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TRENTINO, TROVATO MORTO L’ORSO M62, TRA LE IPOTESI QUELLA DEI BRACCONIERI

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

BRAMBILLA: “SE E’ STATO UCCISO DALL’UOMO LA RESPONSABILITA’ MORALE E’ DI FUGATTI”… E GLI ANIMALISTI GLI GRIDANO “ASSASSINO” SOTTO CASA

La carcassa di un orso è stata rinvenuta da un gruppo di escursionisti in una zona impervia tra il lago di Molveno e San Lorenzo Dorsino, in Trentino. Si tratta dell’esemplare M62.
L’animale appare in stato di decomposizione. La sua identità è confermata dalle marche auricolari. A stabilire le cause della morte sarà l’istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, al quale sarà consegnato l’esemplare.
Il recupero è stato curato dal Corpo forestale trentino.
L’orso ‘M62’ è stato identificato grazie alle marche auricolari che gli erano state applicate nel novembre 2021.
M62 era uno degli orsi problematici, su l’Ispra stava emananando un parere per l’abbattimento. Abbattimento che il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti è tornato a invocare per l’orsa JJ4, l’animale che ha aggredito e ucciso il runner 26enne Andrea Papi
L’attacco della deputata ambientalista
“I boschi sono pieni di insidie, anche per gli orsi. L’esame necroscopico chiarirà di che cosa è morto M62, un maschio giovane, di circa 4-5 anni, incluso nell’elenco dei ‘condannati a mortè dal presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. solo perché ‘confidente’: non aveva mai aggredito nessuno. Di certo, se la mano e l’intenzione dell’uomo avessero qualcosa a che fare con questa morte, cioè se fossimo davanti a un atto di bracconaggio, sapremmo bene come inquadrare l’avvenimento: nel clima di paura e di odio creato e alimentato da Fugatti. Il presidente della Provincia ne porterebbe la responsabilità morale. Quanto agli eventuali esecutori materiali, agiremmo in ogni sede perché non restino impuniti”.
Così Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la tutela dell’Ambiente e della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, che già nel 2017 si è scagliata contro l’uccisione dell’orsa KJ2.
(da agenzie)

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IL CAFFE’ CON ELLY

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

SCHLEIN A PALERMO PER COMMEMORARE LA TORRE, UNA SIGNORA LA INVITA DAL BALCONE E LEI ACCETTA

Elly Schlein si affaccia dal balcone di Silvana Cusimano che l’ha ospitata per un caffè. La segretaria nazionale del Pd, a Palermo in occasione della commemorazione di Pio La Torre e il suo autista uccisi dalla mafia 41 anni fa, è stata accolta con affetto da alcuni residenti.
Una signora l’ha invitata insistentemente a prendere un caffè. Schlein ha accettato l’invito ma al posto del caffè (che non ama) ha accettato volentieri un succo di frutta alla pesca e un paio di biscotti.
Del resto la signora Silvana Cusimano, con una battuta in siciliano, è stata molto convincente: “Quello dell’anno scorso non è salito a casa mia e ha visto come è finita”, ha detto scherzando dal balcone. Poi le ha presentato tutti i familiari e l’ha portata in giro per le stanze della casa
“Non sottovalutiamo la capacità di infiltrazione nell’economia da parte delle mafie. Ciò significherebbe tradire la memoria di chi, come La Torre e Di Salvo, ci ha voluto lasciare l’impegno contro la criminalità organizzata. Bisogna innalzare i presidi di legalità e trasparenza anziché abbassarli, anziché cercare di sradicare i presidi del codice degli appalti e introdurre il subappalto a cascata che rende ancora più difficoltosi i controlli sulla legalità e bisogna anche lavorare sul contrasto allo sfruttamento del lavoro e al caporalato”, ha detto Elly Schlei in via Li Muli, a margine della cerimonia commemorativa in occasione del 41esimo anniversario dall’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. “Crediamo che le istituzioni e lo stato debbano arrivare prima – prosegue – con le risposte che servono alle persone, senza lasciare indietro nessuno”, ha concluso.
(da Huffingtonpost)

