Destra di Popolo.net

IN FRANCIA RONDE RAZZISTE MINACCIANO I MANIFESTANTI CHE PROTESTANO CONTRO LA MORTE DI NAHEL

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

TEPPAGLIA DA AVANSPETTACOLO CON SALUTI ROMANI COMPRESI E SLOGAN SOVRANISTI “LA FRANCIA AI FRANCESI”

Sono state segnalate in alcune città della Francia bande di giovani di estrema destra che negli ultimi giorni sono scese in piazza minacciando i manifestanti che in questi giorni protestano e danno vita a scontri e devastazioni per la morte di Nahel, ucciso martedì scorso da un poliziotto.
Un gruppo è stato avvistato ieri sera a Lione ma è stato respinto subito dalla polizia che ha disperso l’inizio di corteo – nel quale sono state notate mazze da baseball e saluti romani da parte dei giovani – utilizzando gas lacrimogeni. Il quotidiano locale, Le Progrès, riferisce che “il gruppo di destar Les Remparts, venuto dalla città vecchia, è stato disperso con i lacrimogeni”.
Vari video sui social mostrano i giovani mentre gridano slogan come “Siamo a casa nostra” e “La Francia ai francesi”.
Nei giorni scorsi analoghe manifestazioni sono state registrate ad Angers e Chambéry. Ad Angers, in particolare, la procura ha aperto un’inchiesta sul gruppo che è stato ripreso in un video in un’accesa discussione con manifestanti per la morte di Nahel.
(da agenzie)

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“IMMIGRAZIONE E ISLAM NON C’ENTRANO CON LA RIVOLTA DELLE BANLIEUE: LE AUTORITÀ HANNO LASCIATO LE PERIFERIE IN MANO AI CRIMINALI CHE CONTROLLANO OGNI CONDOMINIO”

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

IL FILOSOFO PASCAL BRUCKNER: “CI SONO BANDE ORGANIZZATE, ARMATE E FINANZIATE DA NARCOTRAFFICANTI CHE ALIMENTANO LA NARRAZIONE DEL RAZZISMO E DELLA SEGREGAZIONE PER TENERE IL POTERE NEI QUARTIERI. MACRON VOLEVA L’INTEGRAZIONE CON L’ECONOMIA, PROMUOVENDO UBER E PICCOLI LAVORI. IL PROBLEMA È CHE IL TRAFFICO DI DROGA PERMETTE UN’ASCENSIONE SOCIALE PIÙ RAPIDA. LE SENTINELLE O GLI SPACCIATORI GUADAGNANO IN UN GIORNO COME UNA CHAUFFEUR IN UN MESE”

