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SONDAGGIO IPSOS-PAGNONCELLI: FDI CALA AL 29%, IL PD SALE 20,7, FORZA ITALIA RAGGIUNGE LA LEGA ALL’8%. M5S STABILE AL 16,5%

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

LA ROTTURA TRA RENZI E CALENDA FA SPROFONDARE IL “TERZO POLLO” AL 5,2%

Si osservano alcune variazioni negli orientamenti di voto, a partire dalla flessione di FdI che, pur mantenendo stabilmente il primo posto con il 29%, risulta in calo di 1,3% rispetto a marzo, mentre le altre forze della coalizione risultano stabili (Lega 8%) o in lieve crescita: Forza Italia passa dal 7,2% all’8% appaiando la Lega e Noi moderati aumenta di 0,3%.
Nell’opposizione il Pd, che già dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria aveva fatto registrare un aumento di due punti, nel sondaggio odierno incrementa di un altro 1,7%, attestandosi al 20,7% .
A seguire il M5s stabile al terzo posto con il 16,5% (-0,3%), quindi il Terzo polo con il 5,2%, in calo di un punto a seguito delle «prove di divorzio».
Infine, ritorna a aumentare, sia pure di poco (0,5%), l’area grigia dell’astensione che sale al 39,3%.
Quanto a gradimento dei leader, Schlein si conferma al primo posto con un indice pari a 33 precedendo Giuseppe Conte (32) e Silvio Berlusconi che fa segnare un aumento di ben 4 punti, passando da 26 a 30, presumibilmente per le sue delicate condizioni di salute che hanno determinato reazioni di vicinanza da parte di molti.
(da il Corriere della Sera)

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È UN CASO CHE IL PASTICCIO DI ARTEM USS SIA MONTATO APPENA DRAGHI HA LASCIATO PALAZZO CHIGI?

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

I PRIMI 5 GIORNI, I NOSTRI APPARATI RISPONDONO PRONTAMENTE ALLE RICHIESTE DEGLI USA E DELL’FBI, POI, DAL 20 OTTOBRE, CON DRAGHI NON PIÙ PREMIER, SI SUSSEGUONO AMNESIE, RITARDI, FINO ALLA SCARCERAZIONE E ALLA FUGA

