Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
MENTRE LA BBC DEFINISCE BERLUSCONI: “ESUBERANTE MILIARDARIO SOPRAVVISSUTO A SCANDALI E ACCUSE DI CORRUZIONE”
Tramortito da un’orgia di superlativi, alluvionato a reti unificate – servizio pubblico ed emittenti private – da un’agiografia da Istituto Luce, il Paese si sarà chiesto ieri, durante un’interminabile maratona informativa (si fa per dire) dai toni della beatificazione laica, per quale diavolo di motivo a un uomo celebrato in punto di morte come un padre della Patria e uno statista di rara fattura, un’istituzione del giornalismo mondiale come la britannica Bbc abbia dedicato un assai più asciutto “obituary” in cui lo si definiva più sinteticamente “esuberante miliardario ed ex primo ministro italiano sopravvissuto a scandali sessuali e accuse di corruzione” (e a una condanna definitiva per frode fiscale, aggiungiamo noi).
Ebbene, a meno di non voler concludere che la ragione sia nella diversa percezione del rispetto che si deve a chi muore, o maledire la perfida Albione, la risposta è nel divorzio dal principio di realtà e nella sua costante manipolazione ad uso politico che il ventennio berlusconiano hanno trasformato in cifra del discorso pubblico (il nostro Parlamento, del resto, certificò con il suo voto che Karima el Mahroug, alias Ruby rubacuori, era “effettivamente” la nipote di Mubarak). È così che la dismisura del ventennio berlusconiano si è riproposta nel racconto del suo ultimo atto. E questa volta non per mano del suo divisivo protagonista, ma di un mediocre e interessato coro che, purtroppo, con il cordoglio, con la storia recente di questo Paese e persino con la vicenda personale e politica di Silvio Berlusconi non hanno nulla a che fare.
(da La Repubblica)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
“ASSURDO ASSEGNARCI UN PORTO A 32 ORE DI NAVIGAZIONE, BASTA GIOCHI DI POTERE POLITICI E VESSAZIONI, NON METTIAMO IN PERICOLO 39 ESSERI UMANI”
La nave Aurora della ong Sea Watch ha portato a Lampedusa 39 migranti soccorsi, contravvenendo agli ordini delle autorità italiane che avevano assegnato il porto di Trapani. L’imbarcazione dei migranti in difficoltà era stata individuata dalla Rise Above di Seenotrettung che aveva stabilizzato la situazione.
Successivamente è arrivata l’Aurora che ha preso a bordo i 39 e li ha trasferiti a Lampedusa. Il Centro di coordinamento del soccorso marittimo della Guardia costiera di Roma, spiega Sea Watch, “ci ha dato istruzioni per dirigerci verso il porto di Trapani, a 32 ore di distanza, a causa delle cattive condizioni meteorologiche. Impossibile per l’equipaggio dell’Aurora raggiungerlo senza mettere inutilmente in pericolo le 39 persone soccorse a bordo.
Tuttavia, Roma ha insistito. Mentre più di 1.160 persone sono annegate nel Mediterraneo solo quest’anno, secondo l’Oim – sottolinea la ong – i soccorsi civili in mare continuano a essere teatro di giochi di potere politici e vessazioni. La posta in gioco: vite umane”.
(da agenzie)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
LA LEADER DI FDI SI DA’ DUE MESI DI TEMPO PER CAPIRE SE TAJANI E’ IN GRADO DI TENERE UNITO FORZA ITALIA
“È come ripartire da zero”. Giorgia Meloni è letteralmente sotto shock, quando all’alba viene informata dell’ineluttabile. Sconvolta e amareggiata. La morte di Silvio Berlusconi non può dirsi inattesa, ma è comunque improvvisa. E si trasforma in un enorme problema per l’esecutivo. Forza Italia appare subito in preda a un trauma distruttivo. E così, la presidente del Consiglio sceglie di gestire ore complesse con un doppio registro. Quello ufficiale punta sulla continuità: nessun partito unico prima delle Europee, è la linea, Antonio Tajani alla guida di Forza Italia ed equilibri congelati per un anno. L’opzione che però riservatamente già valuta assieme ai fedelissimi prevede tutt’altro film: un accordo tra i due simboli e un’unica lista per il 2024. Una sorta di nuovo Pdl, l’embrione di quella fusione tra conservatori e popolari che dall’Italia intende esportare a Bruxelles. L’unica strada – soprattutto – per evitare che la frantumazione di Forza Italia metta a rischio il governo.