Pascal Bruckner, filosofo e polemista, ha sulla rivolta francese uno sguardo crudo e non accomodante.
Monsieur Bruckner, cos’è cambiato dalla rivolta delle banlieue del 2005?
«Il cambiamento più grande è che la grande maggioranza dell’opinione pubblica è ostile ai manifestanti».
Si vede con la colletta a favore del poliziotto che ha sparato. Perché?
«Le violenze e i saccheggi intollerabili. Dal 2005 lo Stato ha speso miliardi di euro nelle banlieue e si raccontano menzogne colossali. Vengono assaltati persino gli asili nido, le scuole, le mediateche, gli ospedali, i servizi sociali, come se si volessero distruggere gli aiuti arrivati nei quartieri».
Non è certo la maggioranza della popolazione che assalta e saccheggia. Chi manovra tutto questo?
«Ci sono bande molto organizzate, armate e finanziate da narcotrafficanti che alimentano la narrazione del razzismo e della segregazione per tenere il potere nei quartieri, condominio per condominio».
Chi sono i violenti?
«Vandali, piccoli ladri e i grandi svaligiatori, che hanno assaltato metodicamente i centri commerciali rubando apparecchi elettronici, computer, telefoni, ma anche abiti. Poi ci sono le gang criminali che approfittano della situazione per attaccare commissariati di polizia e municipi. E poi c’è un terzo gruppo: i terroristi ecologici di estrema sinistra alleati con i ragazzi di banlieue che attaccano i simboli del potere, come le caserme dei pompieri o la Gendarmerie».
E questo succede da molti anni nei quartieri.
«La cosa preoccupante è che la Francia è un Paese veramente malato perché tutti i conflitti sociali diventano rivolte. È un Paese che ha da sempre la tradizione della violenza, […] dalle guerre di religione, alle “dragonate” nel regno di Luigi XV, alla Rivoluzione, al 1870… È un Paese fondato sulla violenza. Oggi però penso che sia dovuto alla mancanza di autorità dello Stato».
Ma come, è un sistema presidenziale con un presidente accusato di autoritarismo.
«Viviamo da cinquant’anni le dimissioni dello Stato. Dopo De Gaulle, tutti i poteri pubblici, di destra e di sinistra hanno distolto lo sguardo dalle banlieue, dall’islam radicale, dall’immigrazione e adesso paghiamo il conto di questo abbandono. Macron ha ereditato una situazione deteriorata da molto tempo».
Quindi il modello francese dell’integrazione è fallito?
« Si parla solo di banlieue ma c’è tutta una borghesia di origine magrebina o africana che si è affermata molto bene. Le banlieue sono soprattutto un problema sociale di relegazione».
Ma cos’ha fatto Macron per i giovani delle banlieue?
«Una scommessa non assurda e cioè avviare l’integrazione attraverso l’economia promuovendo Uber e piccoli lavori che hanno funzionato. Il problema è che il traffico di droga permette un’ascensione sociale molto più rapida. Le sentinelle o gli spacciatori guadagnano in un giorno come una chauffeur in un mese. Il narcotraffico diffuso sta conquistando i quartieri in tutta l’Europa, Belgio, Olanda…».
C’è un Paese europeo che secondo lei ha saputo affrontare meglio l’immigrazione?
«La Germania è meglio come sempre. E poi ha un modello sociale di concertazione che è la sua forza economica: sindacati molto potenti che discutono e fanno sciopero solo eccezionalmente. In Francia per prima cosa si fa sciopero, si manifesta, si spacca tutto e poi si dialoga».
Chi è stato il presidente migliore?
«Chirac perché non ha fatto niente. Era molto popolare, mangiava, stringeva le mani, sorrideva. Macron soffre di un deficit di empatia, è molto distante, è un banchiere che pensa razionalmente, ma le passioni francesi sono totalmente irrazionali. Il suo bilancio è molto negativo, io ho votato per lui e me ne sono pentito. Macron è molto bravo in economia, infatti la Francia va molto bene».
In questa situazione si avvantaggia molto Marine Le Pen. Lei pensa che possa vincere nel 2027?