La vicenda di Artem Uss ha due facce. Quella dei primi cinque giorni in cui i nostri apparati alle richieste degli Stati Uniti si mostrano rapidi e inappuntabili. Ma questo vale, curiosamente, fino al 20 ottobre 2022. Quando a palazzo Chigi sedeva Mario Draghi, l’Amerikano. Altra storia nei mesi seguenti, quelli del governo Meloni, contrassegnati da amnesie, ritardi e sottovalutazioni sul destino del cittadino russo tanto caro al Cremlino.
La relazione del ministro Carlo Nordio al Parlamento rivela un dettaglio non secondario: l’arresto di Artem Uss, accusato di contrabbando di petrolio venezuelano e materiale militare a beneficio dell’amata patria in guerra, fu teleguidato dall’Fbi. Tutto ha inizio infatti con una nota statunitense del 15 ottobre per il ministero della Giustizia e per l’ufficio romano dell’Interpol, presso il Ministero dell’Interno.
Di colpo il Department of Justice degli Usa chiedeva l’arresto provvisorio del cittadino russo Uss Artem, evidenziando la pericolosità dello stesso, che ha «orchestrato un’operazione di frode, esportazione illegale, riciclaggio di denaro, e si è impegnato in una serie di attività in violazione delle leggi penali statunitensi e delle sanzioni statunitensi occidentali, tra cui l’esportazione illegale di milioni di dollari in tecnologie militari e sensibili a doppio uso».
Il Viminale si attiva immediatamente. Poche ore dopo la nota americana, il 16 ottobre, gli uffici centrali del ministero dell’Interno segnalano alla polizia di frontiera dell’aeroporto di Milano che il signor Artem Uss si sarebbe presentato presso quell’aeroporto per un volo in partenza per Istanbul, rimarcando la pericolosità di questo cittadino russo.
Il successivo 17 ottobre, come previsto dalla nostra polizia, e in tutta evidenza gli americani già sapevano tutto e avevano messo a parte i nostri, il signor Artem Uss si presenta a Malpensa. È reduce da qualche giorno in Italia, ora cerca di tornare a Mosca via Istanbul. La polaria lo ferma all’imbarco e Uss si ritrova in un baleno in carcere. Il grande trafficante russo è caduto nella trappola americana e gli italiani stanno cooperando attivamente.
Questi i fatti del 17 ottobre. In ambasciata si festeggia.
Il 19 ottobre, il Department of Justice manda una nuova nota al nostro ministero della Giustizia e all’ufficio Interpol per segnalare il rischio di fuga di Uss. Sono tutti documenti che vengono girati istantaneamente alla magistratura di Milano. Il 20 ottobre c’è anche la nota di Marta Cartabia che richiede la misura del carcere per Uss. Ma siamo alle ultime ore del governo Draghi. Il 21 Giorgia Meloni annuncia i futuri ministri; il 22 c’è il giuramento al Quirinale.
Da quel momento e per i mesi che seguono, questa rapidità ed efficienza draghiana diventano un pallido ricordo. Si arriva alla scarcerazione del 2 dicembre, con i domiciliari e il braccialetto elettronico, ma a Roma nessuno se ne cura. I servizi segreti non entrano in partita formalmente perché «non c’è stata alcuna attivazione da parte della Cia», come se non fosse il loro lavoro prevenire certe fughe. La polizia ritiene che sia un caso talmente minore da lasciarlo alle cure della stazione dei carabinieri di Basiglio.
L’attaché legale dell’ambasciata in verità il 29 novembre scrive alla Giustizia una allarmatissima nota sulla quasi certa fuga di Uss, nota che il ministro Nordio in Parlamento ha derubricato a «pedissequa ripetizione, non un fatto nuovo» delle note precedenti.
La risposta viene partorita il 6 dicembre ed è un clamoroso scaricabarile perché il ministero scrive «come sia di esclusiva spettanza della corte d’appello italiana stabilire quale sia la misura cautelare più idonea, anche nell’ambito della procedura di estradizione». È un fatto che agli americani viene anche risposto di non preoccuparsi perché tanto c’è il braccialetto elettronico. E figurarsi. Ai giudici di Milano questo carteggio arriva diciassette giorni dopo. Il ministro dice di avere informato anche l’Interpol. Sì, ma soltanto il 15 dicembre.
Nel frattempo, al signor Uss i giudici hanno pure restituito, come nulla fosse, i cellulari e il computer per una beata permanenza ai domiciliari. Eppure gli americani lo chiedono da subito; finiscono pigramente in un deposito del carcere di Busto Arsizio dove Uss viene rinchiuso al momento dell’arresto. Ma poi non segue un atto formale. Sono dimenticati da tutti e glieli restituiscono quando va a casa.
Nelle stanze dei nostri apparati non suona nessun allarme neanche stavolta e tocca agli americani attivarsi di nuovo: il 12 gennaio chiedono al ministero retto da Nordio di attivarsi, quello si muove solo il 17 febbraio, e il sequestro viene eseguito il 13 marzo. Di nuovo: la velocità draghiana è un ricordo lontano.
(da agenzie)

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LISSNER NON LASCIA MA DENUNCIA: IL SOVRINTENDENTE DEL TEATRO SAN CARLO NON INTENDE FARSI “PENSIONARE” DAL GOVERNO MELONI PER FARE SPAZIO A CARLO FUORTES

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

INVIA AL MINISTRO DELLA CULTURA SANGIULIANO UNA LETTERA IN CUI MINACCIA DI ASSUMERE “QUALSIASI INIZIATIVA A MIA TUTELA, INCLUSO SEGNALAZIONI AD OGNI AUTORITÀ COMPETENTE” CONTRO “LA MANOVRA ILLEGITTIMA E DISCRIMINATORIA” CHE LO VUOLE FUORI DAL LIRICO… IL NODO È LA “LEGGE AD HOC” PER FAR DECADERE PER LIMITI DI ETÀ IL 70ENNE LISSNER