Quando alle 10.45 arriva a Palazzo Chigi, Meloni è seduta accanto all’autista. Si vedono solo i suoi occhialoni da sole scuri. Ha pianto per l’alleato. E ha maledetto questa nuova condizione del centrodestra, perché consapevole che dopo il lutto arriverà l’instabilità. “La linea è che pensiamo solo a governare”, scrive a caldo ad alcuni del cerchio magico. Prende tempo, deve pianificare la ripartenza. Attende che il fuso americano sia compatibile con una telefonata, poi sente Antonio Tajani: “Devi mandare un messaggio di continuità”. Sente anche Marina Berlusconi. Perché con lei, nei prossimi giorni, dovrà capire quanto la famiglia intenda provare a far sopravivvere Forza Italia. O quanto invece, disimpegnadosi, renderà obbligato il partito unico già nei prossimi mesi.
Nulla è ancora certo, molto deve ancora accadere. Basti pensare che all’ora di pranzo di venerdì scorso Meloni si preparava a un tranquillo fine settimana di vacanza in famiglia. Lasciata la masseria di Bruno Vespa, riparte in auto assieme al compagno Andrea Giambruno e alla figlia Ginevra. Presumibilmente resta in Puglia per due giorni, almeno a seguire i voli tracciati da FlightRadar24: domenica mattina l’aereo presidenziale parte da Ciampino alle 7.01, atterra a Brindisi alle 7.51, riparte dalla Puglia alla volta della Tunisia alle 8.54, dove atterra 75 minuti dopo, in tempo per l’incontro tra Meloni e Saied.
Tutto alle spalle, dopo la fine dell’era del Cavaliere. A dire il vero, per Meloni esisterebbe una condizione ideale, che non prevede forzature: arrivare alle Europee con Tajani alla guida di Forza Italia e costruire soltanto dopo un partito unico moderato. Al ministro degli Esteri, la premier garantirebbe anche due condizioni necessarie: nessun via libera all’ingresso di transfughi azzurri in Fratelli d’Italia, un pressing sui centristi per correre con FI in un listone nel 2024, in modo da assicurare percentuali decenti alle Europee. In questo modo, la premier eviterebbe anche di sfidare Matteo Salvini prima del 2024, imponendo un progetto egemonico a destra.
E però, Forza Italia sembra già un campo di battaglia. Ed è evidente che molto del destino di Tajani dipenderà da quanto la famiglia Berlusconi intenderà contribuire a non far crollare la struttura. Senza il sostegno morale e materiale di Marina (il denaro è un tema decisivo per tenere in piedi il partito), FI non ha alcuna chance di sopravvivere al fondatore. Di questo, Meloni intende discutere con la primogenita, subito dopo i funerali. Anche perché Palazzo Chigi teme che quel che resta del berlusconismo diventi presto oggetto di altre opa ostili. Non solo di Salvini, che tratta da tempo con diversi senatori per allargare la pattuglia al Senato. Ma anche di Matteo Renzi, deciso a mettere in crisi gli equilibri di Palazzo Madama (senza escludere alcuno scenario).
Per questo, esiste il piano B di Meloni, che potrebbe trasformarsi presto nell’unico piano possibile: il nuovo partito dei conservatori e popolari. La leader deciderà entro un paio di mesi: se per l’estate la diaspora di Forza Italia diventerà insostenibile, lancerà il progetto unitario già in autunno. Ma c’è dell’altro, che consiglierebbe invece di bruciare i tempi e accelerare: c’è la necessità vitale di Meloni di non restare all’opposizione nell’Europarlamento nel 2024. Non è detto che i numeri permettano di realizzare il piano di un patto di governo tra Conservatori e Popolari, escludendo i socialisti. E dunque, immaginare un listone – e poi un partito – che tenga comunque assieme gli eurodeputati italiani della famiglia del Ppe e dell’Ecr potrebbe garantire alla premier un posto in una maggioranza che includa il Pse. Senza perdere troppo la faccia.
(da agenzie)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
SOLO A LEONE E COSSIGA IN QUANTO EX PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA
Per Silvio Berlusconi saranno celebrate le esequie di Stato e sarà lutto nazionale nella giornata di mercoledì 14 giugno. A deciderlo è stato Palazzo Chigi, ma negli ultimi 30 anni, come ricorda Pagella Politica, non era stato concesso a nessun ex presidente del Consiglio, eccetto Leone e Cossiga, che sono stati però presidenti della Repubblica.