«Sì, può vincere, non ha nemmeno bisogno di fare campagna. Sarebbe una soluzione cattiva per la Francia, ha pochissima competenza in economia e in diplomazia e poi è molto vicina a Putin, che in questo momento è imbarazzante. L’estrema sinistra di Mélenchon è insurrezionale ».
(da agenzie)

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“PUTIN ERA AL CORRENTE DA MESI DELLA RIVOLTA DI PRIGOZHIN MA NON HA PRESO LE INFORMAZIONI SUL SERIO”

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

MIKHAIL ZYGAR, FONDATORE DELL’UNICA TV INDIPENDENTE RUSSA DOZHD: “PER I GRANDI UOMINI D’AFFARI CHE NON SONO SUL LIBRO PAGA DI PUTIN, LA RIVOLTA DI PRIGOZHIN È STATA UNO SHOCK. PER LA PRIMA VOLTA HANNO AVUTO LA PROVA DI QUANTO PUTIN E IL SUO CERCHIO MAGICO NON ABBIANO CONTATTO CON LA REALTÀ”

Mentre gli uomini di Wagner marciavano verso Mosca il 24 giugno, Vladimir Putin volava a San Pietroburgo per assistere dallo yacht del suo fedelissimo Jurij Kovalchuk alla festa Vele Scarlatte dedicata ai maturandi. A raccontare l’inedito retroscena è Mikhail Zygar, 42 anni. Fondatore dell’unica tv indipendente russa Dozhd tra i massimi conoscitori del cerchio magico di Putin.
Quando ha lanciato la sua rivolta, Evgenij Prigozhin contava su un aiuto dall’interno dell’esercito, delle forze di sicurezza o delle élite?
«C’erano diverse persone che potremmo definire suoi sostenitori. Le sue invettive erano favorite dalla tacita approvazione dello stesso Putin che lo usava come contrappeso contro l’esercito. Molte persone condividevano le sue critiche contro i vertici militari. Lo appoggiavano diversi generali come il viceministro della Difesa Mikhail Mizintsev che è poi stato nominato vicecomandante del gruppo Wagner. Alcuni di questi suoi sostenitori erano a conoscenza dei preparativi della rivolta. Secondo le mie fonti, lo stesso Putin ne era al corrente da mesi, ma non ha preso le informazioni sul serio».
Ci sono informazioni contrastanti sulla sorte del generale Sergej Surovikin. Che fine ha fatto? Stiamo assistendo all’inizio delle purghe?
«Mi è stato detto che si trova ai domiciliari. È stato interrogato e incriminato, ma non ci sarà alcun processo aperto al pubblico. È l’inizio di una campagna di persecuzione contro i nazionalisti. Vedremo tanta gente cadere in disgrazia. Ma non ci saranno epurazioni alla luce del sole. Sarebbe ammettere che il sistema ha delle falle».
Mentre la rivolta era ancora in corso, molti presunti fedelissimi di Putin sono rimasti in silenzio. Alcuni sono persino fuggiti a bordo dei loro jet. L’élite è davvero così compatta attorno al presidente?
«Bisogna distinguere. Ci sono i fedelissimi che fanno parte della “super-élite”, della cerchia ristretta di Putin. Dipendono personalmente da Putin. Non hanno alternative. E come lui, sono lontani dalla realtà. […] Pensano tuttora che il regime sia stabile e che sia tutto sotto controllo. Ci sono poi i grandi uomini d’affari o decisori che non sono sul libro paga di Putin. Per loro la rivolta di Prigozhin è stata uno shock. Ha cambiato per sempre la loro prospettiva. Per la prima volta hanno avuto la prova di quanto Putin e il suo cerchio magico non abbiano alcun contatto con la realtà. Non credono più che il regime sia stabile.
Hanno iniziato a pensare che Putin sia un’anatra zoppa e che abbia i giorni contati. Non organizzeranno una rivolta. Non si schiereranno con Prigozhin o con altri. Hanno finalmente capito però che il sistema di potere non funziona».
Non c’è nessuno che potrebbe approfittarne? Che potrebbe seguire l’esempio di Prigozhin senza però ripeterne gli errori?
« Non ci sarà più una rivolta militare. [Ma ci saranno nuove sfide per il regime. Probabilmente l’anno prossimo quando si terranno le presidenziali. Non dico che emergerà un candidato in grado di sfidare Putin. Ma, anche quando vengono totalmente truccate, le elezioni sono sempre una potenziale minaccia per la stabilità di un regime».
(da La Repubblica)