Dodici righe. Secche come uno schiaffo. Stéphane Lissner non si farà “pensionare” dal governo Meloni. Anzi: controffensiva piena. Assumerà “qualsiasi iniziativa” a sua tutela, contro “la manovra illegittima e discriminatoria” che lo vuole fuori dal lirico.
E con l’affilata lettera inviata al ministro Gennaro Sangiuliano, intende sabotare il disegno romano dello “sfratto” anticipato dal San Carlo solo “per consentire” a Fdi di occupare viale Mazzini, e quindi “la nomina del presidente Rai (Carlo Fuortes, ndr) al posto mio” . Mezza pagina: ma pesa come un avvertimento. Che infiammerà, oggi, in teatro, la presentazione della stagione.
La lettera di Lissner – indirizzata al Consiglio del lirico, e per conoscenza a Comune, Regione e Ministro – evita ogni formula di rito. “Ho letto articoli di cronaca apparsi su vari organi di stampa che riportano di iniziative volte a facilitare la sostituzione del Presidente della Rai scrive il sovrintendente – attraverso l’emanazione di un provvedimento legislativo che avrebbe l’intento di produrre la mia decadenza dalla carica per ragioni di età e che, quindi, consentirebbe la nomina dell’attuale presidente della Rai al mio posto ” .
Lissner ha compiuto già 70 anni, è già pensionato in patria, ma le nostre norme gli consentono – a differenza di quanto riservato ai direttori italiani – di mantenere quel ruolo di vertice: una opzione che il governo Meloni intende cancellare, con norma ad hoc, equiparando le distinte situazioni. Di fatto, mettendolo alla porta.
Ma il sovrintendente reagisce. “Vi informo che ho dato mandato aimiei legali di seguire la vicenda con attenzione e, ove l’iniziativa fosse davvero perseguita, di assumere qualsiasi iniziativa a mia tutela, ivi incluso attraverso segnalazioni ad ogni autorità competente, in ragione dell’evidente contrarietà di tale progetto, tra l’altro, alla Costituzione e al trattato dell’Unione Europea”. L’ultima stoccata è per l’eventuale successore, che sarebbe coinvolto nell’intrico italiano di ricorsi e rinvii. “Immagino che nessun candidato al ruolo di Sovrintendente – scrive ancora Lissner – voglia assumere la responsabilità della gestione del Teatro ad esito di una manovra illegittima e discriminatoria”.
(da agenzie)

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MISTERO NEL MISTERO: CHE È SUCCESSO AL BRACCIALETTO ELETTRONICO DI ARTEM USS?

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

DURANTE I TRE MESI DI DOMICILIARI DELL’UOMO D’AFFARI RUSSO, EVASO IL 22 MARZO, IL DISPOSITIVO CHE DOVEVA CONTROLLARLO HA INVIATO PIÙ DI 20 ALERT… INIZIALMENTE GLI INVESTIGATORI LI AVEVANO ATTRIBUITI A UN MALFUNZIONAMENTO DELL’APPARECCHIO. MA FASTWEB, CHE GESTISCE IL TRACCIAMENTO, SOSTIENE CHE INVECE SI SIA TRATTATO DI TENTATIVI DI MANOMISSIONE

