Destra di Popolo.net

PERCHE PARLARE DI SOSTITUZIONE ETNICA E’ RAZZISMO DI STATO

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

LE PAROLE DI LOLLOBRIGIDA SONO LA MATRICE IDEOLOGICA ENTRO CUI I SOVRANISTI IMMAGINANO L’ITALIA DI DOMANI

Non è casuale che le parole del ministro Lollobrigida sul rischio di “sostituzione etnica” e quelle della presidente del consiglio Giorgia Meloni sul fatto che non abbiamo bisogno di migranti ma di “donne italiane che lavorano e fanno figli”, siano arrivate poco dopo la presentazione del Documento di Economia e Finanza presentato dallo stesso governo, in cui si afferma nero su bianco che senza un massiccio flusso migratorio verso l’Italia siamo destinati al default.
Non è casuale, e nemmeno incoerente. Al contrario, è l’altra faccia della medaglia, quella che completa il disegno ideologico della maggioranza di destra – di chi l’ha votata – sull’immigrazione e l’Italia di domani.
Un disegno ideologico in cui gli stranieri sono necessari per pagare le pensioni coi loro contributi e per “fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare” (cioè quelli dove la fatica è tanta e la paga molto meno). Ma che, nel contempo, vanno tenuti fuori più possibile dal perimetro della Nazione, per salvaguardarne l’identità, le tradizioni, la purezza, l’etnia – come la chiama Lollobrigida. O, se preferite, la razza.
È un disegno che sta già prendendo forma sotto i nostri occhi. Negando la cittadinanza ai tantissimi bambini che ogni anno nascono in Italia da genitori stranieri, ad esempio, cui non concediamo questa possibilità perché non hanno il “sangue italiano”. O, se preferite, perché non sono della nostra stessa razza.
È un disegno che diventa sostanza ogni volta in cui qualcuno dice “prima gli italiani” per l’assegnazione di case, servizi come le mense scolastiche, sostegni al reddito. Contraddicendo il principio di universalità su cui si fonda il nostro welfare, che la stessa destra vorrebbe erogato discrezionalmente nel nome di quel medesimo diritto di sangue.
È un disegno che inibisce quanto più possibile la costruzione di una coscienza sociale multietnica italiana e la costruzione di una rappresentanza politica specchio di un Paese in cui quasi un abitante su dieci, ormai, è di origine straniera.
E ok, potete pensare finché volete che tutto questo sia anacronistico, che quello di Meloni, Lollobrigida & co sia un suprematismo alle vongole che sarà seppellito dalla Storia. Potete pensarlo, ma dovete essere consapevoli che questo disegno ideologico è quello che si sta affermando qui e ora, sotto i nostri occhi. Che si sta già calcificando, qui e ora, nella coscienza sociale del nostro Paese, e nelle norme che la sostanziano, l’idea che gli stranieri sono ospiti. Utili, forse necessari. Sicuramente mal sopportati, se non addirittura sgraditi. Di sicuro non italiani.
Ospiti. E quindi con una capacità di dissenso limitata, come quando si stigmatizza Paola Egonu quando“si permette” di dire che l’Italia è razzista. Con libertà di culto limitata, o comunque osteggiata, soprattutto se il culto è islamico. Con diritti limitati e possibilità d’ascesa sociale e accesso a cariche pubbliche limitate. Con rappresentatività politica limitata. Esattamente come accade in un qualunque Paese razzista che abbiamo studiato sui libri di Storia. E che non riconosciamo, quando lo incontriamo nella cronaca.
(da Fanpage)

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SCHLEIN, PRIMA CONFERENZA STAMPA: “PREOCCUPATI PER L’ATTUAZIONE DEL PNRR, GOVERNO CAMPIONE MONDIALE DI SCARICABARILE. BASTA GUERRA AI POVERI”

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

“IL GOVERNO DEVE ESSERE CHIARO SUI TEMPI DI ATTUAZIONE E SULLE MODIFICHE CHE INTENDE APPORTARE”… “OCCORRONO STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO”