Le esequie di stato, invece, sono previste dalla legge, ma non tutti gli ex premier le hanno volute. Palazzo Chigi, per la morte di Berlusconi, oltre il lutto nazionale, ha anche disposto che dal 12 al 14 giugno le bandiere nazionali ed europee dovranno essere esposte a mezz’asta “sugli edifici pubblici dell’intero territorio nazionale e sulle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero”.
“A seguito della scomparsa del senatore Silvio Berlusconi – ha reso noto Palazzo Chigi -, già presidente del Consiglio dei Ministri, è stata disposta, dal 12 al 14 giugno 2023, l’esposizione a mezz’asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici dell’intero territorio nazionale e sulle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero. Il 14 giugno 2023, giornata di celebrazione delle esequie di Stato, è dichiarato lutto nazionale”.
Negli ultimi 30 anni, ricorda Pagella Politica, le esequie di Stato sono state celebrate per tre ex presidenti del Consiglio: nel 1994 per Giovanni Spadolini, nel 1999 per Amintore Fanfani e nel 2001 Giovanni Leone, che è stato anche presidente della Repubblica. I funerali si sono invece tenuti senza le esequie di Stato per Giovanni Goria (morto nel 1994), Bettino Craxi (2000), Giulio Andreotti (2013), Emilio Colombo (2013), Ciriaco De Mita (2022), Francesco Cossiga (2010) e Carlo Azeglio Ciampi (2016), in alcuni casi in forma privata su richiesta dei parenti. Cossiga e Ciampi sono stati pure presidenti della Repubblica.
Fatta eccezione per gli ex presidenti della Repubblica Leone e Ciampi, in nessun altro caso per un ex presidente del Consiglio morto sono stati dichiarati uno o più giorni di lutto nazionale.
(da La Notizia)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
“NEI SUOI 30 ANNI L’ITALIA E’ PEGGIORATA”
Massimo Cacciari, giusti i funerali di Stato per Silvio Berlusconi?
«Certo, perché no? È stato quattro volte presidente del Consiglio e da trent’anni è la figura centrale della politica italiana. Mi sembra normale».
È normale anche il lutto nazionale?
«Non ricordo precedenti per la scomparsa di un presidente del Consiglio».
I processi, la P2, Mangano stalliere ad Arcore, le leggi ad personam, il web si è scatenato.
«Guardi, io non sono un giudice. Berlusconi è stato assolto nel 99% dei molti processi a cui è stato sottoposto e ho sempre considerato suicida la scelta della sinistra di attaccarlo sul fronte giudiziario anziché su quello politico. Detto questo, se fosse dipeso da me, il lutto nazionale non lo avrei proposto».
Qual è l’eredità politica del Cavaliere?
«Beh, è difficile dirlo. Il personaggio che va giudicato in varie dimensioni».
L’imprenditore lo promuove?
«Sarebbe molto difficile non farlo. Ha inventato la tv privata e ha capito come nessun altro il potenziale della comunicazione. Capacità e senso dell’innovazione sono state quelle di un grande imprenditore».
Il capo politico?
«Il capo politico ha segnato un’epoca. Ognuno può dare il giudizio che crede. Ma Forza Italia ha rivoluzionato il modo di concepire la politica. Un’innovazione che ha finito per diventare egemone».
Non mi è chiaro.
«Lo sbaraccamento della forma tradizionale di partito è cominciata con Forza Italia, che per prima si è presentata come formazione a conduzione carismatica capace di rivolgersi direttamente alla gente. Un’invenzione che ha cambiato le coordinate della politica, fino a condizionare anche le cosiddette sinistre».
Più importante per il consenso il Tg5 o Drive In?
«Mi pare che abbia funzionato la somma delle due cose».
La pagella al Berlusconi statista?
«Un totale fallimento. Ma non ha fallito da solo. Lo ha fatto tutta la sua generazione».
Impietoso.
«Lucido. Dopo trent’anni l’Italia sta molto peggio di prima. Non c’è stata nessuna riforma seria istituzionale, amministrativa o dei servizi fondamentali. E la Costituzione è diecimila volte più inattuata».
Professore, con Berlusconi se ne va anche Forza Italia?
«Non credo. La triplice di governo ha bisogno della componente di forzista in vista delle europee. Il disegno in prospettiva è piuttosto chiaro».
Una maggioranza tra i popolari e la destra?
«Ovvio. E per questo al momento non sono ipotizzabili grandi fughe o strategie di annessione. È vero che Forza Italia è ai minimi storici e che la leadership di Meloni è molto forte, ma è anche vero che dal 1994 la triplice destra-destra, Lega, Forza Italia non si è mai divisa. A differenza di quello che succede a sinistra».