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LA PARATA MILITARE DEI BAMBINI RUSSI DELLE ELEMENTARI

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

IN RUSSIA VOGLIONO RINCOGLIONIRE I GIOVANI FIN DA PICCOLI

A Yeysk, nel territorio di Krasnodar, si è tenuta una incredibile parata militare di alunni della scuola materna e elementare. Lo ha comunicato, fiero, lo stesso sindaco della città, Roman Bublik. L’evento aveva un titolo altisonante, in linea con la propaganda di Putin: “Siamo i pronipoti dei grandi vincitori”.
“La sfilata di bambini si tiene quest’anno per la prima volta e sono orgoglioso che sia Yeisk ad iniziare questa gloriosa tradizione. Sono sicuro che terremo questa parata ogni anno”, ha detto Bublik.
Come racconta “7×7 – Russia orizzontale”, la parata si è tenuta allo stadio locale, coi genitori dei bambini sugli spalti. Secondo il canale Telegram di Bublik, i preparativi hanno richiesto un mese: i bambini hanno imparato a marciare, i loro genitori hanno cucito i costumi. Ogni asilo ha scelto a quale formazione militare ispirarsi.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, in Russia gli scolari e persino gli alunni della scuola materna sono sistematicamente coinvolti in vari azioni patriottiche. A febbraio, il Soft Power Project ha chiesto alle autorità russe di interrompere i finanziamenti alla propaganda nelle università, nelle scuole e negli asili. I fondi liberati – hanno detto – andrebbero meglio utilizzati per attrezzare scuole e ospedali. La petizione è stata firmata da oltre 44 mila persone.
(da Globalist)

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PRIGOZHIN TENTA DI ARRUOLARE NEL GRUPPO WAGNER IL “MACELLAIO DI MARIUPOL”

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

TRA CRIMINALI CI SI INTENDE

Guerra senza fine mentre i mercenari cercano di portare dalla loro parte criminali di guerra. Il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha offerto la posizione di primo vice comandante del suo gruppo di mercenari al generale russo Mikhail Mizintsev, tristemente noto come il «macellaio di Mariupol».
Lo scrive il think tank americano Institute for the Study of war, aggiungendo tuttavia che l’offerta, fatta da Prigozhin in una intervista, potrebbe anche essere sorta di presa in giro per umiliare Mizintsev.
Lo scorso 27 aprile, un giornalista vicino al Cremlino ha dato la notizia della destituzione di Mizintsev dall’incarico di vice ministro della Difesa per la logistica, che aveva assunto in settembre. Delle autorità russe non è giunta però nessuna conferma o smentita. Mizinstev è ritenuto responsabile del bombardamento dell’ospedale materno e il teatro di Mariupol.
(da Globalist)

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ACCOGLIENZA DA INCUBO: COSI’ L’ITALIA CALPESTA I DIRITTI DEI PROFUGHI

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO HA GIA’ CONDANNATO L’ITALIA PER LE CONDIZIONI DEGRADANTI DELLE STRUTTURE