Prima conferenza stampa di Elly Schlein segretaria del Pd. Prima di tutto l’annuncio: “Il 25 aprile sarò alla manifestazione di Milano. È una celebrazione importante e sentita”, dice dal Nazareno, sede del partito. Poi subito diretta sul Pnrr: “Siamo molto preoccupati per l’attuazione del Piano. È un’occasione che il nostro Paese non può perdere”. E rivolgendosi al governo aggiunge: “Siamo di fronte ai campioni mondiali di scaricabarile. Ma non regge, puntare ora il dito sui governi precedenti e fare dell’Ue un capro espiatorio. Continueremo a insistere e a chiedere che intenzioni ha il governo. Aspettiamo il ministro Fitto in aula. Abbiamo l’impressione che si siano persi mesi discutendo di governance”.
Il governo, secondo Schlein, deve chiarire in particolare “i tempi di attuazione e quali modifiche intende apportare. Credo che dal Pnrr passi la credibilità del nostro Paese e la compattezza dell’Unione europea”.
“Pnrr, siamo in ritardo di mesi”
“Il Pnrr è una sfida che riguarda l’intero Paese e non possiamo mancare questo appuntamento. Non possiamo rischiare con i ritardi di non ricevere risorse fondamentali per il nostro paese. Noi viglieremo a fondo sulle percentuali da destinare alla transizione ecologica e la coesione territoriale – dice Schlein in conferenza stampa – Soprattutto su quella parte che vuole destinare gli investimenti al sud. Siamo preoccupati perché tifiamo per l’Italia e vogliamo che si raggiungano questi obiettivi. Abbiamo già chiesto al ministro Fitto di venire a riferire in aula, lo aspettiamo. Abbiamo l’impressione che si siano persi mesi”.
La segretaria dem pretnde dal governo aggiornamenti sul Piano. E promette: “Vigileremo sul 40% del Pnrr da destinare al Sud e sulla parte che riguarda l’occupazione femminile. Gli enti locali riscontrano grandi difficoltà perché non hanno risorse sufficienti. Siamo preoccupati perchè tifiamo per l’Italia e vogliamo che si raggiungano questi obiettivi”.
Lavoro
“Non sappiamo cosa il governo possa fare con il decreto lavoro – dice – Si profila uno spezzatino del reddito di cittadinanza. Noi ci siamo opposti a questa guerra del governo contro i poveri. È una manovra che ha evitato lo scivolamento verso la povertà assoluta di un milione di persone. Non si può in questo momento fare a meno di uno strumento di sostegno al reddito. Il governo – aggiunge Schlein – non parla mai della precarietà. Non si può vedere il nesso tra la crisi della natalità e la precarietà”. E ancora: “Nella manovra 2024 serviranno almeno 10 miliardi per il taglio del cuneo, e anche sul fronte della sanità bisogna prevedere molti più fondi. Ancora non sappiamo nulla di Opzione donna, così come non ne sanno nulla quelle decine di migliaia di donne che vedono messa a rischio la loro uscita dal mondo del lavoro”.
Migranti
Il discorso si sposta poi sul dossier migranti. “Continueremo a batterci contro l’abolizione della protezione speciale”, ribadisce subito Schlein. Poi tira in ballo la premier: “Spero che Meloni si sia accorta di aver detto una bugia. Perché la protezione esiste in 18 Paesi e l’Italia non è l’unico. Continueremo a spingere sull’accoglienza diffusa. Anche in sede europea la destra pone le domande in modo sbagliato e contraddittorio. Mentre si discutono pacchetti al Pe, pare che i gruppi dei conservatori e quelli di Salvini stiano mettendo in discussione quei pur timidissimi sostegni all’Italia”.
Il decreto Cutro, “che faccio anche fatica a chiamare così per rispetto alle vittime, cerca di portare l’Ungheria in Italia, il modello ungherese, realizzato smantellando l’accoglienza diffusa degli enti locali”.
Provare a spaccare la maggioranza? “La risposta che mi viene più naturale è che la maggioranza è abbastanza brava a spaccarsi da sola…- osserva – Quando ci sono tensioni, come sul dl mgranti, si scatena una gara al ribasso tra di loro. Vediamo posizioni sempre più estreme e sempre più ideologiche. Non è interesse del Paese, oltre che essere disumano, calpestare i diritti della persone”.
Sanità
La difesa della sanità pubblica, precisa la segretaria dem, “è un fronte della mobilitazione per il Pd. Ci sono dei tagli che si traducono in riduzione delle prestazioni. Serve un forte intervento del governo su questo, di cui non vediamo traccia nel Def. Assistiamo a una pericolosa regressione. Su questo fronte continuiamo ad insistere”.
Schlein ha sentito Fitto, “dire che non possiamo realizzare le case della comunità, ma l’elemento della prossimità è fondamentale. Dobbiamo riuscire ad avvicinare le risposte ai bisogni di cura. Nelle periferie e nelle aree montane, come contrasto allo spopolamento. Fortunatamente non siamo mobilitati da soli. Da un lato le altre opposizioni sono attive e attente, ma anche il fronte sindacale e le professioni mediche e sanitarie. Mi auguro che il governo sappia ascoltare questo grido di allarme”.
Rifiuti e termovalorizzatore di Roma
Dopo le accuse, è arrivato il momento per Schlein di rompere il silenzio sul termovalorizzatore di Roma. “È una scelta che era già stata presa dall’amministrazione di Roma. Questo è successo ben prima che si insediasse questa segreteria. Non era oggetto del nostro programma per le primarie. A noi interessa oggi accompagnare l’amministrazione su tutto ciò che deve venire prima: un progetto di economia circolare. Come diminuire i rifiuti, aumentare la raccolta differenziata. Questa è l’idea. L’amministrazione ha già fatto una scelta”.
Quasi 20mila nuovi iscritti
La conferenza diventa l’occasione anche dare qualche numero. “Sono quasi 20 mila i nuovi iscritti. Abbiamo deciso di destinare ai Circoli 1 milione di euro del tesseramento ai Circoli per continuare la presenza capillare sul territorio”, annuncia Schlein.
(da agenzie)