La destra vince anche alle europee?
«Possibile».
È uno scenario che la spaventa?
«In nessun modo. L’Europa attuale è totalmente priva di visione strategica e soprattutto di autonomia in politica estera per cui, chiunque governi, l’egemonia della Nato e degli Stati Uniti continuerà a imporre la propria linea. E per quello che riguarda l’amministrazione interna ci penseranno come sempre le tecno-strutture, che sono del tutto indifferenti al colore di chi vince le elezioni».
Chi è il delfino di Berlusconi?
«Non lo vedo».
Renzi?
«Ha perso il treno del Nazareno. Ormai mi pare fuori tempo massimo».
Berlusconi presidente del Consiglio aveva accumulato tra le mani un potere senza precedenti. Era accettabile
«Bisogna distinguere. Formalmente no. Nessun altro leader europeo era nelle sue condizioni. Ma da un punto di vista sostanziale che differenza c’era rispetto all’occidentalissimo sistema americano?».
Biden come il Cavaliere?
«Non solo lui. Negli Stati Uniti i conflitti di interesse, anche quelli più bestiali – come i figli nei consigli d’amministrazione o i legami con i grandi comitati d’affari – sono palesi. Quella grande democrazia si basa sulla simbiosi tra potere politico e potere economico. Noi siamo ancora legati a uno schema arcaico. Ma il modello di Washington è identico a quello di Mosca o di Pechino».
La democrazia è agonizzante?
«Ovunque e in modo strutturale. Lo dico da anni. Il modello che avevamo nella zucca fino alla fine della guerra fredda non esiste più».
Putin è stato tra i primi a fare arrivare le proprie condoglianze.
«Me l’aspettavo. È nell’ordine ovvio delle cose. Tra l’altro, devo dire, io sono inimicissimo di Putin e reputo lui e il suo regime una sciagura».
Ma?
«Ma sono amicissimo del popolo russo e della sua cultura. E inviterei anche i peggiori guerrafondai a esserlo. Proprio come lo era Berlusconi, che negli ultimi tratti della sua vita poteva mischiare strampalerie evidenti e cose di buon senso. Che il 99% degli italiani sia favorevole a una trattativa per il cessate il fuoco mi sembra fuori discussione. Chi preferisce i massacri al cessate il fuoco? Berlusconi se lo chiedeva da povero nonno».
Diciamo che era poverononnismo filo-putiniano.
«Al di là del suo rapporto personale con Putin, Berlusconi diceva le stesse cose che pensa Giorgia Meloni. Solo che lei non può dirlo».
Che cosa glielo impedirebbe?
«Il realismo. Si metterebbe fuori da tutti i giochi internazionali. Neppure io, al suo posto, potrei sostenere certe posizioni».
Il New York Times ha scritto: Berlusconi è stato uno showman che ha introdotto sesso e glamour nella tv italiana.
«C’è stato anche questo in effetti. È la quarta dimensione del Cavaliere: i comportamenti inaccettabili, non dal punto di vista penale (di cui non mi è mai fregato nulla), ma dal punto di vista di un capo di Stato. Un atteggiamento indegno».
L’ex olgettina Marystell Polanco ha twittato: ciao papi, vola in alto.
«Vabbè. Si vede che Berlusconi è stato gentile con lei e l’ha trattata bene. Del resto, che fosse gentile, lo dicono tutti quelli che lo hanno conosciuto».
Professor Cacciari, “Non temo Berlusconi in sé, ma il Berlusconi in me”, è una citazione attribuita (erroneamente) a Gaber che ha goduto di grande successo.
«Le influenze che questi trent’anni hanno avuto sulla dissoluzione della forma partito e su molti dei nostri simili sono sotto gli occhi di tutti».
Si è fatto influenzare anche lei?
«Direi davvero molto poco».
(da la Stampa)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
IL BERLUSCONISMO HA STABILITO IL PRIMATO DEL SUCCESSO PERSONALE SU QUALSIASI TENSIONE VERSO L’ALTO
Insegna l’antico proverbio: “De mort tuis nihil nisi bonum”, vale a dire: “Di chi è appena morto, o si tace o si parla bene”. Di Silvio Berlusconi io non avrei scritto nulla, non avendo per parte mia molto di buono da riconoscergli, laddove “buono” lo intendo nel senso radicale del termine che rimanda al Bene in quanto sommo valore che coincide con la Giustizia e la Verità (concetti che scrivo al maiuscolo per indicare la loro superiorità rispetto al mero interesse privato).