Tre minori stranieri non accompagnati e sbarcati sull’isola di Lampedusa a metà dello scorso febbraio, sono rimasti chiusi – senza poter uscire – all’interno dell’hotspot che ospita i migranti arrivati in Italia in Contrada Imbriacola, a Lampedusa, per oltre un mese, dopo l’identificazione, ma senza essere immediatamente ospitati in «una struttura governativa di prima accoglienza a loro destinate». Almeno così come prevederebbe la normativa italiana in materia, che stabilisce come nessun minore possa essere accolto o trattenuto nei centri di detenzione, negli hotspot, e nei Cpr, i Centri di Permanenza per i Rimpatri. Di più: la legge n. 47 del 2017 immagina una procedura unica e veloce per l’accertamento dell’età, con un provvedimento di attribuzione che è emesso dal Tribunale per i minorenni.
Inoltre, il quadro normativo attualmente vigente stabilisce che tutti i minori stranieri non accompagnati, anche se non richiedenti asilo, devono essere accolti in una struttura del circuito ex Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che ora si chiama Sai, e che deve soddisfare gli standard minimi dei servizi e dell’assistenza forniti dalle strutture residenziali per minorenni. E invece in questo caso non è andata così, come racconta a TPI Annapaola Ammirati, esperta di detenzione amministrativa che lavora per il progetto in Limine dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione: «I tre minori trattenuti nell’hotspot di Lampedusa sono stati costretti in una condizione di isolamento sociale e di privazione della libertà personale per più di un mese. Hanno riferito di aver vissuto in spazi condivisi con cittadini adulti, in una situazione di promiscuità di genere, di sovraffollamento della struttura e di servizi igienici insalubri, senza aver ricevuto una specifica assistenza destinata alle esigenze della minore età e in funzione della loro vulnerabilità».
Una politica fallimentare
Violazioni di questo tipo l’associazione ne ha documentate diverse, non soltanto in Contrada Imbriacola, dove ha sede uno degli hotspot istituiti nel settembre 2015 dalla Commissione Ue nell’ambito dell’Agenda europea delle migrazioni. Entrati in funzione inizialmente in quattro punti di sbarco, Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto, gli hotspot sono stati istituiti negli anni anche ad Augusta, Catania, Reggio Calabria, Messina e Porto Empedocle. E in verità ogni grosso punto di sbarco, potenzialmente, lo è poi diventato.
Il modello hotspot funziona come un criterio di differenziazione collettiva per nazionalità. «L’attività di monitoraggio e tutela legale che abbiamo condotto negli ultimi anni ha confermato la sistematicità dei profili rilevati e che sono stati oggetto di condanna proprio di recente dalla Corte europea per i diritti dell’uomo», ci spiega Ammirati. «Quelle a cui assistiamo da tempo nei centri del Sud Italia sono pratiche di classificazione informale e selezione illegittima dei cittadini stranieri, tra chi può accedere al diritto di asilo e chi no in base alla nazionalità, una selezione che avviene soprattutto nei confronti dei cittadini tunisini».
«Queste sono forme di detenzione illegale, prassi lesive dei diritti che appaiono fortemente connaturate alla strategia hotspot, e che sono messe in atto dalle autorità di pubblica sicurezza e dagli altri attori che operano all’interno dei centri», prosegue la legale.
Con la prassi, il modello hotspot è diventato un vero e proprio approccio di governo delle migrazioni, che, come hanno confermato a TPI altre decine di giuristi ed esperti di protezione internazionale, funziona così: «I migranti che arrivano vengono intervistati da un team composto da due esperti di Frontex, un mediatore culturale e un funzionario di polizia italiano che coordina il gruppo. Alle persone vengono poste alcune domande che gli intervistatori riportano nel cosiddetto foglio-notizie. In particolare una. Sei in Italia per ragioni economiche o per motivi politici?».
Il caso dei tunisini
Ma è per i cittadini tunisini, in particolare, che esiste una vera e propria filiera delle violazioni. Che passa da una iniziale condizione di isolamento e privazione de facto della libertà personale in hotspot, fino al trattenimento nei Cpr, con il fine ultimo di garantire loro un celere rimpatrio, sacrificando così l’esercizio del diritto di asilo e di altri fondamentali diritti della persona nell’ambito delle politiche di esternalizzazione e di rapporti bilaterali tra Italia e Tunisia.
A confermare questa ipotesi esiste un dossier del 2022 realizzato da Avvocati Senza Frontiere, dal Forum tunisino dei diritti economici e sociali e dalla stessa ASGI, che ha rivelato come la Tunisia rimane la principale destinazione dei cittadini rimpatriati dall’Italia, il 73 per cento. Non solo. Che la stessa percentuale di persone tunisine, poi, sul totale degli ingressi ogni anno, viene collocata all’interno dei Cpr, in cui la maggior parte degli stessi intervistati nello studio hanno dichiarato di aver subito abusi e violenze, e di non aver ricevuto neppure un materasso e una coperta all’ingresso.
«Noi non possiamo accedere all’hotspot, come la maggior parte della società civile, ma quello che sappiamo e che ci viene raccontato da chi lo vive è un luogo dove i diritti non sono garantiti», ci conferma Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope, il programma migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che nella più grande delle isole Pelagie, dal 2016, ha costituito un Osservatorio. «A Lampedusa da anni assistiamo a una scena che si ripete, purtroppo. Centinaia, a volte anche migliaia di persone, che arrivano al Molo Favaloro, spesso in condizioni fisiche e psicologiche preoccupanti, e vengono trasferite in un centro che non è adatto a ospitarle. Una struttura che assomiglia più a una struttura detentiva, che ad altro, “nascosta” al centro dell’isola, dal quale le persone migranti non possono uscire», aggiunge Bernardini.
Verdetto di colpevolezza
È questo il modello hotspot su cui il governo Meloni sta puntando, con l’intenzione di ampliarlo. Lo racconta l’ordinanza della Protezione civile emanata il 16 aprile scorso che istituisce ufficialmente lo stato di emergenza per i migranti e la nomina a commissario straordinario del prefetto Valerio Valenti (a capo della segreteria quando al Viminale c’era il sottosegretario Antonio D’Alì, ora in carcere per mafia, come ha raccontato in solitaria il quotidiano Domani). È un approccio di governo delle migrazioni basato sui trattenimenti illegittimi, ingiuste detenzioni e successive espulsioni quello su cui il governo Meloni sta puntando. È il modello “trattenere ed espellere”, che proprio un paio di settimane fa i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) hanno bocciato con una sentenza di condanna.
(da TPI)