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IL PRESIDENTE DELL’ANAC, GIUSEPPE BUSIA, ATTACCA IL GOVERNO SUL DECRETO LEGGE PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

IL TESTO VA CORRETTO PERCHÉ ASSEGNA TROPPI VANTAGGI AL CONSORZIO DI SOCIETÀ PRIVATE EUROLINK, INCARICATO DELLA REALIZZAZIONE DELL’OPERA, “SENZA AVER RISOLTO IL CONTENZIOSO PRECEDENTE”

Nuovo frontale del presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, contro il governo e in particolare il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Se qualche settimana fa il numero uno dell’autorità anticorruzione si era scagliato contro il nuovo codice degli appalti, adesso ha duramente censurato il decreto legge per la realizzazione del Ponte sullo stretto.
E lo ha fatto in Parlamento, alla Camera per la precisione, dove si stanno svolgendo le audizioni in commissione sul testo approvato in Consiglio dei ministri il 16 marzo. Per Busia il decreto va profondamente corretto perché assegna troppi vantaggi al consorzio di società private Eurolink, guidato da Webild, incaricato della realizzazione dell’opera.
«Il decreto legge sul Ponte sullo stretto di Messina — ha detto Busia — facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del contraente generale privato. È stato riconosciuto come valido nel 2023 il progetto del 2011, evitando la gara pubblica» e «senza aver risolto il contenzioso precedente» nato dopo che nel 2012 il governo Monti aveva deciso di non costruire più il ponte.
Invece, ha aggiunto il presidente dell’Anac, «col decreto è stato assegnato al privato un notevole potere contrattuale», perché «con una semplice relazione potrà decidere gli adeguamenti necessari e quindi i costi dell’opera». Infine, accusa Busia, il decreto «non stabilisce obblighi in capo al contraente generale sui tempi di realizzazione dell’opera, i costi, l’assunzione di tutti i rischi».
Il ministero delle Infrastrutture ha indirettamente replicato con una nota dove si ribadisce che quella del ponte «è una sfida che il vicepremier e ministro Matteo Salvini intende vincere, dopo decenni di studi e dibattiti». Si esprime inoltre «grande soddisfazione per le rassicurazioni sulla qualità del progetto, sui benefici dell’opera sul territorio, sulla determinazione delle Regioni» emerse nelle numerose audizioni di questi giorni.
Tra le quali, ieri, quella del direttore Ingegneria Webuild, Michele Longo, che ha parlato del Ponte sullo stretto come di «un’opera strategica, immediatamente cantierabile e volano di crescita economica, assegnata al termine di un lungo processo di gara internazionale» nel 2005.
(da Corriere della Sera)

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LOLLOBRIGIDA IERI SI PREOCCUPAVA DELLA SOSTITUZIONE ETNICA. OGGI SI PREOCCUPERÀ DELLA SUA

