula.
(da La Repubblica)
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