Se però, ciononostante, ne scrivo, è per cercare di mettere a fuoco la frase del cantautore Gian Piero Alloisio, talora attribuita a Giorgio Gaber (cito a memoria): «Non temo Berlusconi in sé, ma il Berlusconi che è in me». Non parlerò quindi di Berlusconi in sé, bensì del Berlusconi in noi, convinto come sono che quanto dichiarato da Benigni valga per milioni di italiani, forse per tutti noi, che portiamo al nostro interno, qualcuno con gioia, qualcun altro con fastidio o addirittura con vergogna, quella infezione che è, a mio avviso, il “berlusconismo”.
Cosa infetta precisamente il berlusconismo? Risponderò presto, prima però voglio ricordare questa frase di Hegel: «La filosofia è il proprio tempo colto nei pensieri». Io penso che quello che vale per la filosofia, valga, a maggior ragione, per l’economia e la politica: il loro successo dipende strettamente dalla capacità di saper cogliere e soddisfare il desiderio del proprio tempo. Berlusconi è stato molto abile in questo. Con le sue antenne personali (al lavoro ben prima che installasse a Cologno Monzese le antenne delle sue tv) egli seppe cogliere il desiderio profondo del nostro tempo, ne riconobbe l’anima leggera e se ne mise alla caccia esercitando tutte le arti della sua sorridente e persistente seduzione. Si trasformò in questo modo in una specie di sommo sacerdote della nuova religione che ormai da tempo aveva preso il posto dell’antica, essendo la religione del nostro tempo non più liturgia di Dio ma culto ossessivo e ossessionante dell’Io. Il berlusconismo rappresenta nel modo più splendido e seducente lo spodestamento dell’antica religione di Dio e la sua sostituzione con la religione dell’Io. E il nostro tempo se ne sentì interpretato in sommo grado, assegnando al fondatore i più grandi onori e costituendolo tra gli uomini più ricchi e più potenti non solo d’Italia.
Ho parlato del berlusconismo come di un’infezione, ma cosa infetta precisamente? Non è difficile rispondere: la coscienza morale. Il berlusconismo rappresenta la fine plateale del primato dell’etica e il trionfo del primato del successo. Successo attestato mediante la certificazione dell’applauso e del conseguente inarrestabile guadagno.
Vedete, Dio, prima, lo si poteva intendere in vari modi: nel senso classico del cattolicesimo e delle altre religioni, nel senso socialista e comunista della società futura senza classi e finalmente giusta, nel senso liberale e repubblicano di uno stato etico quale per esempio lo stato prussiano celebrato da Hegel, nel senso della retta e incorruttibile coscienza individuale della filosofia morale di Kant, e in altri modi ancora, tutti comunque accomunati dalla convinzione che esistesse qualcosa di più importante dell’Io, di fronte a cui l’Io si dovesse fermare e mettere al servizio. Fin dai primordi dell’umanità il concetto di Dio rappresentò esattamente l’emozione vitale secondo cui esiste qualcosa di più importante del mio Io, del mio potere, del mio piacere (a prescindere se questo “qualcosa” sia il Dio unico, o gli Dei, o l’Urbe, la Polis, lo Stato, la Scienza, l’Arte o altro ancora).
Ecco, il trionfo del berlusconismo rappresenta la sconfitta di questa tensione spirituale e morale. In quanto religione dell’Io, esso proclama esattamente il contrario: non c’è nulla di più importante di Me. Non è certo un caso che il partito-azienda del berlusconismo non ha mai avuto un successore, e ora, morto il fondatore, è probabile che non faccia una bella fine.
Naturalmente questa religione dell’Io suppone quale condizione imprescindibile ciò che consente all’Io di affermare il suo primato di fronte al mondo, vale a dire il denaro. Il denaro era per il berlusconismo ciò che la Bibbia è per il cristianesimo, il Corano per l’islam, la Torah per l’ebraismo: il vero e proprio libro sacro, l’unico Verbo su cui giurare e in cui credere. Il berlusconismo è stato una religione neopagana secondo cui tutto si compra, perché tutto è in vendita: aziende, ville, politici, magistrati, uomini, donne, calciatori, cardinali, corpi, parole, anime.
Tutti hanno un prezzo, e bastano fiuto e denaro per pagare e ottenere i migliori per sé. Chi (secondo la dottrina del berlusconismo) non desidera essere comprato?