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RESPINGIMENTO ILLEGALE IN LIBIA, LA DENUNCIA DI SEA WATCH: “ROMA HA ORDINATO A UN MERCANTILE DI RICONSEGNARE TRENTA PROFUGHI ALLA LIBIA”

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

LA NAVE MERCANTILE GRIMSTAD AVEVA SOCCORSO 30 PROFUGHI ALLA DERIVA… PER UN CASO ANALOGO UN COMANDANTE ITALIANO ERA STATO CONDANNATO A UN ANNO

La nave mercantile Grimstad ha soccorso un’imbarcazione in difficoltà con circa 30 persone avvistata ieri da Seabird dopo che la Libia aveva negato di essere autorità responsabile.
Contattato via radio Grimstad ha detto a Seabird che riporterà le persone in Libia su indicazioni dell’MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma. È in corso una gravissima violazione del diritto internazionale. È inaccettabile.
Un assetto libico ha trasbordato i naufraghi salvati da Grimstad. Il respingimento illegale si è compiuto. L’MRCC di Roma avrebbe spinto il comandante a fare la stessa cosa per cui quello della Asso28 fu condannato a un anno di carcere dall’Italia nel 2021.
(da agenzie)

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IL CAPITANO GHERSI E QUELLA LEZIONE AI RAGAZZI: “SEGUITE I VOSTRI SOGNI CON CONCRETEZZA”