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

DIFFICILE IMMAGINARE IL SILENZIO DA PARTE DI MATTARELLA CHE HA SUBITO QUESTE AFFERMAZIONI MENTRE ERA IN VISITA AD AUSCHWITZ. UNA FRASE DEL GENERE È DESTINATA A SCUOTERE LE CANCELLERIE INTERNAZIONALI

Lollobrigida ieri si preoccupava della sostituzione etnica. Oggi si preoccuperà della sua. Sulla frase del ministro la Repubblica ci apre la prima pagina con un titolo devastante: la difesa della razza. Inevitabili le conseguenze. In attesa dell’oracolo quirinalizio, difficile immaginare il silenzio da parte del capo dello Stato che ha subito queste affermazioni proprio mentre era in visita ad Auschwitz, una frase del genere è destinata a scuotere le cancellerie internazionali. Insomma, se Lollo si augura più giovani nei campi, dopo questa uscita, capace che lui sarà il primo a dare l’esempio.
Fare più figli, dice Giorgia Meloni davanti alla platea internazionale della fiera di Rho; farne di più per evitare la “sostituzione etnica”, sono le parole in contemporanea del cognato e ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, al congresso della Cisal. Frasi che scatenano una tempesta, mai udite da chi siede al governo. Roba da «suprematista bianco», attacca la segretaria dem Schlein, «livelli brutali per Romano Prodi. Il Movimento di Conte parla a chiare lettere di “razzismo”
Si consuma tutto nel giro di poche ore. Come se ci fosse una regia coordinata. Invece è più banalmente la ripetizione di un concetto caro alla destra tricolore, in fondo in linea con la sua storia più arcaica.
Quella più nera, che i Fratelli d’Italia faticano a sbiancchetare, pur frequentando ormai le stanze di Palazzo Chigi.
(da agenzie)

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ITALIA DA RECOVERY: LA RICHIESTA DEL GOVERNO MELONI DI OTTENERE ULTERIORI PRESTITI HA STUPITO LA COMMISSIONE EUROPEA

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

NON SOLO PERCHÉ ROMA HA AMMESSO CHE RISCHIA DI NON RIUSCIRE A SPENDERE IN TEMPO TUTTE LE RISORSE GIÀ ASSEGNATE DAL PNRR. MA ANCHE PERCHÉ L’ITALIA NON HA INDICATO UNA CIFRA PRECISA… INTANTO LA REVISIONE DEI PROGETTI È IN ALTO MARE

Grande è la confusione sotto il cielo del Pnrr. L’ultima decisione del governo italiano, che ha comunicato ufficialmente a Bruxelles il suo interesse a ottenere ulteriori prestiti, ha un po’ sorpreso la Commissione europea. Non soltanto perché nelle ultime settimane l’esecutivo aveva segnalato il rischio di non riuscire a spendere in tempo tutte le risorse già assegnate all’Italia, tanto che esponenti della maggioranza avevano persino ventilato l’ipotesi di rinunciare a una parte dei fondi a debito.
Ma anche perché la richiesta giunta negli uffici di Palazzo Berlaymont è assolutamente generica e non accompagnata da una cifra precisa.
Il problema è che l’esecutivo sembra brancolare nel buio dei “qualora”. «Il governo ha detto di voler modificare il piano – si sfoga una fonte Ue –, ma siamo nella seconda metà di aprile e oltre a non aver ancora definito i progetti da finanziare sembra non avere ancora chiaro l’ammontare delle risorse che intende utilizzare».
Dei dieci Paesi che hanno manifestato il loro interesse a richiedere altri fondi a debito, l’Italia è l’unico che non ha indicato la somma di cui ha bisogno. Per sottolineare la non linearità di questa scelta, a Bruxelles fanno l’esempio della Grecia. Anche il governo di Atene aveva voluto subito l’intero ammontare dei prestiti a sua disposizione, ma ora ha presentato una domanda ben definita: la richiesta è di 5 ulteriori miliardi.
L’impressione è che il governo, dopo aver cercato di scaricare la responsabilità dei ritardi su Draghi, sia entrato in confusione. Raffale Fitto appare solo a gestire il delicatissimo dossier del Pnrr, forse il più importante di tutti per Giorgia Meloni. Da un lato il ministro degli Affari comunitari – ieri in aula alla Camera – ha rassicurato sul rispetto dei tempi per la revisione del piano. Tempi, per inciso, sui quali Commissione europea e governo sono divisi: la prima aveva chiesto una proposta entro il 30 aprile, Fitto ha preso tempo fino ad agosto.
Non solo: l’esponente di Fratelli d’Italia ha anche promesso chiarezza rispetto ai programmi «non realizzabili» del piano. Dall’altra c’è la richiesta (non quantificata) di accedere ai fondi rimasti inutilizzati del RePowerEu. Come detto, la scelta sarebbe stata sollecitata dai tecnici, peccato che nella maggioranza c’è chi – come il leghista Claudio Borghi – contesta perfino il pieno utilizzo dei prestiti che l’Italia ha già ottenuto. Anche se il tasso d’interesse resta più conveniente rispetto a quello dei Btp
C’è poi un aspetto curioso in tutta questa vicenda: il silenzio sempre più rumoroso del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, il quale – la cosa nei palazzi è nota – non è mai stato entusiasta del progetto di Fitto (sostenuto da Meloni) di trasferire la regia del piano dall’Ispettorato della Ragioneria a Palazzo Chigi, accentrando anche le competenze dell’Agenzia per la coesione.
Una revisione dei poteri dai tempi peraltro non brevi: il decreto che riforma tutta la governance dei fondi comunitari (ordinari e straordinari) verrà approvato in via definitiva dal Parlamento solo domani, dopodiché occorreranno settimane per le norme di attuazione.
(da La Stampa)