Il berlusconismo ha rappresentato un tale abbassamento del livello di indignazione etica della nostra nazione da coincidere con la morte stessa dell’etica nelle coscienze degli italiani. La quale infatti ai nostri giorni è in coma, soprattutto nei palazzi del potere politico. Ma cosa significa la morte dell’etica? Significa lo spadroneggiare della volgarità, termine da intendersi non tanto come uso di linguaggio sconveniente, quanto nel senso etimologico che rimanda a volgo, plebe, plebaglia, ovvero al populismo in quanto procedimento che misura tutto in base agli applausi, in quanto applausometro permanente che trasforma i cittadini da esseri pensanti in spettatori che battono le mani. Ovvero: non è giusto ciò che è giusto, ma quanto riceve più applausi. Ecco la morte dell’etica, ecco il trionfo di ciò che politicamente si chiama populismo e che rappresenta la degenerazione della democrazia in oclocrazia (in greco antico “demos” significa popolo, “oclos” significa plebaglia).
Tutto questo ha avuto e continuerà ad avere delle conseguenze devastanti. In primo luogo penso all’immagine dell’Italia all’estero, che neppure dieci Mario Draghi avrebbero potuto ripulire dal fango e dalla sporcizia del cosiddetto Bunga-Bunga. Ma ancora più grave è lo stato della coscienza morale dei nostri concittadini: eravamo già un paese corrotto e di evasori, ora siamo ai vertici europei; eravamo già tra gli ultimi come indice di lettura, ora siamo in fondo alla classifica.
Ricordo che una volta mi trovavo con un imprenditore all’autodromo di Monza per una convention aziendale e, forse per la vicinanza di Arcore, forse chissà per quale altro motivo, egli prese a parlarmi di Berlusconi. Mi disse che molti anni prima gli aveva indicato una massa di gente lì accanto e poi gli si era rivolto così: «Secondo lei, quanti sono gli intelligenti là dentro? Il 10 percento? Ecco, io mi occupo del restante 90 percento». Questa è stata la politica editoriale delle sue tv che hanno portato alla ribalta personaggi fatui ed equivoci e hanno fatto strazio della vera cultura.
Il berlusconismo ha di fatto affossato nella mente della gran parte degli italiani il valore della cultura, riducendo tutto a spettacolo, a divertimento, a simpatia falsa e spudoratamente superficiale, a seduzione. Seduzione da intendere nel senso etimologico di sé-duzione, cioè riconduzione a sé di ogni cosa, secondo quella religione dell’Io che è stato il vero credo di Silvio Berlusconi e da cui non sarà facile liberare e purificare la nostra “povera patria” (come la designava, proprio pensando al berlusconismo, Franco Battiato).
(da La Stampa)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
L’ANNUNCIATA REVOLUTION LIBERALE NON C’E’ MAI STATA
Silvio Berlusconi è stato un gigante della storia recente del nostro paese. Un tycoon brillante dalle ambizioni smisurate che negli ultimi trent’anni ha sconvolto la politica, la cultura e la società italiana come nessun altro aveva mai fatto prima, almeno dal dopoguerra in poi.
Fondando imperi televisivi ed editoriali, creando partiti, diventando più volte premier, il leader ha definito gli standard della seconda repubblica, condizionando la vita e l’immaginario di un’intera nazione.
Il titanismo del suo profilo pubblico è dunque un assioma, e con la sua morte non è retorica affermare che un’era si chiude per sempre: Berlusconi è stato un unicum e non lascia alcun erede plausibile. Né in politica né sulla scena mediatica. Persino gli effetti della sua scomparsa non saranno affatto banali, e per trovare nuovi equilibri alla sua assenza (nel governo in primis) serviranno mesi. Forse anni.
Detto questo, l’immenso potere esercitato per decenni da Berlusconi è stato – per l’Italia – una colossale iattura.
Arci-italiano fino al midollo, il Cavaliere è sceso in campo nel 1994 per salvare le sue aziende dal fallimento, promettendo una rivoluzione liberale che non ha mai neanche iniziato. Ha edificato Forza Italia insieme a Marcello Dell’Utri, poi condannato per concorso esterno alla mafia, e per primo ha sdoganato i razzisti della Lega e i post-fascisti legittimandoli come interlocutori politici accettabili.