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TAJANI ANNUNCIA: “CI SARÀ QUALCHE INGRESSO SIGNIFICATIVO IN FORZA ITALIA NEI PROSSIMI GIORNI”. MA DI CHI? FORSE IL COMMISSARIO LIQUIDATORE?

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

INTANTO IN LOMBARDIA IL PARTITO STA ESPLODENDO DOPO LA MORTE DI BERLUSCONI E LA SPACCATURA TRA L’ALA RONZULLIANA E QUELLA DEI FASCINA BOYS, CON TAJANI A FARE DA MEDIATORE

“Il futuro di Fi è quello di una grande forza moderata, saremo il centro della politica italiana e abbiamo un ruolo importante da svolgere visto che il Pd si sta spostando verso sinistra. Fi sarà un punto di riferimento per i delusi anche dal centro del centrosinistra, siamo noi attrattivi. Ci sarà anche qualche ingresso significativo nei prossimi giorni”. Così il vicepremier e coordinatore di Fi Antonio Tajani risponde, intervistato a Agorà Estate, sul futuro di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi
«In Brianza siamo messi bene, come pure a Brescia e a Como, a Milano discretamente, a Bergamo abbastanza. Cremona, nel piccolo, e Mantova, nel piccolissimo, sono presidiate. Varese si sta rimettendo in piedi dopo la vicenda Caianiello e non esprime manco un consigliere regionale. Lecco non esiste proprio».
Le pagelle sulla presenza di Forza Italia in Lombardia, snocciolate da un dirigente di lungo corso del partito, raccontano bene quanto sta succedendo qui. Nella regione che, vuoi per la presenza dei luoghi fisici del berlusconismo […], vuoi per radicamento storico del consenso (il 7,9% delle politiche di settembre e il 7,23% delle regionali di febbraio non sono paragonabili ai fasti del passato, ma comunque pesano), rappresenta uno dei test più importanti per sapere se e come il «partito-prodotto» che ha rivoluzionato la politica italiana resisterà al primo autunno senza il suo patriarca.
«Votare un video poteva essere difficile, ma votare un ricordo lo è ancora di più», ammette con molto realismo, e un pizzico di magone, un parlamentare azzurro. Che come molti altri accetta di raccontare ciò che si muove nella pancia di Forza Italia chiedendo però di restare anonimo.
Ciò che conta, e che segna davvero un cambio di paradigma, non è la situazione nelle singole province, ma il fatto che per la prima volta dentro Forza Italia ci si interroghi sullo stato di salute dei territori. Un altro parlamentare, ricordando che i faraoni non lasciano eredi ma piramidi, ricorre alla metafora della piramide rovesciata. «Prima c’erano gli unti del faraone, che facevano grandi performance trainati dal voto d’opinione, ovvero per contatto diretto del faraone. Ora andrà avanti chi riuscirà a raccogliere consenso dal basso».
Quella attuale, scandita dal consiglio di metà luglio e dalla nomina di Antonio Tajani a presidente pro-tempore in vista del congresso nazionale, che potrebbe essere celebrato prima o dopo le Europee del 2024, è una fase di transizione totale. «Se prima c’era la corsa della gente ad avere il simbolo di Fi, ora parte la corsa del partito a cercare gente che porta voti», sintetizza un amministratore locale del milanese.
Una fase di transizione che, in Lombardia, deve già fare i conti con alcune complicazioni. La più evidente è la spaccatura fra l’ala che fa riferimento alla capogruppo del Senato ed ex coordinatrice regionale Licia Ronzulli (e all’ex sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo) e quella che invece si riconosce nell’attuale coordinatore Alessandro Sorte, che insieme al responsabile dei giovani Stefano Benigni è uno dei deputati più vicini a Marta Fascina.
«Cercando di dare una lettura politica si può dire che i primi sono più vicini alla Lega, i secondi a Fratelli d’Italia. Anche perché i rapporti fra Sorte e i luogotenenti lombardi di Salvini sono ai minimi termini», racconta uno che conosce bene entrambe le fazioni. Tajani, nel mezzo, bordeggia fra la tentazione del «divide et impera» e l’esigenza di serrare i ranghi.
L’ultima puntata di questo scontro è andata in scena giovedì 22 giugno. Sorte, sotto attacco per aver dato un ruolo agli ex leghisti Gianmarco Senna e Max Bastoni, ha risposto radunando 500 tra militanti e amministratori all’hotel Villa Torretta di Sesto San Giovanni.
Padrone di casa l’ex onorevole Guido Della Frera, appena rientrato in Forza Italia dopo due brevi flirt con Giovanni Toti e Matteo Renzi. «Una partecipazione, oltre che numericamente al di sopra di ogni previsione, carica di commozione ma anche di entusiasmo e voglia di ripartire», ha rivendicato Sorte.
In attesa di capire quale potrà essere il ruolo di Marta Fascina, dentro e fuori il partito, i «Fascina Boys» lanciano un segnale chiaro: contano i numeri. Con l’implicito corollario: siamo noi ad averli.
Ad alimentare il rischio balcanizzazione, finché le elezioni amministrative del prossimo anno o i congressi comunali e provinciali non faranno chiarezza su chi davvero ha il consenso, c’è poi il capitolo Pirellone.
Forza Italia può contare su 6 dei 48 consiglieri della maggioranza, oltre che su due assessori e un sottosegretario. Una pattuglia significativa anche se […] non determinante per la tenuta della giunta Fontana (il resto del centrodestra avrebbe comunque 42 degli 80 seggi), ma a sua volta divisa in varie fazioni.
Sullo sfondo, c’è il voto europeo. Manca meno di un anno ma l’appuntamento, per certi versi, appare lontanissimo. Solo in autunno, infatti, quando l’affetto suscitato dalla morte di Berlusconi e registrato dai sondaggi si affievolirà in modo quasi fisiologico, Forza Italia potrà valutare se sarà in grado di schierare liste forti e competitive.
In Lombardia i nomi più interessanti sono quelli dell’ex governatore Roberto Formigoni e dell’eurodeputato Massimiliano Salini, entrambi vicini a Comunione e Liberazione. Tutti e due, secondo qualcuno, erano pronti a passare con Fratelli d’Italia.
(da agenzie)

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I BLINDATI, I BAMBINI CHIUSI IN CASA E UNA NAZIONE DA RICOSTRUIRE

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

LA FINE DELL’AUTORITA’, L’INSUFFICIENZA DEI PADRI, LO SRADICAMENTO DEI CASSEUR, DI ADOLESCENTI CHE NON SI SENTONO NE’ CITTADINI, NE’ FIGLI