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PUTIN AL FRONTE MOSTRA TUTTA LA SUA DEBOLEZZA: LA VISITA DEL PRESIDENTE RUSSO NEI TERRITORI OCCUPATI DI KHERSON E LUGANSK È UNA MOSSA PER RASSICURARE SOLDATI E COMANDANTI

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

“MAD VLAD” SA BENE CHE NEI PROSSIMI MESI I TANK NATO ULTIMO MODELLO, UNITI AL MEGLIO DELL’ARTIGLIERIA, DEI MORTAI E DEI DRONI PRODOTTI DALLE AZIENDE OCCIDENTALI, POSSONO TRAVOLGERE L’ARMATA LESSA

A prima vista verrebbe naturale mettere sullo stesso piano le due visite al fronte compiute a poche ore di distanza rispettivamente da Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Se non fosse per il fatto che si sono recati in luoghi opposti, ma non speculari, dei campi di battaglia, sarebbe logico presentare l’evento come l’incarnazione nei corpi e nei gesti dei due presidenti avversari della sfida senza esclusione di colpi tra Russia e Ucraina a 14 mesi dall’inizio della guerra.
Il presidente russo ha perso l’iniziativa che si era arrogato lanciando l’invasione (non provocata) delle sue truppe sul suolo ucraino il 24 febbraio 2022 con il piano di eliminare l’avversario tramite la brutale forza militare. Mirava a vincere tutto entro poche settimane, ma oggi si ritrova a dover proteggere le sue conquiste: la sua offensiva dell’inverno è impantanata nei fanghi del disgelo primaverile, le sue truppe combattono una sanguinosa battaglia a Bakhmut che, se anche vincessero avanzando tra le macerie degli ultimi quartieri occidentali, cambierebbe ben poco degli equilibri militari.
Così, la sua visita lunedì tra le langhe della zona orientale di Kherson (quella occidentale se l’è vista portare via dagli ucraini in novembre) e poi a Lugansk ricorda da vicino quella notturna compiuta un mese fa tra le rovine disperate di Mariupol, dove ancora i lavori di cosmesi per la ricostruzione dei palazzi del centro non riescono a nascondere lo scempio provocato dalle bombe russe.
La cruda realtà resta che Putin è andato a rassicurare soldati e comandanti di fronte alla prospettiva, tutt’altro che remota, per cui i tank Nato ultimo modello, uniti al meglio dell’artiglieria, dei mortai e dei droni prodotti dalle aziende occidentali, potrebbero travolgere il suo esercito.
Non a caso Kherson è la porta per la Crimea: l’anno scorso gli ucraini non l’avevano difesa perché costretti a fare barriera per impedire l’arrivo a Kiev delle colonne nemiche scese dalla Bielorussia.
Ma oggi la situazione appare diversa: i russi da novembre scavano trincee, erigono bunker, minano i campi come forsennati. E lo stesso avviene a Lugansk: un anno fa era visto come la piattaforma di lancio delle truppe russe, che avrebbero dovuto unirsi a quelle in arrivo da Kharkiv e dunque irrompere nel centro del Paese verso Dnipro;
Da qui, il significato della visita di Zelensky ieri ad Avdiivka. La cittadina è parte integrante del sistema difensivo ucraino costruito nel 2014 per fermare la guerriglia filorussa. Un mese e mezzo fa, logorati dalla sfida per Bakhmut, i comandi di Mosca hanno provato a conquistarla con martellanti bombardamenti. I risultati sono stati però meno che scarsi. E ieri il messaggio del presidente ai suoi soldati è stato chiaro: resistete ancora un poco, dateci il tempo di organizzare l’offensiva, presto da Avdiivka andremo a liberare tutto il Donbass.
(da Corriere della Sera)