Il caso del braccialetto elettronico malfunzionante o meno apre ora un secondo filone d’indagine rispetto alla fuga dell’imprenditore russo Artem Uss. Sì, perché è di importanza rilevantissima capire il motivo delle decine di alert (ben più di 20) partiti durante gli oltre tre mesi di domiciliari che l’uomo d’affari di Mosca ha passato nella sua villa di lusso a Basiglio. All’orizzonte c’è una ipotesi di favoreggiamento che, va detto, al momento non è stata messa su carta e resta solamente teorica.
Sul tavolo, dunque, il braccialetto elettronico il cui tracciamento è gestito dalla società Fastweb. Pochi giorni fa sono circolate notizie sulle decine di allarmi partiti dal dispositivo e arrivati alla centrale operativa dei carabinieri. Inizialmente […] gli investigatori hanno attribuito questi alert a una sorta di malfunzionamento del dispositivo privo del sistema Gps.
Ben diversa la versione di Fastweb, secondo la quale tutti quegli alert hanno rappresentato o un tentativo di manomissione o di tentata evasione. La società telefonica ha infatti spiegato che “non risulta alcun malfunzionamento. Gli allarmi indicherebbero, al contrario, la piena funzionalità del dispositivo. Fastweb sottolinea che i propri tecnici al momento non hanno fornito alcuna informazione agli inquirenti in merito al funzionamento del braccialetto”.
E se così fosse sarebbe un dato di rilevanza enorme. La Procura generale, infatti, dopo la concessione dei domiciliari del 25 novembre, non ha fatto ricorso in Cassazione per chiedere gli arresti proprio perché Uss non avrebbe violato la legge durante i domiciliari.
Versione motivata dal fatto che sul tavolo della Procura generale presso la Corte d’appello annotazioni sugli alert, casomai ci fossero, non sono mai arrivate.
Ieri, lo stesso ministro Carlo Nordio ha fatto riferimento anche al braccialetto, spiegando che questi presunti alert arrivati prima di quello definitivo del 22 marzo (erano le 13,52), sono ora sotto indagine da parte del Viminale e del ministro Matteo Piantedosi.
Dal 2 dicembre, data in cui Uss e stato scarcerato, i carabinieri sono passati nella sua villa due volte al giorno. E non – così pare di comprendere da versioni non ufficiali – per gli alert emessi dal braccialetto. Che potrebbero essere legati all’allontanamento dalla centralina all’interno del domicilio, un allontanamento, che pur se non “necessariamente un’evasione” può essere definito “un allontanamento superiore a quello programmato”.
(da Il fatto Quotidiano)

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LA RAI E’ DIVENTATA “TELEMELONI”

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

NEI TG HA UN TEMPO TOTALE PARI A 7 VOLTE QUELLO DI SCHLEIN E 13 VOLTE QUELLO DI CONTE

Il Tg2 li batte tutti ed è perfino riuscito a superare quello che sembrava il recordman insuperabile come Sangiuliano (anche lui diventato da ministro il prezzemolo televisivo).
Il modo con il quale il telegiornale diretto da Rao riesce a compiacere la premier presto sarà studiato sui manuali di giornalismo.
Nel suo eccesso di zelo, ad esempio, dopo aver nominato la Meloni a raffica (non molto tempo fa abbiamo contato il nome di Giorgia Meloni nominato 10 volte nei primi due minuti di tg) è riuscito perfino a infilare le dichiarazioni della capa di Fratelli d’Italia in altri contesti.
Si celebra la giornata di qualcosa? Se ne parla e il giornalista puntuale aggiunge: sulla vicenda è intervenuta anche Giorgia Meloni che ha detto… Si ricorda qualcosa? Puntuale dentro il servizio ci si infila la frase di Giorgia Meloni. Tanto per concedere qualche extra.
Ma l’invasione nera nei telegiornali del servizio pubblico non si ferma. E non riguarda solo il Tg2.
«I nuovi dati dell’Osservatorio Pavia sui tempi delle presenze dei soggetti politici e di governo sulle reti Rai confermano la tendenza del fenomeno `TeleMeloni´ nei telegiornali del servizio pubblico. Il Governo e la maggioranza continuano ad avere presenze assolutamente predominanti rispetto alle opposizioni.
La premier Meloni ha un tempo totale nei tg rai pari a 7 volte quello di Schlein e a 13 volte quello di Conte.
Analoghi gravi squilibri nel tempo in presenza dei leader. La Commissione di vigilanza Rai promuova la più presto un atto di indirizzo volto al riequilibrio, anche in considerazione dell’approssimarsi di appuntamenti elettorali per le elezioni amministrative».
(da Globalist)