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL PILOTA DELLE FRECCE TRICOLORI AVEVA 34 ANNI

Due persone morte carbonizzate: è il bilancio dell’incidente di volo verificatosi nel tardo pomeriggio di sabato 29 aprile sulla catena dei Musi, area Valli del Torre, nel comune di Lusevera.
Una delle vittime è Alessio Ghersi, 34 anni, di Domodossola, capitano dell’Aeronautica e componente della Pattuglia acrobatica nazionale. L’altra è Sante Ciaccia, 35 anni, originario di Monopoli ma residente e Milano e parente della moglie di Ghersi.
Quest’ultimo era alle Frecce tricolori dal 2018. Domese di nascita, si era diplomato nel 2007 al liceo Spezia di Domodossola.
Poche settimane fa agli studenti della sua città che tra poco affronteranno la maturità, Ghersi aveva portato la sua esperienza e ha rivolto l’invito «a seguire i propri sogni con concretezza, sapendo cogliere vittorie e sconfitte, nella consapevolezza che occorre impegno e sacrificio per raggiungere i risultati».
Ghersi aveva poi consegnato al preside Pierantonio Ragozza un poster che raffigura la Pattuglia acrobatica nazionale in volo, con le firme di tutti gli appartenenti alle Frecce tricolori. Alla cloche dell’Aermacchi Mb 339 Pan che sulla coda ha il numero 5 c’era proprio Ghersi.
Nella formazione a dieci velivoli delle Frecce tricolori, il capitano Ghersi occupava il posto di Pony 5, che è il secondo gregario alla destra del capo formazione. Dopo aver volato per due stagioni nella posizione di Pony 8, Ghersi affrontava il calendario di volo già del 2022 confermando il ruolo che aveva assunto l’anno precedente.
«Riesco a ritornare a Domodossola almeno tre o quattro volte l’anno – raccontava Ghersi –. Con grande piacere rivedo familiari e amici. Gli spostamenti imposti dall’appartenenza all’Aeronautica militare sono occasioni per migliorare le conoscenze di settore e non li vivo come una limitazione. Dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia, la ripresa della stagione acrobatica è motivo di felicità che risulta ulteriormente ampliata dall’opportunità di partecipare a una tappa come quella di Arona, organizzata a poca distanza da casa. La ripartenza degli Airshow è pure funzionale all’importante traguardo del centenario dell’arma Azzurra nel 2023».
(da agenzie)

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GIORGETTI RESTA A MANI VUOTE, L’UE NON NEGOZIERA’ SUL MES

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA AVEVA CHIESTO, IN CAMBIO DELLA RATIFICA, IL VIA LIBERA ALL’UNIONE BANCARIA MA NON HA AVUTO NULLA

La ratifica del Mes non può essere inserita in un più ampio pacchetto di riforme né utilizzata come moneta di scambio per altri negoziati. Giancarlo Giorgetti se l’è sentito dire molto chiaramente dai suoi interlocutori a margine dell’Ecofin di Stoccolma. Dove il ministro ha anche raccolto un altro segnale poco incoraggiante: la battaglia per cercare di escludere dal Patto di Stabilità gli investimenti del Pnrr e le spese militari rischia di essere combattuta in solitaria.
Francia e Spagna, due Paesi potenzialmente alleati su questo fronte, non sembrano intenzionate a seguire Roma. In questo contesto, Giorgetti ha lasciato intendere che il governo potrebbe ridurre i fondi del Piano nazionale complementare al Pnrr, che al momento ha una dotazione di circa 30 miliardi: «Io faccio il ragionamento del buon padre di famiglia e dico: prendiamo i prestiti che ci servono. Se ho la possibilità di prendere i fondi del Pnrr che costano l’1,5% li prendo, ma se quelli del fondo complementare (finanziato con debito nazionale,ndr) costano il 5% allora ci penso due volte».
Dopo aver saltato la riunione dell’Eurogruppo di venerdì mattina, durante la quale diversi ministri hanno sollevato la questione della mancata ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, ieri Giorgetti si è chiuso in una stanza con Paschal Donohoe e Pierre Gramegna, rispettivamente presidente dell’Eurogruppo e direttore esecutivo del Mes.
Il ministro ha spiegato loro che per far ingoiare al parlamento la riforma del Mes bisogna trovare il modo di addolcire la pillola, inserendo la ratifica in un più ampio “pacchetto”: «Ci sono altre situazioni che sono ancora in discussione e sulle quali anche noi abbiamo le nostre richieste, ad esempio l’unione bancaria». Il riferimento è al sistema europeo di assicurazione dei depositi (Edis) che l’Italia chiede da tempo. Ma i suoi interlocutori, specialmente Donohoe, sono stati molto chiari: non si può fare.
Ci sono almeno tre ragioni. La prima: a prescindere dal Mes e dalle richieste italiane, al tavolo dell’Eurogruppo non ci sono le condizioni per andare avanti sulla proposta dell’Edis, accantonata lo scorso anno.
La seconda: senza una ratifica del Mes, entro fine anno il Fondo di risoluzione delle banche si ritroverà senza una rete di sicurezza finanziaria perché i “backstop” bilaterali che sono in vigore scadranno a dicembre. In caso di crisi potrebbe non esserci sufficiente liquidità per coprire gli istituti di credito.
E infine la terza: nonostante la premier Giorgia Meloni abbia definito la funzione di backstop (paracadute finanziario, ndr) del Mes come «la Cassazione», dunque come l’ultimo grado in caso di crisi bancarie, nelle altre capitali non la pensano così. Non c’è una consequenzialità e dunque la riforma del Mes va finalizzata a prescindere. Interpellato al termine degli incontri, Giorgetti è sembrato però fermo sulla sua linea: «Noi abbiamo un’altra posizione. Bisogna discutere di tutto».
Ieri mattina i ministri delle Finanze si sono riuniti in piccoli gruppi per parlare delle prospettive delle finanze pubbliche. La presidenza svedese ha assegnato a ogni tavolo il nome di un animale: lince, orso, bruno, alce, volpe artica. Giorgetti era seduto al tavolo del “ghiottone”, che è un mammifero particolarmente feroce: accanto a lui c’erano, tra gli altri, i rappresentanti di Eurogruppo e Bce.
(da la Stampa)