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“UNA FEDERAZIONE CON RENZI? NON VERRA’ RICOSTITUITA, NON MI FIDO PIÙ”: CALENDA SI INCAZZA PER LE APERTURE A ITALIA VIVA DA PARTE DEI BIG DEL SUO PARTITO, DA CARFAGNA A GELMINI

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

SUL TAVOLO ANCHE IL PRESSING ARRIVATO DA BRUXELLES, DAL PRESIDENTE DEL GRUPPO PARLAMENTARE DI RENEW EUROPE, STEPHANE SÉJOURNÉ, UOMO DI FIDUCIA DI MACRON: “VORREI CHE IN ITALIA CI FOSSE UNA SQUADRA DI CENTRO”

«La federazione con Italia Viva è stata sciolta e non verrà ricostituita». «Sono venuti meno i presupposti di fiducia dopo le azioni di Renzi e Boschi». Quando, a metà pomeriggio, Carlo Calenda fa girare ai giornalisti queste due frasi, vuole essere sicuro di seppellire il Terzo polo una volta per tutte.
E che il messaggio arrivi non solo e non tanto ai renziani, quanto ai suoi compagni di viaggio, ai big di Azione che sperano di ricucire il rapporto con Italia Viva. A cominciare da Mara Carfagna, che in un’intervista a Repubblica ha parlato della necessità di «costruire una coalizione delle forze di centro, riformiste, europeiste e liberali», aperta anche a Iv, se dentro quel partito «si fanno sentire le voci ragionevoli».
In altri virgolettati attribuiti alla presidente di Azione, si parla esplicitamente di una «federazione di centro», quella che c’era fino a pochi giorni fa e ora non c’è più.
Un assist che dalle parti di Matteo Renzi non tardano a cogliere: «Interessante la proposta di ripartire dalla federazione. Noi ci siamo», twitta la capogruppo al Senato Raffaella Paita. Mentre Maria Elena Boschi definisce «molto saggia» la proposta, di fatto identica, di Andrea Marcucci, ex senatore Pd e fresco di adesione ai liberaldemocratici europei: «Per non essere costretti a buttare via tutto – dice – sarebbe di buon senso ripartire da una federazione».
In un primo momento, Calenda assicura di «condividere al 100%» le dichiarazioni di Carfagna. Forse senza rendersi conto di quello che si sta muovendo dietro, a livello comunicativo e politico. Mariastella Gelmini segue subito la scia: «La federazione fra Azione e Italia Viva, lanciata da Mara Carfagna e condivisa da Carlo Calenda ci può e ci deve aiutare a superare questa fase – dice l’ex ministra – Costruiamo ponti».
Ragionamento legato alla soglia di sbarramento al 4%, insidiosa per entrambi i partiti, in caso di corsa separata, ma proibitiva soprattutto per Italia Viva. Da dove, nonostante la smentita calendiana, arriva un’altra nota di apprezzamento per la proposta di «una federazione: può superare le difficoltà dell’ultima settimana. Apprezziamo molto le uscite di oggi in questa direzione».
Parole che non fanno che accrescere l’irritazione di Calenda, perché puntano a evidenziare la diversità di vedute ai vertici del suo partito. La questione politica di fondo, del resto, non è archiviabile come un semplice malinteso semantico, una (voluta) confusione tra il significato di “coalizione” e quello di “federazione”.
Tanto è vero che in serata Calenda riunisce il Direttivo di Azione, per un confronto a viso aperto con i “pontieri”.
Sul tavolo anche il pressing arrivato da Bruxelles, dal presidente del gruppo parlamentare di Renew Europe, Stephane Séjourné, uomo di fiducia di Emmanuel Macron: «Vorrei che in Italia ci fosse una squadra di centro – dice –. Vorrei che i colleghi italiani facciano un’alleanza, che avviino una collaborazione politica». Appello subito raccolto e rilanciato da Nicola Danti, eurodeputato di Italia Viva e vicepresidente di Renew Europe. Difficile, però, che basti a convincere Calenda a riesumare la federazione e, soprattutto, a fidarsi ancora di Renzi.
(da agenzie)