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O GLI ITALIANI SONO MOLTO POVERI O SIAMO CIRCONDATI DA EVASORI FISCALI

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

UNO SU QUATTRO (IL 26%) DICHIARA MENO DI 15MILA EURO. SOLO IL 4% DEI CITTADINI GUADAGNA SOPRA I 70MILA EURO, ARRIVANDO A VERSARE, PERÒ, IL 31% DEL TOTALE… IL 70% DEI CONTRIBUENTI, SI COLLOCA TRA I 15 MILA E I 70 MILA EURO DI REDDITO E DICHIARA IL 65% DEL VOLUME COMPLESSIVO

Ancora una volta sembrerebbe che dipendenti e imprenditori guadagnino più o meno le stesse cifre mentre il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, di poco superiore ai 60.000 euro. Molto indietro i pensionati che chiudono in basso la scala con meno di 19.000 euro. Intanto la buona notizia è che in un anno di elevata ripresa dell’economia, il 2021, con un pil in crescita del 7%, anche il numero totale dei contribuenti sale di oltre 316.000 soggetti.
Presentano la propria dichiarazione dei redditi, direttamente o attraverso i sostituti di imposta circa 41,5 milioni di cittadini, oltre la metà dei quali si avvale del modello 730. Un contribuente su quattro, precisamente il 26% del totale, dichiara al fisco un reddito fino a 15.000 euro versando il 3,6% dell’Irpef complessiva. Sopra i 70.000 euro, nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2022 a valere quindi sulle somme percepite l’anno precedente, ci sono invece solo il 4% dei cittadini che versano però il 31% del totale.
Quello che resta della piramide, il 70% dei contribuenti, si colloca quindi tra i 15 mila e i 70 mila euro di reddito e dichiara il 65% del volume complessivo. Come ogni anno a scattare il difficile rapporto tra gli italiani e le tasse è il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia. Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 60.520 euro mentre per gli imprenditori (titolari di ditte individuali) si attesta a 24.130 euro. I dipendenti dichiarano 21.500 euro.
Niente di nuovo sul fronte Nord-occidentale che conferma la Lombardia al primo posto per reddito medio complessivo più elevato (26.620 euro) seguita dalla provincia autonoma di Bolzano (25.680) mentre la Calabria è i coda nella graduatoria regionale con il reddito medio più basso (16.300). Continua ad essere significativa, fanno sapere dal Ministero, la distanza tra il reddito del Centro-Nord e quello delle regioni meridionali.
(da agenzie)

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IL NUOVO SPASSOSO ALIBI DEI VERTICI DI DIS, AISI E AISE DI FRONTE AL PASTROCCHIO DELLA FUGA DI ARTEM USS: “LA LEGGE CI IMPEDIVA DI SAPERE”