I blindati si capisce, si capisce per la durezza dello scontro notturno, per la tigna estremamente violenta dei rivoltosi delle periferie urbane in Francia, per la loro volontà di colpire e uccidere la gente in divisa, stremata dalla battaglia contro i moti social, volontà di degradare i simboli dello stato, e devastare commissariati municipi negozi. Ma tenere i bambini a casa, per favore, cari genitori, chiudete la notte gli adolescenti enragées nei vostri appartamenti, guardate che è un dovere repubblicano sancito dalla legge, possiamo perseguirvi se non ottemperate, bè, questo è un segno di tremenda debolezza, un omaggio al senso comune che va contro il buon senso.
L’emozione è forte, un video cinematografico girato dalle telecamere di sorveglianza, una eloquente docufiction, lascia pensare a un colpo a freddo, quali che siano poi gli accertamenti in uno stato di diritto, la rabbia si spiega. Ma le notti brave dell’insurrezione tiktok, messe in scena dagli adolescenti di una generazione che sembra perduta alla ragione, alla capacità di elaborazione di un lutto tremendo, a un’idea politica e compatta di movimento e di protesta, alla richiesta di giustizia invece che alla vendetta, parlano di un fenomeno di lungo periodo, un fenomeno civile e di cultura che va avanti da decenni: la fine dell’autorità, che comincia nelle famiglie alle quali si chiede pietosamente, lo stato con le lacrime agli occhi, di tenere a casa gli ado insubordinati, di incarnare una figura scomparsa dell’autorità come introduzione generale al senso della vita e al suo stile civile.
Improvvisamente i genitori, che poi sono quelli dei moti del 2005, ora quasi quarantenni, dovrebbero supplire con un atto di imperio familiare alla dissoluzione culturale di certi legami ancestrali, travolti dalla modernità postuma a sé stessa, dall’anima del focolare novissimo che non scalda i cuori di idee della mente, idee ricevute, oggettività, realismo, tradizioni, ma li adagia nella bambagia di un vago sentimentalismo dei luoghi comuni; contano le relazioni uomo-donna eviscerate dalla antipatia per il paterno e il materno, lotta al patriarcato e per l’aborto e il gender fluid, conta il criterio educativo corrente benevolmente accolto nelle scuole e nella comunità, non solo nella comunicazione impazzita e nel solipsismo mediatico. Insufficienti come Charles Bovary, il marito che spinge Emma nelle braccia dei mediocri dongiovanni Léon e Rodolphe, i padri invocati da Macron, in complicità con le madri in legami dissolubili per principio e contratto, dovrebbero esercitare l’attrattiva quasi religiosa, che lega, che è premessa di ogni autorità. Ma quando mai.
Più probabile che dai tredici ai diciotto anni nei territori cosiddetti sensibili tu non ti senta né cittadino né figlio, ma solo un piccolo animale urbano mal tollerato dall’ambiente e dallo stato e che male li tollera. Lo sradicamento dei casseur sarà anche frutto delle procedure incontrollate dell’immigrazione, quattro milioni in più dal 2005 a oggi, certo è frutto almeno in parte di un grande fallimento della nazione, almeno per i giovanissimi superteppisti nati in Francia e lì educati in un quadro di povertà vera e relativa, in un contesto di educazione e formazione inidonea alla celebrata vittoria dei valori di integrazione repubblicana, dove il lavoro non manca più come una volta, grazie al dannato liberismo di Macron, però manca tutto il resto. E la nazione non si riconquista, come suggerisce il furbo e talvolta malizioso Zemmour, è un progetto folle e pericoloso, la nazione si ricostruisce su basi solide di tolleranza, di fraternità, di eguaglianza che non umilia e non livella, di libertà che non scatena, che non esclude ma implica un esercizio riconosciuto dell’autorità.
(da Il Foglio)

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IL METODO SANTANCHE’ TRA BANCHE E POLITICA: MAXI BUCO DA 15 MILIONI GIA’ NEL 2011

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

GRAZIE A L RUOLO DI SOTTOSEGRETARIA DEL GOVERNO BERLUSCONI, LA MINISTRA CHIEDEVA PRESTITI PROMETTENDO INCONTRI CON IL CAVALIERE