IL CONFLITTO DI INTERESSI
Questo l’unico «miracolo italiano» che gli è davvero riuscito. Berlusconi ha incarnato il conflitto di interessi ed è stato un populista ante-litteram, che per anni ha urlato alla pancia di tele-cittadini (con odi al maschilismo e agli evasori fiscali, insulti agli avversari politici e ai giudici) sfruttando le sue doti da imbonitore. Ha fatto anche cose buone? I generosi menzionano come sia riuscito a mettere fine al monopolio della Rai, e a tenere ancorato il centrodestra all’europeismo e l’atlantismo, prima della fatale sbandata per Putin e le democrazie illiberali.
Per il resto i suoi governi non hanno deluso: se non ha mai abbassato le tasse, ha accentuato le diseguaglianze e contribuito al declino della nazione. Nel contempo fattosi Caimano ha travolto le istituzioni democratiche con una serie infinita di strappi che hanno contribuito a indebolire la nostra democrazia e i contrappesi dei suoi poteri.
Leggi scritte ad personam per salvarsi dai processi, un parlamento umiliato dai suoi eccessi sessuali (immortale il voto su Ruby «nipote di Mubarak»), il magnate ha violentato in maniera sistemica regole scritte e consuetudini di un paese che l’ha amato e odiato senza compromessi.
Il suo passaggio è paragonabile a quello di un ciclone che lascia macerie e retaggi che influiranno anche dopo la sua morte: una pubblica opinione spaccata in due e un abbassamento dell’etica comune che ha allontanato l’Italia dai canoni occidentali. Una responsabilità che pesa come un macigno: anche in questo, Berlusconi è stato ciclopico.
(da editorialedomani.it)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
BRACCIO DI FERRO TRA FAMIGLIA E PARTITO: 90 MILIONI DI PERDITE
Mentre fioccavano le dichiarazioni di cordoglio per la morte del leader Silvio Berlusconi, nelle stanze delle segreterie politiche di deputati, senatori, governatori e ministri forzisti solo due domande si rincorrevano in una ridda di telefonate: chi pagherà adesso i debiti del partito garantiti fino a oggi da fideiussioni del fondatore? E, soprattutto, il simbolo formalmente di chi è?
Insomma, ci si addolorava per la morte del capo, ma prosaicamente si pensava già a soldi e futuro politico di Forza Italia e del marchio che per trent’anni ha comunque attratto voti: e in queste voci si parlava anche di carte riservate e testamenti firmati in punto di morte da Berlusconi per favorire l’ultimo cerchio magico al suo fianco, quello legato alla compagna Marta Fascina.
Ma che queste siano domande importanti lo dimostra la singolare convocazione per oggi del comitato di presidenza del partito da parte del tesoriere Alfredo Messina. Convocazione arrivata due volte: la prima con all’ordine del giorno l’approvazione del rendiconto del partito per il 2022; la seconda con l’aggiunta della nomina dei commissari provinciali. E su questa aggiunta c’è chi vede lo zampino dei fasciniani, cioè dei golden boy vicini alla consorte non formale di Berlusconi che ormai, non ne fanno mistero, vogliono prendersi il partito.
“Ma ci rediamo conto, Berlusconi è morto da meno di 24 ore, i ministri sospendono tutti gli impegni, le giunte regionali rinviano le riunioni in attesa dei funerali mercoledì, e noi ci riuniamo per discutere di bilancio e commissariamenti”, dice a denti stretti un deputato che conta in Forza Italia.
Sul tema bilancio, il rischio è che le perdite superino i 100 milioni di euro. Al momento 90 milioni di euro di debiti sono stati garantiti da fideiussioni firmate da Berlusconi e che quindi passeranno in eredità ai cinque figli. In sintesi, ogni figlio di Berlusconi si troverà circa 20 milioni di euro di debiti di Forza Italia, nonostante, proprio per volere del padre, tutti e cinque abbiano versato nel 2023 centomila euro a testa al partito.
C’è poi il tema del simbolo. Da Statuto appartiene al tesoriere del partito pro tempore, cioè Alfredo Messina, ex manager Fininvest, che è anche commissario-amministratore nazionale.
“Da statuto così è previsto, io sono il depositario del simbolo e nessuno ha chiesto di cambiare lo statuto”, ha detto Messina. Il tesoriere siede nel comitato di presidenza, dove non siede a esempio Marta Fascina e dove Antonio Tajani non ha alcun ruolo, non essendo la figura del coordinatore nazionale prevista dallo statuto.
Vi siedono certamente i capigruppo, Paolo Barelli per la Camera e Licia Ronzulli per il Senato, e i governatori a partire da Roberto Occhiuto e Renato Schifani. Ma c’è un mistero: si rincorrono voci di una “carta” firmata di Berlusconi che inserirebbe nuovi nomi nel comitato e quindi potrebbero saltare fuori i nomi della Fascina o dello stesso Tajani.