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

GLI 007 SI APPELLANO A UN COMMA SECONDO CUI LE INFORMAZIONI IN POSSESSO DELLA POLIZIA, SE COPERTE DA SEGRETO ISTRUTTORIO, “POSSONO ESSERE ACQUISITE SOLO PREVIO NULLA OSTA DELLA AUTORITÀ GIUDIZIARIA”… MA IL DIS DELLA BELLONI POTEVA ESSERE INFORMATO DAL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Dunque l’alibi starebbe, manco a dirlo, in un comma. Sacra potenza dell’italica cavillosissima burocrazia, che non risparmia ovviamente neppure i servizi segreti. Il comma è il 4, dell’articolo 4 della legge 124 del 2007: quella che disciplina l’operato dell’intelligence.
Ed è a quelle oscure righe che ora i vertici del Dis, dell’Aisi e dell’Aise s’appellano, nell’ambito dei chiarimenti informali chiesti da membri del governo, per giustificare la loro indolenza nel pasticcio che ha riguardato Artem Uss.
Perché a norma di legge, appunto, le informazioni in possesso della forze di polizia, se coperte da segreto istruttorio, “possono essere acquisite solo previo nulla osta della autorità giudiziaria competente”. Insomma, non potevano intrufolarsi. Ed è nelle more di questo codicillo che dunque l’alibi perfetto del “noi non sapevamo, nessuno ci ha detto niente”, prova a trovare nuova consistenza.
Un cittadino russo, figlio di un governatore siberiano, vicino a Putin, indagato per contrabbando di petrolio e di materiale militare, su cui pendeva una richiesta di estradizione da parte degli Usa, è scappato dall’Italia come se nulla fosse. E però, ecco spiegato l’arcano, “il comma 4 dell’articolo 4 parla chiaro”. Talmente chiaro, peraltro, da consentire ai vertici del controspionaggio di potere anzi scaricare su altri le responsabilità della figuraccia internazionale dell’Italia: “Perché a noi dal ministero della Giustizia nessuno ci ha detto niente?”. Quello, infatti, la legge 124 lo consente. “
L’autorità giudiziaria può trasmettere gli atti e le informazioni anche di propria iniziativa” al Dis, si legge nella norma. Dunque perché nessuno, da Via Arenula, ha segnalato il caso? La grammatica istituzionale, fanno notare a Piazza Dante, impone le sue regole. Il dipartimento di Giustizia americano scrive, e in più di un caso, al ministero di Nordio. Non è l’Fbi a sollevare il caso, non è la Cia ad attivarsi. Dunque, i servizi possono attendere che sia Via Arenula a farsi viva, e nel frattempo beatamente sonnecchiare. “Lo dice la legge…”.
Manco i servizi fossero, ohibò, l’Istituto d’igiene, il Provveditorato agli studi: devono attendere una carta timbrata per attivarsi?
E’ un perverso concetto di responsabilità – più degno del Checco Zalone abbarbicato agli agi miseri del posto fisso che non degli 007 mossi dall’ansia di garantire la sicurezza del paese – che è riassumibile così: “Nessuno ci obbliga, dunque non ci riguarda”.
Qual è dunque la considerazione che l’intelligence ha di sé, in Italia? Quali sono le prerogative che i servizi, e chi li dirige, sono disposti ad assumersi? Domande che deve essersi posto, evidentemente, anche Gianfranco Fini, se ha deciso di criticare in modo tanto salace l’operato dell’intelligence. “Dov’era il nostro controspionaggio? E se c’era, dormiva?”. Parole così taglienti che da qualcuno, in FdI, sono state interpretate come uno mezzo sgarbo ad Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla Presidenza che gestisce la delega ai servizi.
Di certo c’è che anche Nordio, a giocare la parte dell’unico citrullo, non ci sta. E infatti c’è chi ha notato come il suo tirare in ballo i colleghi del Viminale e della Farnesina, durante la sua relazione alla Camera, sia stato un avviso ai naviganti: “Non vado a fondo da solo”. Chissà il buon Uss, da Mosca, come se la ride.
(da Il Foglio)