La sua società era indebitata per milioni di euro già nel 2011, quando era sottosegretaria del governo Berlusconi. Ma grazie anche a questo ruolo aveva accesso ai manager di banche per chiedere altri prestiti, proponendo magari di farli incontrare con lo stesso presidente Silvio Berlusconi o con l’allora governatore di Bankitalia Mario Draghi. Ma c’è di più. Nonostante la società fosse indebitata, si garantiva finanziamenti ad aziende terze sempre sue.
Il metodo della imprenditrice e oggi ministra del Turismo Daniela Santanchè, oggi come dieci anni fa, non sembra essere cambiato poi molto e i ruoli politici forse l’hanno aiutata nella sua attività privata della quale lei ha sempre fatto un vanto: come si chiede oggi Report che, dopo aver sollevato la gestione anomala delle società Visibilia e Ki Group due settimane fa, questa sera torna sul caso delle aziende Santanchè (alle 21 su Rai Tre).
Report presenterà dei documenti con “la prova che Visibilia era esposta con il sistema bancario già a partire dal 2011 per 15 milioni”. E di questa cifra ben 2,8 milioni di esposizione riguardavano un prestito con la Banca popolare di Milano. La Santanchè allora era sottosegretaria alla presidenza del consiglio del governo Berlusconi e sarebbe tornata a bussare alla porta della Bpm per una estensione del fido per altri 2 milioni di euro.
L’ufficio crediti della banca però si oppone proprio per lo stato patrimoniale e l’esposizione bancaria di Visibilia. Allora che cosa accade? “Santanchè chiama il braccio destro dell’allora capo della banca Massimo Ponzellini”. E cioè Antonio Cannalire. Secondo quanto ricostruisce Report “Santanchè si sarebbe offerta anche di organizzare incontri di Ponzellini con Draghi e Berlusconi”. Intervistata l’allora sottosegretaria smentisce “categoricamente” queste circostanze. Ma Report mostrerà dei documenti che smentirebbero la versione della ministra.
Di certo c’è che Bpm non concederà l’estensione del fido. Ma Visibilia comunque otterrà “l’acquisto di spazi pubblicitari per la Banca popolare di Milano per 320 mila euro”: pubblicità in parte per II Giornale e Libero, ma anche per l’Ordine di Como, quotidiano locale che era di proprietà di Alessandro Sallusti, suo ex compagno.
Resta comunque il fatto che Visibilia srl nel 2011 era già indebitata per 15 milioni e Santanchè, da sottosegretaria, cercava altre fonti di liquidità tra banche e nuovi clienti per la pubblicità. I conti comunque erano quelli ma nel 2013, come raccontato da Repubblica, Visibilia srl concede un finanziamento di 680 mila euro con contratto firmato il 17 maggio 2013 alla D1 Partecipazioni. Questa società era sempre di proprietà di Santanchè e vedeva come usufruttuario Sallusti. D1 Partecipazioni era nata pochi giorni prima, il 10 maggio 2013, ed è stata messa in liquidazione nel 2019: Visibilia srl ha nel frattempo cancellato il credito nel 2020.
Secondo una perizia di parte chiesta della procura di Milano, in Visibilia però sono state non iscritte a bilancio dal 2014 diverse perdite patrimoniali. Senza questi “errori” secondo la perizia “il patrimonio netto rettificato assume un valore negativo per oltre 5,4 milioni di euro già al 31 dicembre 2014 e tale aggregato peggiora nel periodo fino ad assumere al 31 dicembre 2018 un valore negativo per oltre 8,2 milioni”.
Ma nonostante in quegli anni Santanchè avesse già grane per debiti e poca liquidità di Visibilia, riesce inoltre a rilevare nel 2011 con un altro ex compagno, Caio Mazzaro, il gioiellino del biologico Ki Group. Secondo Report, che oggi tornerà anche su questo caso, “grazie anche a un benevolo prestito da parte di Monte dei Paschi di Siena”. “Alla fine tra Bioera e Ki Group, Santanchè e Canio Mazzaro raccolgono dai piccoli azionisti, in nove anni, 23 milioni e 9 milioni si trasformeranno in emolumenti per le loro cariche sociali ricoperte in quegli anni”. Mentre alcuni dipendenti di Ki Group rimangono senza stipendi e tfr.
Ad oggi la ministra non ha risposto alle domande dei giornalisti sulla gestione delle sue ex società e sui debiti anche con il fisco e Invitalia. Debiti ancora non restituiti, mentre pendono richieste di concordato ed è aperta una indagine della procura di Milano per falso in bilancio. Da ministra Santanchè siede accanto a Giancarlo Giorgetti, a capo del ministero dell’Economia dal quale dipendono Agenzia delle entrate e la stessa Invitalia.
Mercoledì alle 15 però riferirà in Senato dopo la richiesta di chiarimenti presentata in conferenza dei capigruppo dalle opposizioni: Partito democratico, Movimento 5 stelle e Alleanza verdi e sinistra. “Chiarirò tutto”, ha ribadito.
(da La Repubblica)