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A DIFESA DEL REDDITO DI CITTADINANZA SCENDONO IN CAMPO I VESCOVI DELLA CEI ALLARMATI DAI DATI CHE VEDONO 1,9 MILIONI DI ITALIANI VIVERE IN CONDIZIONI DI POVERTA’ ASSOLUTA

Aprile 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO HA CHIESTO ALLA MELONI DI ATTENUARE LA LINEA DURA DI FAZZOLARI

Il messaggio che più ha allarmato Palazzo Chigi è stato quello fatto pervenire negli ultimi giorni dalla Cei. Discreto e ufficioso, ma incalzante – e pare ispirato direttamente dai massimi vertici vaticani – per chiedere al governo di non smantellare del tutto la rete di protezione dei lavoratori più esposti. Il mondo cattolico italiano, e in particolare quello del volontariato, guarda con preoccupazione a tutto ciò che ruota attorno allo stravolgimento del Reddito di cittadinanza.
Non perché affezionato alla formula attuale, ma perché allarmato dai rischi per le fasce più deboli. Anche per questo, un pontiere ultra cattolico come il sottosegretario Alfredo Mantovano ha chiesto a Giorgia Meloni di attenuare la linea dura di Giovanbattista Fazzolari e sfumare il decreto del Primo maggio, in particolare sul capitolo della garanzia per l’attivazione lavorativa e la sua durata.
Il mondo cattolico, come detto, è in fermento. Non certo una buona notizia per Meloni. Ancora giovedì scorso il segretario generale della Cei, Giuseppe Baturi, è intervenuto in vista del Primo maggio con parole che suonano poco clementi verso l’esecutivo: sul fronte del lavoro, ha detto, «nessuno fa mai abbastanza, tutti fanno tentativi, ma bisogna farne molti di più. La situazione è davvero grave perché il lavoro non dice soltanto possibilità di reddito per mantenere sé e la famiglia, ma è ciò che dà dignità all’uomo e alla sua vita».
Non è l’unico ad essersi fatto sentire. Anche le Acli hanno battuto un colpo: «Il lavoro dignitoso – secondo Linda Borzì, presidente dell’associazione cattolica a Roma – costituisce una vera e propria priorità sociale da mettere in cima alle agende della politica».
E proprio parlando alle Acli Giuseppe Conte ha promesso di «coinvolgere tutte le forze politiche, sociali, civiche che vorranno condividere le nostre battaglie» sul Reddito. È esattamente lo schema che la premier intende boicottare. Perché è spesso proprio sull’economia e sul lavoro che si esaltano o vanno in crisi i governi. L’obiettivo è portare almeno un sindacato dalla sua parte, quello di ispirazione cattolica. Marca stretto soprattutto la Cisl – proverà a farlo anche oggi, alle 19 a Palazzo Chigi – perché la considera l’unico target davvero alla portata. Non è detto, però, che riesca nell’impresa.
(da la Stampa)

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