Nelle ultime ore si sono rincorse strane voci anche sul simbolo: ad esempio che possa saltare fuori una carta testamentaria di Berlusconi che tiri in ballo la prima registrazione del marchio fatta al ministero dello Sviluppo economico nel 1994 che aveva come titolare il “Movimento politico Forza Italia” e mandatario Franco Cicogna dell’omonimo studio di registrazione marchi e brevetti.
Voci che si rincorrono dall’annuncio della morte del leader, a testimonianza della delicatezza del tema simbolo. Anche se chi ha praticamente fondato il partito nei gloriosi anni 1993-1994 non si scompone più di tanto di fronte alle preoccupazioni sul simbolo gestito da terzi: “Scusate, se la famiglia Berlusconi chiede di coprire le fideiussioni chiunque abbia il simbolo non ne può fare quello che vuole”, dice Gianfranco Micciché. Come dire: in questo partito i soldi hanno un peso ma sono arrivati solo da una persona, Silvio Berlusconi. E chiunque pensa di avere agibilità economica e politica senza il consenso della famiglia Berlusconi difficilmente farà strada. Forse.
(da La Repubblica)
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Giugno 13th, 2023 Riccardo Fucile
“LUI NON AVREBBE VOLUTO ESSERE DIPINTO COME UN SANTINO”
“Normalmente quando muore una persona, si fanno le condoglianze ai parenti e si aspettano i funerali prima di dire cose negative. Purtroppo oggi abbiamo assistito a una giornata imbarazzante di beatificazione che ha completamente tralasciato la realtà dei fatti. Non si può dire di una persona morta il contrario di quello che se ne diceva da vivo“.
Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che, intervenendo a Otto e mezzo (La7) nel giorno del decesso di Silvio Berlusconi, aggiunge: “Evitiamo questa ipocrisia. Io penso che il peggiore dei servizi che si possano rendere a Berlusconi sia trasformarlo nel santino che abbiamo visto per tutta la giornata a reti unificate. Berlusconi non ha fatto mai niente per dipingersi come un santino, anche perché, se lo avesse fatto, non avrebbe preso un voto”.
Travaglio cita una battuta ironica di Giulio Andreotti (“Disse che sul suo epitaffio voleva solo il nome, la data di nascita e la data di morte, perché ‘le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov’è il cimitero dei cattivi?’”).
E ribadisce: “Berlusconi, come diceva Montanelli, ha incarnato al meglio tutto il peggio dell’Italia e degli italiani. E i suoi elettori lo votavano per questo: sapevano che era una simpatica canaglia e lui non ha mai fatto niente per smentirlo”.
Travaglio racconta un aneddoto: “Quando noi al Fatto lo riempivamo di improperi sui processi, lui telefonava a Padellaro per dire: ‘Ma avete scritto che ho i capelli finti. Venga a Palazzo Grazioli e le faccio toccare con mano che i miei capelli sono veri’.
Non gli importava niente dell’aspetto morale. Ed è questo il danno peggiore che Berlusconi ha fatto. Non solo ha fatto un sacco di cose riprovevoli, dal finanziamento alla mafia- continua – alle frodi fiscali, alle corruzioni (ha pagato chiunque e infatti oggi se ne sono visti i risultati). È che ha sdoganato quei comportamenti. Quello che prima molti facevano di nascosto lui ha proclamato che era giusto farlo e rivendicarlo”.
Il direttore del Fatto conclude: “Il famoso slogan ‘porco e bello’ (porco non nel senso sessuale ma nel senso delle cose che non si devono fare) lui l’ha portato alla ennesima potenza. Berlusconi ha esaltato l’evasione fiscale alla Festa Nazionale della Guardia di Finanza. Sono questi i danni che gli sopravvivranno purtroppo. E ha anche screditato il buon nome della destra, per cui una destra civile non l’avevamo con lui per causa sua – chiosa- e non ce l’avremo neppure adesso, perché il berlusconismo ha corrotto anche quelle parti di destra che non erano berlusconiane e che da legalitarie sono diventate illegalitarie. Sono questi i danni che oggi sono stati completamente rimossi. Mi dispiace ricordarli questa sera, perché bisognerebbe aspettare almeno i funerali ma non possiamo farlo perché è già partita una beatificazione, addirittura a dispetto del morto“.
(da il Fatto Quotidiano)
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