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SALARIO MINIMO, LE STORIE

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

IL COMPENSO ORARIO A FINE MESE E’ PARI A POCHI EURO

La cameriera: “I prezzi delle camere degli hotel crescono ma le retribuzioni sono ferme al 2019”
Teresa Cofano, 42 anni, napoletana, lavora come cameriera ai piani dal 2011: «Ho cominciato solo quando i miei figli sono andati a scuola», spiega. Guarda con molto interesse alla legge sul salario minimo: «Guadagno 8 euro l’ora: i lavoratori del nostro settore sono tra i meno pagati. Mi ritengo fortunata perché non sono una stagionale, e arrivo a 1200-1300 euro al mese. Sono convinta che questo lavoro potrebbe dare grandi soddisfazioni se venisse retribuito nel modo giusto, e se i lavoratori venissero visti con altri occhi». Il settore turistico, ricorda Teresa, «ha mille forme di precariato, ed è un arcobaleno di sfumature di colore, dal nero al grigio». Ed è per questo, sostiene, che in questo momento di grande boom della domanda, i gestori fanno fatica a trovare lavoratori: «Le camere che prima costavano 100 euro ora costano 300, ma io guadagno sempre 8 euro l’ora, nonostante gli aumenti dei prezzi e delle bollette, e i due anni e mezzo passati senza lavorare per via della pandemia. Se i datori di lavoro pagano poco, non rispettano i contratti, fanno fare gli straordinari e non li retribuiscono, perché un giovane dovrebbe scegliere questo lavoro?». Eppure i figli di Teresa hanno frequentato entrambi la scuola alberghiera, scelta che per lei è un motivo di orgoglio. Ma non si augura che, una volta diplomati, rimangano in Italia: «Rispetto a quando ho cominciato a lavorare io la situazione è peggiorata tanto. E io non mando mia figlia a lavorare per 800 euro al mese, dopo cinque anni di studi e di sacrifici. Preferisco che vada via: i miei compagni di scuola che dopo il diploma si sono trasferiti nel Regno Unito adesso sono proprietari di ristoranti».
Il vigilante: “Abbiamo toccato il fondo, facciamo la fame”
«Lavoro da 17 anni come vigilante, e guadagno 5,37 euro l’ora. Abbiamo aspettato per 7 anni il nuovo contratto: ora che è stato firmato, l’aumento è di 140 euro lordi annui spalmati da qui al 2026. Significa 0,29 centesimi lordi l’ora da luglio, che tra tre anni arriveranno a 95 centesimi». A.D. ha 54 anni, una moglie a carico e due figli. Vive a Roma , e chiede di non pubblicare il suo nome. «Riusciamo a vivere solo perché abitiamo in una casa popolare, e l’affitto è basso. Ma vita sociale zero, e a mio figlio ho consigliato una scuola professionale, con questo stipendio sarebbe difficile pagare l’università».
A.D. lavora su turni, ma anche le maggiorazioni notturne sono minime, e quella domenicale non esiste. «Da giovane facevo il portiere di notte. Guadagnavo bene – racconta – ma venivo sfruttato. Dopo 20 notti di fila sono finito in ospedale, e così ho cambiato. Ma quando ho cominciato come vigilante gli stipendi non erano così bassi. Con i rinnovi nel tempo abbiamo perso tra i 200 e i 250 euro al mese». Che si sperava di recuperare anche in parte con l’ultimo rinnovo, e invece niente: «Abbiamo protestato, ci sono stati diversi scioperi per ottenere un contratto dignitoso. E invece non si arriva neanche a un euro l’ora di aumento: mi sembra assurdo».
Addetta pulizie: “Faccio due lavori e riesco a portare a casa 700 euro”
«Non ho mica deciso io. A me piacerebbe lavorare 8 ore al giorno e avere un impiego solo. E invece ho un contratto di 10 ore settimanali al mattino e di 17 settimanali al pomeriggio per portare a casa mezzo stipendio». Stefania Calcagnolo, 48 anni, lavora per due imprese torinesi di pulizie, al mattino per un privato e al pomeriggio con una cooperativa esterna che si occupa dell’Inps. «Sono i miei due part time involontari», ironizza. Ma è un sorriso amaro. «Messi insieme i due lavori guadagno 700 euro». Stefania si alza alle 5 e il primo lavoro dura dalle 6,30 alle 8,30. Il secondo va dalle 13,30 alle 17. «Mi dicono: fai un terzo lavoro? Al mattino è complicato perché mi sposto con il bus, l’auto non posso permettermela. Per un periodo ho lavorato anche alla sera ma poi non ce l’ho più fatta». Quanto guadagna all’ora? «7,5 euro lordi l’ora. Ma sono fortunata. Alcuni colleghi guadagnano meno». Ad ogni cambio di appalto si perde qualche cosa e lo stipendio si abbassa. Con un salario minimo cosa cambierebbe? «Potrebbe essere un aiuto, ma essenziale ci sia un contratto nazionale che garantisca un po’ di sicurezza, altrimenti rischia di diventare una giungla anche peggiore di adesso».
(da agenzie)

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INTERVISTA AL POLITOLOGO FRANCESE MAR LAZAR: “LA FRANCIA ADESSO E’ UN PAESE ANCORA PIU’ DIVISO”

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

“MOLTI GIOVANI SI SENTONO ESCLUSI DALLA REPUBBLICA, ENORMI PROBLEMI NELLE PERIFERIE, LA POLITICA E’ CIECA”