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DAL M5S A FORZA ITALIA, LA PARABOLA DELL’EX VICEMINISTRO CANCELLERI

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

OGGI IN SECONDA FILA ALLA CONVENTION DI FORZA ITALIA

L’ex leader del M5s in Sicilia, Giancarlo Cancelleri che nei giorni scorsi ha abbandonato il movimento, è alla convention di Forza Italia, in corso a Palermo. Cancelleri si è seduto in seconda fila, proprio dietro al presidente della Regione Renato Schifani.
L’ex viceministro e sottosegretario alle Infrastrutture nei governi Conte e Draghi è entrato nel partito di Berlusconi. L’ingresso di Cancelleri è stato “benedetto” da Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e coordinatore nazionale di Forza Italia: “Un nuovo amico in sala”, ha detto Tajani intervenendo in remoto.
“Forza Italia è un partito aperto, accolgo con piacere Giancarlo Cancelleri. E’ stato un avversario di Musumeci, ma l’ha fatto con stile. Nel suo ruolo di vice ministro e sottosegretario ha dimostrato di fare gli interessi della Sicilia”, ha detto il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani. “Siamo un partito aperto, guardiamo a quanti mostrano interesse verso i nostri valori, la moderazione, il civismo. Siamo soggetti inclusivi e ove ci fossero proposizioni di soggetti importanti, che hanno avuto un ruolo istituzionale, credo non ci debbano essere preclusioni, anche perchè un partito credo debba dare diritto di cittadinanza, non semplice annessione. Chi viene porterà contributi che verranno messi a disposizione del partito”: è il commento di Marcello Caruso, coordinatore di Forza Italia in Sicilia.
“Cancelleri in Forza Italia? Non è il primo e non sarà l’ultimo” chiosa la presidente della commissione Esteri del Senato ed esponente azzurra Stefania Craxi.
(da agenzie)

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LO SCRITTORE MASSIMILIANO PARENTE SVELA LA PRESUNTA OMOSESSUALITÀ E L’INCOERENZA DEL GIORNALISTA SOVRANISTA BORGONOVO: “A ‘LIBERO’ ERA LIBERTARIO POI ALLA ‘VERITÀ’ E’ DIVENTATO NO VAX, PUTINIANO E CONTRO LE FAMIGLIE GAY”

Aprile 22nd, 2023 Riccardo Fucile

REPLICA DI BORGONOVO: “SONO AFFARI MIEI”… IN SUA DIFESA, ARRIVA ’GNAZIO LA RUSSA, COSI’ ADESSO E’ A POSTO… OPINIONE NOSTRA: SE E’ GAY, ALMENO HA QUALCOSA DI NORMALE

Tutto parte da un tweet dello scrittore Massimiliano Parente. “Voglio raccontarvi una storiella. Si intitola ‘Salvate il soldato Borgonovo’. Inizia quindici anni fa circa, quando collaboravo con Libero. Tra i redattori della cultura c’era Francesco Borgonovo. Diventammo amici, uscivamo a bere, finché non mi confidò la sua omosessualità, e anche la felicità trovata con un compagno di cui si sentiva la mogliettina, cucinando e facendo le pulizie – scrive Parente su Twitter – Facevamo battaglie libertarie, io come scrittore, di cui Borgonovo ammirava le opere (non era scemo), per esempio combattendo il moralismo di sinistra che attaccava Berlusconi e le olgettine (all’epoca a destra non c’era l’ossessione della famiglia tradizionale)”. Poi le critche al giornalista per le sue idee: “(…) Passò a La Verità, e nel tempo ha sposato ogni tesi antiscientifica, antioccidentale, filoputiniana, no vax, contro le famiglie gay, contro ogni liberalismo individuale”, continua Parente.
Non è la prima volta che lo scrittore fa outing riguardo il vicedirettore del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Parente, in passato, aveva fatto ulteriori post, che però non avevano suscitato grande clamore
Stavolta però è andata diversamente: e a difesa di Borgonovo è intervenuto direttamente il presidente del Senato: «Francesco Borgonovo che non deve rendere conto a nessuno della sua vita — scrive su Twitter Ignazio La Russa —. A lui il mio fraterno abbraccio e la mia sincera stima».
Il vicedirettore de La Verità, contattato dal Corriere, preferisce toni bassi: «Io sono abituato a confrontarmi sul giornalismo e sulle idee, non delle questioni personali — spiega —. Non credo ci sia da dare ulteriore pubblicità a una cosa che non la merita. Non credo fosse proprio necessario. Sono affari miei, e miei restano». E poi: «Se sporgo denuncia? Vorrei passare oltre».
Parente, dopo il tweet del presidente del Senato, torna però all’attacco: «La solidarietà a Borgonovo dimostra l’omofobia di chi, oltre a togliere i diritti alle famiglie gay, ritiene che dire di qualcuno che è omosessuale sia infamante. Come se avessi detto che è pedofilo».
(da agenzie)

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