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È VIRALE SU TWITTER L’IMMAGINE DI UNA RAGAZZA, IN POSA PER UNA FOTO SUI BINARI CHE PORTANO AL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI BIRKENAU DOVE 80 ANNI FA FURONO DEPORTATI E UCCISI UN MILIONE E MEZZO DI PERSONE

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

E’ LA CONFERMA CHE IN POCHI DECENNI ABBIAMO SMENTELLATO LA SACRALITA’ DELLA MORTE, IL SENSO DEL PUDORE E IL RISPETTO PER LA STORIA

Su Twitter è sbarcato il turismo dell’orrore. Selfie di giovani sdraiati sui binari che portano al campo di concentramento di Birkenau, meglio noto come l’Auschwitz 2. Là dove un milione e mezzo di persone morirono a causa dell’Olocausto si si mette in posa come in riva al mare.
Sopra i binari c’è una ragazza, una turista, che prende il sole e sorride. Sorride mentre un amico le scatta la foto in posa dove ottant’anni fa è passato l’orrore e i vagoni trasportavano migliaia e migliaia di deportati, per la maggior parte ebrei, verso la morte.
La foto è stata scattata da Maria Murphy, producer di GB News, che il 15 aprile scorso, in visita ad Auschwitz, scriveva: «Oggi ho vissuto una delle esperienze più strazianti della mia vita. Purtroppo non sembrava che tutti la trovassero così toccante».
A Mark Dolan del canale televisivo britannico, «sconcertata», Murphy ha raccontato: «Non era solo questa ragazza a posare per un selfie in questo posto orribille. Ce n’erano diverse». La foto ha avuto più di 20 milioni di visualizzazioni e scatenato, com’è normale, parecchie polemiche. «La cosa incredibile», ha aggiunto Murphy, «non è stata tanto la viralità della foto quanto le centinaia di persone che hanno commentato con frasi come questa: «È successo anche a me quando sono stato ad Auschwitz, ed è accaduto anche a Dachau».
(da La Stampa)

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JULIA (E LOLLO)

Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile

C’E’ SOLO UN MONDO CHE SI MUOVE E CHI NON RIESCE A STARGLI DIETRO

Avrete saputo della doppia uscita del ministro Lollobrigida: quella infelicissima sui rischi di «sostituzione etnica» e quella apprezzabile ma velleitaria sull’incentivazione delle nascite, come se il tasso di natalità dipendesse soltanto dall’economia e non anche dalla psicologia: un popolo smette di riprodursi quando smette di avere fiducia nel futuro (successe già ai tempi della Roma imperiale, e se non riuscì Augusto a invertire la tendenza, difficile che ce la faccia lui).
Un tema decisivo, oscurato purtroppo da quelle due infauste parole, «sostituzione etnica», che hanno trascinato il battibecco politico da tutt’altra parte.
Lasciamolo pure andare e spostiamoci in una parrocchia di Milano, la San Filippo Neri, dove la campionessa Julia Ituma aveva giocato le sue prime partite di pallavolo. Lì ieri si sono svolti i suoi funerali. Intorno alla bara sommersa di rose bianche c’erano i genitori nigeriani, le amiche d’infanzia milanesi, le compagne di squadra e della Nazionale (azzurra). Il mondo di Julia era pieno di colori, compresi l’arancione e il blu delle opinabili capigliature sfoggiate da alcuni adolescenti.
Chi era dunque, Julia Ituma? Una ragazza italiana del ventunesimo secolo, afrodiscendente, con l’accento milanese e i gusti e le fragilità di una diciottenne cresciuta da queste parti.
La prova certificata che non c’è nessuna sostituzione etnica in atto. Solo un mondo che si muove, e noi che con le parole e le paure facciamo un po’ fatica a stargli dietro.
(da Il Corriere della Sera)

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