Marc Lazar, politologo francese, sociologo e storico a Science Po e Luiss, ora in cosa possono sfociare le rivolte in Francia scatenate dall’uccisione del 17enne Nahel?
«Vedremo nelle prossime notti. Ma di certo ci saranno diverse conseguenze».
Quali?
«Molti di questi ragazzi saranno condannati, ma tanti sono minorenni e riusciranno a scampare alla giustizia. Poi ci sono le conseguenze politiche. Ad approfittare di questa situazione sarà Marine Le Pen, e questo è pressoché scritto. Il partito dell’ordine avanza: basta sentire la gente delle periferie cui hanno distrutto macchine e servizi. Inoltre, c’è una questione di immagine della Francia, che prossimamente ospiterà mondiale di rugby e Olimpiadi».
Un danno anche a livello internazionale?
«Assolutamente sì. Dopo esser stato indebolito in Francia dalla discussa riforma delle pensioni, il presidente Macron non esce bene da questa crisi nemmeno in Europa. Ha dovuto abbandonare il vertice europeo e annullare la visita in Germania».
Questo sembra un Paese lacerato, come dimostra anche la “battaglia” delle collette per le famiglie di Nahel e del poliziotto che lo ha ucciso, Florian M. Quest’ultimo ha ricevuto il quintuplo di donazioni.
«La Francia è un Paese sempre più diviso. Ma ci sono frammentazioni anche nelle periferie, dove molti giovani cercano di integrarsi, ma poi finiscono vittime della cultura del ghetto e dei trafficanti di droga. È un problema di coesione sociale, nazionale. Ma anche repubblicana. Il patto repubblicano in Francia è cruciale, ma ora i suoi simboli, come le stazioni di polizia, le scuole o le biblioteche, sono sotto attacco».
Perché? La media degli arrestati ha 17 anni, sono ancora più giovani dei precedenti disordini.
«È vero e credo sia a causa dei social network su cui passano tutto il tempo. Anche l’attacco contro i negozi di cellulari o scarpe è un simbolo della società del consumo cui loro sono molto attaccati. In ogni caso, io l’avevo fatto notare già nel 2021, in una indagine su 8mila giovani da 18 a 24 anni: rimangono enormi e irrisolti problemi nelle periferie. Ma la politica francese è cieca e nessun candidato presidenziale, a parte uno, mi ha ascoltato. Invece, già allora emersero molti dati preoccupanti e rivelatori».
Quali?
«Per il 20% di quei giovani nati in Francia da due genitori stranieri e per il 23% di quelli musulmani, questo resta un Paese razzista. Il 22% di tutti i giovani, anche nati da genitori francesi, sostenevano invece che la violenza fosse “giustificata per cause legittime”. Non solo. Per la metà di tutti quei giovani si poteva “esercitare violenza su deputati della République”, e la maggioranza non si riconosceva nell’offerta politica».
Quali le ragioni di questo fallimento?
«La classe politica francese non prende in considerazione le scienze sociali. Ma anche a scuola, i giovani delle periferie dicono di essere maltrattati. Le famiglie non riescono ad aiutarli. Il risultato è una situazione da anni esplosiva. Appena c’è un incidente, tutto si infiamma di nuovo».
Il razzismo di una parte della polizia, oltre al massimalismo dei loro sindacati, getta benzina sul fuoco.
«Sicuramente c’è razzismo tra gli agenti, ma soprattutto grande diffidenza nei confronti degli abitanti di queste banlieue e viceversa».
Quale futuro per queste generazioni di rivoltosi?
«Sono una minoranza, seppur molto attiva. Si sentono esclusi dal sistema, dalla Repubblica. Bisogna reintegrarli nella società, ma dubito che ciò arriverà nel prossimo futuro».
Ci sono molti giovani musulmani che protestano, anche in Belgio. È anche un problema di islamismo politico?
«La dimensione post-colonialista, per cui il passato non è passato, permane. L’islamismo politico gioca anche su questo per una minoranza di giovani musulmani: una identità radicalizzata che critica la République. La grande sfida è quello di ricostruire il patto repubblicano, anche nell’applicazione di Liberté, Égalité, Fraternité, per tutti».
(da Open)

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SALVINI-LE PEN, ANNULLATO L’INCONTRO A ROMA

Luglio 3rd, 2023 Riccardo Fucile

TAJANI: “IMPOSSIBILE QUALSIASI ACCORDO CON MARINE E AFD”

Cancellato l’incontro a Roma tra il leader del Carroccio Matteo Salvini e la leader di Rassemblement national Marine Le Pen previsto per oggi. Solo una videoconferenza, precisano fonti della Lega. Le motivazioni: “Annullato per situazione Francia”
Tajani: “Impossibile qualsiasi accordo con Le Pen e Afd”
“Voglio essere molto chiaro, sono anche vicepresidente del Ppe: per noi è impossibile qualsiasi accordo con Afd e con il partito della signora Le Pen”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani ad Agorà Estate su Rai 3, “escludendo” una intesa di Forza Italia con questi partiti.
“La Lega è cosa ben diversa. Saremmo lieti di avere la Lega parte di una maggioranza, ma senza Le Pen e Alternative Fur Deutschland”, ha aggiunto.
“Il futuro di FI è quello di una grande forza moderata, saremo il centro della politica italiana e abbiamo un ruolo importante da svolgere visto che il Pd si sta spostando verso sinistra. FI sarà un punto di riferimento per i delusi anche dal centro del centrosinistra, siamo noi attrattivi. Ci sarà anche qualche ingresso significativo nei prossimi giorni”. Così il coordinatore di FI sul futuro del partito dopo la morte di Silvio Berlusconi.
(da Open)

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